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ESUBERI BANCARI, LA FABI DIFENDE I LAVORATORI – L’ANALISI E LE PROPOSTE DEL PRIMO SINDACATO DEL CREDITO SU TUTTI I QUOTIDIANI

di Redazione

Ampio spazio su tutta la stampa locale e nazionale allo studio realizzato dalla FABI, che dimostra come a pagare la crisi bancaria siano stati i lavoratori: 12mila uscite negli ultimi tre anni e altre 16mila entro il 2020.

Sileoni: “i prepensionamenti devono rimanere volontari. Sì a un ampliamento delle risorse economiche per il fondo di solidarietà a 7 anni”

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Mercoledì 10 agosto 2016

Arena – Giornale di Vicenza

Dal 2013 sono 12mila i bancari fuori dal sistema Altri 16mila entro il 2020 – …

Dati della Fabi sui piani industriali Dal 2013 sono 12mila i bancari fuori dal sistema Altri 16mila entro il 2020

Dalle banche tra 2013 e marzo 2016 sono usciti 12mila lavoratori e altri 16mila sono pronti a uscire entro i prossimi quattro anni in base agli accordi sindacali. Gli sportelli bancari erano 34.036 nel 2010, ora sono 30.064. I dati sono dell sindacato Fabi, Federazione autonoma bancari italiani. In 10 anni i prepensionamenti volontari sono stati 60mila e, per Lando Maria Sileoni, segretario generale del sindacato, sarebbe possibile gestire il problema occupazione dei prossimi tre anni consentendo l’uso dei fondi Naspi, Nuova assicurazione sociale per l’impiego, pagati dagli istituti per finanziare l’allungamento della permanenza da 5 a 7 anni dei lavoratori nel fondo esuberi. Di seguito la situazione, nei principali gruppi. POPOLARE DI VICENZA. Sono 102 i lavoratori usciti; 605 nel piano 2015/2020. CARIPARMA. Sono 439 le uscite; il piano 2016/2019 ne prevede altre 300. CARIGE. Usciti 325; altri 351 nel piano industriale 2019-20. MPS. In tre anni, prepensionati in 4.500,1.000 esternalizzati, 500 in pensione; altri 2.516 in uscita al 2017. VENETO BANCA Sono 118 i prepensionati at 2016; 180 esuberi nel piano 2015/2020. UNICREDIT. In tre anni previste 4.100 uscite volontarie. Nel piano 2015-2018 altre 6.135. INTESA SANPAOLO. Al 2016 prepensionati in 3.540 e pensionati 987. Nel piano al 2020 previste altre 1.018 uscite. BPER Al 2016 usciti in 536; altri 585 esuberi nel piano 2015-2017. BNL Al 2016 prepensionati 554, pensionati 533. Nel piano 2014-2016 altre 527 uscite. BANCO POPOLARE. In tre anni previste 1.005 uscite. Altre 400 nel piano 2014/20117. BPM. Al 2016 le uscite sono 308. Il piano d’integrazione con il Banco individua 605 esuberi. UBI In tre anni 1.860 uscite; altre 2.750 nel piano 2017/2020. CREDITO VALTELLINESE. Al 2016 prepensionati e in pensione 210 e 21. BANCA MARCHE. Al 2016, 354 prepensionamenti e 104 pensionamenti. Per Nuova Banca Marche, 210 prepensionabili a 5 anni e 320 a 7. BANCA ETRURIA. In tre anni uscita di 213 lavoratori. Altri 163 nel piano 2014-2018. CARIFERRARA Tra 2013 e 2016 previste 294 uscite; 39 al 2017. CARICHIETI Al 2016 uscita di 29 lavoratori e 20 al 2018 POPOLARE DI BARI. Al 2016 136 prepensionati, 15 pensionati. Prepensionabili altri 70. ***

 

 

Avvenire 10/08/2016

Altri 16mila lavoratori fuori dalle banche nei prossimi 4 anni – Altri 16mila in uscita dalle banche

Più sofferenze e meno lavoratori. In estrema sintesi, perle banche italiane, negli ultimi anni e andata proprio così. A fronte di un aumento dei crediti non performanti, infatti, si è assistito a una drastica diminuzione dei dipendenti degli istituti. E se attraverso il supporto degli strumenti messi in campo recentemente si cercherà di smaltire la maggioranza dei quasi 200 miliardi lordi di Npl, non è prevista alcuna inversione di trend sul fronte occupazionale. Anzi, la forza lavoro è destinata a scendere ancora. Perché nonostante dalle banche italiane dal 2013 a marzo 2016 siano già usciti quasi 12mila lavoratori, si sti-ma che altri 16mila lascino il loro posto entro quattro anni in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Logica conseguenza è che ci saranno anche meno sportelli, dal 2010 a oggi già ridotti di 4mila unità (ora se ne contano poco più di 30mila su tutto il territorio nazionale). A fornire un quadro dettagliato sugli esuberi (passati e futuri) è la Fabi, che sottolinea come siano quasi esclusivamente i lavoratori a pagare i costi della crisi del settore. Eppure secondo il segretario generale del sindacato, Lando Maria Sileoni, sarebbe possibile gestire in modo più morbido il problema occupazionale dei prossimi 3 anni consentendo l’uso dei fondi Naspi pagati dagli istituti per finanziare l’allungamento della permanenza da 5 a 7 anni dei lavoratori nel fondo esuberi. Nello studio si indicano le uscite per singola banca. «Nei 5 maggiori istituti italiani – ovvero Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi – dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali», aggiunge Sileoni. Se da una parte il sindacato propone l’utilizzo del fondo per evitare una nuova emorragia di posti di lavoro, dall’altra si chiedono anche altri interventi per proseguire nella spending review del settore senza penalizzare il personale. «Sul fronte della riduzione dei costi – evidenzia Sileoni- desidereremmo interventi più incisivi sia dal govematore Visco sia dal ministro Padoan rispetto alle consulenze milionarie soprattutto in ambito informatico, alle sponsorizzazioni selva: e inutili come quelle per esempio del raduno delle macchine d’epoca, del finanziamento di improbabili circoli culturali, del finanziamento di sagre e feste di dubbio valore, di sponsorizzazioni per attività sportive professionistiche che non hanno alcun senso». Come a dire che gli ambiti per ridurre le spese, non mancano di certo. *** Mazza Luca

 

 

Brescia Oggi

Dati della Fabi sui piani industriali Dal 2013 sono 12mila i bancari fuori dal sistema Altri 16mila entro il 2020

Dalle banche tra 2013 e marzo 2016 sono usciti 12mila lavoratori e altri 16mila sono pronti a uscire entro i prossimi quattro anni in base agli accordi sindacali. Gli sportelli bancari erano 34.036 nel 2010, ora sono 30.064. I dati sono del sindacato Fabi, Federazione autonoma bancari italiani. In 10 anni i prepensionamenti volontari sono stati 60mila e, per Lando Maria Sileoni, segretario generale del sindacato, sarebbe possibile gestire il problema occupazione dei prossimi tre anni consentendo l’uso dei fondi Naspi, Nuova assicurazione sociale per l’impiego, pagati dagli istituti per finanziare l’allungamento della permanenza da 5 a 7 anni dei lavoratori nel fondo esuberi. Di seguito la situazione, nei principali gruppi. POPOLARE DI VICENZA. Sono 102 i lavoratori usciti; 605 nel piano 2015/2020. CARIPARMA. Sono 439 le uscite; il piano 2016/2019 ne prevede altre 300. CARIGE. Usciti 325; altri 351 nel piano industriale 2019-20. MPS. In tre anni, prepensionati in 4.500,1.000 esternalizzati, 500 in pensione; altri 2.516 in uscita al 2017. VENETO BANCA. Sono 118 i prepensionati al 2016; 180 esuberi nel piano 2015/2020. UNICREDIT. In tre anni previste 4.100 uscite volontarie. Nel piano 2015-2018 altre 6.135. INTESA SANPAOLO. Al 2016 prepensionati in 3.540 e pensionati 987. Nel piano al 2020 previste altre 1.018 uscite. BPER Al 2016 usciti in 536; altri 585 esuberi nel piano 2015-2017. BNL Al 2016 prepensionati 554, pensionati 533. Nel piano 2014-2016 altre 527 uscite. BANCO POPOLARE. In tre anni previste 1.005 uscite. Altre 400 nel piano 2014/20117. BPM. Al 2016 le uscite sono 308. Il piano d’integrazione con il Banco individua 605 esuberi. UBL In tre anni 1.860 uscite; altre 2.750 nel piano 2017/2020. CREDITO VALTELLINESE. Al 2016 prepensionati e in pensione 210 e 21. BANCA MARCHE. Al 2016, 354 prepensionamenti e 104 pensionamenti. Per Nuova Banca Marche,210 prepensionabili a 5 anni e 320 a 7. BANCA ETRURIA. In tre anni uscita di 213 lavoratori. Altri 163 nel piano 2014-2018. CARIFERRARA. Tra 2013 e 2016 previste 294 uscite; 39a12017. CARICHIETI Al 2016 uscita di 29 lavoratori e 20 al 2018 POPOLARE DI BARI. Al 2016, 136 prepensionati, 15 pensionati. Prepensionabili altri 70.

 

  

Il Centro

Banche, allarme della Fabi «Fuori 16mila lavoratori». II sindacato: i dipendenti sono pronti ad uscire entro il 2020 dai gruppi italiani. Tagliati sul territorio quasi quattromila sportelli, restano solo dirigenti e quadri

ROMA «In 3 anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Di questi 8.928 sono potenzialmente prepensionabili». Lo dice Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari. «Dal 2009 al 2016 – aggiunge – sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle 5 maggiori banche italiane recentemente sottoposte a stress test dell’Eba, Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali». «Quanto agli organici delle banche italiane, ad oggi risultano composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi». In dieci anni nei 14 principali gruppi bancari italiani i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i 5 maggiori gruppi creditizi , Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi. «Negli ultimi 7 anni – spiega la Fabi – i modelli distributivi sono stati modificati una media di una volta ogni due anni, quindi tre volte in 6 anni, creando disorientamento nella clientela e nei lavoratori bancari, facendo perdere il contatto col territorio. Ci riferiamo in particolare alla revisione del modello di sportello, alla creazione di mini-agenzie, all’accentramento di servizi dalla filiale alle aree o alla direzione generale, alla realizzazione di filiali capogruppo con conseguente riduzione del numero dei direttori di filiale dei principali gruppi bancari, all’accentramento dell’attività di crediti anomali, alla divisione della clientela in retail, private e corporate, al recupero crediti e trasferimento competenze sull’estero commerciale. Stessa considerazione va fatta per l’autonomia per la concessione di affidamenti e mutui per i direttori di filiali, anche questa rivista un media di una volta ogni tre anni». Negli ultimi 6 anni il 3,6% dell’attuale popolazione bancaria di 300mila addetti è rappresentato da 10.800 lavoratori che sono stati estemalizzati e conseguentemente sono usciti dall’organico complessivo dei lavoratori delle banche. «Considerando la media anagrafica dei lavoratori bancari, – dice ancora Sileoni – ai dipendenti del settore raramente è stata applicata la pensione di vecchiaia, ma in maggioranza quella di anzianità. Partendo dal presupposto che attraverso i prepensionamenti volontari sono usciti in 10 anni circa 60mila lavoratori, allungando da 5 a 7 anni la permanenza dei lavoratori stessi nel Fondo esuberi, noi siamo convinti di risolvere definitivamente il problema delle eccedenze di personale per i prossimi tre anni».

 

La Città

Banche, allarme della Fabi «Fuori 16mila lavoratori». II sindacato: i dipendenti sono pronti ad uscire entro il 2020 dai gruppi italiani. Tagliati sul territorio quasi quattromila sportelli, restano solo dirigenti e quadri

ROMA «In 3 anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Di questi 8.928 sono potenzialmente prepensionabili». Lo dice Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari. «Dal 2009 al 2016 – aggiunge – sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle 5 maggiori banche italiane recentemente sottoposte a stress test dell’Eba, Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filial». «Quanto agli organici delle banche italiane, ad oggi risultano composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi». In dieci anni nei 14 principali gruppi bancari italiani i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i 5 maggiori gruppi creditizi , Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi. «Negli ultimi 7 anni – spiega la Fabi – i modelli distributivi sono stati modificati una media di una volta ogni due anni, quindi tre volte in 6 anni, creando disorientamento nella clientela e nei lavoratori bancari, facendo perdere il contatto col territorio. Ci riferiamo in particolare alla revisione del modello di sportello, alla creazione di mini-agenzie, all’accentramento di servizi dalla filiale alle aree o alla direzione generale, alla rea-G7zazione di filiali capogruppo con conseguente riduzione del numero dei direttori di filiale dei principali gruppi bancari, all’accentramento dell’attività di crediti anomali, alla divisione della clientela in retail, private e corporate, al recupero crediti e trasferimento competenze sull’estero commerciale. Stessa considerazione va fatta per l’autonomia per la concessione di affidamenti e mutui per i direttori di filiali, anche questa rivista un media di una volta ogni tre anni». Negli ultimi 6 anni il 3,6% dell’attuale popolazione bancaria di 300mila addetti è rappresentato da 10.800 lavoratori che sono stati esternalizzati e conseguentemente sono usciti dall’organico complessivo dei lavoratori delle banche. «Considerando la media anagrafica dei lavoratori bancari, – dice ancora Sileoni – ai dipendenti del settore raramente è stata applicata la pensione di vecchiaia, ma in maggioranza quella di anzianità. Partendo dal presupposto che attraverso i prepensionamenti volontari sono usciti in 10 anni circa 60mila lavoratori, allungando da 5 a 7 anni la permanenza dei lavoratori stessi nel Fondo esuberi, noi siamo convinti di risolvere definitivamente il problema delle eccedenze di personale per i prossimi tre anni».

