Home Articoli SILEONI: "IL PIANO MPS COSì NON VA" (MF-Milano Finanza, mercoledì 4 luglio 2012)

SILEONI: "IL PIANO MPS COSì NON VA" (MF-Milano Finanza, mercoledì 4 luglio 2012)

di Redazione

Il sindacato boccia l’esordio di Profumo: chiudere 400 sportelli non risolve i problemi di Siena

Sileoni (Fabi): il piano Mps così non va. Alessandro Profumo, presidente di Banca Mps, ha definito credibile e carico di rinnovamento il nuovo piano industriale della banca, alla presentazione agli analisti lo scorso 27 giugno. Di parere le organizzazioni sindacali, Fabi (Federazione autonoma bancari italiani) in testa. Il suo segretario generale, Lando Maria Sileoni, in questa intervista, spiega che cosa non gira.

Domanda. Sileoni, che cosa è successo il 27 giugno a Siena durante la presentazione del piano industriale Mps?

Risposta. Alessandro Profumo si è presentato all’incontro, quando invece avrebbe potuto farne a meno, non garantendo risposte nel merito alle domande delle organizzazioni sindacali. Profumo non ascolta, sopporta: si legge nei suoi occhi che del sindacato ha una considerazione pressoché inesistente, salvo per quel sindacato che accetta di abbeverarsi alla sua fonte di saggezza. Lui non si confronta, spiega e poi dà le pagelle. Si, è vero, si sono alzati i toni: meglio così.

D. Battibecchi personali a parte, perché non condividete il piano?

R. Perché penalizza con certezza l’economia, già in recessione, e tutto il personale del Monte, in cambio di nessuna certezza sul futuro della banca. Siamo in presenza soltanto di una richiesta di attestato di fiducia nelle previsioni. È il consueto metodo Profumo: non disturbare il manovratore. È già iniziato il solito motivetto, quello dell’informazione capovolta: per ricomprare l’indipendenza, e il messaggio è chiaramente rivolto a Siena, occorre, secondo il presidente del Monte, un’incondizionata apertura di fiducia che, come già accaduto in Unicredit, ha poi portato quell’azienda alla situazione che oggi lo stesso management ci racconta essere negativa. Anche la furbata di discutere il piano in luglio e agosto, come avvenne già in Unicredit, rappresenta la convinzione di Profumo che nel periodo estivo ci sia, da parte dei lavoratori e dei media, meno attenzione su certi argomenti.

D. Profumo propone un nuovo modello di banca: meno intermediazione, meno costi, più servizi. Perché non va bene?

R. È un film già visto. La verità è che certi manager conoscono la banca esclusivamente osservando grafici della McKinsey o in questo caso di Prometeia. Di come possa girare un’agenzia di banca, penso che non abbiano la più lontana idea. Faccio un esempio: l’aumento dei ricavi da servizi, proposto da Profumo, è legato all’organizzazione del lavoro e all’impegno delle persone, non alla semplice dichiarazione di principio. Invece penso che, come al solito, voglia far passare un presunto nuovo modello di banca completamente incentrato sulla figura del bancario universale a costo zero che, secondo lui, molti altri istituti saranno costretti ad imitare. Ciò significherebbe azzerare tutti gli inquadramenti: per questo è stato disdettato il contratto integrativo aziendale e tutte le conquiste sindacali degli ultimi 50 anni. Sui costi, come già dichiarato dalle organizzazioni sindacali, sarebbe invece auspicabile anche l’azzeramento di tutte le sponsorizzazioni milionarie e una netta riduzione di tutti i compensi del management. Considerando che non è stato il medico a obbligarlo a diventare presidente dell’istituto, Profumo dichiari la sua disponibilità a interrompere qualsiasi compenso almeno per tutta la durata del piano industriale.

D. Come giudica l’esternalizzazione di alcuni servizi e la chiusura di 400 agenzie?

R. Mps sta andando in controtendenza rispetto alle previsioni politiche del nuovo contratto nazionale, dove abbiamo condiviso, con Abi, la necessità di riportare all’interno le lavorazioni in precedenza esternalizzate. Su questo, anche Francesco Micheli dell’Abi, che ha condiviso con noi il nuovo contratto nazionale, dovrà farci capire da che parte sta. Per quanto riguarda la chiusura di 400 sportelli, il risultato sarà la perdita del rapporto con il territorio e con la clientela, conquistato in cinque secoli di attività dell’istituto senese, e, una volta perso il rapporto, non lo si riconquista più. Mi viene da sorridere quando Profumo lamenta che l’Italia è il paese europeo con il maggior numero di sportelli per abitanti: in Unicredit ha aperto più sportelli bancari lui di chiunque altro, perché riteneva fondamentale il rapporto con il territorio. Si inventò persino i mini- sportelli. Oggi, fa marcia indietro_

D. Possibile che non ci sia nulla che vi piaccia di questo piano?

R. La cosa positiva è che c’è stata una certificazione che la banca non va bene. La nostra preoccupazione è evitare che vada peggio. Se Profumo scende dal piedistallo, modifica gli argomenti che politicamente pesano all’interno del piano industriale e si dimostra disponibile a un confronto serio con le organizzazioni sindacali, allora si inizierà a percorrere la strada giusta. Noi, affidamenti in bianco non ne diamo a nessuno, figuriamoci a lui. (riproduzione riservata)

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