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Rassegna Stampa, giovedì 31 marzo 2016

di Redazione

MF-MILANO FINANZA giovedì 31 marzo 2016

Riforma delle banche alla delicata prova dei tagli al personale

Contrarian

Nei commenti sull’operazione di aggregazione tra il Banco popolare e la Bpm cominciano a essere prospettate, tra le diverse condizioni e i vincoli, anche i tagli del personale con l’obiettivo della piena riuscita della fusione. Ma suonano ancora di buon senso le dichiarazioni di Pier Francesco Saviotti, ad del Banco, secondo cui nella concentrazione non vi saranno misure traumatiche riguardanti le risorse umane. È ovvio che quando è in ballo un progetto di aggregazione la riflessione sulla riduzione dei costi operativi conduca inevitabilmente al personale. Ma prima di compiere un passo del genere, pur tenendo conto dei vigenti meccanismi di garanzia ai quali giustamente ha fatto riferimento nei giorni scorsi il leader della Fabi, Lando Sileoni, sussistono altri passi da fare su altri versanti, a cominciare da quelli strategici, della governance e, soprattutto, organizzativi. Certo, non è immaginabile una sommatoria pura e semplice delle due realtà che si aggregano; ma neppure sarebbe sostenibile che l’operazione avvenga senza alcuna innovazione con riferimento alle classiche variabili organizzative che sono le strutture, le procedure, la normativa interna e, ancor più, nella definizione del futuro dell’istituto che risulterà dalla concentrazione, ritenendo invece di concentrarsi sul numero degli organici. Tutto ciò postula comunque un confronto serio con le organizzazioni sindacali, partendo dal presupposto, come Saviotti ha detto, che la ricchezza della banca è data dal personale e dai clienti. Una nuova realtà non può nascere priva di un ampio consenso da parte di coloro che vi lavoreranno e della loro attiva partecipazione. Sarebbe strano se, nel definire l’aggregazione, si fosse pensato prima di tutto al futuro dei manager di vertice, che a un certo punto ne stavano complicando gli sviluppi, e si pensasse poi di trascurare il futuro di coloro che dovranno far camminare la nuova banca. La definizione di ciò che questa dovrà essere, nell’evoluzione del sistema e per l’impatto delle potenti innovazioni tecnologiche, innanzitutto della digitalizzazione, non è materia che va affrontata dopo la realizzazione dell’aggregazione, bensì va esaminata di pari passo con la fase di attuazione. Come sta evolvendo il lavoro del bancario, in relazione alle trasformazioni che coinvolgono gli istituti e il sistema, è questione dell’oggi. A essa occorre, dunque, corrispondere adesso per valutare come, venendo meno alcuni compiti, altri, richiesti dai risparmiatori e dai prenditori di credito, nonché, più in generale, dalla società, possano e debbano essere svolti. Gli stessi sindacati hanno in passato affrontato questi temi e avanzato proposte e sollecitazioni. È su di essi che le parti datoriali debbono confrontarsi con le proprie posizioni. Resta sempre valido l’esempio del modo in cui si affrontò la ristrutturazione bancaria a metà degli anni Novanta, sotto l’impulso della Banca d’Italia di Antonio Fazio, mettendo insieme le radicali innovazioni negli ordinamenti (Testo unico bancario), un vasto numero di aggregazioni, un nuovo impianto delle relazioni industriali, misure per agevolazione dell’esodo dei lavoratori in particolari condizioni. È lo schema che andrà riproposto, pur tenendo conto del passaggio del tempo, nella situazione attuale, se si vuole affrontare una fase di consolidamento nel consenso. Allora si verificò anche una non grande contrazione del personale, ma tutto avvenne nella volontarietà dell’esodo sotto la spinta delle incentivazioni e agendo intensamente sull’ordinamento, sulle relazioni tra le parti sociali e sugli assetti organizzativi. Oggi, dunque, si faccia attenzione a non mettere il carro davanti ai buoi, aderendo a sollecitazioni, ottimali in sede di pura astrattezza teorica, ma non solo di ardua applicabilità quando si passa alla pratica bensì suscettibili anche di danneggiare un sistema che non può non fondarsi sul consenso. (adm)

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IL SOLE 24 ORE giovedì 31 marzo 2016

Bpm, trattativa finale per la lista del nuovo consiglio

Ore decisive in vista del deposito delle liste per il rinnovo del Consiglio di Sorveglianza di Bpm. Da più parti è auspicata come la soluzione ideale la presentazione di una sola lista unitaria in occasione dell’assemblea del 30 aprile. Il progetto attorno al quale stanno lavorando i principali sindacati nazionali (Fabi e Uilca, assieme a Fisac e First) e l’Associazione dei soci non dipendenti prevede la creazione di “listone” unitario, e al vertice, dovrebbe esserci Piero Lonardi. Nelle ultime ore, tuttavia, dal progetto del “listone” si sarebbe sfilata una parte dell’azionariato della banca. A mettersi di traverso sarebbe stata in particolare l’associazione dei Pensionati.

