Home Articoli “A CARTE SCOPERTE”

“A CARTE SCOPERTE”

di Redazione

L’intervento di Lando Maria Sileoni nel primo incontro in ABI sul rinnovo del CCNL,

mercoledì 13 luglio.

Punto per punto, tutti gli argomenti toccati.

 

“Vorrei premettere che non ho nulla contro i rappresentanti Abi delle singole banche, dirigenti che svolgono il proprio lavoro con la massima professionalità e che sono dipendenti delle banche e lavoratori a tutti gli effetti.

Le mie considerazioni vanno indirizzate a quei banchieri, a quei dirigenti dei Consigli di gestione e sorveglianza, che pensano di risolvere i problemi delle loro aziende tagliando esclusivamente i costi del personale.

Quando è stato possibile abbiamo sempre trovato accordi che venissero incontro alle esigenze delle banche, pur nel rispetto dei lavoratori, ma in questo momento si sta tirando troppo la corda. La situazione generale è peggiorata e le banche parlano di esuberi con troppa, preoccupante leggerezza.

Non è questione di adeguarsi all’attuale mercato del lavoro.

Spesso la concertazione negli ultimi anni è stata utilizzata da qualche banchiere per risolvere questioni interne al proprio gruppo, di potere personale e di equilibri interni da ridisegnare.”

 

Argomento per argomento, ecco tutti i temi affrontati.

 

OBIETTIVO DEL CCNL

Il rinnovo contrattuale del settore del credito rappresenta un importante obiettivo non solo tecnico ma, principalmente, politico.

In termini di relazioni industriali, il clima attuale, grazie al nuovo accordo sul fondo, permette di partire da premesse positive.

Abbiamo però rifiutato il termine, dichiarato il 12 luglio a Il Sole 24 Ore da Micheli, di una rinnovata concertazione, in quanto riteniamo che l’accordo sulla riforma del Fondo Esuberi sia stato possibile ottenerlo solo perché il sindacato ha rifiutato l’idea di introdurre l’indennità di disoccupazione nel settore che avrebbe obbligato 30.000 lavoratori bancari al prepensionamento.

A tal proposito, credo sia utile ricordare che l’accordo sul fondo, in realtà, c’era già da tempo e, se l’Abi non fosse intervenuta con l’Indennità di disoccupazione, l’accordo sarebbe stato raggiunto  con largo anticipo.

Ad ogni modo, ciò che categoricamente rifiutiamo è una concertazione al ribasso e, soprattutto, il ruolo del “sindacato di governo”, quel sindacato più incline e disponibile ad accontentare i desideri delle banche: quel ruolo non ci appartiene ne ci apparterrà mai.

 

CLIMA GENERALE

Nuvole plumbee si addensano sul nostro futuro economico.

Questa è, purtroppo, la realtà dei fatti, che anche noi, come Sindacato, non possiamo non riconoscere.

Una forte speculazione internazionale, incoraggiata da pittoreschi comportamenti politici, sta facendo gioco-forza sulle storiche debolezze del sistema economico italiano.

È esattamente per questo motivo che dobbiamo reagire con prontezza e determinazione: un rinnovo del contratto affrontato con sollecitudine e minuziosa attenzione ai punti fondamentali è la nostra risposta contro la crisi.

Il nuovo contratto deve rappresentare una concreta risposta alla crisi.

Siamo perciò pronti ad un rinnovo rapido, con un solo avvertimento: in caso di rottura, la nostra organizzazione non si presterà al “governo del conflitto”.

Siamo contro le manfrine, i trucchi e la strumentalizzazione dei lavoratori.

L’opinione pubblica non approverebbe, a ragione, un eventuale scontro, e le banche ne uscirebbero a pezzi.

Pertanto, siamo certi che la delegazione datoriale non perderà tempo in ingenui quanto inutili temporeggiamenti, ma si attiverà quanto prima per darci una risposta di maturità, consapevolezza, responsabilità.

 

COINVOLGIMENTO AZIENDE E  GRUPPI

Ciò che davvero ci attendiamo è una scelta di responsabilità omogenea, uniforme, condivisa, una scelta strutturale che vada a coinvolgere capillarmente aziende e gruppi.

