Home Rassegna Stampa "Un clima ostile contro le banche" L´Abi: impiegati picchiati o minacciati, basta frasi irresponsabili – "Le istituzioni, i deputati, i senatori, non devono alimentare questo clima. Si assumano le proprie responsabilità" (La Repubblica, 9 ottobre 2009)

"Un clima ostile contro le banche" L´Abi: impiegati picchiati o minacciati, basta frasi irresponsabili – "Le istituzioni, i deputati, i senatori, non devono alimentare questo clima. Si assumano le proprie responsabilità" (La Repubblica, 9 ottobre 2009)

di Redazione

Di BARBARA ARDÙ

ROMA – Passi se a criticare le banche sono i consumatori. Ma che governo e parlamento gettino discredito sugli istituti di credito proprio non va. Corrado Faissola, presidente dell´Abi, non ci sta a incassare gli attacchi che giungono dai «rappresentanti istituzionali». Un tiro al piattello che ha finito per creare un clima «di ostile cattiveria» nei confronti del sistema. Attenzione, avverte il numero uno dell´Abi, perché si rischia una deriva pericolosa e a pagarne le spese spesso è chi sta dietro lo sportello. Ricorda due episodi Faissola. Uno è accaduto a metà luglio, quando la direttrice della filiale Unicredit di Settimo Torinese venne gambizzata da un cliente cui aveva negato un fido. Più recente il ritrovamento di un volantino davanti alla sede di una banca accusata di non concedere credito. Sul foglio c´erano scritte minacciose e il disegno di un cadavere. Già a Bari, lunedì, a margine del convegno del Pdl il presidente Abi aveva dichiarato che «le polemiche e il ricorso ad atteggiamenti non costruttivi possono creare una situazione di disagio per banche e dipendenti». Ieri è stato più esplicito. «Le istituzioni, i deputati, i senatori, non devono alimentare questo clima. È venuto il momento che tutti si assumano le proprie responsabilità. Occorre – ha detto Faissola – lasciare da parte la propaganda.
Sentiamo un fortissimo disagio perché quello che dicono i rappresentanti del popolo ha un impatto fortissimo».
Una risposta, anche se indiretta, al ministro dell´Economia, Giulio Tremonti, che da tempo mette sotto accusa le banche e che mercoledì ha sottolineato che c´è una parte della finanza che sta facendo profitti non compatibili con la situazione delle famiglie e che prepara una nuova crisi. Non è così, si difende il numero uno dell´associazione dei banchieri, ascoltato ieri dalle Commissioni riunite bilancio di Camera e Senato. La questione semmai, «riguarda un´area della finanza internazionale, che approfittando della mancanza di regole, continua a speculare», non le banche italiane, «vicine al territorio» e con un livello di sofferenze arrivato «ormai al limite del sopportabile».
È una difesa a tutto campo quella dell´Abi. Il «credit crunch», la restrizione del credito alle imprese, non c´è. «Lasciatemi dire – ha detto Faissola – che si tende a fare un uso assai improprio e approssimativo di questa espressione», perché nel corso del 2008 e nella prima parte del 2009 «il credito per unità di prodotto ha continuato a crescere, manifestando solo una lieve decelerazione». Poi c´è la questione dei Tremondi bond, un flop. Il rifiuto di servirsene è semplicemente «legato al venire meno della convenienza». Insomma non c´è nessun “no” politico dietro alla limitata richiesta degli strumenti messi in campo dal governo per aiutare le imprese.
L´allarme lanciato da Faissola trova poca eco nel sindacato. «Un clima difficile c´è – ammette Lando Sileoni, segretario generale aggiunto della Fabi, il sindacato dei lavoratori di banca – ed è vero che i cittadini hanno una cattiva opinione delle banche, ma chi semina vento raccoglie tempesta». L´errore di fondo è confondere banchieri e manager con i dipendenti di banca. «Le direttive arrivano dall´alto – spiega Sileoni – e i funzionari si devono adeguare. Quindi il problema è limitare i bonus ai manager, introducendo un tetto. Come? Basterebbe una legge, ma solo Tremonti può farla, come ha fatto Obama. Invece l´Italia che fa? Si affida al G-10, lasciando tutto com´è e allontanando la soluzione del problema nel tempo».

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