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L'APPELLO DI SILEONI A RENZI – TUTTA LA STAMPA

di Redazione

IL SOLE 24 ORE, sabato 17 gennaio 2015

Banche popolari, in arrivo la riforma societaria: nel mirino il voto capitario – Il governo riforma le banche popolari. L’esecutivo avrebbe deciso di inserire del Dl Investimenti, il cosiddetto “Investment compact”, atteso nel Consiglio dei ministri di martedì prossimo, l’abolizione del voto capitario. A essere abrogato sarebbe l’intero articolo 30 del Testo unico bancario.

Ferrando, Fotina

La norma è brevissima, appena due commi, ma va a colpire le banche popolari nel cuore: il voto capitario, cancellandolo. Secondo quanto appreso da Il Sole 24 Ore, è una delle riforme di ambito bancario destinate a entrare nel Dl investimenti, il cosiddetto “Investment compact”, che è atteso in Consiglio dei ministri martedì prossimo.

Nel dettaglio, il Governo avrebbe deciso di prelevare e inserire nell’Investment compact alcuni articoli dal disegno di legge sulla concorrenza attualmente in fase di stesura al ministero dello Sviluppo economico (su input dell’Antitrust), e tra queste ci sarebbe anche il mini-articolo sulle popolari: nella formulazione che Il Sole 24 Ore ha avuto modo di consultare è contenuta l’abrogazione dell’intero articolo 30 del Testo unico bancario, quello che disciplina i soci delle banche popolari. Cancellare quell’articolo, con i suoi otto commi, significa cancellare il voto capitario («Ogni socio ha un voto, qualunque sia il numero delle azioni possedute»), il tetto dell’1% per le partecipazioni dei singoli soci, il numero minimo di soci (pari a 200). Il secondo comma del decreto potrebbe prevedere anche l’eliminazione delle eccezioni rispetto alle disposizioni generali consentite alle popolari sulle deleghe di voto, ma nei fatti si tratta di poca cosa: la norma deflagrante è l’abolizione del voto capitario, che nei fatti significherebbe trasformare le banche popolari in spa. Stando alla bozza del ddl concorrenza non sarebbero previste novità sulle Bcc, ma da fonti governative non si esclude un intervento anche su quel versante.

«Ci sono tantissime banche e pochissimo credito, soprattuttò per le piccole e medie imprese», ha osservato ieri Matteo Renzi nella direzione Pd, di fatto annunciando un provvedimento che razionalizzerà il settore del credito. In effetti, la cancellazione del voto capitario potrebbe avere l’effetto di facilitare tutte le operazioni straordinarie, quelle che di norma non incontrano il favore delle maxi-assemblee piene di piccoli soci: aumenti di capitale e, soprattutto, aggregazioni. «Non abbiamo avuto paura di intervenire sul numero di parlamentari, non avremo paura di farlo sul numero dei banchieri», ha rincarato la dose il premier. Non c’è dubbio che un eventuale riforma di questo tipo non sarà povera di reazioni, e non solo da parte dei banchieri: già ieri, al diffondersi delle prime voci al riguardo, si è subito pronunciato il segretario generale della Fabi, Lando Sileoni: «Se Renzi vuole diminuire i banchieri faccia pure, ma riformare le banche popolari, le banche di credito cooperativo e le banche locali, che hanno sempre sostenuto l’economia dei territori, trasformandole in spa è un errore perché inevitabilmente si creerebbero le condizioni per ulteriori tagli del personale e di numeri importanti in tema di esuberi».

Tuttavia, nel pacchetto bancario dell’Investment compact non ci sono solo le popolari ma anche i conti correnti e i fondi pensione: sul primo versante, per aumentare il tasso di mobilità della clientela, si punta a integrare la normativa sulla trasparenza bancaria rendendo obbligatorio a 15 giorni il termine entro cui il trasferimento di un conto corrente da un istituto all’altro; per chi non adempie, scatterà l’obbligo di risarcire il cliente; altre norme, poi, riguardano la comparabilità delle condizioni applicate dalle banche nonché la portabilità dei fondi pensione. Sempre sul tema credito, si lavora per perfezionare il pacchetto di norme relativo al Fondo centrale di garanzia (si veda Il Sole 24 Ore del 7 gennaio). L’idea principale è far sì che il Fondo possa garantire anche titoli derivanti da cartolarizzazione che abbiano ad oggetto crediti nei confronti delle piccole e medie imprese. Una mossa che spianerebbe la strada all’acquisto da parte della Bce delle cosiddette tranche mezzanine di titoli derivanti da cartolarizzazione (Abs), purché dotati di garanzia statale. Nell’ultima bozza dell’Investment compact si specifica che le cartolarizzazioni dovrebbero avere ad oggetto crediti “in bonis”. Ma sono in corso verifiche per evitare che l’apertura agli Abs assorba troppe risorse dal Fondo, penalizzando le altre operazioni che vengono tradizionalmente effettuate per le Pmi. Nel frattempo, il decreto dovrebbe ridurre a un massimo del 60% dal precedente 80% la copertura della garanzia diretta su ogni singola operazione.