I Gruppi sono chiamati ad assumere decisioni limpide e lineari, iniziando con un’indispensabile e totale riorganizzazione in tema di gestione e funzionamento delle strutture.

 

ARGOMENTO “COSTI”

All’avvio del contratto, un argomento apre la strada prepotentemente: quello dei costi del personale, particolarmente a cuore, naturalmente, alla parte datoriale.

Limitare, però, la riflessione a QUESTA categoria di costi rappresenta una grave parzialità: il problema costi è MOLTO più complesso ed articolato, non ci si può permettere di disimpegnarsene così facilmente.

Vorrei perciò andare ad esplorare, nel dettaglio, tutte le varie voci che rientrano nel settore costi.

Innanzitutto, i costi del personale sono inclusi nei costi operativi.

Si sommano in genere ai costi amministrativi rappresentativi di voci spesso molto eterogenee e diversificate, nelle quali confluiscono spese che talvolta hanno poco a che vedere con le attività bancarie vere e proprie: un esempio su tutti, ricchi budget riservati alla pubblicità.

È una materia delicata: si parla di contratti stipulati con giornali e periodici amici, o che tali diverranno.

Si parla di rapporti con agenzie editoriali di certe famiglie, si parla di rapporti con emittenti di radio e tv vicine a nomi influenti.

E ancora: pensiamo ai costi delle sponsorizzazioni. Qui l’argomento si fa scottante.

Si confondono, ad esempio, i pochi quattrini dati alle associazioni no-profit, a quelle di volontariato, alle parrocchie, con la motivazione del sostegno ai territori.

Si finanziano le feste patronali di città, di paese o di quartiere come “foglia di fico” per permettere il via libera alla grossa sponsorizzazione alla squadra di basket, di pallavolo e di calcio.

C’è sempre qualche banchiere che si vuole mettere in mostra.

I soldi sottratti al beneficio dei dipendenti sono utilizzati per estendere influenza e potere negoziale di certi esponenti dei consigli d’amministrazione, per sostenere iniziative che nulla, ma proprio nulla, hanno a che vedere con la finalità istituzionale delle banche.

Si utilizzano anche somme da destinare alle cosiddette sponsorizzazioni culturali, come restauri di musei, chiese e manifestazioni musicali, ma ci si dimentica che questi sono già compiti propri delle “fondazioni bancarie”.

C’è poi il tema dei rapporti di forniture: si va dalla cancelleria, ai mobili, alle apparecchiature tecnologiche, addirittura al lavoro somministrato. Qualcuno utilizza la formula “acquisti diretti di beni”, qualcun altro quella del leasing.

Tutto fa brodo per mantenere sempre ben lubrificato il proprio circuito di clientele.

La domanda che rivolgo all’autorevolissima delegazione è: “Vi siete, almeno, mai posti questo problema?”


INTRECCI SOCIETARI

C’è, poi, un altro tema, strettamente connesso ma molto ben oscurato: quello, scottante, degli intrecci societari.

Di chi sono certe società? A chi appartengono veramente? Chi sono i soci? Quali rapporti hanno tali società con i gruppi dirigenti di alcune banche?


CONSULENZE

E non è finita: un altro tema fondamentale, mai sviscerato fino in fondo, è quello delle CONSULENZE.

Rapporti di consulenza con ex dipendenti, soprattutto ex dirigenti; consulenze offerte a persone vicine a esponenti dell’alta dirigenza e del management (per un importo complessivo DI UN MILIARDO DI EURO, per limitarci ai primi 5 grandi gruppi bancari italiani); consulenze con persone vicine a esponenti del CDA; consulenze con persone già membri del CDA.

A volte, poi, si usa includere o riservare un posto in un CDA a qualche eminente personalità o ex manager di vertice per assicurare agli stessi un più sereno passaggio verso la pensione.

Assistiamo, così, a incarichi affidati a personaggi che siedono, riscuotendo lauti gettoni, in due, tre, quattro, addirittura cinque consigli d’amministrazione.

Consulenze con società affidate per studiare nuovi modelli organizzativi pensati per ridurre il numero di chi lavora.

Consulenze paradossali affidate con l’obiettivo di reintrodurre ciò che si era considerato superato e abolito cinque, sei anni prima e forse meno.

