MILANO FINANZA, mercoledì 26 novembre 2014
Bancari, è rottura sul contratto – Categoria pronta allo sciopero. Palazzo Altieri ha posto la pregiudiziale su scatti e Tfr per evitare adeguamenti automatici della retribuzione in un periodo di crisi. Sileoni (Fabi): ora mobilitazione
di Luca Gualtieri e Antonio Satta
Lo strappo alla fine è arrivato. Ieri mattina i sindacati del credito hanno rotto le trattative con Abi per il rinnovo del contratto nazionale, aprendo così la strada allo sciopero della categoria. Troppo distanti si sono infatti rivelate le posizioni al tavolo del negoziato: da un lato le banche chiedono una politica di austerità che riveda la struttura del contratto, dall’altra parte le parti sociali non sono disponibili a rinunciare ai meccanismi di adeguamento automatico dei salari. Per adesso quindi la trattativa non può proseguire e uno sciopero a gennaio sembra assai probabile. «Ora si apre una fase di organizzazione interna tra i sindacati», ha spiegato ieri Lando Sileoni, segretario generale della Fabi, che ha aggiunto con sarcasmo: «L’Abi ha ragione: siamo anacronistici perché difendiamo i diritti dei lavoratori. Loro invece sono moderni, prova ne sono i 68 mila posti di lavoro in meno dal 2000 al 2020».
La rottura comunque era nell’aria e l’Abi l’aveva già messa in conto. La posta in gioco del resto è di quelle grosse e le banche sono determinate addirittura ad andare avanti anche senza il rinnovo del contratto, con tutte le conseguenze del caso. Alla riunione dell’esecutivo della scorsa settimana non c’è stata infatti alcuna colomba che sia intervenuta per chiedere una linea più morbida. Anzi, a detta di chi era presente, semmai le uniche critiche avanzate al capodelegazione Alessandro Profumo siano state quelle di chi avrebbe preferito una posizione ancora più dura. In sintesi quello che Abi propone ai sindacati è un patto complessivo che salvi il meccanismo del contratto nazionale, ma come insieme di regole che disciplinino soprattutto la contrattazione aziendale. Abi è disposta a mettere nella cornice del documento anche il nuovo sistema degli inquadramenti e la tenuta dell’area contrattuale, così come è disposta a garantire il mantenimento dell’attuale potere d’acquisto attraverso il recupero dell’inflazione (anche oltre la percentuale proposta dell’1,85%). Quello che le banche non vogliono più garantire sono invece gli adeguamenti automatici della retribuzione che non tengono conto della crisi, ma anche della realtà in continuo mutamento, ossia non vogliono più gli scatti automatici di anzianità e il meccanismo di revisione della base di calcolo del tfr. Le banche, infatti, hanno rifiutato anche la proposta informale dei sindacati, mai ufficialmente posta sul tappeto: mantenere i meccanismi automatici, ma sterilizzarli per tutta la durata del triennio contrattuale, aspettando per riattivarli che la crisi sia alle spalle. La replica delle banche è che il mercato è cambiato e che quindi non è più possibile garantire un trattamento economico uguale per tutti gli istituti. Dure le reazioni dei sindacati. «Ci batteremo unitariamente, per conquistare il rinnovo del contratto», ha attaccato Agostino Megale (Fisac-Cgil), a cui ha fatto eco Giulio Romani (Fiba-Cisl) «Riteniamo impraticabile un confronto incardinato esclusivamente sull’ulteriore riduzione dei costi del personale e sulla destrutturazione di fatto del contratto». La Uilca di Massimo Masi infine considera «del tutto irresponsabile l’atteggiamento di chiusura della controparte». (riproduzione riservata)
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IL SOLE 24 ORE, mercoledì 26 novembre 2014
Bancari. Il 15 dicembre l’assemblea dei lavoratori – A gennaio mobilitazione – Abi, salta la trattativa sul rinnovo del contratto – Nodi irrisolti gli aumenti e gli scatti di anzianità
Non c’è nella storia del lavoro un cambiamento che non sia passato attraverso una mobilitazione. E il contratto “epocale” dei bancari, con tutte le trasformazioni che si porterà dietro, non sarà un’eccezione. L’incontro clou della prima fase della trattativa tra Abi e i sindacati, ieri, ha portato a una rottura tra le parti . Le assemblee dei lavoratori dei prossimi giorni decideranno se trasformarla in uno sciopero oppure no.
