Home Editoriali LE BANCHE DRIBBLANO, I LAVORATORI PAGANO? (La Voce dei Bancari, 10 febbraio 2011)

LE BANCHE DRIBBLANO, I LAVORATORI PAGANO? (La Voce dei Bancari, 10 febbraio 2011)

di Redazione

In ordine sparso dinanzi alla legge

Lo scorso 29 Gennaio, organizzato dalla FABI di Lodi, si è svolto un importante convegno, dal titolo “Banche ed intermediari finanziari nel contrasto del riciclaggio”, che ha registrato una larghissima parteci- pazione ed ha visto interventi ricchi di spunti tecnici e politici. In particolare, dopo l’introduzione del Segretario Coordinatore Ettore Necchi, l’intervento del prof. Giuseppe Santorsola ha delineato i profili legislativi della materia ed il quadro di riferimento degli adempimenti normativi, mentre la nostra Debora Russo ha illustrato, nella sua ampia ed appassionata relazione, proprio l’esperienza applicata “sul campo”, cioè nella vita reale delle filiali bancarie.

L’eco, sulla stampa e in Tv, è stato pari all’impegno profuso dalla nostra organizzazione che, con scelta azzeccata e attenta sensibilità, ha saputo porre un tema così attuale e delicato, come quello dell’antiriciclaggio, al centro dell’attenzione. Desidero, per parte mia, per il ruolo che rivesto nella nostra Organizzazione, trarre alcuni spunti di riflessione offerti dal convegno.

Intanto, una premessa: c’è un continuo bisogno di aggiornamento e formazione su temi in divenire, dai quali dipende la reputazione delle banche. È sintomatico che la FABI, con questo convegno, abbia coperto una lacuna, spesso molto evidente, nei programmi formativi delle singole banche che, invece, preferiscono affrontare argomenti più “redditizi” o privilegiare quelli più collegati alla quotidianità commerciale (induzione a comportamenti standardizzati, solleciti e contatti pianificati, spinta alla vendita, gestione dei portafogli, offerta di polizze, ecc).

Poi, un riferimento di assoluta attualità, basti pensare alla vicenda dello IOR (la Banca Vaticana) che ha dovuto rapidamente conformarsi alla normativa antiriciclaggio, per essere esclusa dalla black-list a livello internazionale. Un segnale certo positivo, ma doveroso, anche per non menomare la credibilità dell’alta ispirazione morale della Santa Sede.

Tornando al sistema Italia: il convegno di Lodi ci invita a guardare che cosa accade, di fatto, nei comportamenti quotidiani dove, spesso, come dice Debora, “il taci ed esegui” diviene la vera consegna operativa data ai colleghi. Oppure l’argomento – davvero eticamente discutibile! – delle pratiche connesse allo scudo fiscale, pratiche che, pur tuttavia, non sollevano gli intermediari dalle eventuali responsabilità in materia di antiriciclaggio. Il caso citato da Debora nella sua relazione (un collega rimosso e trasferito per aver segnalato gli spostamenti di capitale dall’estero di un esponente del Consiglio di Amministrazione della banca) è di inaudita gravità: viene ritenuto colpevole (ed ingiustamente punito) colui che ha svolto in modo esemplare il proprio operato, mentre resta “immune” chi si è procurato un vantaggio in danno alla collettività ed in barba agli onesti contribuenti a reddito fisso.

Così – prepotentemente – ritorna l’argomento delle “regole”: invocate quando proteggono le banche, ma eluse quando devono tutelare i lavoratori ed i clienti. La fiducia si basa su regole, ma qualcuno affermava che “per i nemici le leggi si applicano, per gli amici si interpretano”… Siamo ancora a questo punto? Purtroppo sì.

In questi giorni s’intensifica, anche da parte dell’ABI, la pressione sulle Organizzazioni sindacali per ottenere preventiva- mente l’accordo su un insieme di regole che sia, in qualche modo, preliminare rispetto al contratto.

Noi, come FABI, ci opponiamo: non già perché siamo contrari alle regole, anzi. Ma perché non vogliamo avallare gabbie preventive, che limitino ingiustamente la nostra libertà d’azione e le nostre rivendicazioni. È nostra convinzione che anche le regole debbano essere materia propria del rinnovo contrattuale e, soprattutto, che al Sindacato – alla FABI – non manchi il senso della misura e l’apertura al nuovo che avanza.

Certo, per noi, regola non può essere sinonimo di rinuncia, di mani legate, di avallo preventivo ed acritico a scelte unilaterali. Il valore della contrattazione deriva dal confronto vero, non addomesticato. Precisiamo: dal confronto su dati attendibili, con obiettivi chiari (che non scindano sostanza e apparenza per forzare decisioni).

Per questo rivolgiamo a tutti i nostri interlocutori un messaggio inequivocabile: bisogna avere senso della misura, evitando di creare, in prossimità del rinnovo contrattuale, situazioni sociali insostenibili e cariche di nuove tensioni, di diffondere l’ansia da perdita di posto di lavoro, poiché il nostro sistema non sarebbe in grado di tollerarle e potrebbero aprirsi scenari ingovernabili. Il peso del settore bancario, anche sotto il profilo delle relazio- ni sindacali, deve esprimersi con idee proprie, senza imitare i comportamenti dei supermanager del momento, ma facendosi portatore di idee innovative, costruttive, che sappiano aprire la strada a maggiore partecipazione alle decisioni e a maggiore coinvolgimento nelle scelte.

Questa è la strada che vogliamo intraprendere: elaborare idee, non imitare chi evoca spaccature tra i lavoratori e in loro danno.

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