Rinviata, invece, la riforma delle Fondazioni: in questo caso la palla resta al Mef, dove è in fase di stesura l’atto negoziale che sarà sottoposto all’Acri. © RIPRODUZIONE RISERVATA Marco Ferrando e Carmine Fotina

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MF-MILANO FINANZA, sabato 17 gennaio 2015

Notizie dell’ultima settimana

(cliccare sull’immagine per ingrandire)

MF

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CORRIERE DELLA SERA, sabato 17 gennaio 2015

Il  governo:  troppi  banchieri,  poco  credito – Il  premier:  abbiamo  in  cantiere  un  provvedimento  importante.  L’ipotesi di  riforma  delle  Popolari – Nel  pacchetto  sugli  investimenti  anche  le  misure  per  trasferire  senza  oneri  i  conti  correnti

Il  governo  vuole  tenere  le  carte  coperte  fino  alla  discussione  del  provvedimento,  il  decreto  per  agevolare  gli  investimenti,  che  andrà  all’esame  esame  del  Consiglio  dei  ministri  probabilmente  martedì  prossimo.  Ma  è  lo  stesso  presidente  del  Consiglio,  Matteo  Renzi,  ad  annunciare  ieri  le  grosse  novità  in  arrivo  per  il  sistema  bancario.  «Non  abbiamo  avuto  paura  di  intervenire  sul  numero  dei  parlamentari,  non  dobbiamo  averla  di  intervenire  sul  numero  dei  banchieri:  ci  sono  troppi  banchieri  e  poco  credito  per  le  piccole  e  medie  imprese»  ha  detto  Renzi  annunciando  appunto  un  «provvedimento  importante»  sul  ruolo  del  credito.  Ci  sarà  dunque  un  taglio  delle  poltrone  nei  consigli  di  amministrazione  delle  aziende  di  credito,  organismi  in  molti  casi  «pletorici»  anche  secondo  il  governatore  della  Banca  d’Italia  Italia,  Ignazio  Visco?  Lo  sfoltimento  dei  manager  bancari  in  realtà  dovrebbe  essere  solo  il  risultato  degli  interventi  immaginati  dal  governo  che  punterebbero  a  favorire  le  aggregazioni  tra  le  banche  minori  o  più  deboli,  in  modo  da  rafforzarne  il  capitale  allargando  di  conseguenza  la  loro  possibilità  di  far  credito  alle  imprese.  In  particolare  Renzi  e  il  ministro  dell’Economia  Economia,  Pier  Carlo  Padoan,  guarderebbero  alle  Popolari  e  alle  banche  cooperative  e  alla  riforma  delle  rispettive  strutture  societarie  nell’ottica  ottica  di  favorirne  la  trasformazione  in  Spa.  Sono  anni  in  realtà  che  i  governi,  spinti  anche  dal  pressing  di  Bankitalia,  tentano,  senza  riuscirci,  di  cambiare  l’architettura  architettura  delle  popolari  e  di  modificare  la  governance  delle  banche  cooperative,  spesso  anche  di  piccolissime  dimensioni,  per  adeguarle  alle  mutate  esigenze  del  mercato  e  soprattutto  per  metterle  in  sicurezza  rispetto  ai  danni  provocati  dalla  prolungata  crisi  economica,  primo  fra  tutti  l’esplosione  esplosione  delle  sofferenze,  cioè  dei  finanziamenti  non  rimborsati.  Ora  Renzi  annuncia  di  volerci  riprovare  iniziando  dall’eliminazione  eliminazione  dell’ostacolo  ostacolo  più  resistente,  il  voto  capitario  per  ogni  socio,  qualunque  sia  il  numero  delle  azioni  possedute,  per  proseguire  col  tetto  al  possesso  azionario,  col  vincolo  del  numero  minimo  di  200  soci  e  con  le  norme  sulle  deleghe  della  rappresentanza  in  assemblea  da  parte  dei  soci.  Il  provvedimento  dovrebbe  poi  contenere  alcune  misure  a  favore  del  risparmio  e  per  facilitare  la  portabilità  dei  conti  correnti,  in  particolare  per  quel  che  riguarda  il  trasferimento  dei  servizi  di  pagamento  connessi  al  rapporto,  senza  spese  aggiuntive  e  con  penalità  per  le  banche  che  non  ottemperano.  E  dovrebbe  prevedere  la  garanzia  dello  Stato  sulle  cartolarizzazioni  di  prestiti  bancari  (Abs)  di  buona  qualità  per  consentirne  l’acquisto  acquisto  da  parte  della  Bce.  E  mentre  il  presidente  dei  Federcasse,  Alessandro  Azzi,  si  dice  pronto  a  «dare  ulteriormente  il  nostro  contributo  di  esperienze,  di  idee  e  di  numeri»,  i  sindacati  bancari  chiedono  al  governo  di  evitare  la  trasformazione  delle  Popolari  in  Spa.  «Sarebbe  un  errore  perché  inevitabilmente  si  creerebbero  le  condizioni  per  ulteriori  tagli  del  personale  e  per  nuovi  esuberi  in  un  settore  dove  nel  totale  disinteresse  dei  partiti  sono  stati  persi  in  15  anni  68  mila  posti  di  lavoro»  afferma  il  segretario  generale  della  Fabi,  Lando  Sileoni.  – Stefania  Tamburello

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LA REPUBBLICA, sabato 17 gennaio 2015

Via  alla  riforma  delle  banche  popolari  Arriverà  martedì  prossimo  con  il  decreto  investimenti  per  favorire  il  loro  consolidamento  con  un  diverso  assetto  societario – Novità  anche  sul  risparmio:  verrà  agevolato  il  trasferimento  da  un  conto  all’altro.  Interventi  sulle  commissioni

VOTO  CAPITARIO  Nelle  banche  popolari  per  statuto  vige  il  voto  capitario,  cioè  ogni  socio  ha  diritto  a  un  voto – CONTI  CORRENTI  Con  le  nuove  norme  diventerà  più  semplice  spostare  il  conto  corrente  da  una  banca  a  un’altra – RISPARMIO  GESTITO  Allo  studio  del  governo  anche  un  cambiamento  della  struttura  delle  commissioni  sul  risparmio  gestito