Tutti hanno la consapevolezza che bisogna fare dei cambiamenti profondi, in una situazione molto più difficile dei rinnovi precedenti. E fare digerire ai bancari, ancora abituati ai contratti dei tempi andati dell’opulenza, un contratto che lascia sul terreno automatismi come gli scatti di anzianità o dimezzi gli inqudramenti, non è facile. Certamente il sindacato, messaggero di queste pene, è più in difficoltà dei banchieri e all’interno del sindacato c’è chi più di altri ha bisogno di dimostrare una negoziazione dura e frontale. Nella plenaria, ieri, ha parlato il segretario generale della Fisac Cgil, Agostino Megale per il quale «è stata registrata da parte di Abi la conferma delle sue posizioni, senza quel cambiamento radicale che avevamo richiesto, a partire dal superamento della pregiudiziale d’intervento sul costo del lavoro, ovvero scatti di anzianità e Tfr. Proprio per questo nel riconfermare le priorità della nostra piattaforma, abbiamo detto che il permanere di questo atteggiamento pregiudiziale impedisce una trattativa e un negoziato fondato sulla pari dignità».
Un segnale, forte, che però non lo è tanto quanto la proclamazione immediata di uno sciopero. Più che in passato, questa volta la volontà dovrà venire dal basso: saranno i lavoratori a decidere nelle assemblee dei prossimi giorni. «L’orientamento è andare verso uno sciopero a metà gennaio, riuniremo i lavoratori in assemblea dal 15 dicembre», dice il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni. La prima mossa dei sindacati però sarà «interrompere le relazioni industriali in tutti i gruppi, a partire dalla data dello sciopero».
Per il segretario generale della Fiba Cisl, Giulio Romani, la via proposta da Abi è «impraticabile e peraltro un simile intervento comporterebbe una riduzione a regime del costo del lavoro totalmente ininfluente rispetto ai problemi strutturali del settore a partire dalla dimensione dei crediti deteriorati e dei limiti strategici dimostrati dalle imprese e dal loro management». «Laddove Abi non ravveda la sua posizione – aggiunge Massimo Masi, segretario generale della Uilca – sarà indispensabile avviare un processo di mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori».
Nel frattempo, però, c’è una data che incombe: il 31 dicembre è infatti la scadenza della proroga della disdetta del contratto di Abi. I banchieri potranno disdettare il contratto nazionale, incassando, automaticamente, dal primo gennaio l’azzeramento degli scatti di anzianità, dell’area contrattuale e dell’indennità di cassa. A quel punto però «si assumeranno una responsabilità enorme di fronte al paese», dice Sileoni. Una formula più soft sarebbe invece concedere tempo. Potrebbe rispuntare fuori la data del 31 marzo che, però, sarebbe davvero ultimativa.
Per l’ennesima volta, ieri, il presidente del Casl di Abi, Alessandro Profumo, ha ripercorso i cambiamenti strutturali che il settore sta attraversando e ha ribadito la volontà di discutere di salvaguardia del potere d’acquisto e trovare soluzioni innovative che diano prospettive di sostenibilità alle banche ed ai lavoratori. La riduzione strutturale delle dinamiche del costo del lavoro a livello nazionale, potrà però aprire spazi di contrattazione aziendale: dove ci sono aziende che performano meglio c’è disponibilità a discutere di come condividere questo valore. E poi c’è anche da ridurre gli inquadramenti e da rivedere l’area contrattuale. Non è per mancanza di volontà che i banchieri non vogliono fare concessioni, ma è perché non riescono a sostenerle economicamente. La categoria però sceglie la via della mobilitazione e i banchieri di fronte a questa scelta arrivano a parlare di «anacronistica indisponibilità dei sindacati a valutare positivamente» le loro aperture che ha portato «all’attuale situazione di stallo». Sileoni ironizza: «L’Abi ha perfettamente ragione: siamo anacronistici perché difendiamo i diritti dei lavoratori. Siamo anacronistici perché chiediamo una riduzione del 30% del compenso dei manager, che guadagnano una media di un milione e 900mila euro all’anno. L’Abi ha ragione: loro sono moderni ed attuali, prova ne sono i 177 miliardi di sofferenze bancarie, e i 68mila posti di lavoro tagliati dal 2000 al 2020». Per Abi, la verità è che il ciclo economico con la prolungata contrazione del Pil, i profondi cambiamenti normativi e di supervisione, le significative variazioni dei comportamenti dei clienti e l’evoluzione della componente tecnologica pongono le banche di fronte ad un cambiamento strutturale che caratterizzerà il breve, il medio e il lungo periodo riflettendosi sui modelli organizzativi e di business.