Esemplare il caso di un’importante società internazionale di consulenza, pagata per importare nel sistema bancario italiano il modello anglosassone della segmentazione della clientela come quella retail, corporate e private e poi ripagata ancora per venirci a spiegare che, invece, la filiale deve recuperare la capacità di dialogare senza barriere con il cliente.

Consulenze, queste, affidate ad “amici” da “personaggi amici”, spesso già colleghi nell’avventura societaria e poi nuovamente sodali all’interno delle stesse aziende per le quali avevano gestito progetti strategici.

Sono state date consulenze all’esterno, chiedendo, in pratica, la collaborazione di chi ha interessi opposti, per “RIFOCALIZZARE” la banca sul ruolo del direttore, del responsabile di filiale, visto come la vera anima dell’istituto sul territorio.

Sono stati incoraggiati i giovani a lavorare e a farsi spazio nelle aree amministrative e negli staff per puntellare così i manager padrini.

Di fatto, invece, sono stati allontanati gli esperti e i più qualificati da filiali e agenzie perché si è giunti a trasformare il ruolo del direttore di agenzia o di filiale in una semplice mansione di ripiego, massacrata da un’infinità di adempimenti burocratici, carichi di responsabilità e insostenibili pressioni per ottenere budget irraggiungibili.

Sono stati pagati, ancora, altri consulenti per sentirci dire e ripetere che in filiale i clienti vorrebbero avere un interlocutore unico, preparato, affidabile anziché interloquire con tre, quattro persone diverse, secondo il vecchio rituale dell’anticamera.

In tutto questo scenario, lasciatemelo dire, manca solo una cosa: il ritegno o, se preferite, la vergogna.

O, più semplicemente, manca forse il coraggio intellettuale di ammettere che si è sbagliato e che bisogna riacquisire la fiducia dei lavoratori, come requisito prioritario per riottenere la fiducia dei clienti.


COSTI DI FUNZIONAMENTO DELLE BANCHE

Oltre al tema dei costi amministrativi, c’è quello, più difficile, dei costi di funzionamento delle banche, costi determinati dal peso assurdo e crescente degli organismi societari e della burocrazia interna, spesso priva di una vera funzione sociale.

I modelli tradizionali o duali non sono affatto indifferenti nell’impatto sui costi, infatti il numero dei componenti dei CDA, dei Consigli di sorveglianza e di gestione, è un effettivo problema politico mascherato da vane motivazioni tecniche e/o organizzative.

Il numero dei componenti dei Collegi sindacali e degli Organismi di vigilanza è parte importante di un onere che rischia di stravolgere le priorità nella destinazione delle risorse.

I componenti di questi ultimi due organismi, Collegi sindacali e Organismi di vigilanza, molto spesso, troppo spesso, vengono individuati sulla base di alleanze e affinità tra gruppi di potere, non escludendo la politica locale e, molto spesso, troppo spesso, sono personaggi di discussa professionalità.

Oltre a ciò, vi sono amministratori e presidenti in carica dall’epoca del governo Spadolini, dal 1981, o in carica da ben prima della caduta del muro di Berlino!..

Qualcuno era già insediato all’epoca del governatorato di Guido Carli e di Paolo Baffi in Banca d’Italia: preistoria, insomma.

Come vedete, la foresta pietrificata di incarichi, nomine e prebende è rimasta sempre la stessa.

Anche il ricambio generazionale, insomma, è stato in questi ultimi anni pressoché inesistente, preferendo il mantenimento di posti, poltrone e potere.

Di questa situazione se ne sono, in alcune occasioni, approfittate le banche straniere, che hanno dato vita, talvolta, a un’organizzazione snella ed efficace, figlia principalmente di idee e generazioni nuove.

Anche il costante moltiplicarsi di CDA, di Consigli di gestione e di sorveglianza, anche in banche dello stesso gruppo, distanti pochi chilometri l’una dall’altra, è figlia di una mentalità e di una generazione datate e obsolete.

Noi vogliamo inviare segnali chiari e ricevere risposte a tutto campo, non parziali, e rifiutiamo il ruolo che qualcuno vuole attribuirci di una concertazione al ribasso.

