Home Rassegna Stampa Rassegna Stampa, lunedì 4 aprile 2016

Rassegna Stampa, lunedì 4 aprile 2016

di Redazione

IL TIRRENO (ED. EMPOLI-PONTEDERA) lunedì 4 aprile 2016

«Cassa, comincino i vertici a fare sacrifici» – Vertenza per il contratto integrativo alla Cr Volterra: i sindacati scrivono al direttore generale

VOLTERRA. Nuove schermaglie tra sindacati e Cassa di Risparmio di Volterra dopo la rottura sul contratto integrativo aziendale. organizzazioni dei lavoratori hanno inviato una lettera aperta al direttore generale, Roberto Pepi, affermando che «il sindacato è da sempre pronto a contrattare in un contesto di legalità e di rispetto delle regole, ma non è disposto a farlo in una situazione fortemente condizionata dalla disapplicazione del contratto integrativo aziendale vigente e dall’imposizione di una normativa unilaterale illegittima, che, in quanto tale, non può assolutamente rappresentare una base di trattativa». «Inoltre – si legge ancora nella lettera – ci preme sottolineare che noi sindacati, quali stakeholders, consideriamo obiettivo prioritario la salute della Cassa finalizzata al conseguimento del bene comune e non al mantenimento di privilegi per pochi; in tal senso rigettiamo le pubbliche affermazioni del presidente Manghetti secondo cui sarebbe deleterio togliere o ridurre i benefici riservati esclusivamente alla casta dei vertici aziendali. Confermiamo la nostra ferma intenzione di giungere alla definizione di un contratto non economicamente acquisitivo che coniughi l’esigenza aziendale di mantenere invariato il costo del personale con quella sindacale di non prevedere riduzioni dei salari e dei diritti dei lavoratori: se non sono richiesti sacrifici questo deve valere per tutti! Se invece le difficoltà del contesto di riferimento da lei, direttore, recentemente evidenziate richiedessero la necessità di pervenire ad un contenimento deI costi, risparmi dovrebbero essere individuati partendo da una riduzione dei bonus delle figure apicali o, quantomeno, distribuiti su tutto il personale in modo progressivo, in ragione della capacità reddituale di ciascun dipendente». Secondo First Cisl, Fisac Cgil e Fabi, «in un contesto di difficoltà non è accettabile che si taglino diritti e retribuzioni della maggior parte dei dipendenti lasciando immodificati specifici istituti retributivi, elargiti a prescindere dal raggiungimento di quegli obiettivi di produttività a lei, direttore, tanto a cuore, appannaggio esclusivo del management. Così come risulta altrettanto deprecabile aver stipulato contratti di lavoro pluriennali a personale già pensionato». ©RIPRODUZIONE RISERVATA

CORRIERE DELLA SERA (ED. BERGAMO) domenica 3 aprile 2016

«Sì al bancone, ma pensando ai valori doc» – Gli istituti satellite da inglobare. la Fondazione di Cuneo potrebbe pesare fino al 6%

