Home Rassegna Stampa Il segretario generale apprezza l'appello rivolto dalle parti sociali al governo. Sileoni (Fabi), sul contratto daremo battaglia (da MF, venerdì 29 luglio 2011)

Il segretario generale apprezza l'appello rivolto dalle parti sociali al governo. Sileoni (Fabi), sul contratto daremo battaglia (da MF, venerdì 29 luglio 2011)

di Redazione

di Luca Gualtieri

Dopo la riforma del Fondo esuberi, si è riaperta la trattativa tra Abi e sindacati del credito per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro. Le posizioni sono ancora molto distanti e da settembre la battaglia potrebbe farsi infuocata, come spiega a MF-Milano Finanza Lando Sileoni, segretario generale della Fabi. Intanto proprio in questi giorni entra nel vivo la trattativa sul nuovo piano industriale di Intesa Sanpaolo. Un accordo potrebbe arrivare in tempi molto brevi, anche se la vertenza si profila molto delicata.

D. Sileoni, il 13 luglio scorso ha incontrato Francesco Micheli, capo delegazione Abi. È stato uno scontro al calor bianco?

R. Non condivido l’atteggiamento di Micheli perché, come capo delegazione Abi, non può limitarsi a rispondere solo ad alcuni argomenti. Probabilmente ho alzato troppo i toni, ma mi sono già scusato e chiarito. Sono certo di non aver lasciato spazio a equivoci e di essermi spiegato con la dovuta fermezza. Nelle relazioni sindacali con l’Abi devono cambiare molte cose: dalle solite liturgie per provare a ingannare i sindacati, agli atteggiamenti di alcuni rappresentanti delle banche che, nelle loro aziende, quando rischiano in prima persona, assumono un atteggiamento concertativo e, al contrario, in Abi, quando non ci mettono la faccia, sembrano integralisti islamici.

D. Come valuta l’appello delle parti sociali (imprese, banche e sindacati) rivolto al governo per indirizzare un atto di discontinuità per la crescita?

R. Lo giudico positivamente. Dobbiamo superare la fragilità della nostra economia e non farci marginalizzare sul piano internazionale. L’incremento del costo del denaro per le imprese e le famiglie e l’andamento degli oneri del debito pubblico si riflettono sul sistema di vita dei lavoratori. Ecco perché occorre un nuovo patto per la crescita che sia giudicato credibile per il mercato e per gli investitori e possa così rassicurarli, soprattutto restituendo certezze alle imprese e alle famiglie. Riconosciamo pertanto la validità dell’appello sottoscritto dalle 17 associazioni.

D. In Abi lei ha indicato numerose contraddizioni delle banche e del sistema: vuole sintetizzare i punti salienti?

R. Serve un riequilibrio dei compensi attribuiti dalle banche alle diverse categorie di lavoratori: manager, quadri e impiegati. Occorre renderli proporzionati alle responsabilità che ogni ruolo prevede. Forti contraddizioni riguardano poi gli assetti della governance, l’affollamento insostenibile degli organi decisionali e collegiali (cda, consigli di gestione e sorveglianza, comitati esecutivi), l’utilizzo di risorse finanziarie per foraggiare progetti di consulenza e attività di sponsorizzazione di assai dubbio ritorno, oltre al dispendio di risorse economiche causato dai costi di funzionamento delle banche che, spesso, duplicano funzioni e organismi senza apparenti ragioni oggettive.

D. L’Abi insiste molto sul tema della produttività legata agli adeguamenti salariali e inflattivi. Cosa risponde?

R. L’adeguamento degli stipendi all’inflazione, per il settore creditizio, è un fatto dovuto. Non possiamo essere sottoposti all’ipoteca della produttività definita in astratto e non accettiamo l’imposizione di scelte che non ci hanno visto partecipi. Gli aumenti inflattivi sono stati sottoscritti tra Abi, governo e sindacati nel 2009, se non vogliono più applicare quell’accordo, abbiano il coraggio di dirlo chiaramente al governo.

D. Quali previsioni si sente di fare sull’esito della trattativa?

R. Auspico una conclusione rapida e indolore. Tuttavia, bisogna tenere presente che sono ancora in corso importantissime vertenze di gruppo. Mi riferisco nel dettaglio a Intesa Sanpaolo, a Ubi Banca e al Banco Popolare che devono ancora giungere a una conclusione e che producono tensioni occupazionali. Per Intesa Sanpaolo siamo in dirittura d’arrivo, ma la banca deve convincersi che gli esodi volontari devono essere bilanciati da un numero di assunzioni concordato con le organizzazioni sindacali, e che ai lavoratori da riqualificare vanno garantite tutele contrattuali. A settembre, invece, riprenderanno le trattative sul contratto nazionale e siamo pronti a dare battaglia, se l’atteggiamento dell’Abi sarà dilatorio e demagogico.

 

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