Le risorse economiche per il rinnovo del contratto vanno reperite e possono essere reperite entro l’attuale perimetro dei bilanci degli istituti bancari, purché le banche stesse non si sottraggano a loro volta alle loro responsabilità, la responsabilità politica di sapere e volere scegliere e di avere il coraggio per farlo.

“Da qui a settembre ci dividono le ferie e, voglio dirlo subito, non accetteremo, come troppo spesso è accaduto, purtroppo, caro Dottor Micheli, l’imposizione di un’agenda che tende ad escludere tutti gli argomenti che ho rappresentato perché, se dobbiamo parlare di un rinnovo contrattuale basato solo sul problema dei costi del personale, sia chiaro fin da ora che parleremo dettagliatamente, invece, anche degli argomenti che ho rappresentato.”

Per tutte queste considerazioni, non accettiamo la proposta dell’Abi, più volte presentata alla stampa, di aumenti economici legati alla produttività.

Vorrei concludere con tre brevi considerazioni.

Intendo innanzitutto sottolineare che è una mia libera scelta parlare di questi argomenti. Non mi faccio imboccare, né manovrare, né strumentalizzare da alcuno. Come non mi sono permesso di chiedere agli altri segretari generali quali argomenti avrebbero trattato oggi, così nessuno di loro si è permesso di chiederlo a me.

Siamo disponibili da subito a concordare regole per la gestione del contratto nazionale, regole che, però, non devono limitare politicamente e intellettualmente la contrattazione.

Prima di rivendicare nuove flessibilità su determinati argomenti, sarebbe auspicabile, da parte delle banche, un mea culpa per non aver saputo usare, ad esempio nel capitolo “orario di lavoro- flessibilità individuale e di gruppo”, la possibilità di una nuova modulazione di orari e di apertura di sportelli al pubblico (sportello aperto il sabato, possibilità di turnazione del lavoro, orario di lavoro su sei giorni settimanali).

Quando il dottor Micheli dichiara alla stampa di voler garantire una migliore offerta al pubblico con un servizio sempre più avanzato, noi rispondiamo che, nonostante nuove opportunità introdotte dall’attuale contratto, le banche hanno continuato ad offrire un’apertura di sportello sempre uguale e pressoché immutata negli ultimi anni.

Lo stesso discorso vale per l’argomento telelavoro che, presentato con grande enfasi in fase di chiusura della piattaforma contrattuale del 1999, non ha avuto, non per nostra responsabilità, l’evoluzione e l’applicazione immaginata.

Un ulteriore argomento rimasto pressoché invariato dal CCNL del 1999 è quello degli inquadramenti, anche per quanto riguarda l’area dei quadri direttivi introdotti con il contratto del 1999, ma che non hanno avuto lo sviluppo professionale immaginato (è sufficiente ricordare che l’articolo 85 e l’articolo 86, prima e seconda area professionale, riproducono l’articolo 14 e l’articolo 15 del CCNL 1994 Assicredito).

Fermi al palo da tempo, gli argomenti sulla formazione, sull’addestramento e sui criteri di sviluppo professionale e di carriera.

Tutto questo per dire che aziende e gruppi bancari non hanno mai utilizzato in pieno le opportunità previste e concordate nei vari contratti nazionali.

 

Le trattative riprenderanno il 20 e il 26 settembre.

 

—————————————————————————————————————————–

 

Analisi dei costi dei sei principali gruppi bancari italiani, voce per voce, dal 2008 al 2010 compreso, con il nostro commento sulle altre spese amministrative esposte nei bilanci 2010.

(cliccare sulle immagini per ingrandire)





 

Commento sulle altre spese amministrative esposte dal bilancio 2010 dei sei principali gruppi bancari italiani

Nel 2010 i sei gruppi bancari italiani più grandi (inclusi i dati delle banche e società estere) hanno avuto un rapporto di cost-income del 60,7%. I costi del personale hanno inciso per il 37,5%, mentre le altre spese amministrative hanno pesato per il 21,7%.

Il costo del personale è rimasto invariato in termini nominali (circa 21600 milioni di euro), ma la contrazione del margine di intermediazione (fatturato) ha comportato un peggiore rapporto rispetto all’anno precedente. A differenza del 1999 – nonostante quello che dice l’ABI – il problema è più di scarsi ricavi che di costi eccessivi.

