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INTESA E BANCHE VENETE, L’APPELLO DI SILEONI SULLA STAMPA

di Redazione
Il Segretario Generale della Fabi lancia l’allarme e chiede una presa di posizione di Gentiloni: “In Europa c’è chi vuole i licenziamenti e il fallimento di Pop Vi e Veneto banca. Governo eviti gioco al massacro”. Le dichiarazioni riprese da quotidiani nazionali, locali e siti finanziari. 
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Avvenire, sabato 24 giugno 2017

Banche venete oggi si decide Allarme esuberi

– Saccò Pietro

MILANO E’ prevista per oggi la riunione del Consiglio dei ministri chiamato ad approvare il decreto perla liquidazione coatta di Veneto Banca e Popolare di Vicenza. Il tempo è poco (l’obiettivo è chiudere tutto al più tardi entro domenica sera) ei passaggi necessari sono diversi. Prima, ieri sera la Banca centrale europea ha attestato formalmente che i due istituti sono “failing o likely to fair, cioè vicini al fallimento. Quindi il Meccanismo di risoluzione unico (Srm), che è un ente europeo indipendente, ha stabilito che la condizione delle due banche non pregiudica la “stabilità finanziaria”: Veneto Banca e Pop. Vicenza possono pertanto essere sottoposte alla procedura prevista dalle norme italiane, evitando la “risoluzione” europea (quella, per intenderci, che colpì a novembre 2015 i 4 istituti locali, Etruria in testa). Con questo doppio “Ok” i ministri potranno approvare il decreto per liquidare i due istituti. Per permettere il trasferimento alcune delle attività “buone” delle due venete a Intesa Sanpaolo, il testo dovrà accontentare però le richieste della banca guidata da Carlo Messina, che ha chiesto esplicitamente «una cornice legislativa, approvata e definitiva» che accompagni l’operazione. Intesa vuole escludere ogni possibile sovracosto e impatto sui suoi conti per rispettare gli impegni presi con gli azionisti riguardo i dividendi e non dover essere costretta a un aumento di capitale per rafforzare i suoi coefficienti patrimoniali una volta assorbiti gli sportelli e i crediti sani delle due banche. Questo significa anche non doversi fare carico del personale in eccesso. Ma su questo punto ieri è scoppiato un caso. Secondo Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, la direzione Concorrenza della Commissione europea avrebbe chiesto all’Italia, come condizione per approvare l’operazione, che i dipendenti in eccesso non escano con prepensionamenti a carico dello Stato (come invece accadrebbe secondo il piano disegnato da Intesa Sanpaolo) ma con licenziamenti secchi o comunque senza spese perle casse pubbliche. «In Europa c’è chi vuole i licenziamenti e il fallimento di Popolare di Vicenza e Veneto Banca», ha attaccato Sileoni facendo appello al governo perché protegga anche i bancari. Una richiesta rilanciata da First Cisl e Fisac Cgil. Da Bruxelles non hanno confermato né smentito di avere chiesto di non usare i fondi pubblici per gestire il personale in eccesso: «Sono in corso contatti costruttivi per raggiungere una soluzione praticabile in linea con le regole Ue e si stanno facendo buoni progressi al riguardo», si è limitato a ripetere un portavoce della Commissione. Paolo Gentiloni, che ieri mattina era nella capitale belga per partecipare al Consiglio europeo prima di precipitarsi a Roma per fare il punto con Padoan, non è stato generoso di dettagli, ma non ha citato i dipendenti: «Mi sento di confermare totalmente la garanzia peri risparmiatori e i correntisti», si è limitato a dire. In gioco ci sono diverse migliaia di dipendenti. Secondo le stime l’integrazione delle due banche con il gruppo Intesa porterebbe a circa 4mila persone di troppo (su 11mila addetti totali delle due venete), per un costo totale di 1,2 miliardi. Di questi, però, solo 1.200 nelle 2 venete avrebbero i requisiti, mentre gli altri esuberi sarebbero di Intesa Dovrebbe provvedere il fondo del settore, finanziato dalle stesse banche ma “asciugato” dalla crisi di questi anni. Il governo lo ha rifinanziato con l’ultima manovra, stanziando 648 milioni in 5 anni peri prepensionamenti dei bancari. Fondi da utilizzare per un massimo di 25mila persone, tra quest’anno e il 2019. Ma gli esuberi “strutturali” previsti dal sistema bancario per adeguarsi all’innovazione sono circa il doppio e quelli delle banche salvate si vanno ad aggiungere a questo conto. E non è per nulla scontato che Bruxelles accetterà che sia lo Stato a provvedere ad aiutare le banche ad alleggerirsi dal personale in eccesso. Altro nodo è il “no” di Intesa alla richiesta del governo di partecipare al rimborso dei titolari di obbligazioni subordinate, che saranno praticamente azzerate insieme agli azionisti.

 

Corriere del Veneto Venezia e Mestre, sabato 24 giugno 2017

Banche, il governo vara il decreto – Ex popolari, il governo vara il decreto dopo l’ultimo scontro con l’Europa

– Nicoletti Federico

Ex popolari, il governo pronto a varare il decreto di liquidazione. Dopo i passi fiera in serata di Bce e Ue, che hanno chiuso l’ultimo scontro con Bruxelles, che nel tardo pomeriggio pareva sul punto di far deragliare il salvataggio. L’annuncio è arrivato ieri sera dopo le 22 direttamente dal ministero dell’Economia, che ha ufficializzato la riunione del governo, attesa entro la mattinata di oggi, per «adottare le misure necessarie ad assicurare la piena operatività bancaria, con la tutela di tutti i correntisti, depositanti e obbligazionisti senior». Ovvero ad approvare il decreto che avvierà la liquidazione ordinata di Popolare Vicenza e Veneto Banca, lungo il piano che vedrà scendere in campo Intesa Sanpaolo, con la suddivisione delle attività delle due banche tra quelle sane, consegnate a due banche-ponte che restano in attesa della acquisizione da parte di Intesa, separandole dai crediti in sofferenza e dai bond subordinati, che verranno posti in liquidazione lungo le regole italiane. Un passo che è stato preso ieri sera, dopo che la Banca centrale europea aveva dichiarato le due banche venete «in dissesto» e ha informato il Consiglio unico di risoluzione (Srb) che ha deciso di non applicare la procedura di risoluzione, che avrebbe comportato l’applicazione del bail-in. Questo mentre da Bruxelles arrivavano segnali distensivi, con dichiarazioni che parlavano di «progressi» e «soluzione molto presto». Passi che hanno spianato ieri in serata il piano di salvataggio del Tesoro. Dopo che nel pomeriggio le nubi si erano addensate, facendo temere il braccio di ferro definitivo tra governo e Unione europea, con il rischio che l’accordo sul salvataggio saltasse e si arrivasse per Bpvi e Veneto Banca all’epilogo più drammatico, il fallimento. La preoccupazione era montata all’improvviso ieri pomeriggio, con l’allarme lanciato dai sindacati dei bancari. «Ci appelliamo al presidente del consiglio Polo Gentiloni, al ministro dell’Economia Padoan, affinché difendano col coltello tra i denti il settore bancario italiano, i lavoratori delle due banche venete, i risparmiatori e le imprese», ha sostenuto il segretario nazionale degli autonomi della Fabi, Lando Sileoni, seguito a ruota dai colleghi delle altre sigle. E anche il vicepresidente di Confindustria, il veneto Alberto Baban, aveva detto: «C’è forte preoccupazione per come stia evolvendo la situazione». Il nodo del contendere stava tutto in una lettera del commissario alla concorrenza Ue, Margrethe Vestager, giunta al Tesoro, che in sostanza contestava una soluzione in cui Intesa non mette soldi nel salvataggio. In ballo era tornata la famosa cifra dei 1.200 milioni di fondi privati che l’Ue nella precedente versione del salvataggio con la ricapitalizzazione precauzionale pretendeva per dare il via libera ai fondi pubblici. La contestazione poteva ora applicarsi allo schema che prevede che sia lo Stato a rifinanziare il fondo esuberi, che dovrebbe permettere di risolvere il nodo dei quattromila addetti in più per le venete. Numero che, nel piano di Intesa, sarebbe risolto evitando i licenziamenti affiancando agli addetti delle venete con i requisiti per i prepensionamenti uscite volontarie da Intesa, da gestire dopo che il colosso bancario si porterebbe via, con i depositi e gli impieghi «sani», anche 9.700 dipendenti di Vicenza e Montebelluna. La critica situazione ha condotto ieri sera ad un doppio vertice: un confronto tra Tesoro, Bankitalia e Intesa, dall’altro un vertice tra il premier Gentiloni e il ministro Padoan. Con il tentativo di trovare un compromesso, alzando la trattiva direttamente sul piano politico tra governo italiano e Commissione europea, saltando i veti della Dg Comp. In serata lo sblocco, con le dichiarazioni di Bce, Ue e Tesoro. Oggi il consiglio dei ministri dovrebbe approvare il decreto che consegna le attività di Bpvi e Veneto Banca in banche-ponte, disponendo la liquidazione delle banche in cui sono rimaste sofferenze e bond subordinati e che saranno ricapitalizzati con 3 miliardi dallo Stato. Le due banche-ponte resteranno in attività fino alla conversione in legge dei decreti, pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale lunedì, consentendo a quel punto ad Intesa di acquisire i rami d’azienda con attività e filiali. Per domani è attesa la decadenza dei due consigli di amministrazione, come si è appreso dopo le rapide riunioni di ieri. Le sedi centrali delle due banche rimarranno aperte anche oggi. Intanto verranno nominate le strutture commissariali, di cui faranno parte probabilmente gli Ad delle due banche, Fabrizio Viola e Cristiano Carrus. Probabilmente però le polemiche intorno al destino delle venete non sono destinate a finire. Una prova è venuta ieri sera dalla notizia lanciata dall’agenzia Reuters, secondo cui i quatto fondi d’investimento internazionali Sound Point Capital, Cerberus, Attestor e Varde, con Deutsche Bank come advisor, avrebbero presentato il 3o maggio al Tesoro un’offerta per ricapitalizzare le due venete con i,6 miliardi – 1,3 di bond convertibili e 300 in azioni – senza avere però risposta. Con il piano, secondo Reuters, i fondi puntavano al 15% nelle due banche e al controllo della governance, confermando l’Ad Fabrizio Viola, in una ricapitalizzazione precauzionale a fianco dello Stato.

 

Corriere della Sera, sabato 24 giugno 2017

Banche venete, sì alla liquidazione

– M. Sen.

ROMA Primo via libera della Vigilanza della Banca centrale europea e della Commissione Ue alla liquidazione «ordinata» di Veneto Banca e Popolare Vicenza, senza la risoluzione e il temutissimo «bail-in» europeo, e con la salvaguardia dei depositanti e dei piccoli investitori. Oggi si riunirà il Consiglio dei ministri per adottare i provvedimenti necessari, su proposta della Banca d’Italia, cioè il commissariamento dei due istituti e la messa in liquidazione coatta amministrativa. «dl governo si riunirà nel fine settimana per adottare le misure necessarie ad assicurare la piena operatività bancaria, con la tutela di tutti i correntisti, depositanti e obbligazionisti senior» si legge in una nota del Tesoro. Di fatto si stabiliranno anche le condizioni per la cessione delle attività buone dei due istituti a Banca Intesa, che consentirà la regolare apertura degli sportelli delle popolari venete lunedì mattina, senza alcuna discontinuità. Lo Stato garantirà la copertura dei crediti deteriorati, che finirebbero in una società a parte, una «bad bank». Il piano comporterebbe un esborso da parte delle casse pubbliche stimato tra 8 e io miliardi di euro. Ma deve essere ancora definito nei dettagli. La decisione della Bee è arrivata in tarda serata. La Vigilanza ha stabilito che Veneto Banca e Popolare di Vicenza «stanno fallendo o sono in via di fallimento» perché il loro patrimonio è ripetutamente sceso sotto i limiti regolamentari. «La Bce ha dato tempo agli istituti di presentare dei piani di ricapitalizzazione, ma le banche non sono state in grado di sottoporre soluzioni credibili su come procedere». Subito dopo il Fondo unico di risoluzione, l’organismo che gestisce le maggiori crisi bancarie, ha stabilito che non ci sono le condizioni per la messa in risoluzione delle banche venete secondo le direttive Ue, e che i due istituti possono essere liquidati secondo le procedure di insolvenza nazionali. I due passaggi erano il presupposto fondamentale per la liquidazione ordinata, che comunque imporrà il sacrificio degli azionisti e degli obbligazionisti subordinati, che tuttavia nei piani del governo dovrebbero poi essere rimborsati degli investimenti perduti. «Siamo in continuo contatto con le autorità europee. Mi sento di confermare totalmente la garanzia della tutela dei risparmiatori e dei correntisti» aveva assicurato poche ore prima, da Bruxelles, il premier Paolo Gentiloni. La direzione antitrust della Commissione Ue sembra disposta ad assecondare una soluzione rapida. «Abbiamo discussioni costruttive sulle ipotesi che ci sono state prospettate dal governo per gli aiuti di Stato e sono stati fatti buoni progressi per arrivare a una decisione molto presto. I depositanti saranno totalmente protetti, in linea con le regole Ue» ha fatto sapere ieri sera la Commissione. Le regole Ue, ha aggiunto Bruxelles, «consentono il sostegno pubblico in simili situazioni» escludendo dal «burden sharing», cioè dalla condivisione delle perdite, «i possessori di obbligazioni senior e i depositanti». Alcuni dettagli del piano devono ancora essere messi a punto, e ieri il confronto tra Intesa e le autorità si è fatto a tratti duro. Così come restano ancora da definire alcuni passaggi con la direzione antitrust di Bruxelles. Ma c’è ottimismo sulla possibilità di chiudere a breve la partita. I sindacati, con la Fabi e la Fisac, premono sull’esecutivo perché assecondi le richieste di Intesa anche sulla gestione degli esuberi di personale. Ma non dovrebbe essere un problema insormontabile. M. Sen.