Non è più tempo di sfogliare la margherita: bancone sì, bancone no. I tempi di fioritura della banca unica sono arrivati. Come ha sintetizzato, un colorito intervento il socio Francesco Rimbotti: «Il bancone sarà un’Ubi più grande». Tema ripreso anche in chiave sindacale da Paolo Citterio della Fabi: «L’operazione della banca unica dovrà essere gestita con intelligenza per non disperdere un patrimonio di valori organizzativi». La riorganizzazione delle banche reti del Gruppo dovrebbe essere varata entro l’autunno e rientrerà nel quadro più grande del piano industriale che — ha assicurato il ceo Victor Massiah — sarà predisposto entro il primo semestre dell’anno «C’è una volontà molto forte in questa direzione — ha confermato anche il presidente Moltrasio– ma occorre ragionare su un duplice binario, cioè non solo sugli aspetti quantitativi, ma anche su quelli qualitativi, sui modelli organizzativi, sulle clientele, sul loro attaccamento ad aspetti, come dire, “soft” della trasformazione. Ad esempio, marchi dei singoli istituti. Senza dimenticare — ha proseguito il presidente di Ubi territori, che vanno presidiati attraverso le Fondazioni, le sponsorizzazioni. Un bancone non si fa soltanto per attuare una razionalizzazione di filiali. Questo sarebbe un approccio riduttivo, che non tiene conto di una territorialità che non deve essere confusa con il localismo. Quindi il bancone non dovrà essere qualcosa di diverso, rispetto a quello che le storie delle dinamiche territoriali insegnano, anche in chiave imprenditoriale». Su un piano più pragmatico, la realizzazione del bancone dovrà passare attraverso il riacquisto delle minorities in capo alla Fondazione Crc per quanto riguarda Bre, di cui Ubi detiene il 74,78 e dell’Associazione Banca Lombarda per le quote in Commercio e Industria, dove Ubi è all’ «Non è un problema di tempo, piuttosto di modo» ha ribadito Massiah. La cessione delle quote di Bre, (il 25% della banca) porterebbe la Fondazione Crc ad una rispettabilissima quota del 6% del capitale sociale di Ubi. Come un grande fondo internazionale. «Da anni speriamo che si passi dal mondo delle relazioni a quello delle azioni, cioè che le azioni si contino e non si pesino. Se si entrerà nel mondo normale il ruolo di Cuneo e del Piemonte diventerà pari a quello di Bergamo, Brescia e Lombardia, rivendichiamo pari dignità» aveva rilanciato il presidente delle Fondazione Ezio Falco, il giorno della trasformazione di Ubi. Ieri Falco è si è collegato in streaming con Bergamo. D.T © RIPRODUZIONE RISERVATA

L’ECO DI BERGAMO domenica 3 aprile 2016

Banca unica e fusioni non scaldano il dibattito – Doccia fredda. Il voto gela i soci: «Siamo minoranza» Ma Sestini: fondi uno stimolo, Moltrasio il baluardo»