I fili comunque non si spezzano.Abi dal canto suo ha confermato la volontà di continuare a confrontarsi a tutto campo con i sindacati senza alcun intento strumentale ma con l’esigenza di adeguare il settore a scenari nuovi. © RIPRODUZIONE RISERVATA Cristina Casadei
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CORRIERE DELLA SERA, mercoledì 26 novembre 2014
Contratto bancari, sul tavolo la disdetta – Verso lo sciopero a gennaio. Stop alle trattative con l’Abi Abi sul rinnovo degli accordi – Rottura su anzianità e Tfr. I banchieri: sindacato anacronistico. Fabi: pericolo di licenziamenti
MILANO Si è consumata ieri la rottura tra le sette sigle dei bancari e l’Abi Abi sul contratto della categoria. Si va verso una giornata con gli sportelli chiusi a fine gennaio (si parla del 23, del 26 o del 30). L’ultimo ultimo sciopero della categoria è stato il 31 ottobre 2013. Più di un anno è trascorso da allora ma la trattativa sul contratto non ha fatto un passo avanti. Anche questo è un segno di relazioni industriali che sempre più difficili in tutti i settori. Non fanno eccezione le banche che in passato avevano goduto di un lungo periodo di pax sindacale: per risalire allo sciopero che precede quello del 2013 è necessario andare indietro di 13 anni. Riduzione strutturale del costo del lavoro tramite il ridimensionamento di anzianità e tfr: su questo si è consumata la rottura. In sostanza l’Abi Abi rivendica l’insostenibilità insostenibilità del costo del lavoro in una fase del ciclo economico a tassi di interesse bassi e con una rivoluzione organizzativa in atto dovuta alle tecnologie: più transazioni online uguale meno lavoro allo sportello. L’Abi Abi sarebbe disposta a restituire con il contratto la perdita di potere d’acquisto acquisto dovuta all’inflazione inflazione (si parla di una cinquantina di euro lordi in busta paga) ma punta i piedi su due questioni. La prima: basta scatti di anzianità, che adesso sono otto e valgono circa 50 euro lordi ciascuno. La seconda: riduzione della base di calcolo del tfr in modo da pagare liquidazioni meno ricche. A corollario di questa visione sta il fatto che, se aumenti ci devono essere, allora sarà la contrattazione aziendale a garantirli là dove possibile. Ieri le sigle sindacali della categoria pretendevano che Abi togliesse dal tavolo le istanze legate a scatti di anzianità e tfr. O quantomeno smettesse di considerarle una pregiudiziale alla base del confronto. Di questo si è parlato durante una riunione ristretta dalle 9 alle 11 nella sede milanese dell’Abi Abi. Tutto inutile. L’incontro incontro ufficiale è iniziato alle 11.30 30. Mezz’ora ora è bastata per mettere nero su bianco la rottura. A questo punto la posta in gioco è anche la disdetta del contratto, in vigore fino al 31 dicembre grazie a una proroga. Due gli scenari possibili. Se in questo mese di assemblee nelle filiali le diplomazie sui due fronti individueranno uno spiraglio di trattativa, allora le parti potrebbero accordarsi per una ulteriore proroga del contratto fino alla primavera. Se, invece, mancassero punti di convergenza adeguati, si potrebbe verificare lo scenario più temuto. Con la disdetta del contratto già da gennaio. La durezza del confronto è ben rappresentata dai toni di dichiarazioni e comunicati. Per l’Abi Abi la situazione di stallo che si è creata è dovuta «all’anacronistica anacronistica indisponibilità dei sindacati a valutare le nostre aperture». «Se essere anacronistici significa fare di tutto per assicurare un contratto degno di questo nome e difendere i posti di lavoro allora sì, siamo anacronistici», risponde Lando Maria Sileoni, a capo della Fabi. Il sindacalista chiude con un «avvertimento»: «Se l’Abi Abi arrivasse alla disdetta del contratto verrebbe meno la governabilità del settore. Scenario che non serve a nessuno». Rita Querzé @rquerze