Per quanto riguarda le altre spese amministrative c’è una contrazione sia in termini assoluti che in percentuale del margine di intermediazione. Sono calate le spese legali e professionali (consulenze) dal 12,7% al 11,5%, ma restano però elevate in termini assoluti con un costo complessivo di 1439 milioni di euro. Sono calati i costi che riguardano le trasferte e la formazione del personale che dal 4,9% scendono al 4,3%. Sono aumentate invece le spese di gestione (immobili ed informatica), e le imposte indirette e tasse (ICI e tasse comunali). Le spese pubblicitarie sono aumentate rispetto al 2009, ma diminuite rispetto agli anni pre-crisi. Prevedibilmente è aumentato il costo sopportato per il recupero di crediti inesigibili, lievitato al 5,5% delle altre spese amministrative (circa 700 milioni di euro in termini assoluti).

La remunerazione dei consigli di amministrazione, consigli di sorveglianza e collegi sindacali ammonta a ben 114 milioni di euro. È sorprendente il dato di UBI (22 milioni) e di Banco Popolare (21 milioni) che dichiarano a bilancio un costo quasi uguale a quello di Unicredito, pari a 26 milioni di euro. Il record appartiene al Gruppo Intesa con 34 milioni di euro a causa delle Banche dei Territori.

Una riduzione dei compensi agli amministratori del 50% farebbe risparmiare alle banche 57 milioni di euro, con i quali si potrebbero assumere 1300-1400 giovani.

Se a questo vogliamo aggiungere una diminuzione delle consulenze legali e professionali del 10%, magari evitando alcuni appalti e outsourcing, ci sarebbe un ulteriore risparmio di ben 144 milioni di euro, con i quali si potrebbero assumere più di 3000 giovani, da aggiungere ai precedenti.


You may also like

3 commenti

Enzo Marino 15 Luglio 2011 - 17:50

Caro Lando ho letto con grande interesse quanto riportato ” a carte scoperte” niente di più vicino alla verità.Tuttavia, relativamente alle legittime e sacrosante critiche di poltrone dei “grandi” dirigenti,il sottoscritto ha una sua teoria.Esiste una spiegazione antropologica secondo la quale anche gli esseri umani, come gli animali, tendono a marcare il territorio e a difenderlo. A causa del forte legame tra lo status del singolo e il suo spazio, ognuno difende per l’istinto di conservazione e territorialità la sua postazione di lavoro,ergo poltrona.Messi diversi dirigenti in una propria area, non possono essere attaccati perchè gli stessi si autodifendono per reciproco e mutuo soccorso.I costi di questa gente non possono essere modificati, il resto può darsi.Buon lavoro Lando sei un grande con un cuore da leone.Ad maiora

francesca g. 15 Luglio 2011 - 20:04

caro Lando, ho assistito al tuo intervento alla tavola rotonda del Consiglio Nazionale FABI di Roma, quando ti sei confrontato con Micheli e con gli altri segretari generali. Era la prima volta che ti ascoltavo e l’emozione è stata fortissima. Non sono una dirigente sindacale ma un’iscritta che casualmente, quel giorno, si trovava di passaggio a Roma, con un caro amico che è dirigente Fabi. Seguo le tue interviste, i tuoi commenti, il tuo blog, ed apprezzo la tua determinazione e la passione che mostri per il tuo lavoro. Concordo con quanto hai detto nel tuo intervento in Abi riportato qui nel tuo blog. Sono entrata in banca a 25 anni, e oggi che ne ho 35, lavorando in un’agenzia di Intesa Sanpaolo, a Milano, mi sto guardando intorno per cambiare lavoro.
Continua così, nell’interesse di tutta la categoria.
grazie,
Francesca

Mauro Tessadrelli 19 Luglio 2011 - 10:14

Fermezza nelle affermazioni, coraggio nel porre l’intervento alla pubblica visione e critica.
Un modo nuovo di essere e fare sindacato, alla faccia delle consolidate, inveterate abitudini politiche di questo paese.

Lascia un Commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.