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SILEONI A MF: IN ABI NIENTE DEMAGOGIA

di Redazione

MF-MILANO FINANZA, mercoledì 18 giugno 2014

“Sileoni: in Abi niente demagogia”

di Claudia Cervini

Il confronto tra Abi e sindacati sul nuovo contratto di lavoro del settore bancario sarà una delle prossime partite calde della finanza italiana. La trattativa è iniziata mercoledì 28 maggio e arriverà oggi alla seconda tappa con un nuovo incontro tra parti sociali e i rappresentanti di Palazzo Altieri.

Per il momento le posizioni appaiono distanti sia sulla parte normativa che su quella economica. Nell’ultimo incontro i sindacati hanno chiesto un aumento di 175 euro medi a regime (6,05%), cifra che, sostengono, garantirebbe il recupero dell’inflazione per gli anni passati e per il prossimo triennio, ma la delegazione delle banche, guidata dal vicepresidente vicario dell’Abi, Francesco Micheli, ha risposto che almeno per i prossimi due anni non sarà proprio possibile prendere in esame alcun aumento contrattuale. Il segretario generale della Fabi, Lando Sileoni, è però confidente sull’esito della trattativa.

Domanda. Sileoni, a che punto siete con il rinnovo del contratto nazionale?

Risposta. Sono state fissate tre giornate di confronto in Abi a Roma: mercoledì 18, lunedì 23 e lunedì 30 giugno. Questa mattina il comitato esecutivo dell’Abi incontrerà il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, per invocare un eventuale intervento del governo qualora nella trattativa si creassero le condizioni per una netta contrapposizione tra sindacati e Abi. Temono gli scioperi, come quello avvenuto lo scorso 31 ottobre, e un’azione mediatica che li metterebbe in grave imbarazzo di fronte ai lavoratori e all’opinione pubblica.

D. Che cosa crede chiederanno le banche al ministro?

R. Intanto ricorderanno che non hanno avuto aiuti pubblici, nella speranza che di questo elemento si tenga conto più spesso rispetto, invece, al pensiero corrente secondo cui le banche italiane avrebbero ricevuto molto. E hanno ragione quando invocano una fiscalità in linea con quella delle altre banche europee. Ma nessun mea culpa sarà rivolto al ministro su argomenti pesanti, come la cattiva qualità del credito, le sofferenze bancarie, i crediti deteriorati, i soldi facili agli amici degli amici.

D. Temete quindi un intervento del governo nella partita sul rinnovo del contratto?

R. No, non temiamo niente perché le nostre richieste sono giustificate e comprensibili. Piuttosto vorrei sottolineare che le banche, quando c’è il rischio di una conflittualità con i lavoratori, chiedono aiuto ai ministri di turno. Non capisco poi perché le banche mettano le mani avanti prima dell’inizio delle trattative.

D. E voi sindacati che cosa chiederete alle banche?

R. Le assemblee dei lavoratori, molto partecipate, hanno confermato le nostre richieste: recupero dell’inflazione, mantenimento degli attuali livelli occupazionali e un nuovo modello di banca che crei le condizioni per un rilancio del settore, recuperando professionalità, promuovendo nuove attività per garantire nuovi posti di lavoro e un conseguente aumento dei ricavi.

D. Le banche sono convinte di essere fortemente impegnate in azioni del genere, ma anche per ristrutturare ulteriormente i costi. Questa posizione vi trova d’accordo?

R. Per loro ridurre i costi significa rinnovare un contratto a costo zero, con lo scopo, tutto da verificare, di salvaguardare i livelli occupazionali. Per noi i veri costi da tagliare sono gli alti stipendi dei manager, le consulenze date all’esterno, le sponsorizzazioni assurde e senza senso, le elefantiache strutture di direzione generale e la cattiva qualità del credito.

D. La situazione occupazionale è pesante?

R. Il nostro ammortizzatore sociale, dalla sua costituzione a oggi, ha gestito senza onere per le finanze pubbliche circa 48 mila prestazioni straordinarie di accompagnamento alla pensione e, al momento, ha in carico l’erogazione di circa 15mila assegni. Secondo noi, ma anche secondo le banche, è necessaria oggi una soluzione strutturale del problema esodati. Il Fondo per l’occupazione giovanile, ottenuto nell’ultimo rinnovo contrattuale, è ormai pienamente operativo e ha già contribuito a erogare circa 4 mila prestazioni per le banche che hanno effettuato assunzioni di giovani.

D. Che cosa temete?

R. L’uso strumentale e demagogico da parte delle banche dell’attuale crisi. Temiamo e contrasteremo la chiusura a riccio da parte di Abi e Federcasse rispetto al rinnovo del contratto nazionale, che interessa non solo i 309 mila lavoratori Abi ma anche i 37 mila delle banche di credito cooperativo. In Federcasse i rappresentanti delle banche stanno giocando con il fuoco senza rendersene conto.

D. Insomma, siete alla vigilia di un momento clou.

R. Sì, è un momento decisivo e fondamentale per il futuro dei lavoratori bancari. E rappresenterebbe un bel segnale di cambiamento per l’Abi se le trattative fossero riprese da una web tv di qualunque organizzazione sindacale o della stessa associazione. È necessario aprire una finestra dal cortile sul palazzo: ne gioverebbero tutti. (riproduzione riservata)

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