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L’ECO DI BERGAMO, mercoledì 26 novembre 2014
Bancari, è rottura sul contratto Sciopero in gennaio «L’Abi Abi scarica sui lavoratori il costo della crisi» La replica: «Posizione anacronistica dei sindacati» Granelli (Fabi): senza scatti, 50- 100 euro in meno
Le posizioni erano troppo distanti e così ieri mattina a Milano nella sede dell’Abi Abi( l’Associazione bancaria italiana che raggruppa gli istituti di credito), si è consumata la rottura tra aziende esindacaticherappresentano309 309 mila bancari in Italia (7.500 500 nella Bergamasca). I sindacati sono già sul piede di guerra: dopo le assemblee dei lavoratori di dicembre, sarà sciopero( subito dopo l’Epifania Epifania). Secondo Fabi Fabi, Fiba- Cisl, Fisac- Cgil, Uilca e Dircredito, è la posizione rigida dell’Abi Abi, rappresentata alle trattative da Alessandro Profumo Alessandro Profumo, ad avere provocato la rottura. Una Una posizione mai cambiata nelle varie fasi del negoziato. L’Abi Abi aveva disdettato il contratto in scadenza a metà giugno di quest’anno anno a settembre del 2013, portando così i sindacati in piazza nell’ ottobre 2013. Il confronto si era poi riaperto lo scorso maggio, con la proroga del contratto nazionale fino al prossimo 31 dicembre. Ora però il dialogo si è bruscamente interrotto. Per i sindacati la proposta formulata dall’Abi Abi contiene delle «pregiudiziali inaccettabili». Il riferimento è in particolare alla ristrutturazione del sistema dis catti delle anzianità e alla revisione del calcolo del Tfr. Si aggiungono poi le proposte in area contrattuale, sull’inflazione e sugli inquadramenti. Da qui la rottura e la conseguente inflazione e sugli inquadramenti. Da qui la rottura e la conseguente mobilitazione. Da parte sua, invece, l’Abi Abi ha definito «anacronistica» l’indisponibilità indisponibilità« dei sindacati a valutare le aperture messe sul tavolo». È colpa dei sindacati quindi, secondo l’associazione dei banchieri, se la trattativa è finita «nell’attuale attuale situazione di stallo». Nonostante ciò, l’Abi ha confermato « la volontà di continuare a confrontarsi a tuttocampo con i sindacati senza alcun intento strumentale ma con l’esigenza esigenza di adeguare il settore a scenari nuovi e profondamente diversi», ha ricordato inoltre alle parti «i cambiamenti strutturali che il settore sta attraversando e ha ribadito la volontà di discutere di salvaguardia del potere d’acquisto acquisto e trovare soluzioni innovative che diano prospettive di sostenibilità alle banche ed ai lavoratori». Ma per il segretario della FibaCisl Cisl, Giulio Romani Romani, la propostadi contratto dell’Abi comporterebbe dal prossimo anni tagli sul costo del lavoro per 500- 600 milioni: per chi entra in banca oggi significherebbe il 20% di stipendio in meno all’anno anno (3.200 200 euro) e il 10% in meno per la pensione. Il sistema bancario – ha concluso – pensa di scaricare sui lavoratori il costo della crisi quando il vero problema è l’attivo attivo deteriorato delle banche». E il bergamasco Attilio Granelli Attilio Granelli, della segreteria nazionale Fabi, precisa in merito agli scatti d’anzianità anzianità: «Abolirli come vorrebbe l’Abi Abi significherebbe togliere un aumentodi50 50- 100euro euro( a seconda delle qualifiche) al mese per 13 mensilità ogni quattro anni, così come avvenuto finora. La misura riguarda il 75% dei lavoratori. E l’idea idea di esternalizzare determinati lavori, dal leasing al factoring dal back office al centro servizi, applicando i contratti complementari, comporta una riduzione del 20% dello stipendio e ciò riguarda una platea vasta almeno un terzo dei bancari. Noi invece siamo per riportare all’interno interno della banca lavori oggi esterni coLa La protesta dei bancari ieri davanti alla Borsa di Milano contro la posizione di chiusura dell’Abi Abi sul