Dulcis in fundo. La doccia fredda, inaspettata per molti, arriva quando gli azionisti stanno finendo di rimpinzarsi al buffet, esattamente al momento del dolce, che però a molti risulta indigesto. Moltrasio è eletto presidente, la squadra maggioritaria nel cds è bresciano- mai fondi conquistano la maggioranza dei voti. Sconcerto generale. Ma, per fortuna, c’è chi sdrammatizza: «Non vediamo tutto nero – dice Roberto Sestini, patron Si ed ex presidente della Camera di commercio – la presenza dei fondi potrebbe anche essere di stimolo alla banca. E poi noi abbiamo alla guida un presidente davvero bravo. Moltrasio è il nostro baluardo». Che fosse un’assemblea strana lo si era capito fin dall’inizio quando, invece del consueto, vociante assedio dei soci all’ingresso della Fiera, si avvertiva un’atmosfera di insolita tranquillità, e il grande padiglione sede dell’assemblea pochi minuti dal fischio iniziale, era sorprendentemente e desolatamente semivuoto (poi si è popolato). Forse si percepiva già la spettrale partecipazione dei fondi di investimento: invisibili e silenziosi, ma ben presenti. «Altro che rivalità tra Brescia e Bergamo. Qui la sfida vera è tra i soci storici dei territori della banca e i fondi», era il commento prevalente. il precedente lungo dibattito è stato messo in ombra dal voto choc. Il consigliere delegato Victor Massiah aveva cercato di catalizzare l’attenzione con un’immagine sportiva, seppur datata: «Siamo nelle condizioni di Fosbury (l’atleta che vinse le Olimpiadi del 1968 nel salto in alto saltando di schiena, ndr) che cambia lo stile per superare l’ostacolo Il contesto è problematico, la nostra solidità non è in discussione, stiamo attirando nuovi flussi di raccolta. Dobbiamo però lavorare sulla nostra redditività. Abbiamo aperto i cantieri del nuovo piano industriale che sarà pronto entro giugno. Dovremo valutare l’ipotesi della banca unica. E lanceremo un concorso interno per avere dai dipendenti delle proposte per ridisegnare le filiali». Quanto alle fusioni, «non c’è nessun dossier aperto e si faranno solo se ci sarà chiarezza sulla creazione di valore e la governance». «I dipendenti vanno motivati – ha rilanciato Andrea Battistini, della First – una migliore redditività passa attraverso l’incremento della produttività individuale». Premio in azioni per i dipendenti Il premio aziendale ai dipendenti potrà essere erogato anche in azioni Ubi. Lo ha previsto ieri l’assemblea approvando la proposta per la valorizzazione del premio mediante l’assegnazione di azioni, autorizzando la banca a comprare azioni proprie per un massimo di 30 milioni di euro. «È una nostra richiesta da anni – commenta Andrea Battistini, della First – ora che c’è la Spa si può fare, affiancando il premio cash e il welfare con l’opzione facoltativa, del pagamento in azioni». L’accordo sarà perfezionato entro giugno. processi organizzativi». E Paolo Citterio (Fabi): «Il modello di banca unica sarà anche più snello ma bisogna stare attenti a non disperdere il patrimonio professionale dei dipendenti che in questi anni hanno fatto la loro parte». Ma per Federico Caffi «la banca unica non comporta perdita di identità, può modernizzare le strutture e valorizzare le professionalità». Secondo Francesco Rimbotti il «bancone potrebbe valere 150 milioni di risparmio». Francesco Bonera se l’è presa con il «b in» che «ha spaventato gli investitori». Li Strazzera (e Moltrasio ha raccolto il consiglio) ha invitato i vertici a cercare un «posizionamento commerciale in territori più competitivi, come il Milanese». Sulle aggregazioni il sindacalista Emilio Contrasto (Unis ha dato ragione a Massiah: «Grande non è sinonimo di efficienza». Piero Lonardi ha toccato il punto dolente del crollo del titolo in Borsa: «Altro che creare valore. Se oggi dovessi vendere le mie azioni, distruggere valore. La banca deve essere gestita meglio». Di altro avviso Giuseppe Guerini, presidente Confcooperative: «Solo una gestione attenta da parte di professionisti competenti ha portato a risultati tutt che scontati. Proseguiamo sulla strada del cambiamento senza perdere l’ancoraggio con i territori». Massiah ha replicato che la creazione di valore c’è effettivamente stata se il patrimonio dal 2010 ad oggi è aumentato di 2 miliardi. Adriano Gandola ha invece messo il dito nella piaga delle esposizioni Ubi con Sorgen e Tassara (ma per Massiah Ubi ha fatto meno errori di altre banche) mentre il deputato M Carlo Sibilia ha lamentato che «il diritto di recesso delle azioni sia stato snaturato» ed evidenziato che l’agenzia di rating Fitch ha declassato Ubi (Massiah ha precisato però che è solo l’outlook ad essere passato da stabile a negativo). Sibilia, infine, disinteresse generale, ha anticipato in qualche modo l’esito del voto: «Attenzione perché i fondi vogliono entrare nel controllo e nella gestione della banca». Detto, quasi fatto. «Siamo in minoranza, abbiamo toccato il fondo», ha commentato malinconicamente un socio. P. S.

GIORNALE DI BRESCIA domenica 3 aprile 2016

Assemblea dal clima disteso che riconcilia le anime della banca – Camadini e Gussalli Beretta: dai fondi un contributo di professionalità per le sfide che ci attendono