 

 

Il Giornale di Vicenza

Roberta Bassan

Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza sono « in fallimento, o in probabile fallimento». Il comunicato della Bce arriva poco prima delle 22 e non suona bene. Anche perché da Francoforte si aggiunge che le due banche «non sono state in grado di offrire soluzioni credibili per andare avanti». In realtà, per quanto paradossale possa sembrare, è una notizia “positiva”. Sì, perché in questo modo le febbrili trattative durate tutto il giorno tra Governo, Commissione europea, Bce, Banca d’Italia e Intesa Sanpaolo finalmente si sbloccano. Il Single resolution board della Bce ha concluso che «non c’erano alternative di vigilanza o misure del settore privato che potessero prevenire il fallimento delle due banche» e quindi «per queste due banche un’azione di risoluzione non garantiva il pubblico interesse». In particolare nessuna delle due banche fornisce funzioni vitali e «il loro fallimento non è atteso abbia un impatto significativo contrario alla stabilità finanziaria». Per questo le due banche verranno liquidate secondo la procedura prevista dalle norme italiane.

OK EUROPEO. Sì, perché in ballo c’era il via libera agli aiuti di Stato connessi all’offerta di Intesa Sanpaolo. A Bruxelles non andava a genio che Roma iniettasse risorse pubbliche, per esempio, anche per gli scivoli del personale chiesti da Ca’ de Sass puntando invece sui licenziamenti. Per questo in giornata i sindacati erano insorti e avevano invitato il Governo a puntare i piedi. «In Europa c’è chi vuole i licenziamenti e il fallimento di BpVi e Veneto Banca – ha allertato Lando Maria Sileoni, segretario generale Fabi -. Il gruppo Intesa, che si è reso disponibile a salvarle e a scongiurare un effetto domino a danno del settore bancario, deve essere tutelato. Ci rivolgiamo a istituzioni e forze politiche affinché almeno una volta il sistema Italia faccia quadrato». A ruota la Cisl con il segretario Annamaria Furlan e il segretario FirstCisl (primo sindacato a Montebelluna) Giulio Romani: «Se fosse vero che da parte dell’Europa si sta realizzando il tentativo di far fallire le due banche venete, proprio adesso che una soluzione sembrava possibile, il danno sarebbe senza precedenti». Invece il fallimento consente a Bruxelles di inviare una nota in cui la Commissione «prende nota della decisione della Bce e sta ora alle autorità italiane determinare la strada da prendere per le due banche, in linea con la legislazione italiana sul fallimento». Bruxelles «sta avendo discussioni costruttive con le autorità» sulle proposte di sostegno statale, ci sono «progressi per trovare molto presto una soluzione», precisando che i depositi e i senior bond saranno protetti.

GOVERNO. Di fatto è il via libera all’offerta di Intesa, con tanto di aiuti pubblici. Infatti il ministero dell’Economia si accoda alla Bce e a Bruxelles spedendo una nota in cui assicura che «il Governo si riunirà nel fine settimana per adottare le misure necessarie ad assicurare la piena operatività bancaria, con la tutela di tutti i correntisti, depositanti e obbligazionisti senior». Per chi avesse ancora dei dubbi «le regole sugli aiuti di Stato consentono la possibilità di dare sostegno statale in questo tipo di situazioni, in linea con la Comunicazione bancaria del 2013, che comprende i requisiti di burden sharing», spiega la Commissione. Ok, ci siamo. Il fallimento dichiarato dalla Bce è in realtà un favore fatto al Governo italiano e ai depositanti delle due venete. Oggi arriverà il decreto che chiude un’epoca.

 

La Nuova Sardegna

di Giampaolo Grassi MILANO

Bce e Single Resolution Board hanno dato il via libera alla liquidazione di Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, dopo aver accertato che sono «in dissesto». Si tratta del primo passo formale verso la creazione della good bank che verrà acquistata da Intesa e della bad bank che si accollerà lo Stato. Ora serve il decreto del governo, che arriverà al termine di un Cdm in programma per sabato. L’obiettivo, spiega il Tesoro, è «adottare le misure necessarie ad assicurare la piena operatività bancaria, con la tutela di tutti i correntisti, depositanti e obbligazionisti senior e junior retail». In serata, da Bruxelles sono arrivati segnali incoraggianti: ci sono «discussioni costruttive» e «progressi per trovare molto presto una soluzione». In vista del decreto, il premier Paolo Gentiloni ha incontrato a Palazzo Chigi il titolare dell’Economia Pier Carlo Padoan. «Mi sento di confermare totalmente la garanzia per quanto riguarda i risparmiatori e i correntisti», ha ribadito il presidente del consiglio. Fra Tesoro e Intesa sembrerebbe comunque esserci un braccio di ferro su tema degli esuberi. L’operazione dovrebbe comportare circa 4.000 uscite, per un costo di circa 1,2 miliardi di euro. Dei posti di lavoro da tagliare con i prepensionamenti, solo 1.200 nelle Venete avrebbero i requisiti, mentre gli altri sarebbero di Intesa che, però, anche dopo l’acquisizione delle good bank, non intende sostenere costi e nemmeno considerare l’ipotesi licenziamenti. Servirà quindi un rafforzamento del fondo esuberi con un intervento pubblico. In quel caso, Cà de Sass potrebbe usufruirne anche per i propri dipendenti. Un’ipotesi che non sembra essere ben vista dalla Commissione Ue. Per questo dai sindacati sono arrivati appelli al governo. «In Europa c’è chi vuole i licenziamenti» ha detto il segretario della Fabi, Lando Maria Sileoni. Altro nodo è il no di Intesa alla richiesta del governo di partecipare al rimborso dei titolari di bond subordinati, che saranno praticamente azzerati insieme agli azionisti. C’è poi la necessita, per Intesa, di avere la certezza che vi sarà corrispondenza fra il decreto e la legge in cui verrà convertito. Il governo ha fatto presente che può garantire il suo impegno e che i tempi saranno veloci, ma non risulta che ci siano tecnicismi normativi in grado di blindare il testo. Intanto, i Cda delle Venete hanno fatto il punto della situazione in due riunioni lampo, nel pomeriggio. «Tutti adesso pensano basti un euro – ha detto Gianni Mion, presidente della Popolare di Vicenza a margine di un evento a Milano – Io non posso valutare la proposta, non mi posso lamentare dei professori, io sono stato bocciato. E stato bocciato tutto, le persone, il piano e pure io». Fiducioso il presidente emerito di Intesa, Giovanni Bazoli, secondo il quale l’offerta di Cà de Sass «avvia il problema verso una soluzione finale e rapida del problema, che è quello che tutti ci auspichiamo».

 

 

Gazzetta del Mezzogiorno 24/06/2017

Banche venete, arriva il «sì» alla liquidazione

– Grassi Giampaolo

MILANO. Bce e Single Resolution Board hanno data il via libera alla liquidazione di Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, dopo aver accertato che sono «in dissesto». Si tratta del primo passo formale verso la creazione della good bank che verrà acquistata da Intesa e della bad bank che si accollerà lo Stato. Ora serve il decreto del governo, che arriverà al termine di un cdm in programma per oggi. L’obiettivo, spiega il Tesoro, è «adottare le misure necessarie ad assicurare la piena operatività bancaria, con la tutela di tutti i correntisti, depositanti e obbligazionisti senior e junior retail». In serata, da Bruxelles sono arrivati segnali incoraggianti: ci sono «discussioni costruttive» e «progressi per trovare molto presto una soluzione». In vista del decreto, il premier Paolo Gentiloni ha incontrato a Palazzo Chigi il titolare dell’Economia Pier Carlo Padoan. «Mi sento di confermare totalmente la garanzia per quanto riguarda i risparmiatori e i correntisti», ha ribadito il presidente del consiglio. Fra Tesoro e Intesa sembrerebbe comunque esserci un braccio di ferro su tema degli esuberi. L’operazione dovrebbe comportare circa 4.000 uscite, per un costo di circa 1,2 miliardi di euro. Dei posti di lavoro da tagliare con i prepensionamenti, solo 1.200 nelle venete avrebbero i requisiti, mentre gli altri sarebbero di Intesa che, però, anche dopo l’acquisizione delle good bank, non intende sostenere costi e nemmeno considerare l’ipotesi licenziamenti. Servirà quindi un rafforzamento del fondo esuberi con un intervento pubblico. In quel caso, Cà de Sass potrebbe usufruirne anche per i propri dipendenti. Un’ipotesi che non sembra essere ben vista dalla Commissione Ue. Per questo dai sindacati sono arrivati appelli al governo. «In Europa c’è chi vuole i licenziamenti» ha detto il segretario della Fabi, Lando Maria Sileoni. Altro nodo è il «no» di Intesa alla richiesta del governo di partecipare al rimborso dei titolari di bond subordinati, che saranno praticamente azzerati insieme agli azionisti. C’è poi la necessità, per Intesa, di avere la certezza che vi sarà corrispondenza fra il decreto e la legge in cui verrà convertito. Il governo ha fatto presente che può garantire il suo impegno e che i tempi saranno veloci, ma non risulta che ci siano tecnicismi normativi in grado di blindare il testo. Intanto, i cda delle venete hanno fatto il punto della situazione in due riunioni lampo, nel pomeriggio. «Tutti adesso pensano basti un euro – ha detto Gianni Mion, presidente della Popolare di Vicenza a margine di un evento a Milano – Io non posso valutare la proposta, non mi posso lamentare dei professori, io sono stato bocciato. È stato bocciato tutto, le persone, il piano e pure io». Fiducioso il presidente emerito di Intesa, Giovanni Bazoli, secondo il quale l’offerta di Cà de Sass «avvia il problema verso una soluzione finale e rapida del problema, che è quello che tutti ci auspichiamo». Anche per il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, l’offerta «è buona». Quindi, ha aggiunto, «accontentiamoci pragmaticamente di un’offerta e di una grande banca senza la quale avremmo avuto molti più problemi».

 

Gazzettino 24/06/2017

«Gentiloni ora si faccia sentire con l’Europa: vogliono licenziamenti, non uscite volontarie» – …

I SINDACATI «Gentiloni ora si faccia sentire con l’Europa: vogliono licenziamenti, non uscite volontarie» MILANO – L’operazione che prevede l’intervento di Intesa SanPaolo sarebbe a rischio perché la Dg Comp della Commissione europea vorrebbe licenziamenti e non prepensionamenti o uscite volontarie. A denunciarlo è Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato di maggioranza dei bancari, che si appella al Governo Gentiloni e al ministro Pier Carlo Padoan. «In Europa c’è chi vuole i licenziamenti e il fallimento di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Il gruppo Intesa, che si è reso disponibile a salvarle e a scongiurare un effetto domino a danno del settore bancario, deve essere tutelato», dice Sileoni in una nota. Al premier Paolo Gentiloni si chiede di «intervenire per fermare questo gioco al massacro che farebbe perdere credibilità al Paese e inciderebbe pesantemente sull’occupazione». Gli fa eco il segretario della Fisac Cgil, Agostino Megale: «Chiediamo al Governo di operare con fermezza nei confronti della Dg competition della Commissione europea per impedire che passi la volontà di chi vorrebbe i licenziamenti nelle due banche Venete. Cc’è chi da tempo vuole utilizzare le crisi bancarie per far pagare il prezzo sociale più alto al nostro Paese. Questo è inaccettabile e va respinto senza se e senza ma». Il Governo italiano «deve assumere una posizione molto più chiara e rigida nelle prossime ore a livello europeo», aggiungono la Segretaria Generale della Cisl, Annamaria Furlan ed il Segretario generale di First Cisl, Giulio Romani.

 

Giornale 24/06/2017

Oggi il decreto per le due venete –

Gian Maria De Francesco

Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca sono tecnicamente fallite e la loro procedura di liquidazione sarà gestita attraverso un decreto che sarà emanato oggi dal Consiglio dei ministri. La Bce ieri sera ha dichiarato le due banche venete «in dissesto» o «prossime al dissesto» (failing o likely to fail secondo la terminologia dell’Eurotower) informando il Single Resolution Board, l’Authority europea per la risoluzione delle banche in crisi presieduta dalla tedesca Elke König, che non era applicabile lo standard comunitario. Dunque entrambi i vigilanti hanno concluso che le due banche dovranno essere liquidate secondo le normative italiane. Il ministero dell’Economia ha successivamente reso noto che il governo adotterà «le misure necessarie ad assicurare la piena operatività bancaria, con la tutela di tutti i correntisti, depositanti e obbligazionisti senior». In pratica oggi l’esecutivo varerà un decreto legge che crea le condizioni per la cessione degli asset della due banche a Intesa Sanpaolo che intende acquistarne le attività in bonis. Il dl ha lo scopo di consentire la regolare apertura degli sportelli lunedì mattina, senza alcuna discontinuità. Nel frattempo i due istituti potranno presentare l’istanza per la liquidazione coatta amministrativa dichiarandosi insolventi e Banca d’Italia provvederà alla nomina di uno o più commissari per ciascuna di concerto con il Tesoro. I problemi tecnici, però, sono numerosi. In primo luogo, occorre cambiare la «destinazione d’uso» del Fondo Salvarisparmio da 20 miliardi varato dalla legge di Bilancio perla ricapitalizzazione preventiva di Mps. Andrà utilizzato pure per finanziare la bad bank che assorbirà gli 11 miliardi di non performing loan dei due istituti (3-4 miliardi il costo atteso). In seconda istanza, bisognerà provvedere alla salvaguardia degli obbligazionisti subordinati individuali che, come specificato dal comunicato, saranno colpiti dal fallimento assieme agli azionisti (cioè il Fondo Atlante che vi ha iniettato 3,5 miliardi) secondo il principio del «burden sharing». Ultimo ma non meno importante punto nella trattativa Italia-Bruxelles è minimizzare l’impatto delle penalizzazioni imposte dall’esecutivo comunitario. «Le regole permettono la possibilità di concedere aiuti di Stato in questo tipo di situazioni», ha fatto sapere la Commissione Ue aggiungendo che sono in corso discussioni «costruttive con le autorità italiane su bozze di proposte» per un «sostegno pubblico» e che sono stati fatti progressi per trovare «una soluzione molto presto». Senza contare che Intesa non vuole licenziare, ma vorrebbe un sostegno statale al Fondo esuberi per gestire le eccedenze. L’Europa non vede questo di buon occhio e la Fabi ha protestato. «Vogliono i licenziamenti», s’è lamentato il segretario Sileoni. Reuters, invece, ha rivelato che a maggio quattro hedge fund si sarebbero fatti avanti, ma furono respinti dal Tesoro.

