Home Rassegna Stampa LA BANCA: SONO CAMBIATE LE REGOLE, PRONTI A REINTEGRARE 561 «ESODATI». IN 3.500 RESTANO IN AZIENDA (da LA STAMPA, mercoledì 20 giugno 2012)

LA BANCA: SONO CAMBIATE LE REGOLE, PRONTI A REINTEGRARE 561 «ESODATI». IN 3.500 RESTANO IN AZIENDA (da LA STAMPA, mercoledì 20 giugno 2012)

di Redazione

Intesa cancella l’accordo sui prepensionamenti – I sindacati: non paghino i lavoratori. Il 2 luglio sciopero.

MARCO BRESOLIN TORINO –

250 milioni. Sono i risparmi previsti dal piano di prepensionament. Intesa li vuole recuperare riducendo il costo del lavoro. La riforma del sistema pensionistico e la questione esodati piombano in Intesa Sanpaolo. I sindacati dei lavoratori hanno infatti proclamato una giornata di sciopero per il 2 luglio prossimo (oltre al blocco degli straordinari per il 30 giugno e il 1 luglio) come risposta alla decisione della Banca di «cancellare» l’accordo sui prepensionamenti, siglato il 29 luglio dello scorso anno. La dura reazione delle associazioni di categoria – che ieri hanno incontrato la delegazione aziendale – non è dovuta tanto al fatto che Intesa ha annunciato di essere pronta a ri-assumere i 561 lavoratori «usciti» dal 1 gennaio e che ancora non sono in pensione. A creare la spaccatura è stato infatti l’annuncio di voler recuperare dal costo del lavoro i risparmi che erano stati previsti dal piano di uscite anticipate. Una cifra che si aggira attorno ai 250 milioni di euro. Sono infatti circa 3.500 i dipendenti che, a causa del cambiamento delle regole sui pensionamenti, dovranno rimandare l’uscita dal lavoro. E, visto che per l’azienda «la riforma previdenziale ha svuotato di contenuto l’accordo raggiunto», dalla Banca è arrivata la proposta attivare «urgentemente una procedura sindacale di riorganizzazione con l’obiettivo di individuare tutti i possibili strumenti che consentano di confermare gli obiettivi previsti in termini di riduzione dei costi».

Ma i sindacati hanno risposto picche: «Una proposta grave e inaccettabile» scrivono in una nota congiunta le sigle che hanno partecipato al tavolo (Dircredito – Fabi – Fiba/Cisl – Fisac/Cgil – Sinfub Ugl – Uilca). «Intesa – spiega Lando Sileoni, segretario generale Fabi – ci ha detto che quell’accordo non è più valido, ma per noi non è così. Se il governo ha cambiato le regole, perché a pagare devono essere i lavoratori? A questo punto dobbiamo aspettarci che se un domani un lavoratore scappa con il contenuto, la Banca si rifarà su tutti i dipendenti?». Tra le proposte dell’azienda per ridurre i costi («con l’ausilio degli strumenti previsti dalla contrattazione nazionale vigente»), secondo i sindacati ci sarebbero la riduzione dell’orario di lavoro, la revisione del sistema degli inquadramenti e di attribuzione delle mansioni, la mobilità territoriale, il ricorso al part time e la fruizione delle ferie ed ex festività. Intanto ieri Giovanni Bazoli, presidente del Consiglio di sorveglianza, ha chiesto e ottenuto dai consiglieri la disponibilità a ridurre di un terzo la componente fissa del loro compenso. Un taglio che porterebbe a un risparmio annuo di circa 1,8 milioni di euro.

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