dal nostro inviato Roberto Ragazzi

BERGAMO. L’assemblea di tre anni fa sembra solo un ricordo. Come lontana anni luce pare la sfida al «calor bianco» e all’ultimo voto dei tre candidati Andrea Moltrasio, Andrea Resti e Giorgio Jannone. Ogni stagione ha i suoi frutti, è stato ricordato ieri. gli azionisti- di Ubi Banca sembrano aver acquisito prima di tutti le novità del salto di schiena «Fosbury», leitmotiv delle assise. Un’assemblea normale. Un appuntamento pacato e tranquillo. È il commento di Pierpaolo Camadini tra i 15 eletti del Cds. «Ora la banca ha davanti a sé sfide importanti. Ai consiglieri l’onere di preservare la storia di una banca che ha valori profondi, patrimonializzazione importante, capacità di fare impresa per bene». La novità è rappresentata dai fondi? «Rappresenta un uppuntamento importante per la banca. Da loro un contributo di professionalità e competenze strategica per la gestione unitaria». Anche Pietro Gussalli Beretta è sulla stessa lunghezza: «Il ruolo dei fondi sarà importante. In queste settimane ci sono state polemiche strumentali su alcuni giornali. Da domani dobbiamo pensare a fare crescere la banca ed il titolo nell’interesse degli azionisti di tutti i territori». Banca unica. È la prima sfida secondo Giuseppe Lucchini, tornato a far parte del Cds. «Oggi il mondo è profondamente cambiato, così come deve cambiare la nostra banca. È necessario tagliare organismi societari ridondanti, superare il modello federale, per snellire strutture direzioni generali, cda. Mentre il brand territoriale può e deve essere salvaguardato». Gli interventi dei soci. Misurati, pacati, pochissimi quelli bresciani. Tra gli interventi spiccano quelli dei rappresentanti dei lavoratori: Claudia Dabbene, della Uilca; Andrea Battistini, della First Cisl: Emilio Contrasto di Unisin, Paolo Citterio e Fabrizio Sangalli della Fabi. Chiedono scelte coraggiose per investire in un modello di banca vicino ai clienti e ai territori, non dimenticando che il cuore del progetto dovranno essere i lavoratori. Governance. Molti commenti positivi sulla governance uscente, qualche velata preoccupazione per il futuro, ma tutto sommato la banca è considerata dagli azionisti «solida» e in grado di navigare nei burrascosi mari dei mercati. Per Francesco Bonera, imprenditore, «il calo del valore dei titoli è dovuto al fatto che il nostro valore non è ancora stato riconosciuto». Francesco Rimbotti ha chiesto di accelerare verso la banca unica, per «risparmiare tra i 150 e i 200 milioni di euro l’anno Livio Strazzera ha invitato i vertici a mantenere l’autonomia di Ubi. Mentre Francesco Bellini ha chiesto di superare il modello federale, per snellire strutture ridondanti, fare sinergia, abbattere i costi». Giuseppe Guerini, presidente di Confcooperative Bergamo, ha esortato il Cds a «proseguire sulla strada del cambiamento, senza perdere il contatto con il territorio e con le cooperative sociali». Adriano Gandola ha messo in guardia dalla «modernità degli algoritmi: non guardiamo solo l’andamento dei ricavi, dobbiamo pretendere una governance rispettosa dei diritti sociali».

MONTICHIARI BERGAMO. È vero, solidità, tradizione, sostegno al territorio, fondazioni, terzo settore: tutte cose importantissime. Ma a conti fatti, ciò che sta veramente a cuore agli azionisti è la creazione di valore. ieri il tema è stato al centro dell’attenzione dei soci che negli ultimi 4 mesi si sono visti letteralmente dimezzare il valore del loro titolo (venerdì valeva solo 3,24 euro). A rincuorarli ci ha pensato il consigliere delegato Victor Massiah che ha ribadito con forza come la creazione di valore del titolo prescinda dalla capitalizzazione borsistica. «Dal 2010 al 2015 Ubi Banca ha creato valore per circa due miliardi di euro – ha spiegato Massiah -. E questo dato non tiene conto dell’incremento di capitale fatto dai soci». Una crescita di valore di due miliardi in un periodo di crisi complessa. Il consigliere delegato spiega infatti che il «patrimonio tangibile della banca nel 2010 era pari a 5,5 miliardi di euro, nel 2015 questo valore è passato a 8,2 miliardi. Se si toglie il miliardo di euro dell’aumento di capitale e si aggiungono i dividendi che sono stati versati agli azionisti il conto è presto fatto». La Borsa non riconosce questo valore. Ma il tempo è galantuomo. // RAG.

