Il segretario generale lancia un appello alle altre sigle in vista del rinnovo del contratto nazionale dei bancari – Fermezza con l’Abi.
di Luca Gualtieri
La partita che si è aperta intorno alla Popolare di Milano ha contrapposto i sindacati del credito in una dialettica molto accesa. Alla vigilia dell’assemblea però il segretario generale della Fabi, Lando Sileoni, difende con forza il principio dell’unità sindacale.
In particolare, Sileoni vuole spostare il dibattito su un tema più generale: il rinnovo del contratto nazionale, un fronte sul quale le sigle sindacali devono mostrarsi compatte.
Domanda. Sileoni, la vicenda Bpm, che ha visto le segreterie nazionali divise su diversi schieramenti, avrà riflessi sull’unità sindacale finora raggiunta in Abi?
Risposta. Spero di no. Anzi, lavoreremo ancora di più per conservare i positivi rapporti personali esistenti tra i segretari generali di tutte le organizzazioni sindacali del credito. E, a proposito di regole da condividere con Abi, la mia organizzazione sindacale si batterà per la tutela e la pari dignità di tutte le organizzazioni sindacali autonome.
D. A che punto siete con il rinnovo del contratto nazionale?
R. Stiamo cercando di condividere con i rappresentanti delle banche in Abi regole comuni per la gestione del rinnovo del contratto nazionale, che a nostro avviso deve essere un rinnovo all’insegna dell’equità e della giustizia sociale. I lavoratori bancari devono avere il contratto, che deve tener conto di una parte economica in linea con il recupero dell’inflazione, sia quella reale che quella attesa, e di una parte normativa che risponda alle attese dei lavoratori nell’ambito del nuovo modello di banca.
D. Non correte il rischio che un accordo sulle regole per la gestione del contratto vi limiti nella contrattazione stessa?
R. È un rischio calcolato. Anzi, riteniamo che portare Abi a una condivisione di un modello di regole da cui scaturisce il rinnovo contrattuale dia più forza al sindacato, visto che finora operare in assenza di regole condivise ha generato rinnovi contrattuali estremamente difficili.
D. Quali sono gli interessi e gli obiettivi dei grandi gruppi bancari rispetto al rinnovo del contratto nazionale?
R. In un modello concorrenziale prevalgono ovviamente interessi singoli e fra di loro contrapposti. Questo vale sia per i grandi gruppi che per le piccole banche. L’interesse che, secondo noi, dovrebbe essere unificante è quello di costruire un contratto nazionale che non sia fatto su misura solo per i grandi gruppi bancari, spesso in contrapposizione tra loro, ma che rappresenti la base per il rilancio dell’intero sistema bancario. Finché ci saranno gruppi bancari, come già successo in un recente passato, che utilizzeranno il contratto nazionale solo come strumento di concorrenza rispetto agli altri gruppi, non avremo mai un contratto omogeneo e realmente funzionale.
D. È vero che i rappresentanti delle piccole e medie banche sono i più convinti sostenitori di una linea dura?
R. Gli oltranzisti non ci preoccupano, in quanto penso che un contratto «equo e giusto» vada anche nella direzione degli interessi delle piccole e medie banche. Anzi, riteniamo doveroso che tutti i lavoratori siano adeguatamente tutelati soprattutto in quelle aziende dove la presenza del sindacato aziendale non è particolarmente radicata.
D. Qual è la vostra posizione sul tema delle esternalizzazioni?
R. Gli stessi accordi precedenti sull’argomento hanno dimostrato che oggi il concetto di esternalizzazione delle attività a basso valore aggiunto non è più efficace e rappresenta un elemento di negatività nella gestione aziendale. Siamo fortemente convinti che le attività bancarie debbano essere svolte all’interno dell’azienda perché contribuiscono, assieme alle attività di core business, allo sviluppo della banca. Su questo argomento ci confortano gli stessi atteggiamenti di gruppi bancari orientati a riportare all’interno attività in precedenza esternalizzate.