 

Il Fatto Quotidiano 24/06/2017

Credito, la Ue vuole solo licenziamenti

– Rotunno Roberto

L’allarme è scattato ieri, tra voci di corridoio e reazioni preoccupate dei sindacati: l’acquisizione delle due banche venete da parte di Intesa San Paolo produrrà ben 4 mila esuberi. Ovvero, 4 mila posti di lavoro in meno considerando tutti e tre gli istituti di credito coinvolti. E non è nemmeno tutto. Cosa ancora più grave, da Bruxelles starebbero spingendo affinché queste persone vengano licenziate in tronco senza la possibilità di attutire il colpo ricorrendo al fondo per i pre-pensionamenti del settore bancario. Una vicenda che ha già colpito 170 mila azionisti, i quali si sono visti praticamente azzerati i portafogli, e che sta per travolgere decine di migliaia di obbligazionisti, avrà anche una pesante ricaduta occupazionale. “In Europa – ha avvertito Lando Sileoni, segretario della Federazione autonoma bancari Fabi – c’è chi vuole i licenziamenti e il fallimento di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Il gruppo Intesa, che si è reso disponibile a salvarle e a scongiurare un effetto domino a danno del settore bancario, deve essere tutelato”. IL PROBLEMA però è tutto nell’intransigenza della Direzione generale Competitività dell’Unione europea. L’Italia in questi anni sta facendo i conti con una crisi che sta inducendogli istituti di credito a liberarsi di personale e a chiudere centinaia di filiali. Il segno anche dei tempi, con sempre più operazioni effettuabili senza la necessità di rivolgersi allo sportello. I numeri sono talmente alti che hanno portato alla nascita di un fondo di categoria per gestire almeno parte degli esuberi con i pre-pensionamenti. Tale fondo è stato rimpinguato negli ultimi mesi fino ad arrivare a una dotazione di 600 milioni di euro. L’emergenza sociale procurata dalle due banche del Nord Est, dove ad avere i requisiti per il “riposo anticipato” sono 1.200 lavoratori, richiede però un nuovo versamento. Si parla di circa 1,2 miliardi di euro. Un’ipotesi che Bruxelles non guarda con favore: evidentemente, il tentativo di ridurre al minimo l’intervento dello Stato nella risoluzione dei crac bancari fa sì che la commissione si opponga persino all’ammortizzatore sociale per i dipendenti. Questi ultimi, dovesse passare la linea dura dell’Ue, rimarrebbero senza impiego e con il solo sussidio di disoccupazione. Dalla Fabi si appellano quindi al premier Paolo Gentiloni affinché spingesse per una soluzione che tutelasse sia i lavoratori sia i risparmiatori. La Fisac, sigla Cgil del settore creditizio, annuncia che l’11 luglio volerà a Bruxelles per incontrare le istituzioni europee. La First, omologa organizzazione della Cisl, parla di “danno senza precedenti per il territorio veneto”. ALTRI 4 MILA esuberi, insomma, da sommare a tutti quelli disposti da quasi tutti gli istituti italiani nei diversi piani industriali. Unicredit ne ha recentemente approvati due: uno con 5.600 uscite e uno con 3.900. Quasi 800 quelli contenuti nel programma della Banca nazionale del lavoro. Altri 2.750 quelli dichiarati da Ubi ai quali si aggiungono i 1.500 delle tre good bank Etruria, Marche e Carichieti nate a novembre 2015 sulle ceneri delle omonime liquidate. Naturalmente, a queste cifre contribuisce anche il Monte dei Paschi di Siena con 2.900.

 

Italia Oggi 24/06/2017

Banche V., via al salvataggio

– Galli Giovanni

Oggi il consiglio dei ministri darà il via libera gli interventi per consentire l’avvio della fase esecutiva del piano di salvataggio delle due banche venete, la Popolare di Vicenza e Veneto Banca, i cui cda sarebbero vicini alla dimissioni. La mossa arriva dopo l’offerta, prima e unica per sbloccare la situazione, presentata nei giorni scorsi da Intesa Sanpaolo che si è dichiarata disponibile a rilevare l’attività e la rete commerciale di entrambi gli istituti veneti in cambio della somma simbolica di un euro, a patto che i crediti deteriorati vengano scorporati in una bad bank che presumibilmente dovrebbe finire allo Stato. L’offerta di Intesa riguarda soltanto l’acquisizione di un perimetro segregato delle due realtà che esclude i crediti deteriorati (sofferenze, inadempienze probabili e esposizioni scadute), i crediti in bonis ad alto rischio e le obbligazioni subordinate emesse, nonché partecipazioni e altri rapporti giuridici considerati non funzionali all’acquisizione. Il governo, dunque, ha predisposto il quadro normativo che dovrebbe portare alla creazione della bad bank dove far confluire le sofferenze delle due venete. Intanto, ieri il presidente del consiglio, Paolo Gentiloni, ha incontrato a palazzo Chigi il ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, sulla crisi delle banche venete. E ha confermato la totale «garanzia per i risparmiatori e i correntisti». Riunione, ieri, anche per i consigli di amministrazione di Veneto Banca e Popolare di Vicenza: due riunioni-lampo per fare il punto della situazione dopo l’offerta di Intesa. C’è attesa per le mosse della Bce che, nelle prossime ore, potrebbe dichiarare che le due venete sono a rischio fallimento: si tratterebbe comunque di un passaggio formale per poter arrivare alla liquidazione degli asset deteriorati. C’è chi pensa, però, che l’Europa voglia far saltare il salvataggio per l’intransigenza della Dg Comp europea che chiede licenziamenti e non prepensionamenti volontari. «In Europa c’è chi vuole i licenziamenti e il fallimento di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Il gruppo Intesa, che si è reso disponibile a salvarle e a scongiurare un effetto domino a danno del settore bancario, deve essere tutelato», ha dichiarato Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato di maggioranza dei bancari, lanciando un appello al governo. L’ad. di Pop. Vi, Fabrizio Viola, nel cda di ieri ha fornito un aggiornamento sulla partita relativa alla messa in sicurezza delle due ex popolari, dopo e dopo la richiesta della Dg Comp di ridistribuire il peso dell’intervento per il salvataggio delle due banche, con 1,25 mid in carico ai privati.

 

Libero Quotidiano 24/06/2017

Doppio vertice sulle banche venete Resta in stallo l’offerta di Intesa – …

A poche ore dal consiglio dei ministri fissato per questa mattina, il quadro sul decreto necessario per avviare il salvataggio delle due banche venete non era ancora chiaro. Ieri pomeriggio, il premier Paolo Gentiloni e il ministro Pier Carlo Padoan hanno discusso a lungo la struttura del provvedimento d’urgenza che oggi dovrebbe essere varato a palazzo Chigi. Ci sarebbe una certa distanza tra le richieste di Intesa Sanpaolo, pronto a comprare a un euro Popolare di Vicenza e Veneto Banca, e i paletti dell’esecutivo, più attento a evitare strappi con l’Unione europea. La situazione di incertezza ha allarmato i sindacati di categoria. «Gentiloni, Padoan e tutte le forze politiche difendano col coltello fra i denti il settore bancario italiano, i lavoratori bancari dei due istituti del Nord Est, i risparmiatori e le imprese» ha detto il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni in vista del cdm di oggi il cui esito non è scontato. Una delle opzioni, è allargare l’applicazione delle nuove norme a tutti gli istituti in crisi. Anche il Monte dei paschi di Siena, così, potrebbe optare per la liquidazione coatta amministrativa e successiva ricapitalizzazione.

 

Manifesto 24/06/2017

Banche venete, stretta verso la vendita a Intesa

– mi.vio.

Potrebbe essere il consiglio dei ministri fissato per oggi a dare un’accelerata alla soluzione per le due banche venete. Ieri è stata una giornata di riunioni per il premier Paolo Gentiloni e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, con l’obiettivo di portare a chiusura l’acquisizione dei due istituti da parte di Intesa, ma con un occhio alle regole Ue e alle richieste dei sindacati, che premono perché il personale non venga licenziato, ma possa godere dei prepensionamenti (non graditi ai tecnocrati di Bruxelles). Due i vertici caldi: tra il premier e il ministro dell’Economia a Palazzo Chigi, e tra lo stesso ministro, Banca d’Italia e Intesa in conference call. L’istituto torinese è impegnato in un braccio di ferro con il Tesoro per sostenere le proprie condizioni. «Siamo in contatto continuo con le autorità europee – ha assicurato il presidente del Consiglio – Mi sento di confermare totalmente la garanzia per quanto riguarda i risparmiatori e i correntisti». Lo schema su cui si sta lavorando prevede la separazione tra good e bad bank di Popolare di Vicenza e Veneto Banca, cosi da consentire a Intesa Sanpaolo di rilevare a un euro la parte buona dei due istituti, mentre la bad sarà gestita dallo Stato. L’operazione dovrebbe comportare circa 4 mila esuberi, per un costo di circa 1,2 miliardi di euro. Dei posti di lavoro da tagliare con i prepensionamenti, solo 1.200 nelle venete avrebbero i requisiti, mentre gli altri sarebbero di Intesa che, pero, anche dopo l’acquisizione delle good bank, non intende sostenere costi e nemmeno considerare l’ipotesi licenziamenti. Servirà quindi un rafforzamento del fondo esuberi con un intervento pubblico. In quel caso, Intesa potrebbe usufruirne anche per i propri dipendenti. Un’ipotesi, quest’ultima, che non sembra essere ben vista dalla Commissione europea, visto che implica l’uso di fondi pubblici (rischiando quindi l’aiuto di Stato). Per questo dai sindacati sono arrivati appelli al governo. «In Europa c’è chi vuole i licenziamenti», ha detto il segretario della Fabi, Lando Maria Sileoni. Appello a tutelare i posti di lavoro che è stato avanzato anche da Agostino Megale (Fisac Cgil). Altro nodo è il «no» di Intesa alla richiesta del governo di partecipare al rimborso dei titolari di bond subordinati, che saranno praticamente azzerati insieme agli azionisti. C’è poi la necessità, per Intesa, di avere la certezza che vi sarà corrispondenza fra il decreto e la legge in cui verrà convertito. L’esecutivo ha fatto presente che pub garantire il suo impegno e che i tempi saranno veloci, ma non risulta che ci siano tecnicismi normativi in grado di blindare il testo. Intanto, i cda delle venete hanno fatto il punto in due riunioni. «Tutti adesso pensano basti un euro – ha dichiarato Gianni Mion, presidente della Popolare di Vicenza – Io non posso valutare la proposta, non mi posso lamentare dei professori, io sono stato bocciato. È stato bocciato tutto, le persone, il piano e pure io». Più fiducioso il presidente emerito di Intesa, Giovanni Bazoli, secondo il quale l’offerta dell’istituto di Cà de Sass «avvia verso una soluzione finale e rapida». Anche per il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, l’offerta «è buona». Quindi, ha aggiunto, «accontentiamoci pragmaticamente di un’offerta e di una grande banca senza la quale avremmo avuto molti più problemi». mi. vio.