Corriere della Sera

Banche e tagli, 50 mila uscite Il sindacato: pronti a trattare. Sileoni (Fabi): «Prepensionamenti volontari l’unico strumento possibile».

Non sono 23 mila come si è detto finora ma 28 mila i bancari in uscita attraverso accordi di ristrutturazione aziendale già firmati. Non finirà qui. Sia il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan che il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco hanno sollecitato la ristrutturazione del settore. Ora il principale sindacato della categoria, la Fabi, apre a una soluzione che potrebbe portare all’uscita di altri 22-24 bancari. Per un totale di 50-52 mila dipendenti in meno in un settore che occupa a oggi 299 mila persone . Prepensionamenti volontari . Questa la condizione che il sindacato pone per aggiornare al rialzo le intese che riguardano le uscite da qui al 2020. «E dov’è il problema?», si potrebbe obiettare. La legge 59 approvata a maggio di quest’anno ha alzato da 5 a 7 anni il possibile anticipo sulla pensione da finanziare con il fondo esuberi. Il fatto è che il fondo esuberi dei bancari è finanziato dalle banche stesse. A oggi le risorse consentono in media uscite con un anticipo di tre anni. Da notare: le banche con Abi hanno chiesto a più riprese di so spendere — almeno per qualche tempo — il versamento di 200 milioni l’anno che le banche fanno a sostegno degli ammortizzatori sociali degli altri settori. Il ragionamento è: la fase è critica, non chiediamo soldi allo Stato ma almeno evitateci contributi di solidarietà che ora non ci possiamo permettere. Gli emendamenti che dovevano inserire questa «sospensione» nella legge 59 non sono passati. Dal canto suo la Fabi aveva sempre storto il naso davanti a questa soluzione . «Quello che non vogliamo sono i licenziamenti e l’indennità di disoccupazione — chiarisce le motivazioni del cambio di passo Lando Maria Sileoni, leader della Fabi — . Di fronte a rassicurazioni su questo punto e a una chiara scelta di campo a favore dei prepensionamenti volontari potremmo accettare un maggior numero di uscite concordate». Ed ecco qui la dove nasce la possibilità di altri 22-24 bancari in pensione da qui al 2020 da aggiungere ai 28 mila che hanno già concordato l’uscita. Certo non è tutto facile. Primo: a mettersi di traverso potrebbero essere proprio le confederazioni. Cgil, Cisl e Uil vedrebbero venire meno 600 milioni in tre anni per gli ammortizzatori sociali. E poi c’è il governo che si trova a gestire la coperta cortissima delle risorse. I confederali lamentano l’insufficienza dei fondi per la flessibilità sull’uscita in pensione. E nel caso dell’Ape si parla di tre anni di anticipo che in pratica il lavoratore si autofinanzierebbe. I bancari con il «rabbocco» del fondo esuberi potrebbero uscire anche con sette anni di anticipo. «Trovo disdicevole che si inciti al taglio di posti di lavoro da parte di politici che dovrebbero crearla, l’occupazione», contesta Sileoni. Certo il problema del fondo esuberi dei bancari è anche un altro come fa notare il segretario della First Cisl, Giulio Romani: « Gli istituti non possono scaglionare negli anni le risorse necessarie a finanziare gli esodi». Insieme alla First Cisl anche Massimo Masi dei bancari della Uil resta convinto che «gli ammortizzatori non bastano, il settore deve tornare a crescere». Di tutto questo sindacati e comitato sindacale Abi parleranno in un incontro in calendario a settembre. Rita Querzé ©

 

 

Eco di Bergamo

Fabi: da qui al 2020 in uscita ci sono altri 16 mila bancari Non solo in Ubi: Fabi calcola che da qui al 2020 ben 16.109 bancari italiani sono pronti ad uscire in base agli accordi sugli ultimi piani industriali ***

 

Gazzetta del Mezzogiorno

Verso i 16mila esuberi tra i lavoratori bancari

ROMA. Dalle banche italiane tra il 2013 e marzo 2016 sono usciti quasi 12mila lavoratori e altri 16mila sono pronti ad uscire entro i prossimi quattro in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Gli sportelli bancari erano 34.036 nel 2010 e ora sono 30.064. A fotografare la situazione del settore bancario è la Fabi che sottolinea come siano i lavoratori a pagare i costi della crisi del settore. In 10 anni i prepensionamenti volontari hanno già riguardato 60 mila persone e, secondo il segretario generale del sindacato Lando Maria Sileoni, sarebbe possibile risolvere gestire il problema occupazionale dei prossimi 3 anni consentendo l’uso dei fondi Naspi pagati dagli istituti per finanziare l’allungamento della permanenza da 5 a 7 anni dei lavoratori nel fondo esuberi. Ecco di seguito la situazione, nei principali gruppi bancari. GRUPPO POPOLARE DI VICENZA: tra 2013 al 2016 102 lavoratori usciti; 605 nel piano industriale 2015/20. GRUPPO CARIPARMA: in 3 anni 439 lavoratori usciti; il piano 2016/19 prevede 300 uscite. GRUPPO CARIGE: 2013-2016 usciti 325 dipendenti; 351 nel piano industriale 2019-20. GRUPPO MPS: in tre anni, prepensionati 4500 lavoratori, 1000 esternalizzati, 500 in pensione; altri 2516 in piano 2013/17. GRUPPO VENETO BANCA: dal 2013 al 2016 118 lavoratori prepensionati; altri 180 esuberi nel piano 2015/20. UNICREDIT: in tre anni prevista l’uscita volontaria di 4.100 lavoratori. Nel piano 2015-18 altre 6.135 eccedenze. INTESA SAN-PAOLO: dal 2013 al 2016 prepensionati 3.540, pensionati altri 987. Nel piano 2014/201.018 uscite. GRUPPO BPER: dal 2013 al 2016 usciti 536; altri 585 esuberi nel piano 2015-17. BNL: dal 2013 al 2016 prepensionato 554 lavoratori, in pensione altri 533. In piano 2014-16 altre 527 uscite. BANCO POPOLARE: in tre anni prevista l’uscita di 1.005 dipendenti. Ulteriori 400 esuberi nel piano 2014/17. GRUPPO BPM: dal 2013 al 2016 308 usciti. Il piano d’integrazione con Banco Popolare individua 605 esuberi. GRUPPO UBI: in tre anni prevista l’uscita di 1860; altri 2.750 nel piano 2017/2020. CREDITO VALTELLINESE: dal 2013 al 2016 prepensionati e in pensione 210 e 21 lavoratori. BANCA MARCHE: dal 2013 al 2016 354 prepensionamenti e 104 pensionamenti. Per la Nuova Banca Marche, 210 prepensionabili a 5 anni e 320 a 7 anni. BANCA ETRURIA: in tre anni prevista l’uscita di 213 lavoratori. Altri 163 nel piano 2014-18. CARIFERRARA: tra 2013 al 2016 previste 294 uscite; 39 nel piano 2015-17. CARICHIETI: tra 2013 e 2016 prevista l’uscita di 29 lavoratori. Il piano 2016-18 ne prevede 20. BANCA POPOLARE BARI: tra 2013 e 2016 136 prepensionamenti e 15 pensionamenti. Potenzialmente pre-pensionabili 70 unità. Monica Paternesi ***

Gazzetta del Sud

Banche, entro il 2020 previsti altri 16mila esuberi

ROMA Dalle banche italiane tra i12013 e marzo 2016 sono usciti quasi 12 mila lavoratori e altri 16.000 sono pronti ad uscire entro i prossimi 4 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Gli sportelli bancari erano 34.036 nel 2010 e ora sono 30.064. A fotografare la situazione del settore bancario è la Fabi che sottolinea come siano i lavoratori a pagare i costi della crisi del settore. In 10 anni i prepensionamenti volontari hanno già riguardano 60 mila personale, secondo il segretario generale del sindacato Lando Maria 5ileoni, sarebbe possibile risolvere gestire il problema occupazionale dei prossimi 3 anni consentendo l’ uso dei fondi Naspi pagati dagli istituti per Finanziare l’allungamento della permanenza da 5 a 7 anni dei lavoratori nel fondo esuberi. Ecco di seguito la situazione, nei principali gruppi bancari. GRUPPO POPOLARE DI VICENZA: tra 2013 al 2016 102 lavoratori usciti; 605 nel piano industriale 2015/20. GRUPPO CARIPARMA: in 3 anni 439 Lavoratori usciti; il piano 2016/19 prevede 300 uscite. GRUPPO CARIGE: 2013-2016 usciti 325 dipendenti; 351 nel piano industriale 2019-20. GRUPPO MPS: in tre anni, La Fabi sottolinea come siano i lavoratori a pagare i costi della crisi del settore prepensionati 4500 lavoratori, 1000 esternalzzati,500 in pensione; altri 2516 in piano 2013/17. GRUPPO VENETO BANCA: dal 2013 al 2016 118 lavoratori prepensionati; altri 180 esuberi nel piano 2015/20. UNICREDET: in tre anni prevista l’uscita volontaria di 4.100 lavoratori. Nel piano 2015-18 altre 6.135 eccedenze. INTESA SANPAOLO: dal 2013 al 2016 prepensionati 3.540, pensionati altri 987. Nel piano 2014/201.018 uscite. GRUPPO BPER: dal 2013 al 2016 usciti 536; altri 585 esuberi nel piano 15-17. BNL: dal 2013 al 2016 pre-pensionati 554 lavoratori, in pensione altri 533. In piano 2014-16 altre 527 uscite. BANCO POPOLARE: in tre anni prevista l’uscita di 1.005 dipendenti. Ulteriori 400 esuberi nel piano 2014/17. Monica Paternesi

Gazzetta di Mantova 10/08/2016

Banche, allarme della Fabi «Fuori 16mila lavoratori» II sindacato: i dipendenti sono pronti ad uscire entro il 2020 dai gruppi italiani. Tagliati sul territorio quasi quattromila sportelli, restano solo dirigenti e quadri. 16mila lavoratori delle banche sono in uscita, secondo stime della Fabi

ROMA «In 3 anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Di questi 8.928 sono potenzialmente prepensionabili». Lo dice Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari. «Dal 2009 al 2016 – aggiunge – sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle 5 maggiori banche italiane recentemente sottoposte a stress test dell’Eba, Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali». «Quanto agli organici delle banche italiane, ad oggi risultano composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi». In dieci anni nei 14 principali gruppi bancari italiani i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i 5 maggiori gruppi creditizi , Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi. «Negli ultimi 7 anni – spiega la Fabi – i modelli distributivi sono stati modificati una media di una volta ogni due anni, quindi tre volte in 6 anni, creando disorientamento nella clientela e nei lavoratori bancari, facendo perdere il contatto col territorio. Ci riferiamo in particolare alla revisione del modello di sportello, alla creazione di mini-agenzie, all’accentramento di servizi dalla filiale alle aree o alla direzione generale, alla realizzazione di filiali capogruppo con conseguente riduzione del numero dei direttori di filiale dei principali gruppi bancari, all’accentramento dell’attività di crediti anomali, alla divisione della clientela in retail, private e corporate, al recupero crediti e trasferimento competenze sull’estero commerciale. Stessa considerazione va fatta per l’autonomia per la concessione di affidamenti e mutui per i direttori di filiali, anche questa rivista un media di una volta ogni tre anni». Negli ultimi 6 anni il 3,6% dell’attuale popolazione bancaria di 300mila addetti è rappresentato da 10.800 lavoratori che sono stati esternalizzati e conseguentemente sono usciti dall’organico complessivo dei lavoratori delle banche. «Considerando la media anagrafica dei lavoratori bancari, – dice ancora Sileoni – ai dipendenti del settore raramente è stata applicata la pensione di vecchiaia, ma in maggioranza quella di anzianità. Partendo dal presupposto che attraverso i prepensionamenti volontari sono usciti in 10 anni circa 60mila lavoratori, allungando da 5 a 7 anni la permanenza dei lavoratori stessi nel Fondo esuberi, noi siamo convinti di risolvere definitivamente il problema delle eccedenze di personale per i prossimi tre anni». ***

Gazzetta di Modena-Reggio-Nuova Ferrara

Banche, allarme della Fabi «Fuori l6mila lavoratori» II sindacato: i dipendenti sono pronti ad uscire entro il 2020 dai gruppi italiani. Tagliati sul territorio quasi quattromila sportelli, restano solo dirigenti e quadri

ROMA «In 3 anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Di questi 8.928 sono potenzialmente prepensionabil». Lo dice Lando Maria Si-leoni, segretario generale della Fabi, il sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari. «Dal 2009 al 2016 – aggiunge – sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle 5 maggiori banche italiane recentemente sottoposte a stress test dell’Eba, Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali». «Quanto agli organici delle banche italiane, ad oggi risultano composti prevalentemente da lavoratori trai 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi». In dieci anni nei 14 principali gruppi bancari italiani i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i 5 maggiori gruppi creditizi , Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi. «Negli ultimi 7 anni – spiega la Fabi – i modelli distributivi sono stati modificati una media di una volta ogni due anni, quindi tre volte in 6 anni, creando disorientamento nella clientela e nei lavoratori bancari, facendo perdere il contatto col territorio. Ci riferiamo in particolare alla revisione del modello di sportello, alla creazione di mini-agenzie, all’accentramento di servizi dalla filiale alle aree o alla direzione generale, alla realizzazione di filiali capogruppo con conseguente riduzione del numero dei direttori di filiale dei principali gruppi bancari, all’accentramento dell’attività di crediti anomali, alla divisione della clientela in retail, private e corporate, al recupero crediti e trasferimento competenze sull’estero commerciale. Stessa considerazione va fatta per l’autonomia per la concessione di affidamenti e mutui per i direttori di filiali, anche questa rivista un media di una volta ogni tre anni». Negli ultimi 6 anni il 3,6% dell’attuale popolazione bancaria di 300mila addetti è rappresentato da 10.800 lavoratori che sono stati esternalizzati e conseguentemente sono usciti dall’organico complessivo dei lavoratori delle banche. «Considerando la media anagrafica dei lavoratori bancari, – dice ancora Sileoni – ai dipendenti del settore raramente è stata applicata la pensione di vecchiaia, ma in maggioranza quella di anzianità. Partendo dal presupposto che attraverso i prepensionamenti volontari sono usciti in 10 anni circa 60mila lavoratori, allungando da 5 a 7 anni la permanenza dei lavoratori stessi nel Fondo esuberi, noi siamo convinti di risolvere definitivamente il problema delle eccedenze di personale per i prossimi tre anni».

