Home Rassegna Stampa L’analisi – Lando Maria Sileoni, segretario generale Fabi, fa il punto sull’economia “Viterbo è una mezza città dove le banche investono al nord” (da CORRIERE DI VITERBO, sabato 26 maggio 2012)

L’analisi – Lando Maria Sileoni, segretario generale Fabi, fa il punto sull’economia “Viterbo è una mezza città dove le banche investono al nord” (da CORRIERE DI VITERBO, sabato 26 maggio 2012)

di Redazione

VITERBO – Una mezza città dove gli investimenti bancari finiscono al nord”. Una sintesi schietta e concreta quella di LandoMaria Sileoni, segretario generale della Federazione autonoma bancari italiani (Fabi) alla vigilia della lunga giornata di confronto economico organizzata per oggi in città dall’Associazione bancaria italiana.

La Fabi, rappresentata daSileoni, è il sindacato maggioritario dei bancari e conta a livello nazionale oltre 100 mila iscritti e 97 sedi provinciali.

Come fotografa la difficile situazione economica che sta attraversando il paese e soprattutto riferendola alla Regione Lazio e al Viterbese dove le imprese faticano nel gestire i rapporti con gli istituti di credito?

I nodi del non governo, la mancanza di scelte, sono venuti al pettine. Si è cercato di dare una sterzata ma sta mancando un’idea di sviluppo da realizzare con misure efficaci ed eque. Non servono editti, ma la concertazione con le parti sociali per varare riforme strutturali. La regione Lazio ha una forte componente produttiva, ma Viterbo ha una sua peculiarità. Sino al 1995 ha vissuto all’ombra del potere politico della Democrazia cristiana che ne ha condizionato una crescita prevalentemente incentrata sul lavoro dipendente, sul piccolo e medio artigianato e sull’agricoltura. La nascita della seconda repubblica, almeno sino al 1998, ha prodotto effetti economici favorevoli. Penso al primato delle partite Iva, che segnalava che il sistema economico locale era in movimento ed animato da creatività e spirito d’impresa. Fino al 1995, per decenni, le banche locali, Carivit e Banca del Cimino, evitavano di farsi concorrenza dividendosi clienti ed affari. L’economia del territorio, fino al 1998 sostenuta dalle banche locali non ancora passate di proprietà, hanno principalmente sostenuto le attività immobiliari. I grandi affidamenti sono finiti nelle mani di poche persone o di gruppi di potere che hanno sempre condizionato il Piano regolatore urbanistico. Il profilo attuale della città appare depresso se confrontato con altre medie cittadine italiane. Dal 1998 in poi i governi comunali e provinciali sia di centrodestra sia di centrosinistra non hanno mai svolto un ruolo di guida e di volano rispetto alle esigenze delle città. È mancata, insomma, la specializzazione: oggi Viterbo è una mezza città termale, una mezza città turistica,una mezza città artigianale. I viterbesi preferiscono dividersi per clan, puntando su un aeroporto, che oltre ad essere inutile, rimarrà nel libro dei sogni.

Rappresentando il sindacato dei bancari, nei fatti rappresenta chi quotidianamente si trova a rapportarsi con cittadini e imprenditori, pensa che le persone hanno perso fiducia verso le istituzioni bancarie?

Nella situazione di crisi anche etica che sta investendo la società italiana, i cittadini non hanno perso fiducia nelle banche e nei lavoratori bancari, che hanno resistito e tenuto la trincea della quotidianità, cercando sempre di salvaguardare il rapporto costante col cliente, siano esse famiglie o imprenditori. Sono spesso stati lasciati soli, hanno curato le relazioni anche in assenza di risposte dai vertici. Non è colpa loro se gli investimenti dei grandi gruppi bancari vengono dirottati maggiormente al Nord, dove il rapporto tra territorio e direzione generale delle banche è molto forte. La recente storia della Carivit e della Banca del Cimino non è diversa dalla storia di piccoli e medi istituti di credito italiani, che dal 95 in poi sono stati acquisiti dai grandi gruppi bancari.

Una gestione troppo disinvolta nell’erogare credito è stata la causa della perdita delle due principali banche locali. La fine delle due banche locali è stata sancita dalla magistratura e dalla Banca d’Italia. Sono mancati gli anticorpi per evitare questa fine.

Proprio in questi giorni i rappresentanti di alcune associazioni di categoria viterbesi hanno messo in risalto le difficoltà delle imprese di accedere al credito, criticando direttamente le strutture bancarie di non impegnarsi nel sostegno dell’economia. Pensa che il rapporto banca-piccoli imprenditori sia realmente arrivato alla rottura?

Purtroppo le banche negli ultimi 15 anni non svolgono piùil proprio ruolo sociale come quello di un tempo. Sono imprese che hanno l’obbligo di confrontarsi con i numeri, il reddito, la produttività. Le Associazioni di categoria locali fanno bene ad alzare il tiro, a condizione che alla critica sia sempre accompagnata una proposta. Oggi le associazioni di categoria rivestono un ruolo fondamentale anche perché svolgono un ruolo decisivo di raccordo tra banche e territorio. Per fortuna hanno eliminato il malcostume di un tempo, quello di accendere l’incendio alle banche per poi permettere ad alcuni responsabili delle stesse associazioni di trattare personalmente, a condizioni vantaggiose per le proprie aziende, gli affidamenti e le linee di credito.

Purtroppo anche a Viterbo si sono verificati degli episodi violenti alla sede di Equitalia, una situazione che espone direttamente i lavoratori ai quali vengono “affibbiate” colpe che non hanno. Come il suo sindacato si sta muovendo per sostenere questi lavoratori e in generale chi lavora nel mondo del credito?

Come ho già avuto modo di dichiarare sia alle televisioni che ai quotidiani nazionali, considero i dipendenti di Equitalia degli “eroi moderni” .Abbiamo sollecitato l’intervento del Governo perché i recenti episodi di vero e proprio terrorismo siano contrastati con ogni mezzo, perché si tratta di risolvere un problema di ordine pubblico. Voglio ricordare che la politica di Equitalia verso l’utenza è stimolata e monitorata quotidianamente dal Governo. I dipendenti di Equitalia fanno il loro lavoro, né più né meno.

L’evento dell’Abi mette in risalto l’impegno delle banche per sostenere l’economia e il benessere della collettività, crede che questa sia la soluzione alle difficoltà del credito e pensa che bisogna fare altro per rimettere in moto tale economia?

Credo che il progetto dell’Abi sia un ponte lanciato al territorio, che non deve però rimanere isolato come uno spot pubblicitario. Recentemente le banche italiane hanno potuto disporre di nuova liquidità proveniente dalla Banca centrale europea, che deve essere messa a disposizione dei territori. Le associazioni di categoria su questo argomento devono farsi valere, presentando proposte concrete e realizzabili.

Gabriele Anselmi

You may also like

Lascia un Commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.