Home Rassegna Stampa Riforma Bpm, aut aut a Bonomi – I sindacati locali chiedono di sostituire Montani per dire sì al nuovo modello (da IL MESSAGGERO, sabato 15 giugno 2013)

Riforma Bpm, aut aut a Bonomi – I sindacati locali chiedono di sostituire Montani per dire sì al nuovo modello (da IL MESSAGGERO, sabato 15 giugno 2013)

di Redazione

MILANO

Muro contro muro nella Bpm sulla riforma della governance, a una settimana dall’ assemblea che dovrà dare il via libera all’ aumento di capitale da 500 milioni e nominare quattro nuovi consiglieri di sorveglianza (cds), tra cui il presidente. Le organizzazioni sindacali si sono divise, i leader nazionali di Fabi (Lando Sileoni), Fiba (Giulio Romani), Fisac (Agostino Megale) appoggiano il piano di Andrea Bonomi per un’ evoluzione verso la popolare bilanciata, più aperta al mercato, anche per recepire il pressing di Bankitalia, ma i referenti locali non ne vogliono sapere e pongono una pregiudiziale: sì al piano, a patto che sia sostituito il consigliere delegato Piero Montani, considerato troppo rigido. Con l’ uscita di Montani si pensa di rompere l’ asse con Bonomi e quindi indebolire il presidente del consiglio di gestione che non accetta ricatti. Tornano quindi le barricate in piazza Meda, col sindacato daccapo nella bufera e a contarsi al suo interno come nell’ autunno 2011 in occasione dell’ avvento del duale imposto dalla Vigilanza. Sileoni sostituito il suo rappresentante Matteo Magrini con Roberto Garagiola per spezzare l’ alleanza con gli altri referenti locali: Gianfranco Modica (Fiba), Osvaldo Tettamanzi, Daniele Ginese e Vanni Caramaschi (Uilca), Edoardo Dorenti e Elio Canovi (pensionati). Si tratta di capi storici, che in passato hanno vestito altre sigle, già al vertice del comitato elettorale, poi sostituito dagli Amici della Bpm, a cui sono riconducibili 4- 500 voti a testa che poi sono quelli che pilotano l’assemblea.

IL RUOLO ATTIVO DI SILEONI Gli uomini di Bonomi hanno in corso sondaggi sul progetto di popolare bilanciata: cds ridotto da 19 a 13 membri, di cui cinque spettanti agli investitori istituzionali e otto alle sigle sindacali. L’ obiettivo del patron di Bi Invest che ha l’ 8, 6% di Bpm, sarebbe di coagulare un consenso attorno a un’ evoluzione della governance che mantenendo il modello della cooperativa, apra la rappresentanza al mercato e spiani la strada all’aumento. Un passaggio intermedio rispetto alla spa sulla quale invece è attestata Bankitalia. D’altro canto la Vigilanza sta preparando il rapporto sulla lunga ispezione effettuata che verrà consegnato in luglio. Prima dell’ arrivo del verdetto, Bonomi vorrebbe confezionare un accordo sulla nuova formula da far approvare in assemblea entro settembre ed evitare un nuovo braccio di ferro con l’ Authority che ha armi a disposizione a tutela della sana e prudente gestione: congelare il voto dei soci dipendenti oppure applicare l’ art. 2636 c. c. relativo all’ illecita influenza in assemblea. I sindacalisti locali sono di traverso: bloccando la riforma puntano ad arrivare ad aprile 2014 quando scadono gli organi, in modo da provare a sostituire Bonomi e Montani. Bonomi dal canto suo, va avanti: il prossimo banco di prova sarà l’ elezione del nuovo presidente del cds da parte dell’ assemblea tra una settimana. In lizza c’ è Giovanni Maria Flick, già presidente della Corte Costituzionale indicato da Bonomi. I sindacati locali vogliono, invece, Giuseppe Coppini, vicepresidente vicario. In mezzo i leader nazionali: specie Sileoni, figura molto responsabile, si sta prodigando per sventare un altro 27 aprile, giorno in cui l’ assemblea ha bocciato il televoto proposto da Bonomi e interpretato come il grimaldello della spa. I sindacati locali chiedono di sostituire Montani per dire sì al nuovo modello.

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