 

 

Mattino 24/06/2017

Banche venete, oggi il decreto salva-risparmi

– Dimito Rosario

MILANO. Si riapre in tarda serata uno spiraglio nel salvataggio delle banche venete da parte di Intesa Sanpaolo dopo che, nel primo pomeriggio, il clima si era infuocato più della calura esterna. Dall’Europa era arrivato un intoppo politico al piano che da parte della struttura tecnica della Dg Comp aveva ricevuto segnali di incoraggiamento: questo conferma ancora una volta la divisione all’interno dell’Antitrust con il vertice attestato su una posizione pregiudizialmente negativa verso l’Italia. Una mail di Margrethe Vestager alla Banca d’Italia e per conoscenza al Tesoro, trasmessa attorno alle 14, aveva rimesso in discussione la complessa manovra di risoluzione oggetto in quelle ore di negoziato tra il ministero e il team della banca milanese guidato da Paolo Grandi. Il commissario europeo per la Concorrenza avrebbe manifestato riserve per autorizzare la risoluzione attraverso l’acquisto per la cifra simbolica di 1 euro di asset sani (filiali, dipendenti, depositi e impieghi), partecipazioni da parte di Intesa Sp con la messa in liquidazione delle vecchie banche contenenti le passività da finanziare a carico dello Stato. Per Vestager accordo Intesa-governo entro 48 ore, altrimenti ball-in, cioè fallimento con effetto contagio sul mercato e sulle altre banche prese di mira dalla speculazione. Le riserve della Commissaria hanno subito messo in allerta i sindacati per il timore che l’Europa ci imponesse i licenziamenti. Il leader della Fabi Lando Sileoni con tempismo ha lanciato l’allarme: «In Europa c’è chi vuole i licenziamenti e il fallimento di Popolare di Vicenza e Veneto Banca». Dopo di lui l’appello di Annamaria Furlan e Giulio Romani della Cisl («il governo non ceda alla Ue) e di Agostino Megale (Fisac): «Serve molta fermezza».E infatti, dopo il faccia faccia di ieri sera tra Paolo Gentiloni e Pier Carlo Padoan, il governo è pronto a riunire il consiglio dei ministri probabilmente oggi per varare il decreto ad hoc: liquidazione coatta amministrativa di Popolare Vicenza Veneto banca recependo la richiesta di Banca d’Italia che dovrebbe nominare i commissari: due terne diverse, solo Fabrizio Viola in comune. Ieri mattina si sarebbero riuniti forse per l’ultima volta, i due cda ai quali è stata illustrata la situazione mentre i due presidenti Gianni Mion e Massimo Lanza, gli ad e i segretari del cda sono stati allertati per domani pomeriggio per gestire il passaggio di consegne ai commissari. Da lunedì 26 le filiali dei due istituti dovrebbero riaprire grazie a Intesa Sp che assicurerà la continuità del servizio. Nelle vecchie banche invece, rimarranno 12 miliardi circa di sofferenze, incagli, crediti ad alto rischio, contenzioso di varia natura: per gestirne la liquidazione il Tesoro dovrebbe ripianare le perdite dell’ordine di 4 miliardi. Poi servirebbero altri 2 miliardi per gestire l’esodo volontario di 3.500-4.000 dipendenti di Vicenza, Veneto e la stessa Intesa Sp. E infine 3 miliardi per gestire la vendita delle sofferenze, coprire i costi di integrazione e tutte le pendenze pregresse. Il governo dovrebbe ricavarli dai 20 miliardi del salva-banche dello scorso Natale. Dopo essere stato avvertito subito da Ignazio Visco delle riserve Ue, a metà pomeriggio il ceo Carlo Messina avrebbe avuto un colloquio telefonico con Gentiloni nel quale il banchiere avrebbe ribadito la sua posizione: l’intervento senza nessun impatto sul Cet 1 e politica dei dividendi. Questo significa che Intesa Sp è disponibile a fare l’operazione senza spendere più della cifra simbolica. Ma subordina l’efficacia dell’operazione a «una cornice legislativa approvata e definitiva» che garantisca neutralità di impatto sul patrimonio: il decreto del governo è subito efficace ma va trasformato in legge in 60 giorni. La banca teme che durante l’iter possano sorgere sorprese.

 

Messaggero 24/06/2017

Banche, c’è il decreto salvataggio – Banche Venete arriva il decreto contro il bail-in – Dimito Rosario

MILANO Si è riaperto in serata un ampio spiraglio di sereno nel salvataggio delle banche venete da parte di Intesa Sanpaolo dopo che, nel primo pomeriggio, la situazione era stata a un passo dalla rottura. Dall’Europa era arrivata una frenata politica al piano che da parte della struttura tecnica della Dg Comp Ue aveva invece ricevuto segnali di incoraggiamento: questo conferma ancora una volta la divisione all’interno dell’Antitrust Ue con il vertice attestato su una posizione pregiudizialmente negativa verso l’Italia. Una mail di Margrethe Vestager inviata alla Banca d’Italia, trasmessa attorno alle 14, aveva rimesso in discussione la complessa manovra di risoluzione oggetto di negoziato tra il ministero e il team della banca milanese guidato da Paolo Grandi. Nella missiva, la Commissaria Ue per la Concorrenza manifestava riserve sull’offerta simbolica di 1 euro da parte di Intesa per gli asset sani (filiali, dipendenti, depositi e impieghi) con la messa in liquidazione delle passività dei due istituti a carico dello Stato. Per Vestager, l’accordo Intesa-governo avrebbe dovuto arrivare entro 48 ore, altrimenti sarebbe stato bail-in, cioè fallimento con gravi effetti sull’intero sistema finanziario nazionale. Le riserve della Commissaria hanno subito messo in allerta i sindacati per il timore che l’Europa ci imponesse i licenziamenti, la sola via che eviterebbero di coinvolgere le casse dello Stato. Il leader della Fabi, Lando Sileoni, ha così lanciato l’allarme: «In Europa c’è chi vuole i licenziamenti e il fallimento di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Rischia di saltare tutto. Ci appelliamo a Gentiloni e Padoan affinché difendano col coltello tra i denti il settore bancario italiano, i lavoratori bancari delle due banche venete, i risparmiatori e le imprese». Dopo di lui l’appello di Annamaria Furlan e Giulio Romani della Cisl («il governo non ceda alla Ue) e di Agostino Megale (Fisac): «Serve fermezza». Sicché, dopo un faccia a faccia nel tardo pomeriggio tra Paolo Gentiloni e Pier Carlo Padoan, il governo si è detto pronto a riunirsi quest’oggi per varare il decreto ad hoc: liquidazione coatta amministrativa di Popolare Vicenza e Veneto Banca recependo la richiesta di Bankitalia che dovrebbe nominare i commissari: due terne diverse, solo Fabrizio Viola in comune. Peraltro, come nelle previsioni nella serata di ieri sono arrivate la dichiarazione Bce che i due istituti «sono in stato di dissesto» e la decisione del Single Resolution Board di non far scattare la «risoluzione». In breve, per il salvataggio si applicheranno le norme italiane. *** PASSAGGIO DI CONSEGNE Intanto ieri mattina si sono riuniti forse per l’ultima volta i due cda delle banche venete ai quali è stata illustrata la situazione mentre i due presidenti Gianni Mion e Massimo Lanza, gli ad e i segretari del cda, sono stati allertati per domani pomeriggio per gestire il passaggio di consegne ai commissari. Da lunedì 26 le filiali dei due istituti dovrebbero riaprire grazie a Intesa che assicurerà la continuità del servizio. Nelle vecchie banche rimarranno invece 12 miliardi circa di sofferenze, incagli, crediti ad alto rischio e contenzioso. Le regole Con il bail in colpite azioni e obbligazioni subordinate Il bail in e la soluzione più dura in caso di dissesto di una banca: prima del coinvolgimento di fondi pubblici prevede la riduzione del valore nominale delle azioni e delle obbligazioni subordinate. Colpiti anche i depositi bancari ma solo oltre i 100 mila euro. Al di sotto scatta la garanzia. Nel mirino gli azionisti e chi possiede bond junior Il burden sharing è il principio della condivisione dei costi per la gestione delle crisi bancarie, un principio adottato dalla L’e nel 2013, quindi prima dell’entrata in vigore della direttiva Brrd. Oggi le regole prevedono che il burden sharing colpisca gli azionisti e i creditori non privilegiati. Il Fondo di risoluzione per non pesare sullo Stato OI1 Fondo nazionale di risoluzione è istituito presso la Banca d’Italia ed è destinato al salvataggio delle banche in difficoltà evitando che ciò pesi sui conti dello Stato e sui contribuenti. Il Fondo è infatti alimentato dai versamenti delle banche nazionali e da quelle estere con succursali in Italia. si vari: per gestirne la liquidazione il Tesoro dovrebbe sborsare circa 4 miliardi. Poi servirebbero altri 2 miliardi per l’esodo volontario di 3.500 dipendenti di Vicenza, Veneto Banca e della stessa Intesa. Infine 3 miliardi per gestire la vendita delle sofferenze, coprire i costi di integrazione e tutte le pendenze pregresse. Questi soldi, il decreto in arrivo dovrebbe ricavarli dai 20 miliardi del salva-banche varato alla fine del 2016. Dopo essere stato avvertito dal governatore Visco delle riserve Ue, a metà pomeriggio il ceo di Intesa, Carlo Messina, avrebbe avuto un colloquio telefonico con Il confronto Gruppo Veneto Banca Margine di interesse 528,8 391,5 Commissioni nette 337,4 263,6 Gentiloni nel quale il banchiere avrebbe ribadito la sua posizione: «Interverremo solo senza impatto sul nostro Cet 1 e sulla politica dei dividendi». Ciò significa nessun impegno finanziario oggi, poiché il prezzo sta nel rischio futuro. Il governo ha tentato una mediazione per tenere conto delle riserve Ue sugli aiuti di Stato, ma la posizione della banca non è cambiata. In più Intesa subordina l’efficacia dell’operazione a «una cornice legislativa approvata e definitiva», senza cioè rischi di modifiche nelle votazioni in Parlamento. Oggi si attendono i fatti.

 

Messaggero Veneto 24/06/2017

La Bce manda in “liquidazione” le banche venete

– Del Giudice Elena

UDINE Bce e Single Resolution Board hanno dato il via libera alla liquidazione di Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, dopo aver accertato che sono «in dissesto». Si tratta del primo passo formale verso la creazione della good bank che verrà acquistata da Intesa e della bad bank che si accollerà lo Stato. Ora serve il decreto del governo, che arriverà al termine di un cdm in programma per oggi. L’obiettivo, spiega il Tesoro, è «adottare le misure necessarie ad assicurare la piena operatività bancaria, con la tutela di tutti i correntisti, depositanti e obbligazionisti senior e junior retail». In serata, da Bruxelles sono arrivati segnali incoraggianti: ci sono «discussioni costruttive» e «progressi per trovare molto presto una soluzione». Oggi dunque il Consiglio dei ministri dovrebbe varare il decreto necessario anche individuare quella “cornice normativa” che consenta a Intesa Sanpaolo di portare avanti la propria offerta, con alcuni aspetti peraltro ancora da limare nel corso del confronto con il Tesoro. Ma nemmeno tanto sullo sfondo ci sarebbe la posizione, rigida, della Dg Comp europea, la Direzione generale della concorrenza, che non concorda sulla via dei prepensionamenti anticipati grazie a fondi pubblici per gestire la partita esuberi (e non solo di Popolare Vicenza e Veneto Banca), ma chiede veri e propri licenziamenti La giornata di ieri era iniziata con le dichiarazioni di Giovanni Bazoli, presidente emerito di Intesa Sanpaolo, che aveva definito la proposta avanzata dal gruppo per il salvataggio delle banche venete (la separazione degli asset “buoni che passerebbero a Intesa per una cifra simbolica, e la creazione di una bad bank nella quale far confluire le partite in perdita) «una soluzione finale e rapida del problema, che era quello che tutti auspicavamo». Una soluzione a cui gli industriali guardano con favore, anche perché «non vediamo altre alternative», ha detto il numero uno di Confindustria, Vincenzo Boccia, che ha invitato ad evitare «l’ansietà nell’economia» oltre ai «tentativi di panico». Anche perché «il sistema sta reagendo». Quindi l’allarme del sindacato, dal segretario della Fabi, Lando Maria Sileoni, a quello della Cisl, Anna Maria Furlan, che hanno richiamato «l’intransigenza della Dg Comp che chiede licenziamenti e non prepensionamenti volontari». «In Europa c’è chi vuole i licenziamenti e il fallimento di Popolare Vicenza e Veneto Banca – la denuncia dei sindacalisti -. Il Gruppo Intesa, che si è reso disponibile a salvarle e a scongiurare un effetto domino a danno del settore bancario, deve essere tutelato». Da qui l’appello alle istituzioni e alle forze politiche «affinché per una volta il sistema Italia faccia quadrato e difenda gli interessi di tutte le parti in causa». E al presidente del Consiglio Paolo Gentiloni che da Bruxelles assicurava: «Stiamo seguendo la situazione, in continuo contatto tra il ministero dell’Economia, le autorità finanziarie italiane ed europee. Se ci saranno decisioni da prendere le prenderemo», il sindacato replica che «non sono sufficienti a fugare i dubbi sulla sorte di dipendenti e risparmiatori delle banche venete. Il Governo agisca rapidamente per far sì che le opzioni sul tavolo siano immediatamente realizzate. Non possiamo tergiversare di fronte al rischio di uno sventramento del sistema bancario». Anche il presidente della Piccola industria Alberto Baban ha confermato «la forte preoccupazione per come sta evolvendo la situazione. Non possiamo farci imporre una scelta dall’Europa, e non possiamo essere sempre sul banco degli imputati e materia per esperimenti. Il Governi faccia pressione su Bruxelles affinché, sulle banche venete, si compia una scelta giusta». In caso contrario, ovvero se l’operazione salvataggio non dovesse riuscire, «ci sarebbero conseguenze dirette su Veneto banca e BpVi, ma anche indirette sull’economia, e in particolare sull’economia del Nordest che è in ripresa», ha precisato Baban. In serata è arrivata la conferma della convocazione del Consiglio dei ministri per la tarda mattinata di oggi dal quale si attendono le decisioni finali per le banche venete.