MILANO.  Blitz  di  Matteo  Renzi  nel  mondo  del  credito  e,  più  in  particolare,  nel  mondo  delle  popolari  e  del  credito  cooperativo  (le  Bcc).  Secondo  rumors  di  stampa,  il  “luogo”  in  cui  si  concretizzerà  il  tentativo  di  dare  la  spallata  al  sistema  è  il  decreto  legge  sull’Investment  –  compact  che  arriverà  in  consiglio  dei  ministri  martedì.  Un  blitz,  se  sarà  così,  custodito  molto  gelosamente,  tanto  che  nelle  bozze  del  provvedimento  circolate  finora  non  ve  ne  è  traccia.  Il  presidente  del  Consiglio  era  partito  nel  pomeriggio,  con  una  dichiarazione  piuttosto  lapidaria.  «Non  abbiamo  avuto  paura  di  intervenire  sul  numero  dei  parlamentari,  non  ce  l’abbiamo  abbiamo  neanche  di  intervenire  sul  numero  dei  banchieri.  Ci  sono  troppi  banchieri  e  poco  credito  per  le  piccole  e  medie  imprese»,  aveva  detto.  Ma  nei  giorni  scorsi  erano  a  lungo  circolate  indiscrezioni  sul  fatto  che  il  governo  stesse  pensando  ad  una  riforma  delle  banche  popolari,  in  sintonia  del  resto  con  quanto  più  volte  era  stato  sollecitato  dallo  stesso  governatore  della  Banca  d’Italia  Italia  Ignazio  Visco.  Quello  che  è  sicuro  è  che  l’Investment  compact  conterrà  misure  per  facilitare  l’accesso  accesso  al  credito  da  parte  delle  piccole  e  medie  imprese  e  lo  stesso  rilancio  delle  Pmi,  attraverso  formule  che  richiamino  gli  investimenti,  specie  quelli  esteri.  Ma  nel  decreto  legge  ci  saranno  anche  soluzioni  pensate  per  agevolare  il  risparmio,  dalle  misure  per  cambiare  conto  corrente  a  – forse  – iniziative  sulle  commissioni  sul  risparmio  gestito.  Top  secret  invece  sulle  norme  che  riguarderebbero  le  banche  popolari.  Di  una  loro  riforma  si  parla  da  almeno  un  paio  di  decenni  e  finora  qualsiasi  tentativo  organico  di  rinnovare  in  modo  profondo  il  settore  si  è  infranto  contro  un  muro  – spesso  trasversale  – di  contrarietà  in  Parlamento.  E’  tra  le  riforme  più  difficili  da  far  passare  e  non  è  chiaro  come  Renzi  voglia  perseguire  l’obiettivo  obiettivo  di  promuovere  aggregazioni  nel  settore  (e  forse  facilitare  anche  qualche  intervento  di  salvataggio- matrimonio  con  spa).  Occorre  tener  presente  infatti  che alcune popolari sono quotate  ed  hanno  dimensioni  importanti,  ma  si  muovono  ancora  secondo  logiche  spesso  auto- referenziali  dei  vertici  e  con  una  struttura  di  voto  capitario  che  rende  farraginoso  far  passare  ipotesi  di  cambiamento  e  di  aggregazione  in  assemblea.  Il  concetto  di  una  testa- un  voto,  a  prescindere  dal  numero  di  azioni  posseduto,  ha  portato  spesso  il  sistema  ad  ingessarsi,  rendendo  arduo  il  cambiamento.  Anche  il  numero  delle  deleghe  è  limitato  (nonostante  sia  stato  elevato  negli  anni).  Da  registrare  infine  l’immediata  immediata  reazione  dei  sindacati,  che  dalla  Fabi  alla  Uilca  si  sono  detti  preoccupati  per  i  riflessi  occupazionali  di  un’eventuale  eventuale  trasformazione  delle  popolari  in  spa  e  da  una  riduzione  del  numero  di  banche  presenti  sul  territorio  mentre  Alessandro  Azzi,  presidente di Federcasse ha detto:« Se  i  provvedimenti  saranno  orientati  ad  agevolare  il  credito  alle  Pmi  potremo  dare  ulteriormente  il  nostro  contributo  di  esperienze,  di  idee  e  di  numeri».

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IL MESSAGGERO, sabato 17 gennaio 2015

Banche  popolari,  addio  al  voto  capitario – Il  governo  già  pronto  a  inserire  la  riforma  nell’Industrial compact

ROMA  L’annuncio,  a  sorpresa,  è  arrivato  direttamente  da  Matteo  Renzi.  Parlando  alla  direzione  del  Partito  Democratico,  ieri  il  premier,  con  il  suo  stile  diretto,  ha  spiegato  che  «nelle  prossime  settimane  arriverà  un  provvedimento  sul  credito».  Sui  contenuti  Renzi  è  stato  sibillino.  «Non  abbiamo  avuto  paura  di  intervenire  sul  numero  di  parlamentari  – ha  detto  – non  avremo  paura  di  farlo  sul  numero  dei  banchieri.  Ci  sono  tantissime  banche  e  pochissimo  credito».  L’intervento di  razionalizzazione  del  sistema  creditizio  sarà  inserito  nel  provvedimento  ribattezzato  Industrial  compact.  Ma  più  che  di  una  razionalizzazione,  se  le  premesse  saranno  rispettate,  si  può  parlare  di  una  vera  e  propria  rivoluzione.  Il  governo  ha  infatti  deciso  di  rimettere  mano  ad  una  materia  i  cui  tentativi  di  riforma  si  sono  infranti  sugli  scogli  del  Parlamento  che  da  sempre  ha  agito  come  un  freno  a  qualsiasi  tentativo  di  modernizzazione  del  settore.  Si  tratta  delle  Banche  Popolari  e  di  quelle  di  Credito  Cooperativo.  Nel  pacchetto  di  interventi  sul  sistema  del  credito,  di  cui  il  Messaggero  ha  potuto  visionare  una  bozza,  viene  completamente  abrogato  l’articolo  articolo  30  del  Testo  unico  delle  leggi  in  materia  bancaria  e  creditizia,  di  fatto  sancendo  la  cancellazione  del  voto  capitario  e  di  tutti  i  limiti  al  possesso  di  titoli  per  i  singoli  azionisti.  In  altre  parole,  la  piena  equiparazione  delle  Popolari  a  delle  normalissime  società  per  azioni.  Come  detto,  ben  più  di  una  riforma.  Una  rivoluzione.  Ma  una  rivoluzione  auspicata  da  lunghissimo  tempo  dalla  Banca  d’Italia  Italia  e  spinta  anche  dalla  Bce,  la  Banca  centrale  europea.