Luca Davi pagina 35

MILANO

In casa Banca Popolare di Milano sono ore decisive in vista del deposito delle liste per il rinnovo del Consiglio di Sorveglianza. La scadenza per la presentazione dei candidati è fissata per la mezzanotte del 4 aprile ma i giochi veri si chiuderanno tra oggi e domani. Quarantotto ore nel corso delle quali le diverse anime della banca cercheranno di verificare se c’è la possibilità di varare quella che da più parti è auspicata come la soluzione ideale, ovvero il via libera a una sola lista unitaria in occasione dell’assemblea del 30 aprile.

Nei piani, il “listone” raccoglierebbe le istanze di tutti gli stakeholder della popolare lombarda. Se però così non fosse e non si trovasse la quadra tra le posizioni in campo, come teme qualcuno, si assisterebbe a un “rompete le righe” che rischierebbe di creare non poche crepe nella compattezza del corpo sociale.

Attorno al progetto del listone stanno lavorando i principali sindacati nazionali (Fabi e Uilca, assieme a Fisac e First) e l’Associazione dei soci non dipendenti, guidati da Piero Lonardi. La super-lista darebbe l’appoggio alla fusione della banca con i veronesi e alla trasformazione in società per azione. Al vertice, dovrebbe esserci proprio Piero Lonardi. Il commercialista milanese- che oggi guida la minoranza del Cds e nel 2014, con un blitz a sorpresa, fece bocciare la proposta di modifica della governance – avrebbe così il ruolo di traghettatore fino alla fusione con il Banco, prevista in novembre. Possibile che, nel contempo, chi salirà sulla poltrona del presidente del Consiglio di Sorveglianza si trovi in pole position per ricoprire il ruolo di presidente anche nella futura Bpm Spa, banca rete, controllata dalla holding, che per tre anni avrà un Cda «snello» ma autonomo (possibile un Cda con 5-6 membri).

Nelle ultime ore, tuttavia, dal progetto del “listone” si sarebbe sfilata una parte dell’azionariato della banca. A mettersi di traverso sarebbe stata in particolare l’associazione dei Pensionati: forti dell’elevato numero di deleghe (dieci) a disposizione, i Pensionati potrebbero puntare a presentare una lista di minoranza, magari sostenendo il “no” in assemblea alla fusione con il Banco.

L’associazione guidata da Elio Canovi ed Edoardo Dorenti, raccoglierebbe anche il supporto di altre frange: tra queste, Gigi Ramponi, storico braccio destro di Piero Giarda (presidente uscente del Cds) e Giovanni Bianchini, ex consigliere della banca.

Oggi, al termine di un giro di incontri informali e di verifiche anche esterne alla banca, si capirà se i mal di pancia degli stakeholder critici possono rientrare o meno. © RIPRODUZIONE RISERVATA L. D.

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CORRIERE DI AREZZO giovedì 31 marzo 2016

Il sindacato Fabi, in vista della vendita e dell’ipotesi d’acquisto legato al fondo americano Apollo, lancia l’appello per tutelare i dipendenti dell’istituto

Nuova Banca Etruria, Faltoni: “E’ il momento di parlare di posti di lavoro”

AREZZO In vista della vendita delle Good Bank, il sindacato Fabi lancia l’allarme posti di lavoro: “Mentre si sta lentamente mettendo in moto la fase delle aggregazioni fra banche popolari, dall’ultimo incontro col presidente Roberto Nicastro si è appreso che slitteranno a settembre i tempi per la vendita di Nuova Banca Etruria e delle altre tre banche oggetto della nota procedura di “risoluzione” del novembre scorso – esordisce Fabio Faltoni del Fabi – Il grande Fondo americano Apollo, fattosi avanti per l’acquisto di Banca Carige- e Imperia, potrebbe essere interessato pure all’acquisto delle quattro nuove banche…”. Insomma, dice Faltoni, “uno scenario molto complicato, dove settembre sembra ancora lontano, ma se invece parliamo di occupazione, di posti di lavoro, delle legittime preoccupazioni dei lavoratori, non è certamente presto per cominciare a ragionarci seriamente. Tutta la Fabi, partire da quella aziendale e provinciale, per arrivare ai massimi vertici è in prima linea ogni giorno per tutelare l’occupazione dei dipendenti di Nuova Banca Etruria. Il presidente Nicastro ha confermato che gli eventuali esuberi di personale derivanti dalla vendita, saranno gestiti solo con gli strumenti contrattuali previsti, cioè grazie al Fondo di categoria”.

