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DIGITALE E SMART WORKING, SINDACATO E BANCHE A CONFRONTO

di Redazione

«In Italia, il fintech nel prossimo futuro rappresenterà un grosso rischio: potrà allineare le aziende annullando le loro peculiarità e mettendo sullo stesso livello le piccole imprese con le grandi imprese, portando ad una “taroccazione” del credito, ossia una ingiusta erogazione del credito che permetterà alle banche di concedere prestiti solo a chi vogliono».

Lando Maria Sileoni

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“La primavera nelle banche: come cambia il settore in tempi di pandemia, smart working e digitale, a difesa dell’occupazione”: nel quarto dibattito pubblico organizzato dalla Fabi e trasmesso in diretta, il sindacato dei bancari e la controparte si incontrano per approfondire il tema delle nuove tecnologie e del lavoro a distanza.

Il monologo dell’attore Riccardo Pieretti introduce il tema a cui la conferenza è interamente dedicata: il lavoro in banca ai tempi della pandemia e, quindi, dell’odiato-amato, comunque molto discusso, smart working, o meglio lavoro da casa.

Protagonisti del confronto, moderato e condotto da Federico De Rosa (Corriere della Sera), i responsabili del personale Alfio Filosomi (Intesa Sanpaolo), Roberto Speziotto (Banco Bpm), Federico Maracci (Bnl Bnp Parisbas), i coordinatori Fabi dei rispettivi gruppi bancari Paolo Citterio (Ubi in Intesa Sanpaolo), Gianpaolo Fontana, Luigi Mastrosanti, e il segretario generale Fabi Lando Maria Sileoni.

Sileoni apre il dibattito facendo un quadro dello scenario post pandemia nel settore del credito: «Vi illustro il prossimo scenario a breve termine: la situazione cambierà drasticamente perché, al di là dei progetti dei vari amministratori delegati, sono convinto che la BCE non guarderà in faccia a nessuno. Il nuovo settore bancario nascerà attraverso il consolidamento di un preciso disegno della BCE, è solo questione di tempo: resteranno pochi gruppi bancari, qualche piccola banca locale in territori più ricchi e aggregazioni di piccole e medie banche locali che hanno bilanci borderline.

In questo contesto, lo smart working diventerà, se non governato, uno strumento per creare competizione tra azienda e azienda, tra gruppo e gruppo. Il conto lo pagheranno la clientela e i lavoratori: si farà meno credito e ci saranno più prodotti finanziari. Ma i problemi veri inizieranno non appena terminerà il blocco dei licenziamenti. Ecco perché il sindacato dovrà continuare a fare il sindacato, altrimenti le aziende spingeranno solo sulla riduzione dei costi. Lo smart working non dovrà diventare uno strumento da definire all’interno delle singole aziende, lo dovremo invece regolamentare molto rigidamente a livello nazionale.»

Alfio Filosomi, Responsabile direzione centrale affari sindacali e politiche del lavoro Intesa Sanpaolo, espone la situazione all’interno del gruppo bancario che rappresenta: «Nel gruppo Intesa, in perimetro Italia abbiamo 75mila dipendenti in smart working che possono anche fare formazione da casa. Per noi si tratta di uno strumento legato alla situazione straordinaria della pandemia. Il nostro accordo di dicembre 2014 già prevedeva un numero significativo di lavoratori in smart working, che ci aveva già introdotti nella situazione attuale”. Filosomi ha poi voluto sottolineare: “Sono del tutto d’accordo con Lando per quanto riguarda consapevolezza e volontarietà, così come ha ricordato il nostro amministratore delegato Messina, “lo smart working è uno strumento e non il fine”. Noi continuiamo a mantenere la possibilità del lavoro in azienda, perché riteniamo fondamentale la socialità e la relazione interpersonale, più diamo la possibilità di lavorare dal domicilio del cliente: mettiamo comunque sempre i lavoratori nella condizione di scegliere. Dopo l’emergenza vogliamo ritornare a una situazione di normalità, lo smart working è per noi solo uno strumento legato al periodo attuale».

Risponde Paolo Citterio, Coordinatore Fabi Ubi in Intesa Sanpaolo: «Oggi lo smart working è la risposta giusta a questo momento di emergenza. Ma cosa succederà dopo? Si tratta di uno strumento che potrebbe rivelarsi sbagliato se abusato senza limite. Il nostro contratto nazionale prevede ad esempio un limite di 10 giorni al mese, Intesa invece ha mano libera su questo, perché prevede addirittura lo smart working anche presso il domicilio del cliente. Di questo passo si rischia di perdere il contatto con la realtà, specie in questo momento già delicato di passaggio da Ubi a Intesa. Lo smart working non può diventare un’abitudine, ma solo un’eccezione in un periodo particolare: il confronto con i colleghi è fondamentale, rappresenta formazione e crescita».