IL  PROGETTO  Solo  qualche  settimana  fa,  Fabio  Panetta,  vice  direttore  della  Banca  d’Italia  Italia  e  membro  del  board  del  Meccanismo  di  vigilanza  unico  presso  la  Bce,  proprio  al  Messaggero  aveva  sottolineato  come  «il  problema  di  una  governance  adeguata  per  le  banche  popolari  di  maggiore  dimensione»,  fosse  «stato  sollevato  dalla  Banca  d’Italia  Italia  da  tempo.  Ostacoli  al  reperimento  di  capitale  – aveva  aggiunto  Panetta  – sono  del  resto,  nel  contesto  che  si  va  delineando,  sempre  meno  sostenibili».  L’Industrial  Industrial  compact  del  governo,  che  prenderà  probabilmente  la  forma  di  un  decreto  legge,  risponderà  proprio  a  queste  esigenze,  facendo  partire  anche  probabilmente  un  risiko,  un  consolidamento  del  settore,  da  tempo  auspicato  dallo  stesso  governatore  della  Bce,  Mario  Draghi.  Con  l’abrogazione  abrogazione  dell’articolo  articolo  30  del  Testo  unico  bancario,  salta,  come  detto,  il  principio  di  una  testa  un  voto,  che  per  lungo  tempo  ha  permesso  a  pochi  gruppi  organizzati  (talvolta  formati  dai  dipendenti  della  banca  stessa,  si  veda  il  caso  Bpm)  di  controllare  società  di  rilevanti  dimensioni  quotate  in  Borsa.  Ma  saltano  anche  i  limiti  all’investimento  investimento  da  parte  di  fondi  specializzati  e  altri  operatori  istituzionali  che  oggi,  al  massimo,  potevano  arrivare  a  detenere  il  3%  del  capitale.  La  bozza  di  norma  predisposta  dal  governo  interviene  anche  sulla  raccolta  delle  deleghe.  Dal  Testo  unico  degli  intermediari  finanziari  viene  infatti  eliminata  la  limitazione  per  le  società  cooperative.  Dunque,  anche  per  Popolari  e  Bcc  ci  sarà  piena  libertà  di  raccogliere  deleghe  di  voto  per  determinare  poi  le  sorti  delle  assemblee.  Ma  l’intervento  intervento  che  Renzi  insieme  ai  ministri  Padoan  e  Guidi  sta  mettendo  a  punto,  non  si  limita  solo  alle  Popolari.  Incide  anche  sul  tema  caldo  delle  Fondazioni.  Nella  bozza  del  provvedimento  è  previsto  un  termine  di  180  giorni  affinchè  queste  ultime  possano  adeguare  gli  statuti  alle  regole  della  legge  Draghi  del  1999  sulla  governance,  rispettando  dunque  i  requisiti  di  onorabilità  e  attuando  il  provvedimento  alla  lettera  dove  pone  un  divieto  assoluto  di  incrocio  tra  poltrone  situate  nelle  Fondazioni  e  «cariche  negli  organi  gestionali,  di  sorveglianza  e  di  controllo  o  di  funzioni  di  direzione  di  società  concorrenti  della  società  bancaria  conferitaria  o  di  società  del  suo  gruppo».

LE  REAZIONI  Ieri  il  primo  ad  alzare  le  barricate  a  qualsiasi  ipotesi  di  riforma  delle  banche  popolari  da  parte  del  governo,  è  stato  il  segretario  della  Fabi,  il  sindacato  più  rappresentativo  dei  bancari,  Lando  Sileoni.  «Nel  totale  disinteresse  dei  partiti  – ha  detto  – abbiamo  perso  in  15  anni  68  mila  posti  di  lavoro.  Se  il  presidente  Renzi  vuole  diminuire  i  banchieri  – ha  aggiunto  Sileoni  – faccia  pure,  ma  riformare  le  banche  popolari,  le  banche  di  credito  cooperativo  e  le  banche  locali  che  hanno  sempre  sostenuto  l’economia del  territorio,  trasformandole  in  spa,  è  un  errore  perché  inevitabilmente  si  creerebbero  le  condizioni  per  ulteriori  tagli  del  personale  e  di  numeri  importanti  in  tema  di  esuberi».  La  strada  per  approvare  la  norma  è  ancora  lunga.  Prima  il  decreto  dovrà  essere  approvato  in  Consiglio  dei  ministri.  Poi  sarà  trasferito  in  Parlamento,  dove  entro  sessanta  giorni  dovrà  essere  convertito.  Tra  Camera  e  Senato,  Banche  Popolari  e  Fondazioni,  molto  legate  ai  territori,  hanno  sempre  trovato  orecchie  attentissime  alle  loro  istanze  conservative.  Andrea  Bassi  © RIPRODUZIONE RISERVATA

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IL GIORNALE, sabato 17 gennaio 2015

CREDITO  Martedì  il  provvedimento  su  coop  e  bcc – Renzi  «piccona»  le  banche  popolari – Pronta  la  riforma – Il  premier:  «I  banchieri  sono  troppi».  Ma  il  riassetto  faciliterà  il  salvataggio  del  Monte  Paschi.  Il  nodo  Bce

