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"BANCHE – LA BATTAGLIA DI QUOTA TRECENTOMILA" (Corriere della Sera, lunedì 3 marzo 2014)

di Redazione

CORRIERE ECONOMIA, lunedì 3 marzo 2014

Banche La battaglia di quota trecentomila

Tanti sono i dipendenti del settore. Ma si parla di ventimila esuberi e c’è chi teme che possano essere il doppio L’onda lunga della crisi. Questa mattina a Roma, a palazzo Altieri, sede dell’Abi, rappresentanti delle aziende bancarie e dei lavoratori del settore torneranno a sedersi al tavolo della trattativa. Nel mezzo, il rinnovo del contratto nazionale di categoria, disdettato il 16 settembre 2013 dall’Abi e in scadenza il prossimo 30 giugno. La rumorosa disdetta anticipata («volevamo accelerare i tempi di un rinnovo che si conferma complesso», hanno detto le banche), è stata superata da un accordo tecnico, siglato a dicembre, che ha ridefinito alcuni aspetti del fondo esuberi. Dunque, si torna a trattare, ma le posizioni sono lontanissime.

Sportelli senza fila

Da un lato il sindacato chiede la tutela dei livelli occupazionali – ovvero non allontanarsi troppo dai 309 mila attuali occupati del settore – a cui riconoscere un incremento salariale. Dall’altra l’Abi snocciola cifre preoccupanti, citando i bilanci al 30 settembre scorso dei principali gruppi: margine di interesse -12,5 per cento, utile dell’operatività corrente -59,4 per cento, utile netto -81,3 per cento. In più, c’è un dato tecnico: le operazioni allo sportello si sono dimezzate in numero nell’arco degli ultimi due anni. L’on line e la banca in remoto, sempre aperta, senza fila, sul computer di casa ma anche in mobilità, sono oggi i concorrenti più pericolosi per il lavoratore bancario. Almeno per il lavoratore bancario che abbiamo conosciuto finora, quello destinato a cambiare le proprie certezze e il proprio modus operandi . Che fare? L’Abi propone di scegliere: tutela dell’occupazione o aumento salariale. Entrambe le posizioni non sono sostenibili, dice il sindacato dei datori di lavoro. All’estero hanno preso in mano l’accetta: Goldman Sachs ha recentemente annunciato il taglio di 8 mila dipendenti. Royal Bank of Scotland è arrivata a 30 mila, un quarto del totale della propria forza lavoro. Hsbc, una delle primissime banche al mondo, è andata oltre: 41 mila esuberi. E in Italia? I piani industriali in essere e in preparazione prospettano il taglio di migliaia di posti di lavoro. La crisi, l’evoluzione tecnologica e il risultato di passate fusioni e acquisizioni portano a un sostanziale dimagrimento delle strutture, che tocca tutti i gruppi, nessuno escluso. Sono 19.800 i dipendenti che, da qui al 2020, dovrebbero lasciare lo sportello sfruttando gli incentivi del fondo esuberi. Al loro posto si parla della stabilizzazione di circa 2.500 precari e di ulteriori 4 mila assunzioni. Il delta sarebbe comunque superiore ai 13 mila dipendenti e porterebbe il totale del settore, per la prima volta da decenni, sotto il muro dei 300 mila lavoratori. Ma il calo potrebbe anche essere di dimensione maggiore se, come sembra, l’imminente opera di consolidamento del settore, a livello nazionale, porterà a sovrapposizioni di sportelli che andranno risolte con il taglio delle strutture duplici, operazioni che inevitabilmente andranno a toccare, ancora una volta, l’occupazione. C’è chi teme il doppio dei tagli.

Confronto centrale

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FRANCESCO MICHELI BANCA INTESAIl faccia a faccia che si riapre stamane tra l’Abi e le otto organizzazioni sindacali del settore, al di là dello scontato gioco delle parti, è davvero centrale per il futuro del comparto in Italia. Non c’è in ballo solo la tutela dei 309 mila posti di lavoro o un incremento in busta paga: a Francesco Micheli che rappresenterà le banche e ai sindacalisti del settore è richiesto uno sforzo solo apparentemente contraddittorio, di concreta immaginazione: come sarà la banca del 2020? Verso quale punto di equilibrio dovrà orientarsi il lavoro di una massa enorme di persone che finora non ha mai pesato sui fondi pubblici avendo il Fondo esuberi supplito alle esigenze del comparto? Sono 48 mila i lavoratori bancari che hanno usufruito, dalla fondazione, delle prestazioni del Fondo esuberi di accompagnamento alla pensione. Oggi sono 15 mila gli assegni erogati. Ma domani?

Alternative

La ricerca di ricavi alternativi all’inaridimento dei consueti bacini di approvvigionamento è il punto comune tra le parti. L’Abi sembra puntare a un accordo prettamente normativo, che confermi senza migliorarla sostanzialmente la parte economica e che destini le eventuali risorse disponibili al fronte della formazione, riqualificando i dipendenti («anche gli over 55» sottolineano fonti vicine a palazzo Altieri), accelerando la corsa verso ricavi complementari. Su questo punto vi è convergenza da parte sindacale: le nuove professionalità, soprattutto sul fronte consulenziale, sembrano segnare il traguardo di un futuro possibile: bancari meno passacarte e più capaci di incidere sulle scelte di investimento della clientela, dal mutuo ai mercati azionari, meno routine e più valore aggiunto. La prova viene dal Credem, che per sviluppare nuovi canali di vendita e di assistenza è passato dai 5.519 dipendenti di fine 2011 ai 5.651 del 30 settembre 2013. Un saldo positivo di 132 unità nel biennio della crisi più nera. Una piccola speranza per il settore.  @Righist © RIPRODUZIONE RISERVATA

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