Home Rassegna Stampa Fabi avverte le banche: «Se vogliono licenziare dichiarino lo stato di crisi» (Finanza&Mercati, mercoledì 16 marzo 2011)

Fabi avverte le banche: «Se vogliono licenziare dichiarino lo stato di crisi» (Finanza&Mercati, mercoledì 16 marzo 2011)

di Redazione

«Se vogliono procedere con i licenziamenti, le banche dicano che sono in condizioni economiche pesanti e abbiano il coraggio di dichiarare lo stato di crisi e di farlo. Ma per farlo, devono dimostrare che hanno i bilanci in perdita». È questo il commento che il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, ha fatto a F&M in risposta alle dichiarazioni rilasciate da Francesco Micheli, capo della delegazione sindacale dell’Abi, al Corriere della Sera sulla questione spinosa del Fondo esuberi, che l’Abi considera troppo costoso. La soluzione, per Micheli, è l’indennità di disoccupazione. «L’Abi – dice Sileoni – sa bene che siamo contrari, perché significherebbe aprire la strada ai licenziamenti. Finora nella storia del credito italiano le banche si sono sempre accollate il costo di esuberi e pre-pensionamenti, mentre ora battono cassa con lo Stato». E, per fermare questa ipotesi, il sindacato più rappresentativo della categoria (300mila iscritti) ha scritto ai responsabili dell’Economia e del Lavoro, Giulio Tremonti e Maurizio Sacconi, in merito alla misura che a sua detta farebbe saltare il meccanismo della volontarietà delle uscite, da sempre osservato nel settore del credito. Dall’esistenza del Fondo esuberi, nato nel 2000, ci sono stati 30mila pre-pensionati su base volontaria. Gli esuberi previsti oggi dall’Abi non esistono, dice la Fabi, che fa una previsione: se lo strumento dell’indennità di disoccupazione fosse applicato nelle banche, circa 30mila lavoratori potrebbero essere obbligatoriamente pre-pensionati, percependo un assegno mensile notevolmente inferiore rispetto al loro ultimo stipendio. «Il sindacato in base a un decreto ministeriale deve condividere i licenziamenti e noi non siamo d’accordo, glielo abbiamo detto in tutti i modi. Non li accetteremo mai. Non si tratta, come demagogicamente sostiene l’Abi, di un aiuto ai giovani estromessi dal circuito del lavoro in attesa di rientrare, ma soltanto un risparmio di costi da scaricare sulla collettività». Il fronte è più che mai aperto, visto che si apre alla vigilia del rinnovo di un contratto nazionale che per Fabi, «considerando le intenzioni dei banchieri, produrrà inevitabilmente un conflitto difficilmente gestibile e insanabile».

(Finanza&Mercati, mercoledì 16 marzo 2011)

 

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