LA PROVINCIA DI LECCO domenica 3 aprile 2016

Bancario fa rima con precario – Anche nel Lecchese – Allo sportello. Oggi non è più il posto ambito e sicuro Nel territorio sono 1400, i giovani sono in costante calo I sindacati: «Spesso contratti a termine non confermati»

LECCO. Dopo i dati nazionali che nei giorni scorsi hanno stimato 27.500 nuovi esuberi nel settore bancario entro il 2018, di cui un terzo per effetto delle fusioni in corso nelle popolari e nelle Bcc, anche a Lecco si aspettano gli effetti su un comparto che ormai non è più un’isola felice per l’occupazione. Entrate e uscite In provincia di Lecco i lavoratori bancari sono circa 1.400 e fra loro l’inserimento di giovani avviene col contagocce mentre i prepensionamenti corrono veloci. Su tre lavoratori anziani che escono entra un giovane, quasi sempre nel settore home banking e nei call center dei grandi istituti, che peraltro nel Lecchese non ci sono, ci spiega Giovanni Galli, del sindacato dei bancari Fabi, il principale sindacato di categoria con quasi mille iscritti a Lecco. Il segretario generale del Fabi lecchese, Luca Dell’Oro annuncia che «ad oggi a Lecco l’unica banca che sta facendo prepensionamenti è Unicredit, ma presumo che a breve si muoveranno anche altre banche. Ci aspettiamo iniziative simili in Intesa Sanpaolo e vedremo cosa porterà in senso occupazionale la fusione fra Bpm e Banco Popolare». Ciò in un quadro generale che vede aperte le questioni, assai diverse fra loro, della Banca Popolare di Vicenza, che ha uno sportello anche a Lecco e di cui sono note le forti difficoltà, e della Banca Lecchese, in corso di rilancio dopo l’acquisizione da parte del fondo statunitense Oaktree e i cui lavoratori si preparano a un’assemblea domani, lunedì 4, per chiedere alla nuova proprietà chiarimenti sul nuovo piano industriale. Piano che ancora non c’è ma che, ci assicura il direttore generale di Banca Lecchese, Aldo Calvani, «sarà espansivo e in controtendenza sull’occupazione visto che nuove assunzioni sono già state fatte e altre sono in arrivo. La banca tornerà ad essere quella dei suoi tempi migliori». Segnali negativi Nel frattempo, spiega Dell’Oro si raccolgono fra le banche lecchesi «segnali negativi di mancate conferme di contratti a termine. Ad esempio – aggiunge il sindacalista Deutsche Bank non sono stati confermati in relazione a quanto possiamo dire su due nostri iscritti che ci lavorano, ma sappiamo che su tutt’Italia la banca non li sta confermando. È un segnale di cambiamento negativo rispetto a quanto avvenuto finora». «Le cause di tale situazione afferma Giovanni Galli, che nel Fabi lecchese rappresenta gli iscritti di Unicredit ma siede anche nel consiglio nazionale del sindacato – dal 2008 ad oggi sono sempre le stesse. Le banche tradizionali che c’erano fino ai primissimi anni Duemila avevano margini di guadagno ottimi e oggi, dove si viaggia su tassi prossimi allo zero, impensabili. E ciò vale per la grande banca e la piccola agenzia. Il sistema italiano dei banchieri non ha una fantasia tale da riuscire a riconvertirsi, parliamo di persone che stanno negli stessi ruoli da oltre vent’anni l’unico svecchiamento che sanno apparecchiare è quello di pagare la metà i colleghi visto che in proporzione ai tempi oggi un collega assunto guadagna poco più della metà rispetto a 15 anni fa, ma l’azienda ci guadagna fra sgravi contributivi jobs act e altro. Ciò – conclude Galli – aggiungiamo l’indiscriminata apertura a raffica, in anni passati, di sportelli salvo poi capire che non erano redditizi e l’incapacità di modificare gli assetti organizzativi in tempi veloci, con banche pachiderma che per muoversi hanno bisogno di tempo, vale anche per le piccole».