 

Milano Finanza 24/06/2017

Così le Venete sotto Intesa – Il nuovo Ambroveneto

– Gualtieri Luca

di Luca Gualtieri Nel fine settimana tra il 6 e l’8 agosto 1982 il Veneto giocò un ruolo rilevante nella nascita del Nuovo Banco Ambrosiano. La Banca Cattolica partecipò infatti alla rifondazione dell’istituto, agevolando il difficile compito che il ministro del Tesoro, Nino Andreatta, aveva affidato al 49enne Giovanni Bazoli. Un contributo che forse non sarebbe stato così decisivo senza i risultati che l’istituto vicentino (finito nelle mani di Roberto Calvi negli anni 70) aveva registrato fino ad allora grazie all’ad, Vahan Pasargiklian. Non a caso, negli anni successivi, Bazoli si guardò bene dal vendere la Banca Cattolica, anche perché la sua rete commerciale era del tutto complementare a quella dell’Ambrosiano, con una presenza molto forte nel Triveneto. «Per fortuna siamo riusciti a salvarla e ora se ne vedono i frutti», si confidò il professore in un’intervista a Milano Finanza del 1987. A fine decennio, comunque la Banca Cattolica sarebbe stata fusa nell’istituto milanese, dando vita al Banco Ambrosiano Veneto (o Ambroveneto) che non a caso mantenne sede legale a Vicenza fino alla fusione con la Cariplo nel 1998. Quasi 35 anni dopo i ruoli sono invertiti e oggi è il gruppo Intesa Sanpaolo a dover correre in soccorso del Veneto bancario per scongiurare un doppio bail-in. In liquidazione questa volta finiranno la Popolare di Vicenza e Veneto Banca, due istituti che nell’ultimo ventennio hanno supplito alla scomparsa della Banca Cattolica e di altri soggetti per garantire alla regione un’identità economica e finanziaria. Dopo la tribolata gestione del fondo Atlante e il fallimentare tentativo di fusione, alle due banche non resta altra strada che confluire nel gruppo Intesa per salvare correntisti e obbligazionisti senior. Nessuno se ne rammaricherà, visto che le sirene del campanilismo sono un ricordo lontano in una regione che ha visto andare in fumo risparmi per centinaia di milioni. Tant’è che nel trevigiano molti ricordano con una punta di sarcasmo la levata di scudi con cui nella primavera del 1997 la Popolare di Asolo e Montebelluna (poi Veneto Banca) accolse la ricca offerta del San Paolo di Torino. Altri tempi, altre offerte. Questa volta gli azionisti di Intesa non vogliono spendere più di un euro per rilevare i due istituti. Ecco perché l’offerta, arrivata mercoledì 21 sul tavolo dell’advisor Rothschild, pone paletti molto precisi: dal perimetro dell’acquisizione sono esclusi non solo tutti i crediti deteriorati (npl, inadempienze probabili ed esposizioni scadute), ma anche i crediti in bonis ad alto rischio, i bond subordinati, i rapporti giuridici considerati non funzionali all’acquisizione e gli oneri di ristrutturazione. Questo perché la banca guidata da Carlo Messina intende garantire la totale neutralità dell’operazione sul Ceti (ora al 12,8%) e sulla politica dei dividendi (obiettivo 2017 a 20 centesimi) e vuole evitare a ogni costo aumenti di capitale. I circa 20 miliardi di euro di asset scartati confluiranno in una bad bank finanziata con risorse pubbliche per 3,5-4 miliardi. La palla è tornata così nelle mani del governo, che sabato 24 dovrebbe emanare un decreto legge per definire l’intervento. Già venerdì 23 i ala delle due banche e gli ad, Fabrizio Viola e Cristiano Carme, hanno peraltro espletato gli ultimi compiti prima della messa in liquidazione. Mentre nella tarda serata di venerdì 23 la Bce ha attestato che Bpvi e Veneto Banca sono failing o likely-to-fail. «Le due banche non sono state in grado di offrire soluzioni credibili per il futuro», spiega un comunicato. «La Bce ha considerato entrambe le banche in dissesto o a rischio di dissesto e ne ha dato debita comunicazione al Comitato di risoluzione unico il quale è giunto alla conclusione che le condizioni per l’avvio di un’azione di risoluzione non erano soddisfatte. Le banche saranno quindi liquidate in base alle procedure di insolvenza italiane». La Commissione Ue ha preso atto della situazione: «Le regole permettono la possibilità di concedere aiuti di Stato in questo tipo di situazioni». Sull’esito dell’integrazione gli analisti sembrano abbastanza ottimismi. Equita, ad esempio, ipotizza sinergie a regime per 690 milioni (di cui il 30% nel funding e il 25% nel taglio dei costi) e un utile al 2020 di 390 milioni. Secondo la sim milanese, l’operazione dovrebbe determinare una crescita graduale sul 2019, con impatto a regime nel 2020 di 108 punti base (Rote 13%), mentre il price-earnings 2019-2020 è previsto in calo da 10,9-10 a 10,6-9,1 volte. C’è insomma fiducia che il salvataggio possa creare valore per gli azionisti di Intesa, anche se l’integrazione non sarà impresa semplice. In molte cittadine del Nord Est le filiali di Bpvi, Veneto Banca e Intesa Sanpaolo convivono gomito a gomito (si veda tabella in pagina) e l’Antitrust italiano potrebbe imporre interventi significativi per assottigliare la nuova rete commerciale. Oltretutto in termini numerici gli sportelli delle due ex popolari sono circa un quarto di quelli di Intesa e uno snellimento è inevitabile. Sul piano occupazionale l’integrazione potrebbe determinare circa 4.000 esuberi e non è escluso che l’Europa imponga tagli più consistenti. Il costo delle uscite (circa 1,2 miliardi) dovrebbe comunque essere sostenuto dallo Stato con l’iniezione di nuove risorse nel fondo esuberi della categoria dopo lo stanziamento da 650 milioni effettuato dall’ultima Legge di Bilancio. La preoccupazione dei sindacati sul tema è massima, come denunciano le dichiarazioni di Lando Sileoni della Fabi: «Ci appelliamo al presidente del Consiglio Gentiloni, al ministro dell’Economia Padoan e a tutte le forze politiche affinché difendano col coltello tra i denti il settore bancario italiano, i lavoratori bancari delle due banche venete, i risparmiatori e le imprese». A Sileoni ha fatto eco Agostino Megale della Fisac-Cgil: «Chiediamo al governo di operare con fermezza nei confronti della Dg Competition della per impedire che passi la volontà di chi vorrebbe i licenziamenti». C’è poi il tema delle sovrapposizioni dei fidi. Il problema del pluri affidamento è abbastanza frequente tra le pmi venete, che hanno spesso conti in Bpvi, Veneto Banca e Intesa La revisione selettiva del portafoglio crediti sarà una conseguenza inevitabile dell’integrazione e potrebbe avvenire nel primo triennio di attività. La percentuale di impieghi che un’impresa potrebbe ottenere dal nuovo gruppo sul totale delle passività rischia di essere inferiore alla somma delle percentuali accordate prima del salvataggio. Si tratta di problemi che i vertici della Ca’ de Sass hanno presenti e che potrebbero essere superare senza grossi problemi. Anche perché sull’altro piatto della bilancia c’è un progetto industriale in grado di lasciarsi alle spalle la crisi finanziaria e reputazionale e di replicare lo schema attuato 35 anni fa con il Banco Ambrosiano. (riproduzione riservata)

 

La Stampa

ALESSANDRO BARBERA Il ROMA

Si può finanziare una banca con quattro miliardi di euro di fondi pubblici per evitare la chiusura degli sportelli di altri due istituti? Nelle pieghe delle norme europee una soluzione sembra possibile, ma la questione è delicata ed ha costretto molti ad un venerdì di superlavoro. Paolo Gentiloni e Pier Carlo Padoan a Roma, i vertici della Vigilanza europea a Francoforte, l’Autorità di risoluzione e la Commissione europea a Bruxelles: nonostante le difficoltà tecniche, la volontà politica delle cancellerie europee è di imporre un accordo che eviti il bail-in (leggasi fallimento interno) di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Alla fine di una giornata molto lunga, in cui sembrava che il filo dell’accordo si stesse per spezzare, alle 21.30 la Banca centrale europea e l’Autorità di risoluzione hanno dato il via alla procedura che dovrebbe permettere il (quasi) salvataggio delle due banche. La Vigilanza ha comunicato che Vicenza e Veneto sono prossime al fallimento, l’autorità guidata da Elke Koenig ha detto che i due istituti non andranno in risoluzione secondo le regole europee, ma liquidate sulla base delle regole italiane: è il primo sì alla separazione delle attività in good e bad bank. Subito dopo è arrivato però un comunicato della Direzione concorrenza della Commissione europea il quale «prende atto» di quanto deciso dalle due autorità promettendo «un accordo rapido» sul rispetto delle norme sugli aiuti di Stato. E il segno che la volontà politica non ha ancora risolto tutti i problemi tecnici. C’è tempo fino a domani sera: un quarto comunicato – stavolta del Tesoro – annuncia un decreto «nel fine settimana» e una soluzione che tuteli «tutti i correntisti, depositanti e obbligazionisti senior». Cosa significa tutto questo? Giusto o sbagliato che sia, la convinzione diffusa in Europa è che se il fallimento delle due banche comportasse il taglio delle obbligazioni ordinarie e dei depositi sopra i centomila euro, le conseguenze sarebbero peggiori del rischio di piegare le regole ad una situazione eccezionale. L’economia veneta vale come quella greca, ed è quella che tiene a galla l’asfittica crescita italiana. A molti sarebbe piaciuto imporre una soluzione alla spagnola, ma in Italia non c’è un Santander disposto a ingoiare in un sol colpo quasi venti miliardi di crediti dubbi. L’unica banca disponibile – obotorto collo – a risolvere il problema è Intesa Sanpaolo. Ma non è grande come il Santander e non ha voglia di mettere a repentaglio le promesse fatte agli azionisti. Il numero uno Carlo Messina sa di essere l’unica spiaggia del governo e ha dettato le uniche condizioni (per lui) possibili: rileverà gli sportelli delle due ormai ex venete e i suoi (troppi) dipendenti solo con il sostegno dello Stato. In Europa – in particolare dalle parti della Bundesbank – c’è però chi teme che per evitare il patatrac veneto si buttino al macero le regole dell’Unione bancaria. Dal primo gennaio dell’anno scorso la direttiva «Brrd» dice che se una banca è pronta per fallire, il prezzo lo devono pagare coloro i quali di quella banca posseggono azioni, obbligazioni, e se necessario, i depositanti. Nelle pieghe della complicata architettura europea una scappatoia c’è: è il capitolo 6 della comunicazione della Commissione sugli aiuti di Stato. Da un lato gli asset buoni delle due banche, dall’altra le passività. Se le due banche vanno in liquidazione lo smaltimento delle sofferenze con aiuti pubblici è tecnicamente possibile. Più difficile invece – senza violare espressamente le regole – finanziare con soldi pubblici l’acquisizione da parte di Intesa San Paolo della parte sana delle due venete, un’operazione fino a ieri stimata per il contribuente in quasi quattro miliardi di euro. I problemi ancora da risolvere sono tutti II, e la questione sarebbe stata oggetto di una lettera dai toni piuttosto duri partita da Bruxelles e diretta alle autorità italiane. Le due parti (Tesoro e Intesa) sarebbero vicine all’accordo, ma dovrà star bene anche all’Europa. Il diavolo resta nel dettaglio.

 

AREZZOWEB.IT 23/06/2017

Banche venete: Fabi a Governo, tutto a rischio, Ue vuole licenziamenti – ArezzoWeb.it – …

Milano, 23– L’operazione che prevederebbe l’intervento di Intesa SanPaolo sulle banche venete a determinate condizioni tra cui l’intervento dello Stato per ricapitalizzare una ‘bad bank’ sarebbe a rischio perché la Dg Comp della Commissione europea vorrebbe licenziamenti e non prepensionamenti o uscite volontarie. A denunciarlo è Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato di maggioranza dei bancari, che si appella al Governo Gentiloni e al ministro Pier Carlo Padoan. “In Europa c’è chi vuole i licenziamenti e il fallimento di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Il gruppo Intesa, che si è reso disponibile a salvarle e a scongiurare un effetto domino a danno del settore bancario, deve essere tutelato”, dice Sileoni in una nota. “Ci rivolgiamo alle istituzioni e alle forze politiche affinché almeno una volta il sistema Italia faccia quadrato e difenda gli interessi di tutte le parti in causa”. Al premier Paolo Gentiloni si chiede di “intervenire per fermare questo gioco al massacro che farebbe perdere credibilità al Paese e inciderebbe pesantemente sull’occupazione”.

 

BERGAMONEWS.IT 23/06/2017

Padoan proroga la cassa integrazione per i lavoratori Italcementi – …

“Il ministro Pier Carlo Padoan ha controfirmato il decreto per la proroga della cassa integrazione per i lavoratori Italcementi” lo afferma l’onorevole Antonio Misiani. È una delle misure prese dal ministro dell’Economia Padoan che nel pomeriggio di venerdì 23 giugno a Palazzo Chigi a Roma ha incontrato il premier Paolo Gentiloni per le decisioni da prendere sulle banche venete e sul decreto che dovrebbe andare sabato 24 giugno in consiglio dei ministri. La giornata è stata fitta di contatti fra Roma e Bruxelles, e di allarmi su possibili nuovi ostacoli al piano targato Intesa e su irrigidimenti europei in particolare per quel che riguarda il nodo esuberi. A lanciare quest’ultimo allarme è il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, secondo cui “in Europa c’è chi vuole il fallimento di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Rischia di saltare tutto”.