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MESSAGGERO VENETO giovedì 31 marzo 2016

Hypo bank, 400 posti in bilico «Vienna si decida a vendere – Mozione unanime in Consiglio regionale contro la liquidazione dell’istituto. Chiesto un tavolo col Governo Renzi e le Regioni per fare pressing sull’Austria

di Giovanni Stocco

TRIESTE. «Su Hypo bank registriamo un’opacità imbarazzante da parte del governo austriaco». Con un colpo di pennello marcato e profondo, l’assessore regionale Gianni Torrenti ha affrescato il “caso Hypo bank” ieri in Consiglio regionale, nel corso di una conferenza dei capigruppo allargata ai rappresentanti sindacali e dipendenti della banca. Quasi paradossale il quadro: il socio unico proprietario dell’azienda il governo austriaco, ha deciso di procedere alla liquidazione del gruppo bancario, mettendo sulla graticola 400 posti di lavoro, di cui 300 nel solo Fvg. Di fatto, Vienna sbatte sistematicamente la porta in faccia a potenziali acquirenti della banca, e marcia decisa verso un licenziamento collettivo dei dipendenti italiani. Questa intransigenza, ribadita dall’audizione di ieri, ha indotto il consiglio regionale a redigere e approvare all’unanimità tempo di record, una mozione, subito accolta dalla giunta, per sollecitare il governo centrale e le giunte regionali di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna a fare pressione sul governo austriaco per scongiurare la liquidazione aziendale e la conseguente crisi occupazionale. La presidente Debora Serracchiani ha ricordato la «copiosa e costante attività diplomatica del Fvg», ribadendo di aver già investito il governo centrale della vicenda, sollecitando l’Austria ad assumere «comportamenti coerenti». In commissione, Torrenti ha fatto esplicitamente riferimento a «rapporti internazionali tradizionalmente sereni, contraddistinti da una collaborazione consolidata su diversi temi, che rischiano seriamente di scricchiolare». L’impegno della Regione è stato ripetutamente riconosciuto anche dalle sigle sindacali. Nicoletta Simonetti (Fabi), Pietro Santoro (First Cisl) e Mattia Grion (Fisac Cgil) hanno ringraziato la presidente Serracchiani per quanto fatto, riservando stoccate al governo austriaco. referenti delle sigle sindacali hanno ricordato quanto la banca sia competitiva e appetibile per professionalità e rete di rapporti sul territorio, spiegando che «potenziali acquirenti della banca non mancherebbero, serve la disponibilità della proprietà a trattare». Ancora, i sindacalisti si sono rivolti alla politica regionale chiedendo, in extrema ratio, adeguate tutele per i lavoratori in caso di una liquidazione aziendale «ancora comunque scongiurabile, nei confronti della quale non accettiamo di porci con rassegnato fatalismo». Immediata intesa, commissione ancora in corso, tra Pd, Cittadini, Ncd e Forza Italia. Con la mozione, la Regione passa la palla al governo nella speranza che Roma riporti Vienna a miti consigli.

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IL PICCOLO (ED. TRIESTE) giovedì 31 marzo 2016