LA PROVINCIA DI LECCO domenica 3 aprile 2016

L’accordo su base volontaria – Prepensionati in Unicredit – A Lecco previste 6 uscite

Uscite anticipate Numeri contenuti – Il segretario di Fabi lecchese, Luca Dell’Oro annuncia che «ad oggi a Lecco l’unica banca che sta facendo prepensionamenti è Unicredit, con 6 lavoratori».

In Unicredit sono in corso i prepensionamenti per i quali l’adesione su base volontaria dovrà avvenire entro venerdì 22. In provincia di Lecco se ne prevedono circa 6 uscite a seguito dell’accordo nazionale del 5 febbraio scorso che prevede un’uscita complessiva di 2.700 lavoratori delle aree professionali e dei quadri direttivi, con esuberi gestiti attraverso il fondo di solidarietà. Le uscite avverranno tre anni prima della finestra pensionistica, perciò chi maturerà il diritto alla pensione entro gennaio 2021 uscirà a gennaio 2018. «È vero che si tratta di uscite su base volontaria – afferma Giovanni Galli, referente Fabi per Unicredit – ma visti gli umori dei colleghi che lavorano nella rete, che ci riferiscono fortissime pressioni sul commerciale per vendere i prodotti bancari, non è inverosimile immaginare che le richieste di uscita arriveranno». Lecco non sarà invece toccata dai prepensionamenti per i dirigenti che, spiega Galli, livello nazionale in una certa quota saranno demansionati a quadri direttivi. ciò avverrà – aggiunge Giovanni Galli – attraverso un nuovo contratto che li riassume come quadri. Accadrà per 370 lavoratori scelti con un mix di criteri, ma la leva principale farà riferimento al fatto che la nomina a dirigente avveniva in un tempo in cui la qualifica era prevista per un determinato incarico, che ora non c’è più per cui il lavoratore sarebbe fuori ruolo. È il principio dell’io ti creo e io ti distruggo». M. DEL.

LA PROVINCIA DI LECCO domenica 3 aprile 2016

In Banca Lecchese un piano di sviluppo – Nuova proprietà – L’istituto è stato acquistato dal fondo Usa Oaktree che ha già concretizzato cinque assunzioni