 

CORRIEREADRIATICO.IT 23/06/2017

Banche Venete, corsa contro il tempo per evitare il fallimento – …

di Osvaldo De Paolini Ore di forte tensione attorno ai contenuti del decreto del governo destinato a risolvere il problema delle banche venete con un salvataggio in extremis. Le condizioni poste da Intesa Sanpaolo per rilevare al costo di 1 euro le due banche “ripulite” di ogni passività, solo in parte vengono infatti considerate accettabili dal governo: il tema degli esuberi (circa 3.500) sembra essere la pietra più spigolosa, anche se non la sola, che fino a questo momento non ha consentito di raggiungere l’accordo. La resistenza del governo ad accogliere la proposta vincolante di Intesa è per certi versi comprensibile: ai 5-6 miliardi che servirebbero per avviare la bad bank va infatti aggiunto il costo degli esuberi e quello della gestione dei crediti deteriorati dei due istituti, i quali possono essere forieri di perdite ulteriori. Un conto molto salato per lo Stato, che alla fine potrebbe superare anche 10 miliardi. E tuttavia, qualora non si raggiungesse l’accordo e la Bce dovesse domani decretare il fallimento dei due istituti di credito, si entrerebbe in una fase di forte tensione per l’intero sistema bancario nazionale che verrebbe messo immediatamente sotto osservazione dalla Vigilanza Unica con conseguenze drammatiche per la nostra reputazione sui mercati. In altre parole, il governo deve decidere se accogliere le condizioni di Intesa inserendole nel decreto di salvataggio, rischiando in tal modo le proteste di Bruxelles (che già ha sollevato dubbi sul fronte degli esuberi) e quelle della Ragioneria (che chiederebbe conto sulle coperture necessarie), oppure affrontare una situazione che, secondo i banchieri riuniti in Abi, porterebbe a conseguenze ben peggiori non solo per il Triveneto ma per l’intero Paese. Non a caso un paio d’ore fa Lando Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato che raggruppa cui fanno riferimento la maggioranza dei bancari, ha lanciato un segnale decisamente allarmante: «Ci appelliamo al premier Paolo Gentiloni, al ministro dell’Economia Padoan, a tutte le forze politiche affinché difendano col coltello tra i denti il settore bancario italiano, i lavoratori bancari delle due banche venete, i risparmiatori e le imprese». E ancora: «In Europa c’è chi vuole i licenziamenti e il fallimento di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Il gruppo Intesa, che si è reso disponibile a salvarle e a scongiurare un effetto domino a danno del settore bancario, deve essere tutelato. Ci rivolgiamo alle istituzioni e alle forze politiche affinché almeno una volta il sistema Italia faccia quadrato e difenda gli interessi di tutte le parti in causa. Chiediamo infine al premier Gentiloni, sempre estremamente sensibile sugli argomenti di carattere sociale, di intervenire per fermare questo gioco al massacro che farebbe perdere credibilità al Paese e inciderebbe pesantemente sull’occupazione».

 

DAGOSPIA.COM 23/06/2017

  1. MA DOV’È IL DECRETO SUL SALVATAGGIO DELLE BANCHE VENETE? SENZA, LA BCE DOVRÀ DICHIARARNE IL FALLIMENTO DAGONOTA – Ma il decreto sul salvataggio delle banche venete dov’è e, soprattutto, cosa contiene? Sembra che il governo esiti rispetto ai contenuti di cui si e’ parlato sinora. Se così fosse, la Bce non può che prepararsi (in assenza di decisioni da Roma) a dichiarare il fallimento di Veneto Banca e Popolare di Vicenza, con gli effetti immaginabili su risparmiatori, occupazione e imprese del Nordest che stanno cercando di ripartire. Gentiloni e Padoan, se ci siete battete un colpo, qualsiasi cosa vi dicono dal Pd…     2. BANCHE VENETE, CORSA CONTRO IL TEMPO PER EVITARE IL FALLIMENTO Osvaldo De Paolini per www.ilmessaggero.it Ore di forte tensione attorno ai contenuti del decreto del governo destinato a risolvere il problema delle banche venete con un salvataggio in extremis. Le condizioni poste da Intesa Sanpaolo per rilevare al costo di 1 euro le due banche “ripulite” di ogni passività, solo in parte vengono infatti considerate accettabili dal governo: il tema degli esuberi (circa 3.500) sembra essere la pietra più spigolosa, anche se non la sola, che fino a questo momento non ha consentito di raggiungere l’accordo.   La resistenza del governo ad accogliere la proposta vincolante di Intesa è per certi versi comprensibile: ai 5-6 miliardi che servirebbero per avviare la bad bank va infatti aggiunto il costo degli esuberi e quello della gestione dei crediti deteriorati dei due istituti, i quali possono essere forieri di perdite ulteriori. Un conto molto salato per lo Stato, che alla fine potrebbe superare anche 10 miliardi. E tuttavia, qualora non si raggiungesse l’accordo e la Bce dovesse domani decretare il fallimento dei due istituti di credito, si entrerebbe in una fase di forte tensione per l’intero sistema bancario nazionale che verrebbe messo immediatamente sotto osservazione dalla Vigilanza Unica con conseguenze drammatiche per la nostra reputazione sui mercati.   In altre parole, il governo deve decidere se accogliere le condizioni di Intesa inserendole nel decreto di salvataggio, rischiando in tal modo le proteste di Bruxelles (che già ha sollevato dubbi sul fronte degli esuberi) e quelle della Ragioneria (che chiederebbe conto sulle coperture necessarie), oppure affrontare una situazione che, secondo i banchieri riuniti in Abi, porterebbe a conseguenze ben peggiori non solo per il Triveneto ma per l’intero Paese.   Non a caso un paio d’ore fa Lando Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato che raggruppa cui fanno riferimento la maggioranza dei bancari, ha lanciato un segnale decisamente allarmante: «Ci appelliamo al premier Paolo Gentiloni, al ministro dell’Economia Padoan, a tutte le forze politiche affinché difendano col coltello tra i denti il settore bancario italiano, i lavoratori bancari delle due banche venete, i risparmiatori e le imprese». E ancora: «In Europa c’è chi vuole i licenziamenti e il fallimento di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Il gruppo Intesa, che si è reso disponibile a salvarle e a scongiurare un effetto domino a danno del settore bancario, deve essere tutelato. Ci rivolgiamo alle istituzioni e alle forze politiche affinché almeno una volta il sistema Italia faccia quadrato e difenda gli interessi di tutte le parti in causa. Chiediamo infine al premier Gentiloni, sempre estremamente sensibile sugli argomenti di carattere sociale, di intervenire per fermare questo gioco al massacro che farebbe perdere credibilità al Paese e inciderebbe pesantemente sull’occupazione».

 

 

HUFFINGTONPOST.IT 23/06/2017

Domani il Cdm per il salvataggio delle banche venete. Gentiloni: “Garantiremo i risparmiatori”

Il Governo accelera sul salvataggio delle banche venete: domani mattina, secondo quanto riferiscono fonti dell’esecutivo, si terrà una riunione del Consiglio dei ministri per dare il via libera al decreto del Tesoro che farà da cornice all’intervento di Intesa Sanpaolo. “Si terrà un Cdm nel week end, quasi sicuramente domani”, riferiscono le fonti. Il Tesoro, intanto, lavora agli ultimi dettagli del provvedimento. Il nodo principale da sciogliere riguarda l’utilizzo delle risorse che lo Stato destinerà alla creazione della bad bank dove confluiranno tutti gli asset problematici della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca. Su questa operazione, infatti, vigila l’Europa e un accordo con Bruxelles è imprescindibile per chiudere definitivamente la partita del salvataggio dei due istituti veneti. In questa cornice si inserisce il cambio di destinazione d’uso che il Tesoro è chiamato a mettere in campo per utilizzare una parte dei 20 miliardi messi da parte per le ricapitalizzazioni precauzionali delle banche. A rassicurare sul fatto che i risparmiatori delle due banche venete saranno garantiti è il premier Paolo Gentiloni. “Siamo in contatto continuo con le autorità europee competenti: voglio dire che la garanzia per quanto riguarda i risparmiatori e i correntisti nelle discussioni è una garanzia che mi sento di confermare totalmente”, ha affermato il presidente del Consiglio nel corso della conferenza stampa al termine del Consiglio europeo a Bruxelles. I timori sull’efficacia del piano di salvataggio di Ca’ de Sass sono tuttavia ancora forti. Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato dei bancari più grande, ha lanciato l’allarme: nella partita delle banche venete rischia di saltare tutto per l’intransigenza della Dg Competion europea che chiede licenziamenti e non prepensionamenti volontari. “Ci appelliamo al presidente del Consiglio Gentiloni, al ministro dell’Economia Padoan, a tutte le forze politiche affinché difendano col coltello tra i denti il settore bancario italiano, i lavoratori bancari delle due banche venete, i risparmiatori e le imprese”, ha affermato Sileoni. “In Europa c’è chi vuole i licenziamenti e il fallimento di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Il gruppo Intesa, che si è reso disponibile a salvarle e a scongiurare un effetto domino a danno del settore bancario, deve essere tutelato”, ha aggiunto.

 

ILFOGLIO.IT 23/06/2017

Banche venete: Fabi a Governo, tutto a rischio, Ue vuole licenziamenti – …

Milano, 23 giu. (AdnKronos) – L’operazione che prevederebbe l’intervento di Intesa SanPaolo sulle banche venete a determinate condizioni tra cui l’intervento dello Stato per ricapitalizzare una ‘bad bank’ sarebbe a rischio perché la Dg Comp della Commissione europea vorrebbe licenziamenti e non prepensionamenti o uscite volontarie. A denunciarlo è Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato di maggioranza dei bancari, che si appella al Governo Gentiloni e al ministro Pier Carlo Padoan. “In Europa c’è chi vuole i licenziamenti e il fallimento di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Il gruppo Intesa, che si è reso disponibile a salvarle e a scongiurare un effetto domino a danno del settore bancario, deve essere tutelato”, dice Sileoni in una nota. “Ci rivolgiamo alle istituzioni e alle forze politiche affinché almeno una volta il sistema Italia faccia quadrato e difenda gli interessi di tutte le parti in causa”. Al premier Paolo Gentiloni si chiede di “intervenire per fermare questo gioco al massacro che farebbe perdere credibilità al Paese e inciderebbe pesantemente sull’occupazione”.

 

 

ILGAZZETTINO.IT 23/06/2017

Banche Venete, corsa contro il tempo per evitare il fallimento – …

di Osvaldo De Paolini Ore di forte tensione attorno ai contenuti del decreto del governo destinato a risolvere il problema delle banche venete con un salvataggio in extremis. Le condizioni poste da Intesa Sanpaolo per rilevare al costo di 1 euro le due banche “ripulite” di ogni passività, solo in parte vengono infatti considerate accettabili dal governo: il tema degli esuberi (circa 3.500) sembra essere la pietra più spigolosa, anche se non la sola, che fino a questo momento non ha consentito di raggiungere l’accordo. La resistenza del governo ad accogliere la proposta vincolante di Intesa è per certi versi comprensibile: ai 5-6 miliardi che servirebbero per avviare la bad bank va infatti aggiunto il costo degli esuberi e quello della gestione dei crediti deteriorati dei due istituti, i quali possono essere forieri di perdite ulteriori. Un conto molto salato per lo Stato, che alla fine potrebbe superare anche 10 miliardi. E tuttavia, qualora non si raggiungesse l’accordo e la Bce dovesse domani decretare il fallimento dei due istituti di credito, si entrerebbe in una fase di forte tensione per l’intero sistema bancario nazionale che verrebbe messo immediatamente sotto osservazione dalla Vigilanza Unica con conseguenze drammatiche per la nostra reputazione sui mercati. In altre parole, il governo deve decidere se accogliere le condizioni di Intesa inserendole nel decreto di salvataggio, rischiando in tal modo le proteste di Bruxelles (che già ha sollevato dubbi sul fronte degli esuberi) e quelle della Ragioneria (che chiederebbe conto sulle coperture necessarie), oppure affrontare una situazione che, secondo i banchieri riuniti in Abi, porterebbe a conseguenze ben peggiori non solo per il Triveneto ma per l’intero Paese. Non a caso un paio d’ore fa Lando Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato che raggruppa cui fanno riferimento la maggioranza dei bancari, ha lanciato un segnale decisamente allarmante: «Ci appelliamo al premier Paolo Gentiloni, al ministro dell’Economia Padoan, a tutte le forze politiche affinché difendano col coltello tra i denti il settore bancario italiano, i lavoratori bancari delle due banche venete, i risparmiatori e le imprese». E ancora: «In Europa c’è chi vuole i licenziamenti e il fallimento di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Il gruppo Intesa, che si è reso disponibile a salvarle e a scongiurare un effetto domino a danno del settore bancario, deve essere tutelato. Ci rivolgiamo alle istituzioni e alle forze politiche affinché almeno una volta il sistema Italia faccia quadrato e difenda gli interessi di tutte le parti in causa. Chiediamo infine al premier Gentiloni, sempre estremamente sensibile sugli argomenti di carattere sociale, di intervenire per fermare questo gioco al massacro che farebbe perdere credibilità al Paese e inciderebbe pesantemente sull’occupazione».

 

ILMATTINO.IT 23/06/2017

Banche Venete, corsa contro il tempo per evitare il fallimento – …

Ore di forte tensione attorno ai contenuti del decreto del governo destinato a risolvere il problema delle banche venete con un salvataggio in extremis. Le condizioni poste da Intesa Sanpaolo per rilevare al costo di 1 euro le due banche “ripulite” di ogni passività, solo in parte vengono infatti considerate accettabili dal governo: il tema degli esuberi (circa 3.500) sembra essere la pietra più spigolosa, anche se non la sola, che fino a questo momento non ha consentito di raggiungere l’accordo. La resistenza del governo ad accogliere la proposta vincolante di Intesa è per certi versi comprensibile: ai 5-6 miliardi che servirebbero per avviare la bad bank va infatti aggiunto il costo degli esuberi e quello della gestione dei crediti deteriorati dei due istituti, i quali possono essere forieri di perdite ulteriori. Un conto molto salato per lo Stato, che alla fine potrebbe superare anche 10 miliardi. E tuttavia, qualora non si raggiungesse l’accordo e la Bce dovesse domani decretare il fallimento dei due istituti di credito, si entrerebbe in una fase di forte tensione per l’intero sistema bancario nazionale che verrebbe messo immediatamente sotto osservazione dalla Vigilanza Unica con conseguenze drammatiche per la nostra reputazione sui mercati. In altre parole, il governo deve decidere se accogliere le condizioni di Intesa inserendole nel decreto di salvataggio, rischiando in tal modo le proteste di Bruxelles (che già ha sollevato dubbi sul fronte degli esuberi) e quelle della Ragioneria (che chiederebbe conto sulle coperture necessarie), oppure affrontare una situazione che, secondo i banchieri riuniti in Abi, porterebbe a conseguenze ben peggiori non solo per il Triveneto ma per l’intero Paese. Non a caso un paio d’ore fa Lando Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato che raggruppa cui fanno riferimento la maggioranza dei bancari, ha lanciato un segnale decisamente allarmante: «Ci appelliamo al premier Paolo Gentiloni, al ministro dell’Economia Padoan, a tutte le forze politiche affinché difendano col coltello tra i denti il settore bancario italiano, i lavoratori bancari delle due banche venete, i risparmiatori e le imprese». E ancora: «In Europa c’è chi vuole i licenziamenti e il fallimento di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Il gruppo Intesa, che si è reso disponibile a salvarle e a scongiurare un effetto domino a danno del settore bancario, deve essere tutelato. Ci rivolgiamo alle istituzioni e alle forze politiche affinché almeno una volta il sistema Italia faccia quadrato e difenda gli interessi di tutte le parti in causa. Chiediamo infine al premier Gentiloni, sempre estremamente sensibile sugli argomenti di carattere sociale, di intervenire per fermare questo gioco al massacro che farebbe perdere credibilità al Paese e inciderebbe pesantemente sull’occupazione».