Gazzetta di Parma

Altri 16mila dipendenti a casa entro il 2020

Di esuberi nel settore bancario ha parlato ieri la Fabi, il sindacato autonomo di categoria. Dalle banche italiane tra il 2013 e marzo 2016 sono usciti quasi 12mila lavoratori e altri 16.000 sono pronti ad uscire entro i prossimi 4 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Gli sportelli bancari erano 34.036 nel 2010 e ora sono 30.064. A fotografare la situazione è proprio la Fabi che sottolinea come siano i lavoratori a pagare i costi della crisi del settore. In 10 anni i prepensionamenti volontari hanno già riguardato 60 mila persone e, secondo il segretario generale del sindacato Lando Maria Sileoni, sarebbe possibile risolvere gestire il problema occupazionale dei prossimi 3 anni consentendo l’uso dei fondi Naspi pagati dagli istituti per finanziare l’allungamento della permanenza da 5 a 7 anni dei lavoratori nel fondo esuberi. Sul fronte delle riduzione dei costi invece, Fabi chiede una riduzione delle consulenze milionarie, una maggiore selezione delle sponsorizzazioni e «più incisività» da parte di Padoan e Visco nel ridurre gli alti stipendi dei manager e delle consulenze milionarie. ***

Gazzettino

Bancari, ora è allarme esuberi «Almeno 16.000 in 4 anni»

NORDEST – Nelle due popolari: La Fabi: il paracadute veneto previsti tagli dei prepensionamenti per quasi 800 posti copre 9.000 persone

ROMA – Allarme esuberi per le banche. A lanciarlo è la Fabi, il sindacato di categoria più rappresentativo. «In tre anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020» spiega preoccupato il segretario dei bancari Lando Maria Sileoni. Per fortuna, aggiunge subito, c’è – almeno a livello teorico – il paracadute dei prepensionamenti per quasi 9.000 lavoratori. Dal 2009 al 2016 sono stati tagliati quasi 4.000 sportelli. Una tendenza che non si arresterà nei prossimi mesi. Anzi. Uno studio di Citigroup mette in luce che i bancari si ridurranno del 3% l’anno: un milione in meno in Europa, centomila solo in Italia da qui al 2025. Del resto nei cinque maggiori istituti del Paese (Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Uhi), dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute oltre 4.400 filiali. Da Popolare Vicenza tra 2013 al 2016 sono usciti 102 lavoratori e 605 esuberi sono previsti nel piano industriale 2015/20. In questi anni 118 prepensionamenti già fatti in Veneto Banca e 180 ulteriori posti da tagliare entro il 2020. In Italia, dal picco del 2010 (33.621), le filiali sono scese a 30.623, e i bancari a 299.000, con 48.000 esuberi (a fronte di 12 mila assunzioni). E ai 20.000 tagli in arrivo, si potrebbero sommare gli esuberi derivanti dall’imminente ondata di fusioni e relative «sinergie». La Fabi punta il dito sul cambiamento in corso che brucia posti di lavoro. Un passaggio che vede al centro delle strategie aziendali il taglio delle filiali, l’esternalizzazione dei servizi e l’utilizzo massiccio della digitalizzazione, con app e smartphone che prendono il posto degli sportellisti. «Negli ultimi sei anni – sottolinea il sindacalista – il 3,6% dell’attuale popolazione bancaria è rappresentato da 10.800 lavoratori che sono stati esternalizzati. Noi abbiamo – aggiunge – solo uno strumento per contenere i costi ed è il fondo di solidarietà, per evitare i licenziamenti». Sul fronte della riduzione dei costi, dice ancora Sileoni, «servono interventi più incisivi sia dal governatore Visco sia dal ministro del Tesoro, Padoan. Nel mirino del sindacato ci sono «le consulenze milionarie soprattutto in ambito informatico, le sponsorizzazioni selvagge e inutili, mentre rappresenta un alto valore sociale sponsorizzare le attività sportive dilettantistiche». (U.Man.).

Giornale

«I bancari pagano la crisi, altri 16mila tagli» – …

L’AFFONDO DEL SINDACATO FABI «I bancari pagano la crisi, altri 16mila tagli» Dal 2013 allo scorso marzo dalle banche italiane sono usciti 11.988 addetti e altri 16.109 se ne andranno entro il 2020. II calcolo è della Fabi: 8.928 i bancari prepensionabili. Dal 2009 al 2016 – dice il segretario Lando Maria Sileoni – sono stati tagliati 3.972 sportelli. Quindi «a pagare la crisi del settore sono i lavoratori». ***

Giornale di Brescia

Banche, in quattro anni si perderanno altri 16mila posti – …

La crisi e le nuove tecnologie Banche, in quattro anni si perderanno altri l6mila posti. Dal 2013 ad oggi usciti quasi 12mila addetti. Dal 2010 si sono chiusi quattromila sportelli L’analisi della Fabi: allungare da 5 a 7 anni la possibile permanenza dei lavoratori nel fondo esuberi

MILANO Dalle banche italiane tra il 2013 e marzo 2016 sono usciti quasi 12mila lavoratori e altri 16.000 sono pronti ad uscire entro i prossimi 4 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Gli sportelli bancari erano 34.036 nel 2010 e ora sono 30.064. A fotografare la situazione del settore bancario è la Fabi (sindacato più rappresentativo del settore) che sottolinea come siano i lavoratori a pagare i costi della crisi del settore. In 10 anni i prepensionamenti volontari hanno già riguardato 60mila persone e, secondo il segretario generale del sindacato Lando Maria Sileoni, sarebbe possibile risolvere gestire il problema occupazionale dei prossimi 3 anni consentendo l’uso dei fondi Naspi pagati dagli istituti per finanziare l’allungamento della permanenza da 5 a 7 anni dei lavoratori nel fondo esuberi. Nei 5 maggiori istituti Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali». Ecco una sintesi della situazione dei principali gruppi. Lo scenario. Gruppo Popolare di Vicenza: tra 2013 al 2016 102 lavoratori usciti; 605 nel piano industriale 2015/20. Gruppo Cariparma: in 3 anni 439 lavoratori usciti; il piano 2016/19 prevede 300 uscite. Gruppo Carige: 2013-2016 usciti 325 dipendenti; 351 nel piano industriale 2019-20. – Gruppo Mps: in tre anni, prepensionati 4.500 lavoratori, 1.000 esternalizzati, 500 in pensione; altri 2.516 in piano 2013/17. – Gruppo veneto banca: da12013 al 20161181avoratori prepensionati; altri 180 esuberi nel piano 2015/20. – Unicredit: in tre anni prevista l’uscita volontaria di 4.100 lavoratori. Nel piano 2015/18 altre 6.135 eccedenze. Intesa Sanpaolo: dal 2013 al 2016 prepensionati 3.540, pensionati altri 987. Nel piano 2014/20 1.018 uscite. – Gruppo Bper: dal 2013 al 2016 usciti 536; altri 585 esuberi nel piano 2015/17. – Bnl: dal 2013 al 2016 prepensionato 554 lavoratori, in pensione altri 533. In piano 2014/16 altre 527 uscite. – Banco Popolare: in tre anni prevista l’uscita di 1.005 dipendenti. Ulteriori 400 esuberi nel piano 2014/17. – Gruppo Bpm: dal 2013 al 2016 308 usciti. Il piano d’integrazione con Banco Popolare individua 605 esuberi. – Gruppo Ubi: in tre anni prevista l’uscita di 1.860; altri 2.750 nel piano 2017/2020. – Credito Valtellinese: dal 2013 al 2016 prepensionati e in pensione 210 e 21 lavoratori. – Banca Marche: dal 2013 al 2016 354 prepensionamenti e 104 pensionamenti. Per la Nuova Banca Marche, 210 prepensionabili a 5 anni e 320 a 7 anni. – Banca Etruria: in tre anni prevista l’uscita di 213 lavoratori. Altri 163 nel piano 2014/18. – Cariferrara: tra 2013 al 2016 previste 294 uscite; 39 nel piano 2015/ 17. – Carichieti: tra 2013 e 2016 prevista l’uscita di 29 lavoratori. Il piano 2016/18 ne prevede 20. – Banca Popolare Bari: tra 2013 e 2016 136 prepensionamenti e 15 pensionamenti. Potenzialmente prepensionabili 70 unità.

Giornale di Sicilia

Gli esuberi nelle banche

DATI DELLA FABI. Dal 2013 sono usciti quasi 12 mila lavoratori. Altri 16.000 pronti a farlo nei prossimi 4 anni La Fabi chiede una riduzione delle consulenze milionarie, maggiore selezione delle sponsorizzazioni e «più incisività» del ministro Padoan e del governatore Visco nel taglio dei maxi stipendi

ROMA Dalle banche italiane tra il 2013 e marzo 2016 sono usciti quasi 12 mila lavoratori e altri 16.000 sono pronti ad uscire entro i prossimi 4 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Gli sportelli bancari erano 34.036 nel 2010 e ora sono 30.064. A fotografare la situazione del settore bancario è la Fabi che sottolinea come siano i lavoratori a pagare i costi della crisi del settore. In 10 anni i prepensionamenti volontari hanno già riguardato 60 mila persone e, secondo il segretario generale del sindacato Lando Maria Sileoni, sarebbe possibile risolvere gestire il problema occupazionale dei prossimi 3 anni consentendo l’uso dei fondi Naspi pagati dagli istituti per finanziare l’allungamento della permanenza da 5 a 7 anni dei lavoratori nel fondo esuberi. Un allungamento della permanenza nel Fondo esuberi da 5 a 7 anni sarebbe infatti, la strada che, secondo la Fabi, risolverebbe «definitivamente» il problema delle eccedenze di personale» bancario per i prossimi tre anni. La proposta avanzata dal sindacato dei bancari si basa però, spiega il segretario generale Lando Sileoni, su due presupposti. Il primo: le banche finanziano la Naspi per tutte le categorie di lavoratori, pagando a fondo perduto circa 200 milioni di euro l’anno allo Stato. Se per tre anni le banche potessero utilizzare questi soldi per finanziare i due anni in più di durata (da 5 a 7 anni) del Fondo esuberi, allungamento dello scivolo già deciso a maggio per decreto dal Governo, il problema – sostiene il sindacato- sarebbe risolto. La seconda condizione è che tutti i prepensionamenti rimangano su base volontaria, come fino a oggi fatto, con l’adesione del 95% dei lavoratori interessati. Ciò dimostra che mantenendo la volontarietà, la quasi totalità dei lavoratori ha aderito con soddisfazione ai prepensionamenti (all’assegno di sostegno al reddito del fondo esuberi, infatti viene normalmente aggiunto un importo concordato in sede aziendale, che permette al lavoratore di andare in prepensionamento volontario con un assegno pari tra 1’80% o 1’85% dell’ultimo stipendio). Sul fronte delle riduzione dei costi invece, Fabi chiede una riduzione delle consulenze milionarie, una maggiore selezione delle sponsorizzazioni e «più incisività» da parte del ministro Padoan e del governatore Visco rispetto alla necessità di ridurre gli alti stipendi dei manager, dei consigli d’amministrazione, dei comitati di gestione e di sorveglianza, delle consulenze milionarie, dell’attività del recupero crediti e della cessione dei non performing loans. Ecco di seguito la situazione, nei principali gruppi bancari. GRUPPO POPOLARE DI VICENZA: tra 2013 al 2016 102 lavoratori usciti; 605 nel piano industriale 2015/20. GRUPPO CARIPARMA: in 3 anni 439 lavoratori usciti; il piano 2016/ 19 prevede 300 uscite. Gruppo Carige: 2013-2016 usciti 325 dipendenti; 351 nel piano industriale 2019-20. GRUPPO MPS: in tre anni, prepensionati 4500 lavoratori, 1000 esternalizzati, 500 in pensione; altri 2516 in piano 2013/17. GRUPPO VENETO BANCA: dal 2013 al 2016 118 lavoratori prepensionati; altri 180 esuberi nel piano 2015/20. UNICREDIT: in tre anni prevista l’uscita volontaria di 4.100 lavoratori. Nel piano 2015-18 altre 6.135 eccedenze. INTESA SANPAOLO: dal 2013 al 2016 prepensionati 3.540, pensionati altri 987. Nel piano 2014/201.018 uscite. GRUPPO BPER: dal 2013 al 2016 usciti 536; altri 585 esuberi nel piano 2015-17. BNL: dal 2013 al 2016 prepensionato 554 lavoratori, in pensione altri 533. In piano 2014-16 altre 527 uscite. BANCO POPOLARE: in tre anni prevista l’uscita di 1.005 dipendenti. Ulteriori 400 esuberi nel piano 2014/17. GRUPPO BPM: dal 2013 al 2016 308 usciti. Il piano d’integrazione con Banco Popolare individua 605 esuberi. GRUPPO UBI: in tre anni prevista l’uscita di 1860; altri 2.750 nel piano 2017/2020. CREDITO VALTELLINESE: dal 2013 al 2016 prepensionati e in pensione 210 e 21 lavoratori. BANCA MARCHE: dal 2013 a12016 354 prepensionamenti e 104 pensionamenti. Per la Nuova Banca Marche, 210 prepensionabili a 5 anni e 320 a 7 anni. BANCA ETRURIA: in tre anni prevista l’uscita di 213 lavoratori. Altri 163 nel piano 201418. CARI FERRARA: tra 2013 al 2016 previste 294 uscite; 39 nel piano 2015-17. CARICHIETI: tra 2013 e 2016 prevista l’uscita di 29 lavoratori. Il piano 2016-18 ne prevede 20. BANCA POPOLARE BARI: tra 2013 e 2016 136 prepensionamenti e 15 pensionamenti. Potenzialmente prepensionabili 70 unità. *** Monica Paternesi

