Home Rassegna Stampa Mussari chiude la porta agli aumenti automatici – No dei sindacati: potere d'acquisto dei lavoratori da tutelare (IL SOLE 24 ORE, mercoledì 2 marzo 2011)

Mussari chiude la porta agli aumenti automatici – No dei sindacati: potere d'acquisto dei lavoratori da tutelare (IL SOLE 24 ORE, mercoledì 2 marzo 2011)

di Redazione

«Non c’è più spazio per automatismi negli aumenti salariali legati all’inflazione prevista» ha detto ieri il presidente dell’Abi Giuseppe Mussari a un incontro organizzato da Vedrò – il Think-tank fondato tra gli altri da Enrico Letta e Giulia Bongiorno – ed ha causato reazioni molto dure nei sindacati dei bancari che si preparano a presentare le piattaforme per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro all’inizio di aprile. Mussari ha definito «l’impianto negoziale fondato su aumenti salariali legati all’inflazione prevista», una scala mobile di seconda generazione che non possiamo più permetterci. Dobbiamo avere maggiori salari ma nella misura in cui aumentiamo la produttività e il fatturato». Un cambio che va fatto «soprattutto per il futuro delle giovani generazioni».

Al presidente Mussari, Fiba-Cisl, Uilca-Uil e Fabi ricordano l’accordo del 22 gennaio 2009, sottoscritto da Abi e che prevede, tra l’altro, l’Ipca. «Se non intende rispettarlo deve solo trovare il coraggio di non applicarlo o disdettarlo – dice il segretario generale della Uilca, Massimo Masi –. È inutile convocare tavoli sulla produttività cercando di coinvolgere i sindacati confederali e la Confindustria se non si ha il coraggio di prendere atto che sono ben 52 i contratti nazionali sottoscritti che prevedono l’Ipca».

Per Anna Maria Furlan segretario confederale della Cisl e Giuseppe Gallo, segretario generale della Fiba questo è «un atteggiamento di grave irresponsabilità che nega ai lavoratori del credito, che hanno contribuito in forma decisiva al riposizionamento competitivo delle banche italiane, l’adeguamento ex post dei salari all’inflazione reale depurata dall’inflazione energetica importata». Per la Fiba, le banche mentre continuano a «distribuire dividendi agli azionisti e bonus al top management , si trincerano, per i soli lavoratori, dietro l’alibi di automatismi salariali superati da un ventennio».

La linea sostenuta dal segretario generale della Fisac Cgil, Agostino Megale, è che «i salari in Italia, e anche tra i lavoratori del credito, devono crescere in linea con l’inflazione reale e con gli aumenti di produttività. Solo così si difende il potere d’acquisto reale delle retribuzioni». Invece di dire no alla tassa patrimoniale, per Megale «andrebbe detto che in Italia c’è bisogno di una tassa sulle grandi ricchezze e i grandi patrimoni, oltre gli 800mila euro, per poter avere una tassa in meno su lavoratori, pensionati e precari che detengono il primato in Europa per pressione fiscale col 44,5% di tasse a carico del mondo del lavoro».

Nell’interpretazione di Lando Sileoni, segretario generale Fabi, «è inopportuno che Mussari rimetta in discussione l’accordo del 2009, soprattutto in un momento così delicato per il settore bancario e a pochi giorni dall’inizio delle trattative per il rinnovo del contratto di lavoro del credito che interesserà 340mila bancari». Le parole di Mussari unite al «non positivo andamento delle trattative in Abi sulla riforma dell’ammortizzatore sociale di settore, il Fondo esuberi, dove si insiste a proporre alle organizzazioni sindacali l’indennità di disoccupazione per ottenere poi dei licenziamenti mascherati per chi ha 54 anni di età e 30 di contribuzione, obbligandoli al pre-pensionamento, non vorremmo significassero che è già terminato il tempo dei filosofi», dice Sileoni. E se la stagione contrattuale «si apre con venti di restaurazione in Abi – assicura Gallo – il sindacato risponderà con fermezza».

 

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