Massimo  Restelli

Il  governo  Renzi  prepara  un  intervento  manu  militari  per  riformare  il  mondo  delle  banche  popolari  e  fare  (forzatamente)  accorpare  le  centinaia  di  Bcc  che  punteggiano  il  territorio  nazionale.  Nelle  «prossime  settimane  arriverà  un  provvedimento  sul  credito»,  ha  detto  ieri  Renzi  aggiungendo  in  modo  tranchant  che  ci  sono  troppi  istituti  e  banchieri  ma  troppo  pochi  prestiti  a  famiglie  e  Pmi.  L’obiettivo esplicito  è  quindi  quello  di  far  ripartire  il  consolidamento  del  settore,  quello  politico  sotto  traccia  di  mantenere  in  mani  italiane  Monte  Paschi  e  Carige,  le  due  bocciate  agli  stress  test.  Il  provvedimento,  contenuto  nell’Investment  compact  atteso  martedì  prossimo,  dovrebbe  infatti  imporre  nuove  regole  di  governance  alle  grandi  cooperative  quotate,  a  partire  da  Banco  Popolare  e  Ubi  Banca.  E  quest’ultimo  ultimo,  malgrado  le  smentite  dell’ad  ad  Victor  Massiah,  è  il  gruppo  a  cui  guardano  i  palazzi  romani  per  un’eventuale  eventuale  azione  di  emergenza  sul  Monte  Paschi.  In  parallelo,  Carige  potrebbe  finire  tra  le  braccia  di  Bipiemme,  che  è  la  coop  da  cui  era  partita  l’offensiva  offensiva  di  Bankitalia.  Non  sarebbero  invece  al  momento  toccate  dall’esecutivo  esecutivo  le  cooperative  non  quotate.  Per  contro  le  Bcc  sarebbero  forzate  a  fondersi:  alcune  realtà  del  mondo  Iccrea  sono  state  commissariate  dalla  Vigilanza  e  hanno  dimostrato  tutta  la  debolezza  dei  controlli  interni  sui  prestiti  (parti  correlate  comprese).  La  cura  Renzi  promette  comunque  di  essere  molto  più  drastica  e  vicina  all’idea  idea  di  Spa  rispetto  alla  autoriforma  allo  studio  di  Asso  popolari:  ieri  si  repira  va  un  forte  disappunto  tra  alcuni  Signori  delle  mutue.  Veniamo  ora  a  Mps.  L’ad  ad  Fabrizio  Viola  e  il  presidente  Alessandro  Profumo,  reduci  da  cinque  ore  di  braccio  di  ferro  a  Francoforte,  hanno  riferito  al  cda  il  diktat  della  Bce  sulla  pulizia  di  bilancio:  si  parla  di  3  miliardi  lordi  nel  solo  quarto  trimestre.  Il  2014  potrebbe  quindi  chiudere  con  una  perdita  choc  stimabile  in  2,8  8  – 3  miliardi  (un  miliardo  il  rosso  a  settembre).  Il  board  ha  formulato  (e  rispedito)  all’Eurotower  le  sue  repliche,  ma  con  ogni  probabilità  la  Rocca  dovrà  ubbidire  fino  in  fondo:  ha  poche  chanche  il  tentativo  di  fare  valere  i  maggiori  utili  operativi  per  ottenere  uno  sconto  da  390  milioni.  Da  qui  i  dubbi  della  Borsa  sulla  stessa  capienza  dell’aumento  aumento  di  capitale  da  2,5  5  miliardi:  secondo  alcuni  analisti  Mps  potrebbe  essere  corta  di  un  altro  miliardo.  O  comunque  le  cessioni  ipotizzate  da  Viola,  per  incamerare  200  milioni,  potrebbero  essere  considerate  aggiuntive.  L’ultima  ultima  parola  spetta  alla  Bce,  che  potrebbe  far  slittare  il  decisivo  board  dei  governatori  dal  4  al  18  febbraio.  La  ricapitalizzazione  sarebbe  quindi  a  maggio.  «Riformare  le  popolari,  le  Bcc  e  le  banche  locali,  che  hanno  sempre  sostenuto  l’economia dei  territori,  trasformandole  in  spa  è  un  errore»,  attacca  il  leader  della  Fabi,  Lando  Maria  Sileoni.  E  ci  sarebbero  altri  esuberi.

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LIBERO, sabato 17 gennaio 2015

A  rischio  migliaia  di  posti  di  lavoro –  Renzi  prepara  il  decreto  per  salvare  Montepaschi – Il  premier  vuole  subito  trasformare  Popolari  e  Bcc  in  società  per  azioni  per  rendere  più  facili  le  nozze  riparatrici  con  Siena  (che  prende  tempo)

NINO SUNSIERI

La  riforma  delle  Banche  Popolari  e  delle  Bcc  avverrà  per  decreto.  A  quanto  pare  Renzi  ha  molta  fretta  di  preparare  il  terreno  per  il  salvataggio  di  Mps.  Tanto  più  che  il consiglio  d’amministrazione  amministrazione  dell’istituto  istituto  senese  dopo  cinque  ore  di  discussione  non è  arrivato  a  nessuna  conclusione. Aspetta  prima  di conoscere  l’esito  esito  dell’esame  esame  che  stafacendo  laBce  Bce  sul  piano  di  risanamento.  Unica  indiscrezione  che  circola  riguarda  l’aumento  aumento  di  capitale:  probabilmente  sarà  più  al-  to  dei  2,5  5  miliardi  previsti.  Non  sarebbe  una  novità.  Anche  l’operazione  operazione  fatta  l’estate  estate  scorsa  era  partita  da  una  stima  di  un  miliardo.  Alla  fine,  però,  ne  erano  serviti  cinque.  Ed è  proprio  su  questo snodo  che  si  inserisce  il  Decreto  Investimenti  con  la  riforma  delle  banche  popolari  e  delle  Bcc.Il  Il  testo  è segretissimo:  sarà  svelato  solo  martedì  nella  riunione del  consiglio  dei  ministri.  L’idea  idea  di  fondo  è  quella  di  spingere  le  banche  cooperative  a  cambiare  pelle  trasformandosi  in  spa.  In  questa  maniera  diventerebbe  più  semplice  spingerle  verso  il salvataggio di Mps  Unregalo  fiscale,  in  questi  casi,  non  manca  mai.  L’obiettivo  obiettivo  dichiarato della  manovra, infatti,  è  quella  di  favorire  la  concentrazione  del  sistema.  «C’è bisogno  di  semplificare  -ha  dichiarato-  Ci  sono  tantissime banche  e  pochissimo  credito  soprattutto  per  le  piccole  e  medie  imprese».  Il  tono  del  premier,  come  sempre  è  perentorio:« Arriverà un provvedimento  sul  credito  -dichiara-  non  abbiamo  avuto  paura  di  intervenire  sul  numero  di  parlamentari,  non  avremo  paura  di  farlo  sul  numero  dei  banchieri».  Il  progetto  di  trasformazione  delle  popolari,  però,  incontra  già  le  prime  resistenze.  A  farsene  portavoce  Fabio  Sileoni,  segretario  della  Fabi,  il sindacato  più rappresentativo  nel  mondo  bancario:  «Se  Renzi  vuole  diminuire  i  banchieri  faccia  pure  -dice-  ma  riformare  popolari,  credito  cooperativo  e  banche  locali,  che  hanno  sempre  sostenuto  l’economia  dei  territori,  trasformandole in  spa  è  un  errore  perchè  inevitabilmente  si  creerebbero  le  condizioni  per ulteriori  tagli  del  personale  e  di  numeri  importanti  in  tema  di  esuberi».  In  queste  condizioni è facile  immaginare  che  martedì  in  Consiglio  dei  ministri  il  dibattito  sarà  molto  acceso.