ranno informati. Per quanto riguarda l’occupazione in questo primo trimestre l’abbiamo incrementata con 5 nuovi assunti e altri 4 in arrivo entro aprile. L’obiettivo è raggiungere entro il 2017 un organico di 45- persone, cosa che evidentemente ci vede in forte controtendenza rispetto a quanto sta accadendo nel sistema bancario». Quelli dei nuovi assunti sono ruoli di prima linea organizzativi, che prima erano svolti dalla vecchia proprietà di Banca Etruria per servizi che ora saranno internalizzati, perciò, afferma Calvani, «ora serve costruire la struttura». Il fondo sta valutando altre acquisizioni sul mercato e in tale ottica gli investimenti, spiega Calvani, «continuano in vista dell’apertura di una parte della direzione generale a Milano dove saranno spostate solo le funzioni di governance, proprio in vista di nuove acquisizioni. Su Lecco, dove resterà una parte di direzione generale, la struttura sarà rafforzata. La volontà – conclude – è investire su un presidio territoriale più forte, che riporterà la banca ai suoi tempi migliori, con strette relazioni col mondo delle piccole e medie imprese. Oggi siamo una banca molto patrimonializzata e in sviluppo, una mosca bianca nel panorama generale del settore». Nuova proprietà: L’istituto è stato acquistato dal fondo Usa Oaktree che ha già concretizzato cinque assunzioni «Se in Banca Lecchese – afferma Reinaldo Ferreri, che rappresenta i lavoratori dell’istituto nel sindacato Fabi – organizziamo un’assemblea per il 4 aprile è per la necessità di condividere e capire con i 30 lavoratori dell’istituto la direzione che prenderà la banca con la nuova proprietà». L’acquisizione da parte del fondo americano Oaktree è recente, ha la data del 18 dicembre scorso, e lo stesso sindacalista riconosce che «è presto per vedere gli sviluppi del piano industriale, ma non per iniziare a sapere qualcosa. I tempi sono maturi se non per i dettagli, almeno per la direzione che la banca prenderà. Per ora sappiamo solo di una lettera inviata dal Fondo agli azionisti che parla testualmente di un progetto di investimento ampio, di lungo periodo, che mira al rafforzamento del nostro istituto. Quindi ci aspettiamo che accada ciò». A rassicurare indirettamente è invece quanto ci dice il direttore generale della banca, Aldo Calvani: «Non c’è ancora un nuovo piano industriale – afferma Calvani – ma nel giro di qualche mese ci sarà e i sindacati per primi ne saranno informati. Per quanto riguarda l’occupazione in questo primo trimestre l’abbiamo incrementata con 5 nuovi assunti e altri 4 in arrivo entro aprile. L’obiettivo è raggiungere entro il 2017 un organico di 45- persone, cosa che evidentemente ci vede in forte controtendenza rispetto a quanto sta accadendo nel sistema bancario». Quelli dei nuovi assunti sono ruoli di prima linea organizzativi, che prima erano svolti dalla vecchia proprietà di Banca Etruria per servizi che ora saranno internalizzati, perciò, afferma Calvani, «ora serve costruire la struttura». Il fondo sta valutando altre acquisizioni sul mercato e in tale ottica gli investimenti, spiega Calvani, «continuano in vista dell’apertura di una parte della direzione generale a Milano dove saranno spostate solo le funzioni di governance, proprio in vista di nuove acquisizioni. Su Lecco, dove resterà una parte di direzione generale, la struttura sarà rafforzata. La volontà – conclude – è investire su un presidio territoriale più forte, che riporterà la banca ai suoi tempi migliori, con strette relazioni col mondo delle piccole e medie imprese. Oggi siamo una banca molto patrimonializzata e in sviluppo, una mosca bianca nel panorama generale del settore». M. Del.

CORRIERE DI AREZZO domenica 3 aprile 2016

Fabi: “Spegnete l’incendio Banca Etruria – Sì al risarcimento totale dei bondisti

AREZZO. L’appello è rivolto direttamente ai parlamentari aretini del Pd: al ministro Maria Elena Boschi, al deputato Marco Donati e alla senatrice Donella Mattesini. “Sì al risarcimento totale degli obbligazionisti per ‘spegnere l’incendio Banca Etruria”: l’intervento è della Fabi, la Federazione autonoma bancari italiani, e ha la firma di Fabio Faltoni, dipendente di Nuova Banca Etruria e segretario provinciale della sigla sindacale dei bancari. “Su Nuova Banca Etruria – commenta Faltoni – si sono concentrati una serie di problemi e difficoltà, esplosi già dalla fine del 2013, quando Banca d’Italia obbligò l’allora gruppo dirigente a cercarsi un ‘partner di elevato standing’. Poi, nel febbraio 2015, il commissariamento, poi – con altre tre banche – il decreto del 22 novembre scorso con la ‘risoluzione’ delle vecchie banche e l’azzeramento delle obbligazioni subordinate e delle azioni. Da qui la tempesta mediatica, filoni di indagine, le interrogazioni parlamentari, le centinaia di denunce in Procura, ed ora leggiamo di tre avvisi di chiusura di indagine per truffa”. “Come sindacato Fabi di Arezzo, di concerto con la segreteria nazionale, abbiamo cercato sin dal 23 novembre continuiamo a farlo – di difendere l’onore la faccia e la professionalità dei dipendenti della banca, vittime anch’essi di una situazione per loro devastante, anche per le logiche e legittime preoccupazioni per il loro posto di lavoro. Ed allora – continua Fabio Faltoni – rivolgiamo un appello pubblico ai parlamentari aretini del Partito Democratico, in quanto forza di Governo, affinché si adoperino in tutti i modi, usando tutti gli strumenti dati dalle loro cariche, per arrivare ad un risarcimento totale degli obbligazionisti. soldi, termini, le modalità si possono trovare, come già suggerito da autorevoli economisti e politici. Probabilmente tra qualche anno qualcuno farà soldi a palate con le sofferenze, muoviamoci prima. Questo è un passaggio fondamentale per ‘spegnere l’incendio per facilitare poi la vendita della nostra banca, per tutelare il sostegno futuro all’economia del nostro territorio e, di concerto, per salvaguardare l’occupazione di tutti i lavoratori della Nuova Banca dell’Etruria

