Home Rassegna Stampa INTERVISTA / Sileoni (Fabi), no a tagli indiscriminati di dipendenti nelle banche territoriali (Milano Finanza, 17 aprile 2010)

INTERVISTA / Sileoni (Fabi), no a tagli indiscriminati di dipendenti nelle banche territoriali (Milano Finanza, 17 aprile 2010)

di Redazione

Le grandi banche popolari italiane razionalizzano la rete distributiva. Ubi interverrà su 99 filiali chiudendole o trasformandole in mini-sportelli. Intanto cresce l’attesa per il nuovo piano industriale del Banco Popolare che verrà presentato dopo l’estate. Di fronte a questo scenario, Lando Sileoni, segretario generale della Fabi (il maggiore sindacato della categoria), chiede garanzie occupazionali ai vertici dei grandi gruppi creditizi italiani.
Domanda. Sileoni, qual è la vostra opinione su questi interventi?
Risposta. L’intervento di Ubi è già stato portato al tavolo sindacale aziendale. Quello del Banco Popolare è ancora in gestazione. Sappiamo però che l’aggiornamento del piano industriale partirà subito dopo l’estate. Nell’incontro di qualche giorno fa con l’amministratore delegato Pierfrancesco Saviotti abbiamo chiesto stabilità occupazionale e la fine immediata delle pressioni commerciali.
D. Condividete la logica industriale dei piani e le modalità di attuazione?
R. Non si può, soprattutto per Ubi, non stigmatizzare l’entità e la consistenza dell’aggiornamento del piano. Ai 900 tagli prospettati vanno aggiunti quelli già conseguiti per effetto del piano di integrazione. In totale risulterebbero soppressi circa 3 mila posti di lavoro, che valgono un istituto di medio-grandi dimensioni. Sotto il profilo sociale, poi, restano iniqui i costi della crisi. Si
taglia il costo del personale, già in fortissimo decremento soprattutto in alcune realtà aziendali, e al tempo stesso si provvede a non impoverire le tasche degli azionisti. Ciò non è coerente e brucia come uno schiaffo.
D. Contestate dunque l’entità dei tagli e il modo in cui vengono proposti?
R. Non potremo permettere uscite secche senza compensazioni a favore dei precari, così essenziali nelle filiali da essere oramai strutturali. Questo lo sanno anche le banche e i gestori del negoziato con le organizzazioni
sindacali. Valuteremo le proposte in concreto senza fare sconti a nessuno. Ma l’esordio di Ubi sconta una certa opacità propositiva.
D. Queste razionalizzazioni avvengono a pochi anni dalle grandi fusioni. Qual è il giudizio della Fabi su tali operazioni?
R. Le fusioni hanno prodotto efficienza e massa critica, hanno consentito all’Italia di disporre di un sistema più solido e meno esposto alla crisi. Tuttavia ciascun gruppo sa come stanno le cose e come sono andate.
Il bilancio va fatto con l’etica dei fatti, giudicando quali errori ha commesso il management nel gestire la crisi.
D. Allude a qualche caso particolare?
R. Mi riferisco alle responsabilità di chi ha autorizzato spericolate operazioni finanziarie estere con strumenti speculativi, di chi ha autorizzato il pompaggio di credito in realtà aziendali già compromesse e deboli, di chi ha tratto vantaggio da ricche stock option, di chi, per contro, non esita a far punire un cassiere.
D. Vi aspettate altri interventi di questo tipo da parte di altre banche?
R. I segnali dicono che l’orizzonte occupazionale è in fermento. Temiamo emulazioni, esempi negativi per entità e frequenza. C’è poi un tema delicatissimo che le banche ben conoscono: il timore che esodi indifferenziati provochino l’impoverimento professionale delle strutture, delle filiali ridotte a supermercati, con buona pace delle prediche sul radicamento territoriale.
D . Quindi nel mondo delle popolari prevedete un’emergenza occupazionale?
R. La perdita di occupazione si accompagna al rischio di attenuare o spegnere la tradizionale apertura al sociale di questi istituti. Se il territorio ti percepisce con ostilità, gli affari si fermano.
D. Intanto anche la politica si fa strada nelle popolari. Come valuta le aperture del presidente di Bpm, Massimo Ponzellini, alla Lega Nord?
R. Il ruolo della Lega è espressione della fiducia che le hanno assegnato gli elettori. È legittimo che ciascuna forza politica cerchi di influire sul sistema economico in funzione del consenso, purché si rispettino le regole e si facciano proposte a tutela delle comunità, che valorizzino la componente essenziale dell’economia, che per noi non è la finanza d’assalto ma il lavoro.
In ogni caso vigileremo affinché in Bpm avvenga tutto con la massima correttezza, soprattutto nel reclutamento di nuovi soci che la stessa Associazione Amici della Bpm ha da tempo posto sotto osservazione.

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