Caso Hypo Bank in consiglio regionale: no alla liquidazione

TRIESTE. È stata votata ieri all’unanimità dal consiglio regionale una mozione che impegna la giunta a chiedere il massimo impegno del governo a intervenire sull’ Austria per scongiurare la liquidazione di Hypo Alpe Adria Bank. Come ha spiegato la presidente Debora Serracchiani, infatti, «l’interessamento dei vertici politici austriaci si scontra con l’atteggiamento dei vertici aziendali, che sembrano volere la liquidazione». Un comportamento, quello austriaco, che l’assessore Gianni Torrenti ha definito «opaco e imbarazzante», nel corso dell’incontro avvenuto nelle ore precedenti fra i capigruppo del consiglio regionale e le rappresentanze dei lavoratori della banca. Torrenti ha assicurato che «la Regione sta attuando pressioni quotidiane per far capire a Vienna che la situazione crea grandi imbarazzi nelle relazioni bilaterali. Non si capisce la difformità fra management della banca e dichiarazioni del mondo politico austriaco, per il quale la situazione sarebbe risolvibile». Durante l’audizione Nicoletta Simonetti (Fabi) ha ricordato «il pericolo che corrono 400 lavoratori, nonostante le manifestazioni di interesse per rilevare la banca. Vienna si trincera dietro la presunta imposizione dell’ Ue, che però ha chiesto solo un piano di riassetto, al cui interno il ramo italiano è l’unico a essere liquidato. L’atteggiamento austriaco è grave». Mattia Grion (Cgil) ha ricordato che «la banca è sana, ma oggi l’Austria preferisce chiudere: una linea industriale inspiegabile». Per Pietro Santoro (Cisl), «la liquidazione avviene senza spiegazioni: serve una pressione sull’Austria a tutti i livelli, ma nel frattempo si pensi anche alla gestione della crisi occupazionale che si verificherebbe con la chiusura prevista per il 2018». Per Renzo Liva (Pd), «la banca ha il suo appeal: ci sono i presupposti per una soluzione». Riccardo Riccardi (Fi) ha notato tuttavia che «è difficile per una Regione farsi ascoltare da un governo estero: Serracchiani faccia piuttosto pressioni su Roma affinché si apra un canale di trattativa paritaria fra i due governi». Alessandro Colautti (Ncd) ha espresso infine soddisfazione «per il voto congiunto della mozione». (d.d.a.)

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AGI Friuli Venezia Giulia 30 03 2016

Hypo Alpe-Adria bank: sindacati incontrano capigruppo regione Fvg

(AGI) – Trieste, 30 mar. – La situazione di Hypo Alpe-Adria Bank all’attenzione del Consiglio regionale del FVG in un incontro tra le organizzazioni sindacali aziendali e i capigruppo, assieme al presidente dell’Assemblea Franco Iacop, al vicepresidente Paride Cargnelutti, ai presidenti della prima e della seconda Commissione, Renzo Liva e Alessio Gratton e, per la Giunta, all’assessore Gianni Torrenti. “Nessuno si sa spiegare – hanno tenuto a precisare i rappresentanti sindacali aziendali di Fabi, First-Cisl e Fisac-Cgil – perchè si vuol chiudere, senza avere quindi alcun introito, invece di vendere, anche perche’ ci sono state alcune manifestazioni di interesse, che però si sono scontrate su un muro alzato dall’azionista di riferimento. Il ramo italiano di Hypo Bank – è stato precisato – è una banca sana, pulita dal punto di vista dei crediti, ha personale giovane (37 anni la media) e motivato e può contare su una rete abbastanza estesa in tutto il Nord-Est, quindi e’ inspiegabile l’atteggiamento del Governo austriaco, che si trincera dietro motivazioni che nessuno riesce a capire. A rischio ci sono 300 posti di lavoro, persone che si sentono inspiegabilmente scaricate dopo aver fatto crescere la banca, aver risposto alle esigenze di tante famiglie, piccole e medie imprese e aver anche contribuito a portare benefici all’Austria, con la quale la nostra regione intrattiene storicamente ottimi rapporti “. L’opacità di comportamento da parte austriaca è poco comprensibile, ha commentato l’assessore Torrenti, che ha confermato l’impegno dell’Esecutivo, ma anche l’imbarazzo che si riverbera sui rapporti importanti e amichevoli in essere. Renzo Tondo (AR) ha consigliato di evitare le polemiche in questo momento e a spostare ogni ragionamento sul piano politico. Da parte sua incontrerà i precedenti amministratori carinziani per cercare di capire una situazione piuttosto complicata. Renzo Liva (Pd) si è detto disponibile ad approfondire la questione in Commissione per arrivare alla prossima sessione d’Aula con un documento condiviso, proposta sostenuta da tutti, a iniziare da Pietro Paviotti (Citt). O siamo nella condizione di aprire un canale tra i due Governi centrali – ha aggiunto Riccardo Riccardi (FI) – o le azioni di solidarietà rischiano di non produrre risultati apprezzabili. Le relazioni tra FVG e Carinzia sono molteplici – ha sottolineato Alessandro Colautti (Ncd) – la via maestra è l’iniziativa tra Governi. A tirare le fila il presidente Franco Iacop, che ha evidenziato come l’incontro debba rimanere aperto grazie alla disponibilità unanime manifestata oggi da maggioranza e opposizione, ma ha anche affermato di ritenere importante la sollecitazione politica nei confronti del Governo. (AGI)

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