rinnovo del contratto Bancari, è rottura sul contratto Sciopero in gennaio «L’Abi Abi scarica sui lavoratori il costo della crisi» La replica: «Posizione anacronistica dei sindacati» Granelli (Fabi): senza scatti, 50- 100 euro in meno me il recupero crediti. Vogliono anche abbattere da 13 a 6 i livelli di inquadramento. Seinfine Se infine, come si dice, entro la fine dell’anno l’Abi dovesse arrivare alla disdetta del contratto nazionale allora la situazione diventerebbe ancora più grave». Per il segretario della Uilca, Massimo Masi, la proposta dall’Abi Abi è «del tutto irresponsabile» e, secondo Agostino Megale della Fisac- Cgil,« Profumo a nome dell’Abi ha rappresentato ancora una volta la stessa posizione delle precedenti». E il leader della Fabi, Lando Sileoni ha replicato ironicamente alle banche: «L’Abi Abi ha perfettamente ragione: siamo anacronistici perché difendiamo i diritti dei lavoratori. Onore al riformismo dei banchieri».
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LA STAMPA, mercoledì 26 novembre 2014
SALTA IL TAVOLO PER IL NUOVO CONTRATTO, LA MOBILITAZIONE A GENNAIO È rottura tra Abi e sindacati Bancari verso lo sciopero
FRANCESCO SPINI
MILANO – Ci risiamo: salta il tavolo per il rinnovo del contratto nazionale, e i 309 mila bancari italiani si avviano allo sciopero che – salvo miracoli – si terrà entro metà gennaio. A poco più di un anno dalla mobilitazione che il 31 ottobre del 2013 aveva interrotto 12 anni di pax sindacale, i colletti bianchi tornano sul piede di guerra: da metà dicembre si terranno assemblee a tappeto. Poi, la piazza. La rottura delle trattative si è consumata a mezzogiorno, a Milano, al termine di tre ore – due di riunioni ristrette e una di plenaria – di incontro- scontro all’Abi Abi. L’epilogo epilogo è giunto quando Agostino Megale, leader della Fisac- Cgil, a nome di tutte le sette sigle, ha chiesto ad Alessandro Profumo, presidente del comitato affari sindacali e del lavoro dell’Abi Abi, di ritirare le «inaccettabili pregiudiziali», a partire dal blocco strutturale (per sempre, quindi) degli automatismi, come gli scatti di anzianità, oltre a interventi sul Tfr. Profumo al tavolo si è detto disponibile a discutere di salvaguardia del potere d’acquisto acquisto, ma ricordando i profondi cambiamenti di scenario del settore tali da non permettere andamenti non controllati del costo del lavoro, all’aut aut aut sindacale ha risposto picche. L’Abi Abi, in una nota, ha stigmatizzato «l’anacronistica anacronistica indisponibilità» delle sigle a «valutare positivamente» le aperture offerte dai banchieri. «Sì, siamo “anacronistici” – ha ribattuto a muso duro Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi – perché difendiamo i diritti dei lavoratori, non accettiamo l’eliminazione eliminazione del pagamento del Tfr e degli scatti d’anzianità anzianità, siamo anacronistici perché vogliamo rafforzare l’area area contrattuale per impedire migliaia di licenziamenti nel caso di nuove aggregazioni dopo gli stress test». Con le proposte fin qui avanzate dai banchieri «rischiano di uscire dal contratto tra i 60 e i 70 mila lavoratori», avverte Megale, leader della Fisac- Cgil, il quale chiede ai banchieri un «ravvedimento operoso su tutti i fronti: non possono chiederci di riguadagnare nei contratti di secondo livello quanto ci vogliono sfilare in quello nazionale». Oltre a queste e altre questioni (inquadramenti, inflazione…) c’è è un’ulteriore ulteriore spada di Damocle, il rischio disdetta dell’attuale attuale contratto, prorogato fino al 31 dicembre. Nel caso, avvisa Megale «la nostra risposta sarà ancora più dura». Dalla Uilca guidata da Massimo Masi arriva disponibilità a trattare «ma senza nessuna pregiudiziale». Del resto, osserva Sileoni, «un accordo conviene anche all’Abi Abi: a cosa servirebbe l’associazione associazione senza un contratto?».