Giorno – Carlino – Nazione

Calano le sofferenze in pancia alle banche. Bankitalia: crediti a rischio sotto quota 200 miliardi. Tagli al personale

MILANO SI alleggerisce la zavorra in pancia alle banche del nostro Paese. Dopo tre mesi consecutivi in rialzo, le sofferenze del settore bancario tornano a scendere, collocandosi a 197,9 miliardi a giugno dai 200 miliardi del mese precedente. A fare i conti è Bankitalia, nel supplemento al Bollettino statistico su moneta e banche. Il tasso di crescita dei crediti deteriorati — il principale motivo di preoccupazione per la solidità degli istituti nostrani — rallenta all’ 1,1% da 3,2% (12,5% da 13,6%, tenendo conto di cartolarizzarioni e altri crediti cancellati dai bilanci bancari). Le sofferenze (al valore di realizzo) scendono a 83,7 miliardi a giugno da 84,9 miliardi di maggio. Crescono leggermente i titoli di Stato detenuti dalle banche italiane, a quota 415 miliardi. Aumenta la propensione ai depositi — cresciuti in un anno del 3,4% —, mentre la raccolta obbligazionaria è diminuita del 11,8 per cento su base annua. CONTINUA poi lo sfoltimento degli sportelli: la Fabi, il sindacato di categoria, stima altri 16mila esuberi entro il 2020, dopo i 12.000 posti già tagliati dal 2013. Bankitalia, poi, dà conto anche dei prestiti: quelli al settore privato hanno registrato una crescita su base annua dello 0,6%; quelli alle famiglie sono cresciuti dell’1,4% nell’anno. Diminuiscono lievemente (-0,1%) i prestiti alle società non finanziarie. Rallentano ancora i tassi di interesse sui mutui per l’acquisto di una casa: 2,55% (dal 2,61% del mese precedente) e quelli sulle nuove eroga-zioni di credito al consumo all’8,11 per cento (8,32 nel mese precedente). INOLTRE, passano di mano le quote di Bankitalia: l’Inail ne ha acquistate per un ammontare di 25 milioni di euro, comprando da Intesa Sanpaolo, Unicredit e Generali Italia. Dopo questa operazione l’Inail detiene il 3% dell’istituto di palazzo Koch. Di contro, Intesa Sanpaolo — con l’ultima cessione — è scesa in un anno dal 42,4% al 35% circa, incassando quasi 540 milioni. Bankitalia, infine, ha deciso di chiudere ieri la succursale italiana della As PrivatBank, banca lettone a sua volta controllata dal gruppo ucraino PrivatBank. Le ispezioni dell’autorità di vigilanza hanno evidenziato «gravi violazioni alla normativa in materia di antiriciclaggio, con rischio di reiterazione delle irregolarità».

Il Fatto Quotidiano

Le filiali chiudono, 16 mila lavoratori a rischio – …

Gli istituti hanno già bruciato 12 mila posti in tre anni. E per i prossimi 4 sarà peggio. Le filiali chiudono.

Dalle banche italiane tra il 2013 e marzo 2016 sono usciti quasi 12 mila lavoratori e altri 16.000 dovranno lasciare il posto entro i prossimi 4, in base agli accordi sindacali fatti negli ultimi piani industriali. Gli sportelli bancari erano 34.036 nel 2010 e ora sono 30.064. A descrivere la situazione è la Fabi (sindacato di settore) secondo cui sono i lavoratori a pagare i costi della crisi del settore. In 10 anni i prepensionamenti volontari hanno già riguardato 60 mila persone e, secondo il segretario del sindacato Lando Maria Sileoni, bisogna consentire l’uso dei fondi Naspi, per finanziare l’allungamento della permanenza da 5 a 7 anni dei lavoratori nel fondo esuberi. Situazione nera. Che l’economista Giacomo Vaciago vede ancora peggio: “Nel mondo, ripuliti gli attivi, le banche sono tornate a fare utili. In Italia non tocca farlo ad Atlante, ma al ministero del Lavoro, perché occorre inventare un nuovo mestiere per i 100mila esuberi bancari. Curata la febbre con Atlante, occorre avere un coach se vogliamo vincere ancora le medaglie”. Tornando ai numeri della Fabi, ecco qualche esempio. Pop Vicenza: tra 2013 al 2016 102 lavoratori usciti; 605 nel piano industriale 2015/20. Carige: 2013-2016 fuori 325 dipendenti; 351 nel piano industriale 2019-20. Mps: in tre anni, prepensionati 4500 lavoratori,1000 esternalizzati, 500 in pensione; altri 2516 nel piano 2013/17. Veneto Banca dal 2013 al 2016 118 lavoratori prepensionati; altri 180 esuberi nel piano 2015/20. Uni-credit: in tre anni prevista l’uscita volontaria di 4.100 lavoratori. Nel piano 2015-18 altre 6.135 eccedenze. Intesa Sanpaolo: dal 2013 al 2016 prepensionati 3.540, pensionati altri 987. Nel piano 2014/20 1.018 uscite. Bper: dal 2013 al 2016 usciti 536; altri 585 esuberi nel piano 2015-17. Bnl: dal 2013 al 2016 prepensionati 554 lavoratori, in pensione altri 533. In piano 2014-16 altre 527 uscite. Banco Popolare: in tre anni prevista l’uscita di 1.005 dipendenti. 400 esuberi nel piano 2014/17. RIPRODUZIONE RISERVATA ***

Italia Oggi

Credito, 16 mila in uscita

 

«In tre anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti a uscire entro il 2020, in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Di questi, 8.928 sono potenzialmente prepensionabili»: lo ha spiegato Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari, aggiungendo che dal 2009 al 2016 sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare, nelle cinque maggiori banche italiane recentemente sottoposte agli stress test europei (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Montepaschi, Banco popolare e Ubi), dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali. — ) Riproduzione riservata ***

Libertà

Banche, altri i 6mila esuberi. L’analisi della Fabi fino al 2020.

MILANO – La Borsa ha aspettato il giorno dopo per reagire all’avvio di Aitante 2, il fondo che ha raccolto adesioni preliminari pari a 1,72 miliardi di euro e che prevede di raggiungere una potenza di fuoco di 3,5 miliardi entro il 31 luglio del 2017, per rilevare i crediti deteriorati (Npl) delle banche più a rischio a partire da Montepaschi. In previsione del risultato annunciato a mercati chiusi erano risaliti in Borsa i titoli delle principali banche, ad eccezione di Mps, che aveva trovato invece nuovi minimi. Per la banca senese il rimbalzo è arrivato ieri ( 1,28% a 0,24 euro), a bocce ferme ed in controtendenza rispetto alle altre, a parte Mediobanca ( 3,55%), spinta dall’onda lunga delle ipotesi di una scalata di Vincent Bolloré. Segno evidente che ili investitori prima di sbilanciarsi hanno voluto “vedere le carte”. Quanto ad Atlante 2, la cifra di 3,5 miliardi non è passata inosservata e corrisponde ad oltre un terzo del valore di cessione del portafoglio di sofferenze che Mps prevede di dismettere. Il 33% dei 27,7 miliardi indicati dal piano di Rocca Salimbeni, corrispondono a 9,2 miliardi netti e la prima operazione a cui parteciperà Atlante 2 sarà proprio l’acquisto per 1,6 miliardi di euro della tranche mezzanine di quel portafoglio. Secondo gli analisti di Mediobanca Securities si tratta di un’operazione sostenibile già con la dotazione iniziale di 1,72 miliardi. Secondo i colleghi di un’altra Casa d’Investimenti, invece, la capacità di Atlante 2 è sufficiente per «intervenire nella messa in sicurezza di Npl per 37-56 miliardi lordi». Per l’intero comparto, poi, Bankitalia ha reso noto il primo calo delle sofferenze complessive italiane dopo tre mesi di rialzi. A fine giugno infatti il totale degli Npl è sceso a 197,9 miliardi, contro i 200 del mese precedente. Con i due fondi Atlante, secondo l’economista Giacomo Vaciago, si sono risolti però soltanto «i problemi del passato», mentre restano aperti «quelli del futuro». «In giro per il mondo – spiega il docente della Cattolica – ripuliti gli attivi le banche sono tornate a fare utili». «In Italia – prosegue – non tocca farlo ad Atlante, ma al ministero del lavoro, perché occorre inventare un nuovo mestiere per i 100mila esuberi bancari che ha il sistema». Proprio di esuberi ha parlato ieri la Fabi, il sindacato autonomo di categoria, che ha indicato in 11.988 i lavoratori già usciti dal sistema dal 2013 allo scorso 31 marzo, a cui si aggiungono altre 16.109 uscite entro il 2020, frutto di accordi sindacali già sottoscritti. ***

Mattino

L’allarme banche, meno sofferenze ma tagli in aumento. Bankitalia: incagli sotto i 200 miliardi. La Fabi: entro il 2020 esuberi per 16mila unità. In meno di sei anni sono state accorpate o chiuse 4.400 filiali in tutt’Italia

ROMA. Allarme esuberi per le banche. A lanciarlo è la Fabi, il sindacato di categoria più rappresentativo, cha ha fatto i conti della crisi «In 3 anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, sono usciti 11.9881avoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020» spiega preoccupato il segretario generale Lando Maria Sileoni. Per fortuna, aggiunge subito il sindacalista, c’è il paracadute dei prepensionamenti per quasi 9 mila lavoratori. L’intervento nel giorno in cui Bankitalia certifica che le sofferenze del settore bancario tornano a scendere dopo 3 mesi consecutivi in rialzo, collocandosi a 197,9 miliardi a giugno dai 200 miliardi del mese precedente. Il tasso di crescita delle sofferenze rallentaall’1,1% da 3,2%. Intanto, il rendimento del Btp decennale scende sotto l’1,10% nei primi scambi, segnando un nuovo minimo storico al di sotto dei livelli di marzo 2015, con spread sul bund tedesco a 118. Che il settore sia in crisi è sotto gli occhi di tutti, visto che dal 2009 al 2016 sono stati tagliati quasi 4 mila sportelli. Una tendenza che non si arresterà nei prossimi mesi. Anzi. Uno studio di Citigroup mette in luce che i bancari si ridurranno del 3% l’anno: un milione in meno in Europa, centomila solo in Italia da qui al 2025. Del resto nei 5 maggiori istituti del Paese (Intesa, Uni-credit, Mps, Banco Popolare e Ubi), da12009 a12015 sono state chiuse o cedute oltre 4.400 filiali. In Italia, dal picco del 2010 (33.621), le filiali sono scese a 30.623, e i bancari a 299 mila, con 48 mila esuberi complessivi a fronte di 12 mila assunzioni. Ai tagli in arrivo si potrebbero sommare gli esuberi derivanti dalla possibile ondata di fusioni e relative «sinergie» di sistema. La Fabi punta il dito sul cambiamento in corso che brucia posti di lavoro. Un cambiamento che vede al centro delle strategie aziendali il taglio delle filiali, l’esternalizzazione dei servizi e l’utilizzo massiccio della digitalizzazione, con app e smartphone che prendono il posto degli sportellisti. Perchè, dice la Pabi, i 36 per cento della popolazione bancaria, si tratta di circa 10.800lavoratori che sono stati esternalizzati. «Noi – dice Sileoni – abbiamo solo uno strumento per contenere i costi sociali, ed è il Pondo di Solidarietà, per evitare i licenziamene ». L’idea è quella di allungare la permanenza nel Fondo esuberi da 5 a 7 anni. Un modo per risolvere «definitivamente» il problema delle eccedenze di personale per i prossimi tre anni. Le banche dovrebbero però finanziare la Naspi per tutte le categorie di lavoratori, pagando a fondo perduto circa 200 milioni di euro l’anno allo Stato. Un tema ancora controverso. Nel mirino del sindacato ci sono poi «le consulenze milionarie soprattutto in ambito informatico, le sponsorizzazioni selvagge e inutili, mentre rappresenta un alto valore sociale sponsorizzare le attività sportive dilettantistiche». Umberto Mancini