 

ILSOLE24ORE.COM 23/06/2017

Banche venete, decreto nel weekend. Tensione con la Ue sugli esuberi – …

I cda di Popolare di Vicenza e Veneto Banca sono pronti alle dimissioni, ha detto stamattina il presidente della vicentina, Gianni Mion. Un dettaglio tecnico, ma anche la conferma che l’epilogo per il salvataggio delle due banche è vicino: dipende tutto dal decreto del Consiglio dei ministri che avvierà la liquidazione, che le banche prevedono possa arrivare tra stasera (difficile) e domenica sera, o al più tardi lunedì mattina all’alba, prima dell’apertura dei mercati. La bozza è pronta, ma per il varo c’è da mettere a punto alcuni dettagli relativi all’offerta depositata mercoledì da Intesa Sanpaolo: la banca guidata da Carlo Messina offre un euro ma soprattutto pone una serie di condizioni che prima di essere accettate dal Tesoro devono essere verificate (o limate) quanto a sostenibilità economica, fattibilità tecnica e compatibilità con le norme europee, soprattutto in materia di aiuti di Stato. Il dossier dagli istituti di credito veneti, si osserva a Bruxelles, «è più complesso» rispetto a quello di Mps, ma negli ultimi giorni si sarebbe andati avanti anche grazie a una «convergenza d’intenti» nella ricerca di una soluzione. Allarme Fabi:?sul nodo esuberi rischia di saltare tutto Il nodo più difficile da sciogliere è però quello degli esuberi. A lanciare l’allarme è Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, che denuncia come rischi di saltare tutto per l’intransigenza della Dg Comp europea che chiede licenziamenti e non prepensionamenti volontari. «Ci appelliamo al presidente del Consiglio Gentiloni, al ministro dell’Economia Padoan, a tutte le forze politiche – afferma – affinché difendano col coltello tra i denti il settore bancario italiano, i lavoratori bancari delle due banche venete, i risparmiatori e le imprese». «In Europa c’è chi vuole i licenziamenti e il fallimento di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Il gruppo Intesa, che si è reso disponibile a salvarle e a scongiurare un effetto domino a danno del settore bancario, deve essere tutelato. Ci rivolgiamo alle istituzioni e alle forze politiche affinché almeno una volta il sistema Italia faccia quadrato e difenda gli interessi di tutte le parti in causa – afferma -. Chiediamo al presidente Gentiloni, sempre estremamente sensibile sugli argomenti di carattere sociale, di intervenire per fermare questo gioco al massacro che farebbe perdere credibilità al Paese e inciderebbe pesantemente sull’occupazione». La delusione dei manager veneti Che però, si diceva, deve arrivare in tempi rapidi: se è vero, come ha fatto notare sempre Gianni Mion, che «la fuga dei depositi si è arrestata», è anche vero che l’incertezza va sanata il più in fretta possibile visto il coinvolgimento di centinaia di migliaia di clienti destinati a passare da una banca all’altra in tempi e modalità ancora tutti da definire. Certo tra Vicenza e Montebelluna, dove per mesi si è lavorato su un piano che puntava prima alla fusione e poi all’ingresso dello Stato, si respira un comprensibile senso di scoramento: «Ora tutti adesso pensano basti un euro», ha sottolineato ancora il presidente della Popolare di Vicenza: «Io non posso valutare la proposta, non mi posso lamentare dei professori, io sono stato bocciato. È stato bocciato tutto, le persone, il piano e pure io». A Vicenza era in calendario un cda per martedì, che però potrebbe essere anticipato per le dimissioni qualora – come probabile – il decreto dovesse arrivare prima, e altrettanto si sta organizzando a Montebelluna, dove invece il primo board in agenda sarebbe per la prima settimana di luglio. Per Vicenza Cda lampo Oggi si è svolta una breve riunione, durata circa un’ora, in cui l’a.d. della Banca Popolare di Vicenza e presidente del comitato esecutivo di Veneto Banca, Fabrizio Viola, ha aggiornato i consiglieri sulla situazione dei due istituti di credito. Così fonti vicine alle banche descrivono i consigli di amministrazione convocati questa mattina con scarsissimo preavviso. La stragrande maggioranza dei consiglieri era collegata in video conferenza. La Borsa premia il titolo Intesa Il lavoro in queste ore è febbrile anche per i tecnici di Intesa Sanpaolo, il capo della banca dei territori Stefano Barrese e il chief governance officer Paolo Grandi in testa, chiamati a verificare limature possibili e i passaggi tecnici che porteranno al transito degli asset appetibili – 30 miliardi di impieghi, raccolta, portafoglio titoli – presto ma non subito, visto che la banca ha puntualizzato che la proposta potrà essere considerata valida (e quindi in vigore) solo quando sarà definitivo il quadro normativo: non basterà il decreto ma servirà la conversione in legge, con un passaggio parlamentare che viste le premesse non si preannuncia dei più agevoli. Intanto la banca in Borsa continua a beneficiare degli effetti di un’offerta che gli analisti hanno giudicato assai conveniente: intorno alle 16 il titolo di Ca’ de Sass guadagna circa mezzo punto in una giornata negativa per Milano. La «benedizione» di Unipol Sempre dal mondo finanziario sono da registrare le parole dell’ad di Unipol, Carlo Cimbri: la soluzione trovata con Intesa per le banche venete «tiene conto degli aspetti industriali quindi è più efficace di quella finanziaria, che consisteva in una mera ricapitalizzazione, che avrebbe lasciato le cose come stanno», ha dichiarato il manager a margine della relazione annuale dell’Ivass. Se la soluzione scelta «è risolutiva, come pare, la trovo una cosa positiva. Credo e auspico che il governo e le Autorità abbiano lavorato a una soluzione definitiva».

 

ILSOLE24ORE.COM 23/06/2017

Venete, doppio vertice: Gentiloni-Padoan e Mef-Bankitalia-Intesa – …

Trattative frenetiche in vista del weekend per trovare una via d’uscita alla crisi delle banche venete. Nel tardo pomeriggio a Palazzo Chigi si è svolto un vertice fra il premier Paolo Gentiloni e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan per le decisioni da prendere sui due istituti e sul decreto che dovrebbe andare sabato in consiglio dei ministri. La giornata è stata fitta di contatti fra Roma e Bruxelles, e di allarmi su possibili nuovi ostacoli al piano targato Intesa e su irrigidimenti europei in particolare per quel che riguarda il nodo degli esuberi. A lanciare quest’ultimo allarme è stato il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, secondo cui «in Europa c’è chi vuole il fallimento di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Rischia di saltare tutto». Il vertice Mef-Bankitalia-Intesa Ma sul tema tutte le agende sono fitte di incontri. Subito dopo pranzo è iniziato un incontro in conference call tra i vertici di Banca d’Italia, il Mef e Intesa Sanpaolo per discutere dei dettagli relativi alla proposta di acquisto delle due banche venete da parte di Ca de’ Sass. Il confronto, tutto sul fronte italiano, dovrebbe permettere di trovare la quadra sui dettagli finali in vista dell’autorizzazione da parte di Bruxelles, che non avrebbe preso parte alla discussione. Intanto, i cda di Popolare di Vicenza e Veneto Banca sono pronti alle dimissioni, ha detto stamattina il presidente della vicentina, Gianni Mion. Un dettaglio tecnico, ma anche la conferma che l’epilogo per il salvataggio delle due banche è vicino, anche se la trattativa è tutto tranne che in discesa. A sancire il raggiungimento di un’intesa sarà il varo, appunto, del decreto del Consiglio dei ministri che avvierà la liquidazione. Dalle banche si prevede che il testo possa arrivare tra stasera (difficile) e domenica sera, o al più tardi lunedì mattina all’alba, prima dell’apertura dei mercati. La bozza è pronta, ma per il varo c’è da mettere a punto alcuni dettagli relativi all’offerta depositata mercoledì da Intesa Sanpaolo: la banca guidata da Carlo Messina offre un euro ma soprattutto pone una serie di condizioni che prima di essere accettate dal Tesoro devono essere verificate (o limate) quanto a sostenibilità economica, fattibilità tecnica e compatibilità con le norme europee, soprattutto in materia di aiuti di Stato. Il dossier dagli istituti di credito veneti, si osserva a Bruxelles, «è più complesso» rispetto a quello di Mps, ma negli ultimi giorni si sarebbe andati avanti anche grazie a una «convergenza d’intenti» nella ricerca di una soluzione. Allarme Fabi:?sul nodo esuberi rischia di saltare tutto Sul versante europeo, invece, il tema più caldo appare quello degli esuberi. A lanciare l’allarme è Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, la Federazione dei bancari italiani, che denuncia come rischi di saltare tutto per l’intransigenza della Dg Comp europea che chiede licenziamenti e non prepensionamenti volontari. «Ci appelliamo al presidente del Consiglio Gentiloni, al ministro dell’Economia Padoan, a tutte le forze politiche – afferma – affinché difendano col coltello tra i denti il settore bancario italiano, i lavoratori bancari delle due banche venete, i risparmiatori e le imprese». «In Europa c’è chi vuole i licenziamenti e il fallimento di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Il gruppo Intesa, che si è reso disponibile a salvarle e a scongiurare un effetto domino a danno del settore bancario, deve essere tutelato. Ci rivolgiamo alle istituzioni e alle forze politiche affinché almeno una volta il sistema Italia faccia quadrato e difenda gli interessi di tutte le parti in causa – afferma Sileoni -. Chiediamo al presidente Gentiloni, sempre estremamente sensibile sugli argomenti di carattere sociale, di intervenire per fermare questo gioco al massacro che farebbe perdere credibilità al Paese e inciderebbe pesantemente sull’occupazione». Sulla stessa lunghezza d’onda anche Agostino Megale, segretario generale della Fisac. «Chiedo al Governo e alla sua maggioranza di operare con fermezza e nettezza nei confronti della dgcom a Bruxelles per impedire che passi la volontà di chi vorrebbe i licenziamenti nelle due banche Venete. L’11 luglio saremo a Bruxelles ad incontrare le istituzioni Europee per difendere l’occupazione dei lavoratori bancari e la tutela dei risparmiatori retail. Nella Comm Europea c’è chi da tempo vuole utilizzare le crisi bancarie Per far pagare il prezzo Sociale più alto al ns paese . Questo è’ inaccettabile e va respinto senza se e senza ma. Abbiamo apprezzato la decisione di Intesa di avanzare una disponibilità ad intervenire contribuendo così a mettere in sicurezza l’occupazione e i risparmiatori. Per questo ho parlato di una disponibilità utile al Paese. Tutti i lavoratori dovranno essere pienamente tutelati e nessuno sarà lasciato solo ma il Governo faccia fino in fondo la sua parte senza incertezze». Boccia: nessuna alternativa a Intesa L’offerta di Intesa SanPaolo per le banche venete «è buona: diciamo accontentiamoci pragmaticamente di un’offerta di una grande banca senza la quale penso che avremmo avuto molti più problemi». Questo il commento del presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, interpellato a margine dell’assemblea di Confindustria Firenze. «Il problema – ha spiegato – è su quali alternative possibili dovevamo lavorare. Se non ne abbiamo, cerchiamo di essere pragmatici e vediamo di evitare effetti-panico all’interno del mercato che in altri Paesi abbiamo già visto in epoche passate. Non mi sembra che ci fossero altre alternative su cui discutere». La delusione dei manager veneti Il decreto, tuttavia, dovrebbe arrivare in tempi rapidi: se è vero, come ha fatto notare sempre Gianni Mion, che «la fuga dei depositi si è arrestata», è anche vero che l’incertezza va sanata il più in fretta possibile visto il coinvolgimento di centinaia di migliaia di clienti destinati a passare da una banca all’altra in tempi e modalità ancora tutti da definire. Certo tra Vicenza e Montebelluna, dove per mesi si è lavorato su un piano che puntava prima alla fusione e poi all’ingresso dello Stato, si respira un comprensibile senso di scoramento: «Ora tutti adesso pensano basti un euro», ha sottolineato ancora il presidente della Popolare di Vicenza: «Io non posso valutare la proposta, non mi posso lamentare dei professori, io sono stato bocciato. È stato bocciato tutto, le persone, il piano e pure io». A Vicenza era in calendario un cda per martedì, che però potrebbe essere anticipato per le dimissioni qualora – come probabile – il decreto dovesse arrivare prima, e altrettanto si sta organizzando a Montebelluna, dove invece il primo board in agenda sarebbe per la prima settimana di luglio. Per Vicenza Cda lampo Oggi si è svolta una breve riunione, durata circa un’ora, in cui l’a.d. della Banca Popolare di Vicenza e presidente del comitato esecutivo di Veneto Banca, Fabrizio Viola, ha aggiornato i consiglieri sulla situazione dei due istituti di credito. Così fonti vicine alle banche descrivono i consigli di amministrazione convocati questa mattina con scarsissimo preavviso. La stragrande maggioranza dei consiglieri era collegata in video conferenza.