MILANO – Ci risiamo: salta il tavolo per il rinnovo del contratto nazionale, e i 309 mila bancari italiani si avviano allo sciopero che – salvo miracoli – si terrà entro metà gennaio. A poco più di un anno dalla mobilitazione che il 31 ottobre del 2013 aveva interrotto 12 anni di pax sindacale, i colletti bianchi tornano sul piede di guerra: da metà dicembre si terranno assemblee a tappeto. Poi, la piazza. La rottura delle trattative si è consumata a mezzogiorno, a Milano, al termine di tre ore – due di riunioni ristrette e una di plenaria – di incontro- scontro all’Abi Abi. L’epilogo epilogo è giunto quando Agostino Megale, leader della Fisac- Cgil, a nome di tutte le sette sigle, ha chiesto ad Alessandro Profumo, presidente del comitato affari sindacali e del lavoro dell’Abi Abi, di ritirare le «inaccettabili pregiudiziali», a partire dal blocco strutturale (per sempre, quindi) degli automatismi, come gli scatti di anzianità, oltre a interventi sul Tfr. Profumo al tavolo si è detto disponibile a discutere di salvaguardia del potere d’acquisto acquisto, ma ricordando i profondi cambiamenti di scenario del settore tali da non permettere andamenti non controllati del costo del lavoro, all’aut aut aut sindacale ha risposto picche. L’Abi Abi, in una nota, ha stigmatizzato «l’anacronistica anacronistica indisponibilità» delle sigle a «valutare positivamente» le aperture offerte dai banchieri. «Sì, siamo “anacronistici” – ha ribattuto a muso duro Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi – perché difendiamo i diritti dei lavoratori, non accettiamo l’eliminazione eliminazione del pagamento del Tfr e degli scatti d’anzianità anzianità, siamo anacronistici perché vogliamo rafforzare l’area area contrattuale per impedire migliaia di licenziamenti nel caso di nuove aggregazioni dopo gli stress test». Con le proposte fin qui avanzate dai banchieri «rischiano di uscire dal contratto tra i 60 e i 70 mila lavoratori», avverte Megale, leader della Fisac- Cgil, il quale chiede ai banchieri un «ravvedimento operoso su tutti i fronti: non possono chiederci di riguadagnare nei contratti di secondo livello quanto ci vogliono sfilare in quello nazionale». Oltre a queste e altre questioni (inquadramenti, inflazione…) c’è è un’ulteriore ulteriore spada di Damocle, il rischio disdetta dell’attuale attuale contratto, prorogato fino al 31 dicembre. Nel caso, avvisa Megale «la nostra risposta sarà ancora più dura». Dalla Uilca guidata da Massimo Masi arriva disponibilità a trattare «ma senza nessuna pregiudiziale». Del resto, osserva Sileoni, «un accordo conviene anche all’Abi Abi: a cosa servirebbe l’associazione associazione senza un contratto?».