La parola va poi a Roberto Speziotto, Responsabile risorse umane Banco Bpm: «Specie a inizio pandemia, per noi la vera priorità era mettere in sicurezza le persone: lo smart working è stato lo strumento che ci ha permesso di fare ciò. Sono certo che la volontarietà sia un elemento fondamentale, si dovrà di certo passare attraverso un accordo nazionale disciplinato che possa coniugare le esigenze di vita del lavoratore con una sana vita aziendale fatta di confronti, riunioni e comunicazione a tutto tondo».

Gianpaolo Fontana, Coordinatore Fabi Banco Bpm, espone così la posizione del sindacato: «Oggi abbiamo anche noi fatto un grande ricorso allo smart working, sebbene non in misura in cui molti lavoratori avrebbero desiderato per ovviare a questa emergenza. Si ragiona comunque adesso a livello emergenziale, mantenendo attenzione ai lavoratori, alla preparazione e alla formazione delle persone: la relazione interpersonale dovrà sempre ricoprire un ruolo fondamentale, lo smart working non deve trasformarsi da opportunità a involuzione o mero strumento per ridurre i costi».

Questa la situazione in Bnl Bnp Paribas, espressa da Federico Maracci, Direttore politiche del lavoro e affari sindacali: «Abbiamo un 60% di lavoratori in smart working, con differenze tra i vari livelli, alcuni riescono ad utilizzarlo meglio ed altri meno, ad esempio chi lavora nelle agenzie. Il nostro primo accordo sullo smart working risale al 2015 e già allora vedevamo in questa modalità di lavoro un pilastro nel nostro progetto di trasformazione in azienda smart».

A Maracci risponde Luigi Mastrosanti, Coordinatore Fabi Bnl Bnp Paribas: «La situazione attuale è estremamente determinata dalla crisi in corso. La richiesta di smart working  è infatti esplosa da parte dei colleghi come risposta di fronte all’emergenza. Un incremento repentino dello smart working ha ovviamente avuto delle ricadute sia sul rapporto con i lavoratori che sull’impatto a livello territoriale, nel rapporto con i quartieri, anche a livello di esercizi commerciali che vivono grazie alla presenza delle nostre strutture centrali e delle filiali. Conseguenze negative, quindi, sul tessuto economico e sociale di intere collettività».

Nette le considerazioni finali di Sileoni: «Le banche non vogliono un modello nazionale sullo smart working. Quando capiranno che la posizione della Fabi a livello di contratto nazionale sarà quello di dare poche possibilità alle aziende di utilizzare lo smart working, cambieranno atteggiamento. Lo smart working è diventato un mezzo per ottenere dei risparmi: le banche cercheranno di continuare ad usarlo a loro favore  e cercheranno di continuare a trarne dei vantaggi a livello economico. Le spinte dei vertici in tal senso saranno talmente forti che, se manterremo questa flessibilità di scelta per le aziende nell’utilizzo del lavoro da casa, riusciranno nel loro intento di sfruttarlo solo per un taglio dei costi. Noi dovremo eliminare queste flessibilità puntando esclusivamente sulla volontarietà: dovranno essere i lavoratori a decidere se utilizzare o meno questa possibilità. Le banche cercheranno altrimenti di raschiare il barile fino in fondo per continuare ad ottenere i risparmi che lo smart working ha permesso e cercheranno di prolungare l’emergenza anche in fase di normalità».

Il segretario generale Fabi conclude il dibattito con una seria riflessione, nonché monito, sui rischi che il fintech, se mal gestito, potrà causare nel nostro Paese: «In Italia, il fintech nel prossimo futuro rappresenterà un grosso rischio: potrà allineare le aziende annullando le loro peculiarità e mettendo sullo stesso livello le piccole imprese con le grandi imprese, portando ad una “taroccazione” del credito, ossia una ingiusta erogazione del credito che permetterà alle banche di concedere prestiti solo a chi vogliono».

L’evento, trasmesso in diretta streaming su www.fabi.it e sul profilo Facebook della Federazione autonoma bancari italiani, andrà in onda su Class Cnbc (canale 507 di Sky) domenica 25 aprile alle ore 21.00.

Roma, 22 aprile 2021

 

Gli highlights dell’evento trasmesso in diretta 

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