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AVVENIRE, sabato 17 gennaio 2015

Banche.  La  riforma  delle  Bcc  un  rischio  per  il  pluralismo

NILANO – l  governo  ha  intenzione  di  accelerare  sulla  riforma  del  credito  cooperativo  e  delle  banche  popolari.  Secondo  indiscrezioni  l’esecutivo  esecutivo  inserirà  nel  decreto  legge  chiamato  “Investment  compact”,  che  sarà  discusso  dal  consiglio  dei  ministri  della  prossima  settimana,  le  norme  per  la  riforma  del  sistema  di  comando  (la  governance)  delle  banche  popolari  e  del  credito  cooperativo.  Un  progetto  contro  cui  ieri  si  è  espresso  Lando  Sileoni,  segretario  generale  della  Fabi,  il  sindacato  più  rappresentativo  del  mondo  bancario:  «Se  il  presidente  Renzi  vuole  diminuire  i  banchieri  faccia  pure  – ha  avvertito  il  sindacalista  – ma  riformare  le  Banche  Popolari,  le  Banche  di  Credito  Cooperativo  e  le  banche  locali,  che  hanno  sempre  sostenuto  l’economia dei  territori,  trasformandole  in  Spa  è  un  errore  perché  inevitabilmente  si  creerebbero  le  condizioni  per  ulteriori  tagli  del  personale  e  di  numeri  importanti  in  tema  di  esuberi».  Si  parla  da  tempo  di  progetti  di  riforma  per  il  sistema  del  credito  popolare  e  cooperativo,  un  modello  di  banca  che  negli  anni  della  crisi  ha  dimostrato  di  funzionare  bene,  dal  momento  che  Bcc  e  popolari  hanno  rafforzato  il  loro  rapporto  con  il  territorio  continuando  a  finanziare  l’economia  economia  reale  (uscendo  alla  fine  con  ottimi  voti  dagli  stress  test  della  Bce).  Già  all’assemblea  assemblea  di  Federcasse,  lo  scorso  novembre,  il  presidente  Alessandro  Azzi  ha  spiegato  che  non  c’è è  nessuna  opposizione  preconcetta  ai  progetti  di  fusione  nel  mondo  del  credito  cooperativo:  «Probabilmente  avremo  un  numero  inferiore  di  banche  di  credito  cooperativo  e  di  dimensioni  più  robuste,  ma  questo  processo  non  intendiamo  né  subirlo,  né  forzarlo».  Ma  ogni  riforma,  hanno  sempre  ricordato  popolari  e  Bcc,  deve  tutelare  il  pluralismo  del  mondo  bancario,  senza  puntare  a  omologare  le  banche  del  territorio  con  il  modello  di  banca  “anglosassone”  oggi  prevalente.  (P  . Sac.)

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IL RESTO DEL CARLINO – IL GIORNO – LA NAZIONE – LA CITTÀ, sabato 17 gennaio 2015

«Troppe  poltrone  e  pochi  prestiti»  Stoccata  ai  banchieri,  arrivano  i  tagli  Il  premier  annuncia  novità,  soprattutto  per  le  Popolari  e  le  Bcc

Le  parole  di  Renzi – Siamo  intervenuti  sul  numero  dei  parlamentari  Non  avremo  paura  di  fare  lo  stesso  anche  con  i  banchieri – I  chiarimenti  dello  staff – Il  governo  non  può  dire  che  una  banca  si  fonde  con  un’altra  altra,  ma  può  intervenire  sulle  strutture  azionarie

