Home Rassegna Stampa CIRCA 23.000 dipendenti in meno tra il 2008 e il 2011 e almeno altri 20.000 lavoratori che dovranno uscire entro il 2017 (da IL GIORNO/Il Resto del Carlino/La Nazione, domenica 10 marzo 2013)

CIRCA 23.000 dipendenti in meno tra il 2008 e il 2011 e almeno altri 20.000 lavoratori che dovranno uscire entro il 2017 (da IL GIORNO/Il Resto del Carlino/La Nazione, domenica 10 marzo 2013)

di Redazione

ROMA – CIRCA 23.000 dipendenti in meno tra il 2008 e il 2011 e almeno altri 20.000 lavoratori che dovranno uscire entro il 2017: sono questi i numeri della crisi per quanto riguarda il settore bancario. A fine 2011— dati Abi — i dipendenti erano 320.000 a fronte dei 343.000 a fine 2008. Dal 2000 ad oggi sono confluiti nel Fondo di solidarietà in circa 40.000. Cifre che certificano lo sgretolarsi di un’altra certezza che ha accompagnato numerose generazioni: quella del ‘posto sicuro in banca’. La contrazione occupazionale — secondo numeri raccolti dai sindacati — ha riguardato soprattutto i grandi gruppi e ha colpito prevalentemente i dipendenti più anziani (che riescono ad ottenere uno scivolo verso la pensione attraverso un passaggio nel fondo di solidarietà), ma anche i dirigenti che in molti casi accettano un demansionamento e il passaggio a quadro direttivo pur di non perdere il posto di lavoro. La riorganizzazione del settore bancario non può passare solo per la riduzione dei costi attraverso la diminuzione del personale. LO AFFERMANO i leader dei sindacati bancari esprimendo preoccupazione per la tenuta del fondo di solidarietà che in questi 12 anni ha consentito al settore di affrontare la crisi in modo «non traumatico». «Ora è tempo che banchieri e top manager facciano la loro parte riducendo drasticamente i loro compensi», invoca il segretario generale della Fisac Cgil Agostino Megale. «Bisognerebbe aprire il tavolo col governo — dice il leader Fiba-Cisl, Giuseppe Gallo — sul tema degli incentivi alle banche come leva per lo sviluppo dell’economia reale». «Si devono frenare le richieste aziendali poiché c’è il tentativo di scaricare la crisi solo sui lavoratori», spiega il numero uno Uilca, Massimo Masi. «Il problema principale — precisa il leader Fabi, Lando Sileoni — sono le sofferenze bancarie e il loro costo»

 

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