 

Messaggero

Banche, 16 mila esuberi entro il 2020 Allarme della Fabi Il taglio delle filiali e la forte spinta II sindacato chiede una riqualificazione del personale della tecnologia hanno già fatto perdere oltre 11 mila posti e il rafforzamento del Fondo per evitare i licenziamenti

ROMA Allarme esuberi per le banche. A lanciarlo è la Fabi, il sindacato di categoria più rappresentativo, sempre più preoccupato perchè la crisi non si arresta. «In 3 anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020» spiega il segretario generale Lando Maria Sileoni. Per fortuna, aggiunge subito il sindacalista, c’è il paracadute dei prepensionamenti, concordati con le aziende, per quasi 9 m ila lavoratori. I DETTAGLI Che il settore sia in difficoltà, strangolato dalla lunga recessione, è sotto gli occhi di tutti, visto che dal 2009 al 2016 sono stati tagliati quasi 4 mila sportelli. Una tendenza che non si arresterà nei prossimi mesi. Anzi. Uno studio di Citigroup mette in luce che i bancari si ridurranno del 3% l’anno: un milione in meno in Europa, centomila solo in Italia da qui al 2025. Del resto nei 5 maggiori istituti del Paese (Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi), dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute oltre 4.400 filiali. In Italia, dal picco del 2010 ( 33.621), le filiali sono scese a 30.623, e i bancari a 299 mila, con 48 mila esuberi complessivi a fronte di 12 mila assunzioni. Ai tagli in arrivo si potrebbero sommare gli esuberi derivanti dalla possibile ondata di fusioni e relative «sinergie» di sistema. La Fabi punta il dito sul cambiamento in corso che brucia posti di lavoro. Un cambiamento che vede al centro delle strategie aziendali il taglio delle filiali, l’esternalizzazione dei servizi e l’utilizzo massiccio della digitalizzazione, con app e smartphone che prendono il posto degli sportellisti. Perchè, dice la Fabi, il 36 per cento della popolazione bancaria, si tratta di circa 10.800 lavoratori che sono stati esternalizzati. «Noi – dice Sileoni – abbiamo solo uno strumento per contenere i costi sociali, ed è il Fondo di Solidarietà, per evitare i licenziamenti». L’idea è quella di allungare la permanenza nel Fondo esuberi da 5 a 7 anni. Un modo per risolvere «definitivamente» il problema delle eccedenze di personale per i prossimi tre anni. Le banche dovrebbero però finanziare la Naspi per tutte le categorie di lavoratori, pagando a fondo perduto circa 200 milioni di euro l’anno allo Stato. Un tema ancora controverso. LA STRETTA Nel mirino del sindacato ci sono poi «le consulenze milionarie soprattutto in ambito informatico, le sponsorizzazioni selvagge e inutili, mentre rappresenta un alto valore sociale sponsorizzare le attività sportive dilettantistiche». E’ evidente invece, conclude Sileoni, che il cambiamento in corso impone la riqualificazione del personale, spostandolo da mansioni di routine, automatizzabili, verso nuovi mestieri: gestori al telefono, mediazione immobiliare, supporto in filiale per spiegare il digitale ai clienti più anziani. Insomma, non solo sforbiciate al personale. La Fabi sollecita anche la necessità di ridurre gli alti stipendi dei manager, dei consigli d’amministrazione, dei comitati di gestione e di sorveglianza e il taglio, delle consulenze milionarie. Ma quali sono le vie d’uscita? La Fabi propone un nuovo modello di banca-hub con il recupero delle attività un tempo svolta dalle banche (come recupero crediti e attività legali) ed ora esternalizzate, più consulenza in materia fiscale, tecnologica e gestionale, più specializzazione per dare consulenza di qualità. U. Man.

Milano Finanza

Banche, la Fabi sente puzza di bruciato e attacca sugli esuberi

LA FABI SENTE ARIA DI RISTRUTTURAZIONI DURE E PREPARA LE SUE CONTROPOSTE

Banche, i sindacati in guardia La principale organizzazione di categoria chiede di girare per tre anni al Fondo di solidarietà i 200 milioni che gli istituti di credito versano al Naspi e di allungare da 5 a 7 anni la copertura per i prepensionamenti

Incrementare la dotazione e allungare la durata del fondo interbancario di solidarietà per il sostegno al reddito. E non è l’unica proposta che sotto il solleone la Fabi, il principale sindacato dei bancari, lancia alla controparte. Del resto, l’estate bollente delle banche preoccupa, e molto anche, dipendenti e sindacati. L’allarme era scattato rumorosamente già il 31 maggio scorso, quando ascoltando le considerazioni finali del governatore della Banca d’Italia. i sindacalisti presenti erano saltati sulla sedia. Vincenzo Visco, infatti, aveva chiesto agli istituti di intervenire sui costi fissi, inclusi quelli del personale, agendo pure su qualità e quantità degli organici. La risposta di Lando Maria Sileoni, segretario della Fabi, non fu certo diplomatica: «Negli ultimi anni sono usciti su base volontaria 48 mila lavoratori bancari. Governatore pensi agli alti e ingiustificati stipendi dei manager». Poi ci si era messo Roberto Nicastro, amministratore delegato delle quattro good bank derivanti da Banca Etruria, Banca Marche, CariFerrara, CariChieti, che aveva spiegato come gli esuberi dei quattro istituti in vendita superino il numero di dipendenti che si possono accompagnare alla pensione grazie all’intervento del fondo di solidarietà. Anche in quel caso la reazione dei sindacati fu netta. «Risponderemo con durezza alla prima semplice percezione di eventuali licenziamenti. Vale per Abi, per Federcasse, per gli integralisti dell’ultima ora, per tutti quelli che guadagnano milioni di euro senza produrre risultati», fu la reazione a caldo di Sileoni. Che aggiunse: «Vale, soprattutto, per i compratori delle quattro banche e vale per il messia, Alessandro Penati, presidente del Fondo Atlante». Lo stesso Sileoni torna ora sull’argomento, non più con una dichiarazione bellicosa. ma con una lunga analisi, una sorta di memento per le varie controparti, le singole banche ma anche le loro associazioni. Una sorta di compito per le vacanze per prepararsi alla riapertura del tavolo a settembre, quando molti dei nodi verranno al pettine, dalla cessione delle quattro banche di cui si è già detto al piano di salvataggio di Mps, con relativa ricapitalizzazione, agli interventi dei due fondi Atlante, alle altre tessere del grande gioco puzzle. La premessa del ragionamento proposto dalla Fabi è che i lavoratori hanno fatto la propria parte e sono disposti a farla ancora, ma non a costo di un bagno di sangue. Queste le cifre di Sileoni: «In tre anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988lavoratori e altri 16.109 sono pronti a uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Di questi 8.928 sono potenzialmente prepensionabili». Quanto alla rete di vendita, «dal 2009 al 2016 sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle cinque maggiori banche italiane recentemente sottoposte a stress test dell’Eba – Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi – dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali». All’ Abi e alle banche che parlano di nuovi modelli per adeguarsi al cambiamento epocale in corso, la Fabi replica ricordando che «in dieci anni nei 14 principali guappi bancari italiani i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i 5 maggiori gruppi creditizi, Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi». Mentre «negli ultimi sette anni i modelli distributivi sono stati modificati una media una volta ogni due anni, quindi tre volte in sei anni, creando disorientamento nella clientela e nei lavoratori bancari e facendo perdere il contatto col territorio». Una rivoluzione permanente che non ha trovato ancora l’assetto finale e ha portato all’esternalizzazione del 3,6% dell’attuale popolazione bancaria (10.800 lavoratori su 300 mila) che sono susciti dall’organico complessivo delle banche (mantenendo però almeno per tutta la durata dell’attuale contratto nazionale di lavoro, la copertura delle tutele di categoria). Conclusa l’analisi, la Fabi è passata alle proposte, che partono dalla premessa che qualsiasi ipotesi di macelleria sociale sarà respinta al mittente. II grosso dei dipendenti delle banche ha circa cinquant’anni, la pensione di vecchiaia, dunque, è un miraggio e anche per raggiungere quella di anzianità mancano un bel numero di anni. È indispensabile, a questo punto, implementare il Fondo di Solidarietà. La proposta è quindi quella di allungare «da 5 a 7 anni la permanenza dei lavoratori stessi nel Fondo esuberi», una strada che secondo Sileoni basterebbe per «risolvere definitivamente il problema delle eccedenze di personale nei prossimi tre anni». Ma per farlo serve che nel triennio il contributo di solidarietà da 200 milioni che le banche girano al fondo Naspi (che serve agli ammortizzatori delle altre categorie) sia girato al Fondo esuberi, allungando lo scivolo già deciso a maggio per decreto dal governo. Per i sindacati non dovrebbe comunque essere modificata la caratteristica della volontarietà dei prepensionamenti e nemmeno il contributo aggiuntivo delle varie aziende oche permette al lavoratore di andare in prepensionamento volontario con un assegno tra 1’80 e 1’85% dell’ultimo stipendio». La Fabi chiede, semmai, alle banche di tagliare i costi eliminando sponsorizzazioni e finanziamenti vari ad attività esterne, che non siano la ricerca medica, il sostegno a fondazioni ospedaliere e a manifestazioni artistiche e culturali. Ma soprattutto la Fabi chiede di «ridurre gli alti stipendi dei manager, dei consigli d’amministrazione, dei comitati di gestione e di sorveglianza, delle consulenze milionarie, dell’attività del recupero crediti e della cessione dei non performing loans. Attività quest’ultima che crea odiosi interventi sui territori a danno della clientela». Al contrario i sindacati chiedono che le attività esternalizzate ritornino dentro gli istituti che dovrebbero gestire in proprio il recupero crediti e le attività legali, allargandosi anche alla consulenza fiscale, tecnologica e gestionale. In conclusione, «più specializzazione e creazione di nuovi mestieri uscendo così dal tradizionale perimetro del settore bancario e sviluppando le condizioni per mantenere e aumentare livelli occupazionali e ricavi». Per i banchieri, insomma, più che una lettura da ombrellone, la lista dei sindacati è un vero cahier de doléances. A settembre le risposte. (riproduzione riservata) Antonio Satta.

Nuova Sardegna

Banche, allarme della Fabi «Fuori 16mila lavoratori» II sindacato: i dipendenti sono pronti ad uscire entro il 2020 dai gruppi italiani. Tagliati sul territorio quasi quattromila sportelli, restano solo dirigenti e quadri

ROMA «In 3 anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Di questi 8.928 sono potenzialmente prepensionabili». Lo dice Lando Maria Si-leoni, segretario generale della Fabi, il sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari. «Dal 2009 al 2016 – aggiunge – sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle 5 maggiori banche italiane recentemente sottoposte a stress test dell’Eba, Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali». «Quanto agli organici delle banche italiane, ad oggi risultano composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi». In dieci anni nei 14 principali gruppi bancari italiani i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i 5 maggiori gruppi creditizi , Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi. «Negli ultimi 7 anni – spiega la Fabi – i modelli distributivi sono stati modificati una media di una volta ogni due anni, quindi tre volte in 6 anni, creando disorientamento nella clientela e nei lavoratori bancari, facendo perdere il contatto col territorio. Ci riferiamo in particolare alla revisione del modello di sportello, alla creazione di mini-agenzie, all’accentramento di servizi dalla filiale alle aree o alla direzione generale, alla realizzazione di filiali capogruppo con conseguente riduzione del numero dei direttori di filiale dei principali gruppi bancari, all’accentramento dell’attività di crediti anomali, alla divisione della clientela in retail, private e corporate, al recupero crediti e trasferimento competenze sull’estero commerciale. Stessa considerazione va fatta per l’autonomia per la concessione di affidamenti e mutui per i direttori di filiali, anche questa rivista un media di una volta ogni tre anni». Negli ultimi 6 anni il 3,6% dell’attuale popolazione bancaria di 300mila addetti è rappresentato da 10.800 lavoratori che sono stati esternalizzati e conseguentemente sono usciti dall’organico complessivo dei lavoratori delle banche. «Considerando la media anagrafica dei lavoratori bancari, – dice ancora Sileoni – ai dipendenti del settore raramente è stata applicata la pensione di vecchiaia, ma in maggioranza quella di anzianità. Partendo dal presupposto che attraverso i prepensionamenti volontari sono usciti in 10 anni circa 60mila lavoratori, allungando da 5 a 7 anni la permanenza dei lavoratori stessi nel Fondo esuberi, noi siamo convinti di risolvere definitivamente il problema delle eccedenze di personale per i prossimi tre anni». 16mila lavoratori delle banche sono In uscita, secondo stime della Fabi ***