Olivia  Posani

ROMA – AFFONDO  di  Matteo  Renzi  contro  le  banche  arriva  imprevisto  nel  bel  mezzo  della  direzione  del  Pd.  «Nelle  prossime  settimane  annuncia  il  premier  – arriverà  un  provvedimento  sul  credito:  non  abbiamo  avuto  paura  di  intervenire  sul  numero  di  parlamentari,  non  avremo  paura  di  farlo  sul  numero  dei  banchieri.  Ci  sono  tantissime  banche  e  pochissimo  credito,  soprattutto  per  le  piccole  e  medie  imprese.  C’è è  bisogno  di  semplificare  il  sistema.  Talvolta  si  è  dato  credito  in  modo  sbagliato  e  non  si  è  dato  a  quelle  Pmi  che  sono  il  cuore  del  nostro  sistema  e  che  vanno  incoraggiate  a  intervenire».  CHE  CI  SIA  ancora  un  problema  di  credito  per  i  piccoli  lo  ha  certificato  ieri  la  stessa  Banca  d’Italia  Italia.  Comunque  sia,  il  governo  non  può  ridurre  il  numero  degli  istituti  di  credito  per  decreto,  visto  che  sono  tutti  privati,  fatta  eccezione  per  il  Credito  sportivo,  che  però  è  commissariato.  Certo,  ci  sono  le  fondazioni,  ma  anche  lì  gli  azionisti  sono  privati  e  le  quote  in  mano  agli  enti  locali  sono  minori.  E  quindi?  L’entourage  entourage  di  Renzi  spiega  che  «il  governo  non  può  di-  re  che  la  banca  x  si  fonde  con  la  banca  y,  ma  può  intervenire  indirettamente  agendo  su  alcune  leggi  che  regolano  le  banche,  sulle  loro  strutture  azionarie».  In  sostanza  si  pensa  a  una  sorta  di  razionalizzazione  del  sistema  mettendo  in  moto  un  processo  di  ristrutturazione.  Il  provvedimento,  che  ha  preso  di  sprovvista  l’Abi  Abi  (Associazione  Bancaria  Italiana),  non  è  ancora  definito,  ma  ne  emerge  chiaramente  la  struttura.  L’obiettivo  obiettivo  è  quello  di  arrivare  a  norme  per  riformare  la  governance  delle  banche  popolari  e  del  credito  cooperativo  (Bcc)  e  favorire  un  consolidamento  del  settore.  QUESTE  misure  sono  contenute  nel  cosiddetto  ‘Investment  compact’  (un  provvedimento  che  punta  a  favorire  gli  investimenti),  che  dovrebbe  andare  al  Consiglio  dei  ministri  della  prossima  settimana,  forse  già  martedì.  La  misura  più  importante  dovrebbe  riguardare  l’abolizione  abolizione  nelle  Banche  popolari  del  cosiddetto  ‘voto  capitario’.  Nel  diritto  societario  consiste  nella  regola,  considerata  una  anomalia,  per  la  quale  ogni  socio  è  titolare  di  un  singolo  voto  indipendentemente  dal  numero  delle  azioni  possedute.  Per  quanto  riguarda  le  fondazioni  è  previsto  invece  un  giro  di  vite  sulla  onorabilità  dei  prestiti  e  i  criteri  di  nomina:  le  norme  attuali  dovrebbero  diventare  più  stringenti.  Il  provvedimento,  oltre  a  rendere  più  semplice  lo  spostamento  dei  conti  correnti,  prevede  anche  un’altra  altra  norma  molto  popolare:  la  chiamata  ai  call  center  non  potrà  costare  più  di  quella  urbana.  Sono  previsti  infine  interventi  che  facilitino  la  capitalizzazione  delle  grandi  banche.  LE  ANTICIPAZIONI  del  premier  alla  direzione  del  suo  partito  non  sono  piaciute  alla  Fabi,  la  Federazione  Autonoma  dei  Bancari  Italiani:  «Nel  totale  disinteresse  dei  partiti  – dice  il  segretario  generale  Lando  Sileoni  – abbiamo  perso  in  15  anni  68mila  mila  posti  di  lavoro.  Se  Renzi  vuole  diminuire  i  banchieri  faccia  pure,  ma  riformare  le  banche  popolari,  le  banche  di  credito  cooperativo  e  le  banche  locali,  che  hanno  sempre  sostenuto  l’economia  economia  dei  territori,  trasformandole  in  società  per  azioni  è  un  errore,  perché  inevitabilmente  si  creerebbero  le  condizioni  per  ulteriori  tagli  del  personale  e  di  numeri  importanti in tema di esuberi».

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IL GAZZETTINO, sabato 17 gennaio 2015

Popolari  e  Bcc,  riforma  da  spa  Sindacati  in  allarme

ROMA – In  arrivo  norme  per  riformare  la  governance  delle  banche  Popolari  e  del  credito  cooperativo  (Bcc)  e  favorire  un  consolidamento  del  settore.  Secondo  quanto  annunciato  dal  premier  Renzi  le  misure  sarebbero  contenute  in  un  provvedimento  che  il  governo  varerà  la  prossima  settimana.  «Leggeremo  con  interesse  i  testi  dei  provvedimenti  annunciati  dal  presidente  del  consiglio  in  materia  bancaria.  Se  saranno  orientati  ad  agevolare  il  credito  alle  Pmi  potremo  dare  ulteriormente  il  nostro  contributo».  Così  il  presidente  di  Federcasse  Alessandro  Azzi:  «Situazioni  di  criticità  transitoria  sono  state  risolte  all’interno  interno  della  categoria  senza  chiedere  un  euro  alle  casse  pubbliche,  senza  far  perdere  un  euro  ai  depositanti,  salvaguardando  l’occupazione  occupazione».  Ma  le  nuove  regole  europee  penalizzano  decisamente  questi  istituti.  «Se  il  presidente  Renzi  vuole  diminuire  i  banchieri  faccia  pure,  ma  riformare  le  Popolari,  le  Bcc  e  le  banche  locali  che  hanno  sempre  sostenuto  l’economia  economia  dei  territori,  trasformandole  in  Spa,  è  un  errore»,  afferma  il  segretario  Fabi,  Lando  Maria  Sileoni.