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IL GIORNALE, mercoledì 26 novembre 2014
Salta la Trattativa, bancari in piazza a gennaio
(Cliccare sull’immagine per ingrandire)
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LIBERTÀ, mercoledì 26 novembre 2014
È rottura tra Abi e sindacati Strappo sul contratto. Annunciato uno sciopero generale a gennaio
MILANO – È rottura tra sindacati e Abi per il rinnovo del contratto dei bancari. La distanza tra le parti era nota da tempo, quello che non si sapeva era quanto profondo sarebbe stato la strappo. La risposta è arrivata ieri in mattinata, a meno di un’ora ora dalla ripresa della trattativa – che sarebbe potuta durare fino a 48 ore – al tavolo del presidente del comitato sindacale e del lavoro, Alessandro Profumo. Stop alla trattative e sciopero generale a gennaio. A determinare la frattura, accusano i segretari generali di Fabi, Fiba Cisl, Fisac Cgil e Uilca, è la posizione di Palazzo Altieri, mai cambiata nei vari round del negoziato. L’Abi Abi aveva disdettato il contratto in scadenza a metà giugno di quest’anno anno a settembre del 2013, portando così i sindacati in piazza a ottobre dello stesso anno. Il confronto si era poi riaperto lo scorso maggio tra alti e bassi, che hanno anche registrato la proroga del Ccnl fino al prossimo 31 dicembre. Adesso però le resa dei conti. Per i sindacati la proposta formulata dall’Abi Abi conteneva delle «pregiudiziali inaccettabili». Il riferimento è, in primis, alla ristrutturazione del sistema di scatti delle anzianità e alla revisione del calcolo del Tfr. Si aggiungono poi le proposte del Casl in area contrattuale, sull’inflazione inflazione e sugli inquadramenti. Una sommatoria di richieste che le sigle hanno interpretato come un diktat e per questo hanno deciso di alzarsi dal tavolo e scegliere la mobilitazione. È previsto infatti un vasto programma di assemblee tra dicembre e gennaio con l’indicazione indicazione di uno sciopero generale dopo l’Epifania Epifania. Da parte sua, invece, l’Abi Abi ha definito «anacronistica» l’indisponibilità indisponibilità «dei sindacati a valutare» le «aperture» messe sul tavolo. È colpa dei sindacati quindi, secondo l’associazione associazione, se la trattativa è finita «nell’attuale attuale situazione di stallo». Palazzo Altieri, che ha confermato «la volontà di continuare a confrontarsi a tutto campo con i sindacati», ha ricordato inoltre alle parti «i cambiamenti strutturali che il settore sta attraversando e ha ribadito la volontà di discutere di salvaguardia del potere d’acquisto acquisto e trovare soluzioni innovative che diano prospettive di sostenibilità alle banche ed ai lavoratori». Ma per i sindacati il film è diverso. Numeri alla mano, ha spiegato il segretario della Fiba, Giulio Romani, la proposta di contratto avrebbe comportato dal prossimo anni tagli sul costo del lavoro per 500- 600 milioni: per chi entra in banca oggi significherebbe il 20% di stipendio in meno all’anno anno (3.200 200 euro) e il 10% in meno per la pensione.
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IL GIORNO, mercoledì 26 novembre 2014
IL GIORNO, mercoledì 26 novembre 2014
LO PROTESTA IL LEADER LODIGIANO DI FABI A PIAZZA AFFARI Sindacalista- pirata contro le banche
LODI – IL SINDACATO Fabi di Lodi protesta: «No al depauperamento del contratto nazionale dei bancari». Ettore Necchi, lodigiano, dirigente della Federazione autonoma bancari, ieri mattina con altri iscritti, bandiere e cartelli, si è vestito da pirata in Piazza Affari, a Milano. «Simboleggiavo un pirata che saccheggiava le vittime – accusa Necchi – perché ormai sono le stesse banche a farlo nei confronti dei dipendenti, nonostante i dirigenti prendano ancora fior di stipendi e all’opinione opinione pubblica si dica che le banche si stanno riprendendo. Invece, il personale sta rischiando di avere un contratto molto più povero e con meno tutele rispetto a oggi. Vogliono diminuire stipendi e gli inquadramenti da 12 a 6, bloccare il Tfr, togliere scatti di anzianità e automatismi di carriera: a noi non va bene» incalza Necchi. La Fabi di Lodi due giorni fa è stata anche a Roma per partecipare al consiglio nazionale cui erano invitati tutti gli esponenti delle banche italiane. In serata, dopo l’incontro incontro con Abi (Associazione bancaria italiana), i sindacati hanno annunciato la rottura delle trattative: «Non svendiamo nulla perché peggiorare il contratto sarebbe viatico per la riduzione di migliaia di posti di lavoro». Dal 3 dicembre partiranno le consultazioni dei lavoratori in vista della mobilitazione generale. Paola Arensi
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