Piccolo

Banche, allarme della FABI «Fuori l6mila lavoratori» II sindacato: i dipendenti sono pronti ad uscire entro il 2020 dai gruppi italiani. Tagliati sul territorio quasi quattromila sportelli, restano solo dirigenti e quadri

ROMA «In 3 anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Di questi 8.928 sono potenzialmente prepensionabili». Lo dice Lando Maria Si-leoni, segretario generale della Fabi, il sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari. «Dal 2009 al 2016 – aggiunge – sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle 5 maggiori banche italiane recentemente sottoposte a stress test dell’Eba, Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali». «Quanto agli organici delle banche italiane, ad oggi risultano composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi». In dieci anni nei 14 principali gruppi bancari italiani i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i 5 maggiori gruppi creditizi , Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi. «Negli ultimi 7 anni – spiega la Fabi – i modelli distributivi sono stati modificati una media di una volta ogni due anni, quindi tre volte in 6 anni, creando disorientamento nella clientela e nei lavoratori bancari, facendo perdere il contatto col territorio. Ci riferiamo in particolare alla revisione del modello di sportello, alla creazione di mini-agenzie, all’accentramento di servizi dalla filiale alle aree o alla direzione generale, alla realizzazione di filiali capogruppo con conseguente riduzione del numero dei direttori di filiale dei principali gruppi bancari, all’accentramento dell’attività di crediti anomali, alla divisione della clientela in retail, private e corporate, al recupero crediti e trasferimento competenze sull’estero commerciale. Stessa considerazione va fatta per l’autonomia per la concessione di affidamenti e mutui per i direttori di filiali, anche questa rivista un media di una volta ogni tre anni». Negli ultimi 6 anni il 3,6% dell’attuale popolazione bancaria di 300mila addetti è rappresentato da 10.800 lavoratori che sono stati esternalizzati e conseguentemente sono usciti dall’organico complessivo dei lavoratori delle banche. «Considerando la media anagrafica dei lavoratori bancari, – dice ancora Sileoni – ai dipendenti del settore raramente è stata applicata la pensione di vecchiaia, ma in maggioranza quella di anzianità. Partendo dal presupposto che attraverso i prepensionamenti volontari sono usciti in 10 anni circa 60mila lavoratori, allungando da 5 a 7 anni la permanenza dei lavoratori stessi nel Fondo esuberi, noi siamo convinti di risolvere definitivamente il problema delle eccedenze di personale per i prossimi tre anni». i 16mIlalavoratori delle banche sono in uscita, secondo stime della Fabi ***

Provincia – Cremona

Gli esuberi sono 16mila. Banche. I dati della Fabi per i prossimi 4 anni

ROMA—Dalle banche italiane tra il 2013 e marzo 2016 sano usciti quasi 12mila lavoratori e altri 16mila sona pronti ad uscire entro i prossimi 4 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Gli sportelli bancari erano 34.036 nel 2010 e ora sono 30.064. A fotografare la situazione del settore bancario è la Fabi che sottolinea come siano i lavoratori a pagare i costi della crisi del settare. In 10 anni i prepensionamenti volontari hanno già riguardato 60 mila persone e, secondo il segretario generale del sindacato Lando Maria Sileoni, sarebbe possibile risolvere gestire il problema occupazionale dei prossimi 3 anni consentendo l’uso dei f on-di Naspi pagati dagli istituti per finanziare l’allungamento della permanenza da 5 a 7 anni dei lavoratori nel fonda esuberi. Intanto la Borsa ha aspettato il giorno dopo per reagire all’avvio di Aitante 2, il fondo che ha raccolto adesioni preliminari paria 1,72 miliardi di euro e che prevede di raggiungere una potenza di fuoco di 3,5-miliardi entro il 31 luglio del 2017, per rilevare i crediti deteriorati (Npl) delle banche più a rischio a partire da Montepaschi. In previsione del risultato annunciato a mercati chiusi erano risaliti in Borsai titoli delle principali banche, ad eccezione di Mps che aveva trovato invece nuovi minimi. Per la banca senese il rimbalzo ê arrivato oggi ( 1,28% a 0,24 euro), a bocce ferme ed in controtendenza rispetto alle altre, a parte Media-banca ( 3,55% ), spinta dall’onda lunga delle ipotesi di una scalata di Vincent Boiloré. Segno evidente che gli investitori prima di sbilanciarsi hanno voluto vedere le carte’. Quanta ad Atlante2, la cifra di 3,5 miliardi non ê passata inosservata e corrisponde ad oltre 1/3 del valore di cessione del portafoglio di sofferenze che Mps prevede di dismettere. Il 33% dei 27,7 miliardi indicati dal piano di Rocca Salimbeni, corrispondono a 9,2 miliardi netti e la prima operazione a cui parteciperà Atlante 2 sarà proprio l’acquisto per 1,6 miliardi di euro della tranche mezzanine di quel portafoglio. Seconda gli analisti di Mediobanca Securities si tratta di un’operazione sostenibile già con la dotazione iniziale di 1,72 miliardi. Secondo i colleghi di un’altra Casa d’Investimenti, invece la capacità di Atlante2 ê sufficiente per «intervenire nella messa in sicurezza di Npl per 37-56 miliardi lordi». Per l’intero comparto, poi, Banlátalia ha reso nota ieri il primo calo delle sofferenze complessive italiane dopo 3 mesi di rialzi. A fine giugno infatti il totale degli Npl è sceso a 197,9miliardi, contro i 200 del mese precedente. ***

 

Provincia – Pavese

 

Banche, allarme della Fabi «Fuori 16mila lavoratori» II sindacato: i dipendenti sono pronti ad uscire entro il 2020 dai gruppi italiani Tagliati sul territorio quasi quattromila sportelli, restano solo dirigenti e quadri

ROMA In 3 anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Di questi 8.928 sono potenzialmente prepensionabili». Lo dice Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari. «Dal 2009 al 2016 – aggiunge – sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle 5 maggiori banche italiane recentemente sottoposte a stress test dell’Eba, Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali». «Quanto agli organici delle banche italiane, ad oggi risultano composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi». In dieci anni nei 14 principali gruppi bancari italiani i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i 5 maggiori gruppi creditizi , Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi. «Negli ultimi 7 anni – spiega la Fabi – i modelli distributivi sono stati modificati una media di una volta ogni due anni, quindi tre volte in 6 anni, creando disorientamento nella clientela e nei lavoratori bancari, facendo perdere il contatto col territorio. Ci riferiamo in particolare alla revisione del modello di sportello, alla creazione di mini-agenzie, all’accentramento di servizi dalla filiale alle aree o alla direzione generale, alla realizzazione di filiali capogruppo con conseguente riduzione del numero dei direttori di filiale dei principali gruppi bancari, all’accentramento dell’attività di crediti anomali, alla divisione della clientela in retail, private e corporate, al recupero crediti e trasferimento competenze sull’estero commerciale. Stessa considerazione va fatta per l’autonomia per la concessione di affidamenti e mutui per i direttori di filiali, anche questa rivista un media di una volta ogni tre anni». Negli ultimi 6 anni il 3,6% dell’attuale popolazione bancaria di 300mila addetti è rappresentato da 10.800 lavoratori che sono stati esternalizzati e conseguentemente sono usciti dall’organico complessivo dei lavoratori delle banche. «Considerando la media anagrafica dei lavoratori bancari, – dice ancora Sileoni – ai dipendenti del settore raramente è stata applicata la pensione di vecchiaia, ma in maggioranza quella di anzianità. Partendo dal presupposto che attraverso i prepensionamenti volontari sono usciti in 10 anni circa 60mila lavoratori, allungando da 5 a 7 anni la permanenza dei lavoratori stessi nel Fondo esuberi, noi siamo convinti di risolvere definitivamente il problema delle eccedenze di personale per i prossimi tre anni».

Secolo XIX

CREDITO IN CRISI: IN TRE ANNI PERSI 12.000 POSTI, ALTRI 16.000 TAGLI GIÀ DECISI

Atlante 2 piace a Piazza Affari Montepaschi rimbalza: +1,28%. In flessione i crediti deteriorati degli istituti italiani

MILANO. La Borsa ha aspettato il giorno dopo per reagire all’avvio di Atlante 2, il fondo che ha raccolto adesioni preliminari pari a 1,72 miliardi di euro e che prevede di raggiungere una potenza di fuoco di 3,5 miliardi entro il 31 luglio del 2017, per rilevare i crediti deteriorati (Npl) delle banche più a rischio, a partire da Montepaschi. In previsione del risultato annunciato a mercati chiusi erano risaliti in Borsa i titoli delle principali banche, ad eccezione di Mps, che aveva trovato invece nuovi minimi. Per la banca senese il rimbalzo è arrivato ieri (+1,28% a 0,24 euro), a bocce ferme ed in controtendenza rispetto alle altre, a parte Mediobanca (+3,55%), spinta dall’onda lunga delle ipotesi di una scalata di Vincent Bollorè. Segno evidente che gli investitori prima di sbilanciarsi hanno voluto “vedere le carte”. Bene anche Carige: +0,87%. Quanto ad Atlante 2, la cifra di 3,5 miliardi non è passata inosservata e corrisponde ad oltre un terzo del valore di cessione del portafoglio di sofferenze che Mps prevede di dismettere. Il 33% dei 27,7 miliardi indicati dal piano di Rocca Salimbeni, corrispondono a 9,2 miliardi netti e la prima operazione a cui parteciperà Atlante 2 sarà proprio l’acquisto per 1,6 miliardi di euro della tranche mezzanine di quel portafoglio. Secondo gli analisti di Mediobanca Securities si tratta di un’operazione sostenibile già con la dotazione iniziale di 1,72 miliardi. Secondo i colleghi di un’altra Casa d’Investimenti, invece, la capacità di Atlante 2 è sufficiente per «intervenire nella messa in sicurezza di Npl per 37-56 miliardi lordi». Per l’intero comparto, poi, Bankitalia ha reso noto ieri il primo calo delle sofferenze complessive italiane dopo 3 mesi di rialzi. A fine giugno infatti il totale degli Npl è sceso a 197,9 miliardi, contro i 200 del mese precedente. Meno occupati Dalle banche italiane tra il 2013 e marzo 2016 sono usciti quasi 12 mila lavoratori e altri 16.000 sono pronti ad uscire entro i prossimi 4 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Gli sportelli bancari erano 34.036 nel 2010 e ora sono 30.064. A fotografare la situazione del settore bancario è la Fabi che sottolinea co- me siano i lavoratori a pagare i costi della crisi del settore. In 10 anni i prepensionamenti volontari hanno già riguardato 60 mila persone e, secondo il segretario generale del sindacato Lando Maria Sileoni, sarebbe possibile risolvere gestire il problema occupazionale dei prossimi 3 anni consentendo l’uso dei fondi Naspi pagati dagli istituti per finanziare l’allungamento della permanenza da 5 a 7 anni dei lavoratori nel fondo esuberi. R. E.

Sicilia

DENUNCIA DEL SINDACATO La Fabi: «Entro il 2020 altri 16mila lavoratori fuori dalle banche»

Roma. Dalle banche italiane tra il 2013 e il marzo del 2016 sono usciti quasi 12mila lavoratori e altri 16mila sono pronti ad uscire entro i prossimi 4 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Gli sportelli bancari erano 34.036 nel 2010 e ora sono 30.064. A fotografare la situazione del settore bancario è la Fabi che sottolinea come in 10 anni i prepensionamenti volontari hanno già riguardato 60mila persone. Di seguito, ecco la situazione nei principali gruppi bancari. GRUPPO POPOLARE DI VICENZA. Dal 2013 al 2016, 102 lavoratori usciti; 605 nel piano industriale 2015’20. GRUPPO CARIPARMA. In 3 anni 439 lavoratori usciti; il piano 2016’19 prevede 300 uscite. GRUPPO CARIGE. Tra il 2013 e il 2016 usciti 325 dipendenti; 351 nel piano industriale 2019-20. GRUPPO MPS. In tre anni, prepensionati 4.500 lavoratori, 1.000 esternalizzati, 500 in pensione; altri 2516 nel piano 2013’17. GRUPPO VENETO BANCA. Dal 2013 al 2016 prepensionati 118 la voratori; altri 180 esuberi nel piano 2015’20. UNICREDIT. In tre anni prevista l’uscita volontaria di 4.100 lavoratori. Nel piano 2015-18 altre 6.135 eccedenze. INTESA SANPAOLO. Dal 2013 al 2016 prepensionati in 3.540, pensionati altri 987. Nel piano 2014’20 1.018 uscite. GRUPPO BPER. Dal 2013 al 2016 usciti in 536; altri 585 esuberi nel piano 2015-’17. BNL. Dal 2013 al 2016 prepensionati 554 lavoratori, in pensione altri 533. Nel piano 2014-’16 altre 527 uscite. BANCO POPOLARE. In 3 anni prevista l’uscita di 1.005 dipendenti. Altri 400 esuberi nel piano 2014’17. GRUPPO BPM. Da12013 a12016 usciti 308 lavoratori . Il piano d’integrazione con Banco Popolare individua 605 esuberi. GRUPPO UBI. In tre anni prevista l’uscita di 1.860; altri 2.750 nel piano 2017’20. CREDITO VALTELLINESE. In tre anni, dal 2013 al 2016, prepensionati e in pensione rispettivamente 210 LA SEDE, A SIENA, DEL MONTE DEI PASCHI I numeri della crisi. Dal 2010, 4mila sportelli e 60mila bancari in meno e 21 lavoratori dell’istituto. BANCA MARCHE. Dal 2013 al 2016, 354 prepensionamenti e 104 pensionamenti. Per la Nuova Banca Marche, 210 prepensionabili a 5 anni e 320 a 7 anni. BANCA ETRURIA. In tre anni prevista l’uscita di 213 lavoratori. Altri 163 nel piano 2014-’18. CARIFERRARA. Tra 2013 e 2016 previste 294 uscite; 39 nel piano 2015-’17. CARICHIETI. Tra 2013 e 2016 prevista l’uscita di 29 lavoratori. Il piano 2016-’18 ne prevede 20. BANCA POPOLARE BARI. Tra 2013 e 2016, 136 prepensionamenti e 15 pensionamenti. Potenzialmente prepensionabili 70 unità. ***