BRESCIA OGGI domenica 3 aprile 2016

«Sì ai cambiamenti, senza dimenticare i lavoratori»

BERGAMO. Adeguarsi ai tempi e ai cambiamenti che incombono, ma senza dimenticare i lavoratori. rappresentanti sindacali intervenuti in assemblea hanno chiesto ai vertici di Ubi Banca di ricordare chi concorre «in modo significativo ai risultati economici del gruppo». Tutti hanno sottolineato il confronto positivo con il Consiglio di gestione uscente e salutato con soddisfazione l’annuncio del consigliere delegato, Victor Massiah, riguardante il coinvolgimento dei dipendenti per il ripensamento delle filiali. «TRASFORMARE gli eventi in opportunità è possibile solo mettendo il capitale umano nei processi – ha sottolineato Claudia Dabbene, coordinatrice Uilca gruppo Ubi colleghi dimostrano di essere dotati di professionalità: chiedo a Ubi di essere coraggiosa, investendo in un modello di banca innovativo, con vicinanza ai territori, alle imprese e ai giovani, per un’economia virtuosa e non virtuale». Andrea Battistini, coordinatore responsabile di First Cisl gruppo Ubi, ha chiesto «politiche per favorire il clima aziendale, investendo su formazione e giovani. L’incremento della produttività individuale è fondamentale per la redditività dell’impresa LE FUSIONI «vanno concretizzare solo se hanno una logica industriale e danno garanzia di valore, non per connotazione politica, mani di grandezza o per salvare i disastri degli altri banchieri – ha sostenuto Paolo Citterio, coordinatore Fabi gruppo Ubi -. Il gruppo può stare da solo». Sulla prospettiva della banca unica, Citterio ha spiegato che «porterebbe a un sistema più snello, ma c’è il rischio della perdita di contatto con i territori». Per Emilio Contrasto, segretario generale Unis Falcri Silcea, «è condivisibile la scelta di non procedere a fusioni, visto che grande non è sinonimo di efficiente. Guardiamo con favore alla banca unica, condizione di non tradire i principi del credito popolare». Sempre con riferimento al prospettato «bancone», Fabrizio Sangalli, vicecoordinatore Fabi in Ubi, ha sostenuto che «stiamo giocando da troppo tempo un campionato interno, con magliette di Ubi Banca ma leggermente diverse le un dalle altre: è giusto avere una stessa casacca, lo stesso campo, una squadra unita su tutti i territori, per grandi risultati da conquistare sia in Italia che in Europa». ? M. © RIPRODUZIONE RISERVATA

LA NAZIONE (ED. AREZZO) domenica 3 aprile 2016

I sindacati: scelte di vertice altro che funzionari

TIENE banco tra i sindacati la vicenda dei tre direttori di filiale indagati a seguito della vendita delle obbligazioni subordinate di Banca Etruria. Sulla questione interviene Maria Agueci della Fisac Cgil che spiega: «Ci auguriamo che le indagini puntino più in alto perché i direttori di filiale sono dipendenti, non decidono a chi collocare i titoli, come e in che misura; si sono attenuti a quanto stabilito dal management. Se dovesse risultare che un dipendente ha violato le disposizioni di legge di sua iniziativa, la magistratura farà il suo corso». Dello stesso avviso Fabio Faltoni della Fabi: “Non entro nel merito delle indagini ma politiche commerciali e industriali vengono decise dal top management. Ciò detto, massimo rispetto e fiducia nell’operato dei magistrati».

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