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L’ECO DI BERGAMO, sabato 17 gennaio 2015

Popolari  nel  mirino  di  Renzi:  spunta  l’ipotesi Spa

Stanno  mettendo  in  subbuglio  gli  ambienti  finanziari  le  dichiarazioni  del  premier  Matteo  Renzi  sul  mondo  bancario  e,  soprattutto,  le  indiscrezioni  su  un  imminente  intervento  del  governo  sulle  banche  popolari  che  – stando  ai  rumors  – potrebbero  essere  spinte  o  incentivate  a  fondersi  o  a  trasformarsi  in  Spa.  Tutto  nasce  dalle  affermazioni  del  premier  ieri  alla  direzione  nazionale  del  Pd:  «Nelle  prossime  settimane  – ha  detto  – arriverà  un  provvedimento  sul  credito:  non  abbiamo  avuto  paura  di  intervenire  sul  numero  di  parlamentari,  non  avremo  paura  di  farlo  sul  numero  dei  banchieri.  Ci  sono  tantissime  banche  e  pochissimo  credito,  soprattutto  per  le  piccole  e  medie  imprese»,  ha  osservato  Renzi,  che  ha  di  fatto  annunciato  un  provvedimento  che  razionalizzerà  il  settore  del  credito.  «C’è è  bisogno  di  semplificare  il  sistema  – ha  continuato  Renzi  – talvolta  si  è  dato  credito  in  modo  sbagliato  e  non  si  è  dato  a  quelle  Pmi  che  sono  il  cuore  del  nostro  sistema  e  che  vanno  incoraggiate  a  intervenire».  Con  tutta  probabilità  i  provvedimenti  annunciati  ieri  da  Renzi  saranno  contenuti  nel  Dl  investimenti,  il  cosiddetto  «Investment  compact»,  atteso  in  Consiglio  dei  ministri  martedì  prossimo.  E  si  tratterà  di  misure  che  incideranno  sul  mondo  delle  banche  popolari.  Misure  di  razionalizzazione  esemplificazione.  A  quanto  si  apprende,  sia  per  le  Popolari  che  per  le  Bcc  il  decreto  interverrà  riformandola  governance,  così  da  uniformare  queste  realtà  creditizie  ai  criteri  stabiliti  dalla  Bce.  Secondo  alcune  indiscrezioni,  l’obiettivo  obiettivo  sarebbe  quello  di  preservare  il  buono  del  modello  cooperativo  mettendo  però  fine  all’anomalia  anomalia  di  gruppi  quotati  e  con  dimensioni  nazionali  che  però  non  sono  Spa  e  quindi  non  contendibili.  Una  riforma  legislativa  si  vedrà  se  attraverso  una  serie  di  fusioni  o  di  ingresso  di  capitali,  anche  stranieri.  Oppure  con  aggregazioni,  anche  parziali,  con  banche  Spa.  Secondo  alcuni  «rumors»,  le  banche  popolari  nel  mirino  sarebbero  soprattutto  le  quotate  in  Borsa,  e  cioè  Ubi  Banca,  il  Banco  popolare,  la  Banca  popolare  di  Milano  e  la  Banca  popolare  EmiliaRomagna  Romagna.  Che  potrebbero  essere  incentivate  o  spinte  a  trasformarsi  in  Spa.  C’è è  chi  ipotizza  che  si  andrebbe  così  ad  incidere  sul  voto  capitario,  rendendo  così  quasi  ininfluente  il  peso  politico  dei  soci,  accrescendo  invece  quello  del  capitale.  Un’operazione  operazione  che  – secondo  qualche  analista  – sarebbe  determinata  anche  dalla  volontà  di  salvaguardare  l’« italianità»  di  Montepaschi  e  Carige,  che  potrebbero  essere  più  agevolmente  aiutate  da  Bpm  e  Ubi  una  volta  che  queste  saranno  state  riformate  e  trasformate  in  Spa.  Intanto  si  registrano  le  prime  reazioni  dei  sindacati  dei  bancari.  «Se  Renzi  vuole  diminuire  i  banchieri  faccia  pure,  ma  riformare  le  banche  popolari,  le  Bcc  e  le  banche  locali,  che  hanno  sempre  sostenuto  l’economia  economia  dei  territori,  trasformandole  in  Spa  è  un  errore  perché  inevitabilmente  si  creerebbero  le  condizioni  per  ulteriori  tagli  del  personale  e  di  numeri  importanti  in  tema  di  esuberi»,  ha  detto  il  segretario  generale  della  Fabi,  Lando  Sileoni.  E  il  segretario  generale  della  Uilca,  Massimo  Ma  si,  si  è e  preoccupato»  e  auspica  si  faccia  chiarezza  al  più  presto:  «Se  la  proposta  di  Renzi  va  nella  direzione  di  diminuire  le  banche  esistenti  con  ulteriori  fusioni  e  mira  a  riformare  le  banche  popolari  e  le  Bcc,  senza  una  visione  complessiva  delle  problematiche,  ciò  aggraverebbe  la  già  difficile  situazione  esistente».  Infine,  il  presidente  di  Federcasse  (l’associazione  associazione  delle  Bcc)  Alessandro  Azzi:  «Leggeremo  con  interesse  i  testi  dei  provvedimenti  annunciati  dal  premier.  Se  saranno  orientati  ad  agevolare  il  credito  alle  Pmi  potremo  dare  il  nostro  contributo».

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RADIOCOR, venerdì 16 gennaio 2015 18:40

Banche: Sileoni, Renzi interviene? Ma non trasformi in spa le popolari

Il rischio è altra ondata di esuberi (Il Sole 24 Ore Radiocor) – Roma, 16 gen – Il presidente del Consiglio Matteo Renzi “se vuole diminuire i banchieri faccia pure, ma riformare le banche popolari, le banche di credito Cooperativo e le banche locali, che hanno sempre sostenuto l’economia dei territori, trasformandole in spa è un errore perché inevitabilmente si creerebbero le condizioni per ulteriori tagli del personale e di numeri importanti in tema di esuberi”. Così il segretario generale della Fabi, Lando Sileoni, che per primo da’ una possibile interpretazione alle parole pronunciate oggi dal premier parlando del sistema bancario (“Nelle prossime settimane arrivera’ un provvedimento sul credito: non abbiamo avuto paura di intervenire sul numero di parlamentari, non avremo paura di farlo sul numero dei banchieri”).

 

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