 

Il Sole 24 Ore

Renzi: trovare più risorse per le pensioni «Dobbiamo lavorarci, le minime sono troppo basse e lo scalino troppo grosso». La trattativa: A settembre il Governo proseguirà il confronto con i sindacati Il meccanismo per evitare l’appesantimento dei conti pubblici l’anticipo sarà pagato con un prestito bancario. Davide Colombo

ROMA Sulle pensioni il Governo dovrà trovare maggiori risorse. Lo ha annunciato il presidente del Consiglio e segretario del Pd, Matteo Renzi, intervenendo ieri alla Festa dell’Unità di Bosco Albergati, nel Modenese. «Quello delle pensioni è un tema sul quale bisogna lavorare perchè negli anni scorsi si è intervenuti con l’accetta» ha affermato il premier, aggiungendo subito dopo che «ci sono le pensioni minime troppo basse e uno scalino troppo grosso. Dovremo trovare delle risorse in più per le pensioni, e non, come dice qualche scienziato, togliere i soldi dalle pensioni. Dobbiamo portare aiuto a chi non ce la fa».p La dichiarazione fa presagire un intervento rafforzato proprio sulle pensioni basse, o con l’innalzamento della “no tax area”. Secondo i tecnici vicini al dossier sono due le ipotesi sul tavolo: rafforzare la “quattordicesima” a coloro che l’hanno già incassata (le pensioni fino a 750 euro al mese) o ampliare la platea comprendendo gli assegni fino a 1.250 euro (si passerebbe da 1,2 a 2,5 milioni di beneficiari). Due opzioni che, a loro volta, potrebbero essere archiviate se si scegliesse invece di estendere la “no tax area”, oggi riconosciuta fino a circa 8mila euro per gli over 75 e circa 7.500 per gli altri pensionati. Solo questa operazione potrebbe costare fino a 900 milioni di euro, cui si devono aggiungere i 600 prenotati per l’Ape (l’anticipo pensionistico con prestito bancario assicurato) e le risorse per le altre misure: il bonus contributivo per i precoci (su cui per il momento non ci sono stime), l’allentamento dei requisiti per il riconoscimento dell’anticipo ai lavoratori impegnati in attività usuranti e la cancellazione degli oneri previsti per le ricongiunzioni di contributi versati in gestioni diverse (costo pari a circa 380 milioni a regime dal 2027 con una spesa annua non superiore ai 50 milioni su un flusso di uscita ipotizzato di 70-80mila lavoratori). Complessivamente per il “pacchetto pensioni” finora si era ragionato su una dote minima di 1,5 miliardi, giudicata però insufficiente dai sindacati. Domenico Proietti, segretario confederale Uil che segue da vicino i tavoli di confronto – che riprenderanno a settembre – cui partecipa il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini, e il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha indicato la cifra “giusta” in 2,5 miliardi. Mentre ieri in un tweet la segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso s’è detta pronta a continuare la vertenza se la dotazione per le pensioni non sarà rafforzata. Sulla stessa linea il segretario confederale della Cisl, Maurizio Petriccioli, secondo cui «se fosse confermato lo stanziamento di 1,5 miliardi per dare soluzione alle numerose vertenze previdenziali aperte nel paese, sarebbe sbagliato che, dopo il positivo lavoro fatto con il governo alla ricerca di una maggiore equità, le risorse a supporto delle soluzioni comunemente individua te risultassero un o stanziamento iniquo». Secondo Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera, di miliardi ne servono invece due. Per Damiano il Governo sta andando nella giusta direzione con le proposte messe in campo: «Ci preoccupa invece – ha osservato – il fatto che non si senta più parlare della ottava salvaguardia degli esodati e di Opzione Donna, per le quali è prevista, rispettivamente, la conferenza dei servizi attualmente in corso e un monitoraggio a settembre». A pesare sul tavolo del confronto sulle pensioni ieri sono arrivati anche i numeri della Fabi sui dipendenti bancari in esubero: 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Di questi 8.928 sono potenzialmente prepensionabili. Anche questo fronte richiederà dunque risorse per finanziare gli ammortizzatori sociali e il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, nell’intervista della settimana scorsa al Sole 24 Ore, ha in effetti confermato l’impegno in legge di Bilancio a riconoscere agevola zioni per i piani di ristrutturazione bancari che coinvolgano il personale dipendente. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Il Sole 24 Ore

STUDIO FABI Credito: gli esuberi banca per banca

Credito. Nei cinque maggiori gruppi chiuse finora 4.439 filiali Dal 2013 al 2020 le banche perderanno oltre 25mila lavoratori. Allarme Fabi: per gli scivoli i 600 milioni destinati alla Naspi

MILANO Si prevede un autunno caldo per i sindacati del settore bancaria All’orizzonte non ci sono solo le uscite dal lavoro previste da qui al 2020, superiori alle 16mila unità -piùdi25milasesiprendeinconsiderazione il periodo complessivo 2013-2020 -, ma anche il braccio di ferro con il governo per la gestione finanziaria del fondo esuberi, chela legge 59 dello scorso maggio ha portato da 5 a 7anni. Per i rappresentanti dei bancari, infatti, lo”scivolo” di due anni in più può essere gestito autonomamente dalle banche, senza contributo pubblico, solo con l’interruzione del finanziamento da 200 milioni che gli istituti bancari versano ogni anno nel fondo Naspi, per le indennità di disoccupazione degli altri settori. La nota della Fabi di ieri riassume i numeri del problema. Secondo il sindacato più rappresentativo «in 3 anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti n.9881avoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali, di cui quasi 9mila potenzialmente prepensionabili. Tra 2009 e il 2016 –spiega ancora la Fabi- sono stati tagliati 3.972 sportelli. Nei 5 maggiori istituti Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali». I piani degli istituti Delle cinque banche sottoposte a stress test dall’Unione europea, nel 2015 Intesa ha tagliato 4.144 sportelli; Unicredit 3.873; Mps 2.133; Banco popolare 1.813; Ubi 1.544. E tutte venivano da tagli maggiori fatti già nel 2009 e nel 2010. Quanto agli organici, oggi risultano composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi. Altro dato importante per i rappresentanti dei lavoratori in un decennio, nei principali 4 gruppi bancari italiani, i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, ricorda il segretario generale della Fabi Lando Maria Sileoni. La media sale a 4 volte se si considerano i 5 maggiori gruppi creditizi (Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi). Il gruppo che ha pagato di più negli ultimi tre anni è sicuramente il Monte dei paschi di Siena, dove sono stati prepensionati 4.500 lavoratori in tre anni, a cui si aggiungono mille esternalizzazioni e 500 pensionamenti, con 6 mila giornate di solidarietà. Le prossime uscite, come previsto dal piano industriale 2013-2017, sono 2.516. I punti della trattativa Nei prossimi mesi l’argomento su cui il sindacato si concentrerà maggiormente è il modo in cui il fondo esuberi dei bancari viene alimentato. «Non si chiedono indennità pubbliche di settore, ma la possibilità di sospendere il pagamento al fondo Naspi, che per noi vale 600 milioni in tre anni. In questo modo saremo in grado di prevedere “sci-voli”fmoa7anni,comescrittonella legge», sottolinea Sileoni. Si chiede quindi che prepensionamenti e pensionamenti rimangano volontari e gestiti da accordi interni, non obbligatori. Inoltre, si sottolinea ancora, il costo della crisi deve essere equamente distribuito: «A pagare non siano solo i lavoratori, ma anche cda, manager, consulenti». Come uscire dalle crisi? Allo studio c’è un nuovo modello di banca, fatto di servizi complementari e consulenze legali, fiscali, informatiche e gestionali, non solo di sportelli e figurazioni basiche. Per la Fabi in questo modo si potrebbe creare occupazione e sostenere i territori. Anche questo è tema di confronto con l’Abi.

La Stampa

“Via 12mila bancari Nel 2020 fuori altri 16mila” – R.E.

L’ALLARME DELLA FABI “Via 12mila bancari Nel 2020 fuori altri 16mila” In 3 anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi pia n i in du stria l i. D i q u esti 8 .92 8 s on o p oten zia l men t e prepensionabili». Il grido d’allarme arriva da Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari. «Dal 2009 al 2016 – prosegue Sileoni – sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle cinque maggiori banche italiane recentemente sottoposte a stress test d e ll’Eba, In t e s a, Uni cred it , Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2 009 al 2 015 son o state chiuse o cedute 4.439 filiali». «Quanto agli organici delle banche italiane, ad oggi risultano composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi». Negli ultimi 6 anni il 3,6% della popolazione bancaria di 300mila addetti è rappres entato da 10.800 lavoratori che sono stati esternalizzati e sono usciti dall’organico dei lavoratori delle banche. «Considerando la media anagrafica dei lavoratori bancari, – conclude Sileoni – ai dipendenti raramente è stata applicata la pensione d i vecchia ia , ma in maggiora nz a qu e lla d i a nz i a ni t à . Quando il governatore Visco parla di riduzione dei costi noi abbiamo solo uno strumento, il Fondo di Solidarietà, per evitare i licenziamenti, licenziamenti che contrasteremo ferocemente». [R.E.] BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI TOR INO

Tempo

 

Credito Allarme della Fabi «Entro il 2020 fuori oltre 16mila bancari»

«In 3 anni, dal 2013 a131 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Di questi 8.928 sono potenzialmente prepensionabili». Lo dichiara Lando Maria Sileoni, Segretario generale della Fabi, il sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari. «Dal 2009 a12016 – aggiunge – sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle 5 maggiori banche italiane recentemente sottoposte a Stress test dell’Eba, Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute4.439 filiali». «Quanto agli organici delle banche italiane, ad oggi risultano composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi. «Considerando la media anagrafica dei lavoratori bancari, – dice ancora Sileoni – ai dipendenti del settore raramente è stata applicata la pensione di vecchiaia, ma in maggioranza quella di anzianità. Quando il governatore Visco parla di riduzione dei costi noi abbiamo solo uno strumento, il Fondo di Solidarietà, per evitare i licenziamenti, licenziamenti che contrasteremo ferocemente. Partendo dal presupposto che attraverso i prepensionamenti volontari sono usciti in 10 anni circa 60mila lavoratori, allungando da 5 a 7 anni la permanenza dei lavoratori stessi nel Fondo esuberi, noi siamo convinti di risolvere definitivamente il problema delle eccedenze di personale per i prossimi tre anni. La condicio sine qua non è rappresentata da due obiettivi. Il primo: le banche finanziano la Naspi per tutte le categorie di lavoratori, pagando a fondo perduto circa 200 milioni di euro l’anno allo Stato. Se per tre anni le banche potessero utilizzare questi soldi per finanziare i due anni in più di durata (da 5 a 7 anni) del Fondo esuberi, allungamento dello scivolo già deciso a maggio per decreto dal Governo, il problema sarebbe risolto. La seconda condizione è che tutti i prepensionamenti dovranno rimanere su base volontaria, come fino a oggi fatto, con l’adesione del 95% dei lavoratori interessati». RI. Cal. ***

Voce di Rovigo

Le banche tagliano personale 16mila esuberi entro il 2020

ROMA – Sono oltre 16mila i bancari destinati a lasciare il lavoro entro il 2020. Lo sostiene il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, secondo cui “in tre anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988lavoratori e altri 16.109 sono pronti a uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Di questi, 8.928 sono potenzialmente prepensionabili”. Dal 2009 al 2016 sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle cinque maggiori banche sottoposte agli stress test dell’Eba, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali. Gli organici delle banche italiane “risultano composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi. Partendo dal presupposto che attraverso i prepensionamenti volontari sono usciti in 10 anni circa 6omila lavoratori, allungando da 5 a 7 anni la permanenza dei lavoratori stessi nel fondo esuberi, noi siamo convinti di risolvere definitivamente il problema delle eccedenze di personale per i prossimi tre anni”. RIPRODUZIONE RISERVATA ***

ANSA.IT 09/08/2016

Banche: entro 2020 16000 lavoratori fuori – …

(ANSA) – “In 3 anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali, di cui quasi 9.000 potenzialmente prepensionabili. A fare i conti è la Fabi con il segretario generale Lando Maria Sileoni che sottolinea come, tra 2009 e il 2016, siano stati tagliati 3.972 sportelli.   Nei 5 maggiori istituti Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali”.   Fabi propone che le banche possano usare per tre anni i 200 milioni all’anno della Naspi per finanziare i due anni in più di durata (da 5 a 7 anni) del Fondo esuberi e, sul fronte delle riduzione dei costi chiede una riduzione delle consulenze milionarie, una maggiore selezione delle sponsorizzazioni la riduzione degli stipendi dei manager, dei cda, dei comitati di gestione e di sorveglianza, dell’attività del recupero crediti e della cessione degli npl.  