 

LA REPUBBLICA.IT 23/06/2017

Banche venete, Gentiloni assicura: “Risparmiatori e correntisti al sicuro” – …

MILANO – “Stiamo seguendo la situazione, in continuo contatto tra il ministero dell’economia, le autorità finanziarie italiane ed europee. Se ci saranno decisioni da prendere le prenderemo, siamo in continuo contatto con le autorità competenti”. In ogni caso “le garanzie per con i risparmiatori e i correntisti nelle discussioni che stiamo facendo mi sento di confermarle totalmente”. Così il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, al termine del vertice Ue risponde a chi gli chiede se il governo a breve varerà un decreto per risolvere la crisi di Veneto Banca e Popolare di Vicenza. Continua dunque il lavorio tra il Tesoro, le istituzioni europee e Intesa Sanpaolo per cercare di chiudere il dossier, dopo che la Cà de Sass si è proposta per acquisire la parte “buona” della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, mettendo sul piatto un euro simbolico e chiedendo forti garanzie di intervento pubblico. Garanzie che vanno in più direzioni: come ricostruisce Repubblica in edicola, il conto per il pubblico potrebbe raggiungere facilmente una dozzina di miliardi. Ci sono i 500 milioni per 3.500 esuberi programmati, circa 1,5 miliardi di crediti fiscali lasciati al compratore, il finanziamento di sofferenze e crediti problematici che l’ad Carlo Messina non intende sobbarcarsi, e che finiranno in una bad bank statale sul modello della Rev, nata dalle ceneri delle quattro banche ponte. Una mole di attivi fino al doppio dei 10 miliardi di sofferenze effettive, e da finanziare con almeno 6 miliardi. In aggiunta, c’è lo “sbilancio” delle attività residue di Vicenza e Montebelluna. Se infatti il compratore – come ha annunciato – rileverà tutti i depositi delle due banche venete ma solo una frazione dei loro crediti, rimarrebbero in capo alla liquidazione degli attivi in eccesso, da colmare con nuovo patrimonio (pubblico) stimato in altri 5-6 miliardi. Nonostante la rete degli aiuti di Stato sia pronta ad aprirsi, da Bruxelles filtra ottimismo su questa impostazione: c’è un “clima positivo” ed anche se i nodi da sciogliere non mancano, in questi ultimi giorni “c’è stata un’accelerazione” che potrebbe portare a una soluzione prima della pausa estiva. Non è tanto convinta la Fabi, il sindacato autonomo dei bancari, che attraverso il segretario Lando Sileoni denuncia: “In Europa c’è chi vuole i licenziamenti e il fallimento” delle due banche. “Il gruppo Intesa, che si è reso disponibile a salvarle e a scongiurare un effetto domino a danno del settore bancario, deve essere tutelato”. Intanto i due cda delle venete si sono riuniti brevemente per fare il punto sulla situazione, che dovrebbe portare entrambi verso una liquidazione coatta. Per la Popolare di Vicenza, il prossimo cda è in programma per martedì. Il dossier interessa tutto il mondo industriale e finanziario. “Non mi sembra che ci fossero altre alternative su cui discutere”, ha commentato in Italia Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria, a proposito degli oneri per lo Stato derivanti dal salvataggio delle banche venete. Per Carlo Cimbri, numero uno di Unipol, la soluzione trovata con Intesa per le banche venete “tiene conto degli aspetti industriali, quindi è più efficace di quella finanziaria, che consisteva in una mera ricapitalizzazione, che avrebbe lasciato le cose come stanno”.

 

Leggo.it

Ore di forte tensione attorno ai contenuti del decreto del governo destinato a risolvere il problema delle banche venete con un salvataggio in extremis. Le condizioni poste da Intesa Sanpaolo per rilevare al costo di 1 euro le due banche “ripulite” di ogni passività, solo in parte vengono infatti considerate accettabili dal governo: il tema degli esuberi (circa 3.500) sembra essere la pietra più spigolosa, anche se non la sola, che fino a questo momento non ha consentito di raggiungere l’accordo.

  La resistenza del governo ad accogliere la proposta vincolante di Intesa è per certi versi comprensibile: ai 5-6 miliardi che servirebbero per avviare la bad bank va infatti aggiunto il costo degli esuberi e quello della gestione dei crediti deteriorati dei due istituti, i quali possono essere forieri di perdite ulteriori. Un conto molto salato per lo Stato, che alla fine potrebbe superare anche 10 miliardi. E tuttavia, qualora non si raggiungesse l’accordo e la Bce dovesse domani decretare il fallimento dei due istituti di credito, si entrerebbe in una fase di forte tensione per l’intero sistema bancario nazionale che verrebbe messo immediatamente sotto osservazione dalla Vigilanza Unica con conseguenze drammatiche per la nostra reputazione sui mercati. In altre parole, il governo deve decidere se accogliere le condizioni di Intesa inserendole nel decreto di salvataggio, rischiando in tal modo le proteste di Bruxelles (che già ha sollevato dubbi sul fronte degli esuberi) e quelle della Ragioneria (che chiederebbe conto sulle coperture necessarie), oppure affrontare una situazione che, secondo i banchieri riuniti in Abi, porterebbe a conseguenze ben peggiori non solo per il Triveneto ma per l’intero Paese.

  Non a caso un paio d’ore fa Lando Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato che raggruppa cui fanno riferimento la maggioranza dei bancari, ha lanciato un segnale decisamente allarmante: «Ci appelliamo al premier Paolo Gentiloni, al ministro dell’Economia Padoan, a tutte le forze politiche affinché difendano col coltello tra i denti il settore bancario italiano, i lavoratori bancari delle due banche venete, i risparmiatori e le imprese».

  E ancora: «In Europa c’è chi vuole i licenziamenti e il fallimento di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Il gruppo Intesa, che si è reso disponibile a salvarle e a scongiurare un effetto domino a danno del settore bancario, deve essere tutelato. Ci rivolgiamo alle istituzioni e alle forze politiche affinché almeno una volta il sistema Italia faccia quadrato e difenda gli interessi di tutte le parti in causa. Chiediamo infine al premier Gentiloni, sempre estremamente sensibile sugli argomenti di carattere sociale, di intervenire per fermare questo gioco al massacro che farebbe perdere credibilità al Paese e inciderebbe pesantemente sull’occupazione».

 

 

NEWSRSS24.COM

Trattative frenetiche in vista del weekend per trovare una via d’uscita alla crisi delle banche venete. Nel tardo pomeriggio a Palazzo Chigi si è svolto un vertice fra il premier Paolo Gentiloni e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan per le decisioni da prendere sui due istituti e sul decreto che dovrebbe andare sabato in consiglio dei ministri. La giornata è stata fitta di contatti fra Roma e Bruxelles, e di allarmi su possibili nuovi ostacoli al piano targato Intesa e su irrigidimenti europei in particolare per quel che riguarda il nodo degli esuberi.

A lanciare quest’ultimo allarme è stato il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, secondo cui «in Europa c’è chi vuole il fallimento di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Rischia di saltare tutto».

Il vertice Mef-Bankitalia-IntesaMa sul tema tutte le agende sono fitte di incontri. Subito dopo pranzo è iniziato un incontro in conference call tra i vertici di Banca d’Italia, il Mef e Intesa Sanpaolo per discutere dei dettagli relativi alla proposta di acquisto delle due banche venete da parte di Ca de’ Sass. Il confronto, tutto sul fronte italiano, dovrebbe permettere di trovare la quadra sui dettagli finali in vista dell’autorizzazione da parte di Bruxelles, che non avrebbe preso parte alla discussione.

Intanto, i cda di Popolare di Vicenza e Veneto Banca sono pronti alle dimissioni, ha detto stamattina il presidente della vicentina, Gianni Mion. Un dettaglio tecnico, ma anche la conferma che l’epilogo per il salvataggio delle due banche è vicino, anche se la trattativa è tutto tranne che in discesa. A sancire il raggiungimento di un’intesa sarà il varo, appunto, del decreto del Consiglio dei ministri che avvierà la liquidazione. Dalle banche si prevede che il testo possa arrivare tra stasera (difficile) e domenica sera, o al più tardi lunedì mattina all’alba, prima dell’apertura dei mercati.

La bozza è pronta, ma per il varo c’è da mettere a punto alcuni dettagli relativi all’offerta depositata mercoledì da Intesa Sanpaolo: la banca guidata da Carlo Messina offre un euro ma soprattutto pone una serie di condizioni che prima di essere accettate dal Tesoro devono essere verificate (o limate) quanto a sostenibilità economica, fattibilità tecnica e compatibilità con le norme europee, soprattutto in materia di aiuti di Stato. Il dossier dagli istituti di credito veneti, si osserva a Bruxelles, «è più complesso» rispetto a quello di Mps, ma negli ultimi giorni si sarebbe andati avanti anche grazie a una «convergenza d’intenti» nella ricerca di una soluzione.

Allarme Fabi:?sul nodo esuberi rischia di saltare tuttoSul versante europeo, invece, il tema più caldo appare quello degli esuberi. A lanciare l’allarme è Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, la Federazione dei bancari italiani, che denuncia come rischi di saltare tutto per l’intransigenza della Dg Comp europea che chiede licenziamenti e non prepensionamenti volontari. «Ci appelliamo al presidente del Consiglio Gentiloni, al ministro dell’Economia Padoan, a tutte le forze politiche – afferma – affinché difendano col coltello tra i denti il settore bancario italiano, i lavoratori bancari delle due banche venete, i risparmiatori e le imprese». «In Europa c’è chi vuole i licenziamenti e il fallimento di Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Il gruppo Intesa, che si è reso disponibile a salvarle e a scongiurare un effetto domino a danno del settore bancario, deve essere tutelato. Ci rivolgiamo alle istituzioni e alle forze politiche affinché almeno una volta il sistema Italia faccia quadrato e difenda gli interessi di tutte le parti in causa – afferma Sileoni -. Chiediamo al presidente Gentiloni, sempre estremamente sensibile sugli argomenti di carattere sociale, di intervenire per fermare questo gioco al massacro che farebbe perdere credibilità al Paese e inciderebbe pesantemente sull’occupazione». Sulla stessa lunghezza d’onda anche Agostino Megale, segretario generale della Fisac. «Chiedo al Governo e alla sua maggioranza di operare con fermezza e nettezza nei confronti della dgcom a Bruxelles per impedire che passi la volontà di chi vorrebbe i licenziamenti nelle due banche Venete. L’11 luglio saremo a Bruxelles ad incontrare le istituzioni Europee per difendere l’occupazione dei lavoratori bancari e la tutela dei risparmiatori retail. Nella Comm Europea c’è chi da tempo vuole utilizzare le crisi bancarie Per far pagare il prezzo Sociale più alto al ns paese . Questo è’ inaccettabile e va respinto senza se e senza ma. Abbiamo apprezzato la decisione di Intesa di avanzare una disponibilità ad intervenire contribuendo così a mettere in sicurezza l’occupazione e i risparmiatori. Per questo ho parlato di una disponibilità utile al Paese. Tutti i lavoratori dovranno essere pienamente tutelati e nessuno sarà lasciato solo ma il Governo faccia fino in fondo la sua parte senza incertezze».

Boccia: nessuna alternativa a Intesa L’offerta di Intesa SanPaolo per le banche venete «è buona: diciamo accontentiamoci pragmaticamente di un’offerta di una grande banca senza la quale penso che avremmo avuto molti più problemi». Questo il commento del presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, interpellato a margine dell’assemblea di Confindustria Firenze. «Il problema – ha spiegato – è su quali alternative possibili dovevamo lavorare. Se non ne abbiamo, cerchiamo di essere pragmatici e vediamo di evitare effetti-panico all’interno del mercato che in altri Paesi abbiamo già visto in epoche passate. Non mi sembra che ci fossero altre alternative su cui discutere».

La delusione dei manager veneti Il decreto, tuttavia, dovrebbe arrivare in tempi rapidi: se è vero, come ha fatto notare sempre Gianni Mion, che «la fuga dei depositi si è arrestata», è anche vero che l’incertezza va sanata il più in fretta possibile visto il coinvolgimento di centinaia di migliaia di clienti destinati a passare da una banca all’altra in tempi e modalità ancora tutti da definire.Certo tra Vicenza e Montebelluna, dove per mesi si è lavorato su un piano che puntava prima alla fusione e poi all’ingresso dello Stato, si respira un comprensibile senso di scoramento: «Ora tutti adesso pensano basti un euro», ha sottolineato ancora il presidente della Popolare di Vicenza: «Io non posso valutare la proposta, non mi posso lamentare dei professori, io sono stato bocciato. È stato bocciato tutto, le persone, il piano e pure io». A Vicenza era in calendario un cda per martedì, che però potrebbe essere anticipato per le dimissioni qualora – come probabile – il decreto dovesse arrivare prima, e altrettanto si sta organizzando a Montebelluna, dove invece il primo board in agenda sarebbe per la prima settimana di luglio.

Per Vicenza Cda lampo Oggi si è svolta una breve riunione, durata circa un’ora, in cui l’a.d. della Banca Popolare di Vicenza e presidente del comitato esecutivo di Veneto Banca, Fabrizio Viola, ha aggiornato i consiglieri sulla situazione dei due istituti di credito. Così fonti vicine alle banche descrivono i consigli di amministrazione convocati questa mattina con scarsissimo preavviso. La stragrande maggioranza dei consiglieri era collegata in video conferenza.

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