 

ANTONIOAMODEOBLOG.BLOGSPOT.COM 09/08/2016

 

Banche, a rischio 16mila lavoratori da qui al 2020. Secondo le stime della Fabi, tra crisi, ristrutturazioni, chiusure e trasferimenti il settore ha perso in tre anni 12mila posti di lavoro. Ed entro i prossimi quattro ne potrebbe perdere altri.

Pubblicato da www.repubblica.it 09 agosto 2016

MILANO – Saranno i lavoratori a pagare la crisi che attraversa il settore bancario, a cominciare dal cambiamento del modello contrattuale, per finire alla modalità con cui si fa banca oggi. Lo denuncia la Fabi, il sindacato dei bancari. “In 3 anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 – spiega il segretario generale Lando Maria Sileoni – in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali, di cui quasi 9.000 potenzialmente prepensionabili. Tra 2009 e il 2016 sono stati tagliati 3.972 sportelli. E nei 5 maggiori istituti, Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali. La Fabi punta il dito sul cambiamento di fare banca oggi. “Ci riferiamo in particolare alla revisione del modello di sportello, alla creazione di mini-agenzie, all’accentramento di servizi dalla filiale alle aree o alla direzione generale, alla realizzazione di filiali capogruppo con conseguente riduzione del numero dei direttori di filiale dei principali gruppi bancari, all’ accentramento dell’attività di crediti anomali, alla divisione della clientela in retail, private e corporate, al recupero crediti e trasferimento competenze sull’estero commerciale. Stessa considerazione va fatta per l’autonomia per la concessione di affidamenti e mutui per i direttori di filiali, anche questa rivista un media di una volta ogni tre anni”, continua il sindacalista della Fabi. “Negli ultimi 6 anni il 3,6% dell’attuale popolazione bancaria di 300mila addetti è rappresentato da 10.800 lavoratori che sono stati esternalizzati e conseguentemente sono usciti dall’organico complessivo dei lavoratori delle banche – continua Sileoni -. Considerando la media anagrafica dei lavoratori bancari, ai dipendenti del settore raramente è stata applicata la pensione di vecchiaia, ma in maggioranza quella di anzianità”. E una risposta la Fabi la dà anche al governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco che ha parlato recentemente di riduzione dei costi del sistema bancario. “Noi abbiamo solo uno strumento – gli fa eco la Fabi – il Fondo di Solidarietà, per evitare i licenziamenti che contrasteremo ferocemente”. Sul fronte della riduzione dei costi, dice ancora Sileoni, “desidereremmo interventi più incisivi sia dal Governatore Visco sia dal Ministro Padoan rispetto alle consulenze milionarie soprattutto in ambito informatico, alle sponsorizzazioni selvagge e inutili come quelle per esempio del raduno delle macchine d’epoca, del finanziamento d’improbabili circoli culturali, del finanziamento di sagre e feste di dubbio valore, di sponsorizzazioni per attività sportive professionistiche che non hanno alcun senso, mentre rappresenta un alto valore sociale sponsorizzare le attività sportive dilettantistiche. I principali gruppi bancari, lodevolmente, finanziano attività di ricerca medica, garantiscono sostegno finanziario alle fondazioni ospedaliere e alle manifestazioni artistiche e culturali. Desidereremmo – continua la Fabi – più incisività da parte del ministro Padoan e del governatore Visco rispetto alla necessità di ridurre gli alti stipendi dei manager, dei consigli d’amministrazione, dei comitati di gestione e di sorveglianza, delle consulenze milionarie, dell’attività del recupero crediti e della cessione dei non performing loans. Attività quest’ultima che crea odiosi interventi sui territori a danno della clientela”. Il 38,5% dei lavoratori bancari, conclude la Fabi, “cambia mansione molto raramente, una volta ogni 6 anni. Questo produce una stagnazione a danno di una maggiore conoscenza professionale di altri servizi. Le nostre proposte di un nuovo modello di banca hub le abbiamo già rese pubbliche: recupero delle attività un tempo svolta dalle banche (come recupero crediti e attività legali), più consulenza in materia fiscale, tecnologica e gestionale, più specializzazione e creazione di nuovi mestieri uscendo così dal tradizionale perimetro del settore bancario e sviluppando le condizioni per mantenere e aumentare livelli occupazionali e ricavi”. “Quanto agli organici delle banche italiane, ad oggi risultano composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi. Questa la composizione anagrafica nel dettaglio al 31 dicembre 2014: lo 0,3% ha meno di 21 anni, lo 0,6%, ha tra i 21 e i 25, il 4,5% tra i 26 e i 30, l’11,2% tra i 31 e i 35, il 13,6% tra i 36 e i 40, il 17,1% tra i 41 e i 45, il 18% tra i 46 e i 50, il 18,4% tra i 51 e i 55, il 13,8% tra i 56 e i 60, il 2,7% tra i 61 e i 65, infine gli over 65 rappresentano lo 0,0%”, afferma ancora Sileoni. In 10 anni nei 14 principali gruppi bancari italiani i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i 5 maggiori gruppi creditizi , Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi. –

ASKANEWS.IT 09/08/2016

Banche, Fabi: altri 16mila lavoratori in esubero entro il 2020 – …

Roma, 9 ago. (askanews) – Sono oltre 16mila i bancari destinati a lasciare il lavoro entro il 2020. Lo sostiene il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, secondo cui “in tre anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti a uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Di questi, 8.928 sono potenzialmente prepensionabili”. Dal 2009 al 2016, spiega il sindacalista, “sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle cinque maggiori banche recentemente sottoposte agli stress test dell’Eba, Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi Banca, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali”. Gli organici delle banche italiane “risultano composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi”. Negli ultimi sei anni “il 3,6% dell’attuale popolazione bancaria di 300mila addetti è rappresentato da 10.800 lavoratori che sono stati esternalizzati e conseguentemente sono usciti dall’organico complessivo dei lavoratori delle banche”. In dieci anni “nei 14 principali gruppi bancari i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i cinque maggiori gruppi creditizi”. Negli ultimi sette anni, in particolare, “i modelli distributivi sono stati modificati una media di una volta ogni due anni, quindi tre volte in sei anni, creando disorientamento nella clientela e nei lavoratori bancari, facendo perdere il contatto col territorio”. “Ci riferiamo in particolare – sottolinea Sileoni – alla revisione del modello di sportello, alla creazione di mini-agenzie, all’accentramento di servizi dalla filiale alle aree o alla direzione generale, alla realizzazione di filiali capogruppo con conseguente riduzione del numero dei direttori di filiale dei principali gruppi bancari, all’accentramento dell’attività di crediti anomali, alla divisione della clientela in retail, private e corporate, al recupero crediti e trasferimento competenze sull’estero commerciale”.

 

BRESCIAOGGI.IT 09/08/2016

Banche:entro 2020 16000 lavoratori fuori – …

 

(ANSA) – ROMA, 9 AGO – “In 3 anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali, di cui quasi 9.000 potenzialmente prepensionabili. A fare i conti è la Fabi con il segretario generale Lando Maria Sileoni che sottolinea come, tra 2009 e il 2016, siano stati tagliati 3.972 sportelli. Nei 5 maggiori istituti Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali”. Fabi propone che le banche possano usare per tre anni i 200 milioni all’anno della Naspi per finanziare i due anni in più di durata (da 5 a 7 anni) del Fondo esuberi e, sul fronte delle riduzione dei costi chiede una riduzione delle consulenze milionarie, una maggiore selezione delle sponsorizzazioni la riduzione degli stipendi dei manager, dei cda, dei comitati di gestione e di sorveglianza, dell’attività del recupero crediti e della cessione degli npl.

 

CORRIERE.IT 09/08/2016

Bancari, il conto della crisi altri 16mila esuberi entro il 2020 – …

«In 3 anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Di questi 8.928 sono potenzialmente prepensionabili». La contabilità è di Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato maggioritario, per rappresentanza, dei lavoratori bancari. «Dal 2009 al 2016 – aggiunge – sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle 5 maggiori banche italiane recentemente sottoposte a stress test dell’Eba, Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali». Gli organici «Quanto agli organici delle banche italiane, ad oggi risultano composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi. Questa la composizione anagrafica nel dettaglio al 31 dicembre 2014: lo 0,3% ha meno di 21 anni, lo 0,6%, ha tra i 21 e i 25, il 4,5% tra i 26 e i 30, l’11,2% tra i 31 e i 35, il 13,6% tra i 36 e i 40, il 17,1% tra i 41 e i 45, il 18% tra i 46 e i 50, il 18,4% tra i 51 e i 55, il 13,8% tra i 56 e i 60, il 2,7% tra i 61 e i 65, infine gli over 65 rappresentano lo 0,0%», afferma ancora Sileoni. In 10 anni nei 14 principali gruppi bancari italiani i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i 5 maggiori gruppi creditizi , Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi. I piani industriali Negli ultimi 7 anni, spiega la Fabi, i modelli distributivi sono stati modificati una media di una volta ogni due anni, quindi tre volte in 6 anni, «creando disorientamento nella clientela e nei lavoratori bancari, facendo perdere il contatto col territorio. Ci riferiamo in particolare alla revisione del modello di sportello, alla creazione di mini-agenzie, all’accentramento di servizi dalla filiale alle aree o alla direzione generale, alla realizzazione di filiali capogruppo con conseguente riduzione del numero dei direttori di filiale dei principali gruppi bancari, all’ accentramento dell’attività di crediti anomali, alla divisione della clientela in retail, private e corporate, al recupero crediti e trasferimento competenze sull’estero commerciale. Stessa considerazione va fatta per l’autonomia per la concessione di affidamenti e mutui per i direttori di filiali, anche questa rivista un media di una volta ogni tre anni». Le esternalizzazioni Negli ultimi 6 anni il 3,6% dell’attuale popolazione bancaria di 300mila addetti è rappresentato da 10.800 lavoratori che sono stati esternalizzati e conseguentemente sono usciti dall’organico complessivo dei lavoratori delle banche. «Considerando la media anagrafica dei lavoratori bancari, – dice ancora Sileoni – ai dipendenti del settore raramente è stata applicata la pensione di vecchiaia, ma in maggioranza quella di anzianità. Quando il governatore Visco parla di riduzione dei costi noi abbiamo solo uno strumento, il fondo di solidarietà, per evitare i licenziamenti, licenziamenti che contrasteremo ferocemente. Partendo dal presupposto che attraverso i prepensionamenti volontari sono usciti in 10 anni circa 60mila lavoratori, allungando da 5 a 7 anni la permanenza dei lavoratori stessi nel Fondo esuberi, noi siamo convinti di risolvere definitivamente il problema delle eccedenze di personale per i prossimi tre anni. La condicio sine qua non è rappresentata da due obiettivi. Il primo: le banche finanziano la Naspi per tutte le categorie di lavoratori, pagando a fondo perduto circa 200 milioni di euro l’anno allo Stato. Se per tre anni le banche potessero utilizzare questi soldi per finanziare i due anni in più di durata (da 5 a 7 anni) del Fondo esuberi, allungamento dello scivolo già deciso a maggio per decreto dal governo, il problema sarebbe risolto. La seconda condizione è la seguente: tutti i prepensionamenti dovranno rimanere su base volontaria, come fino a oggi fatto, con l’adesione del 95% dei lavoratori interessati». La volontarietà Questo dimostra che «mantenendo la volontarietà, la quasi totalità dei lavoratori ha aderito con soddisfazione ai prepensionamenti (all’assegno di sostegno al reddito del fondo esuberi viene normalmente aggiunto un importo concordato in sede aziendale, che permette al lavoratore di andare in prepensionamento volontario con un assegno pari tra l’80% o l’85% dell’ultimo stipendio)».

CORRIERE.IT 09/08/2016

Banche: Fabi, in 3 anni usciti 12mila lavoratori, altri 16mila entro 2020 – …

14:49 (Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) – Milano, 09 ago – ‘In tre anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Di questi 8.928 sono potenzialmente prepensionabili”. Lo ha sottolineato il segretario della Fabi, Lando Sileoni, presentando uno studio del sindacato sui 14 maggiori istituti italiani a cui si aggiungono le 4 banche salvate nel Centro Italia (Banca Marche, Etruria, CariFerrara e CariChieti). In sostanza, in poco più di tre anni, ha lasciato il lavoro poco meno del 5% dei bancari e nei prossimi 4 anni toccherà a un altro 7% circa. La crisi occupazionale riflette la crisi e il taglio delle filiali. “Dal 2009 al 2016 – prosegue Sileoni – sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle 5 maggiori banche italiane recentemente sottoposte a Stress test dell’Eba, Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali’. mau (RADIOCOR) 09-08-16 14:49:46

CORRIERE.IT 09/08/2016

Banche: Fabi, entro il 2020 altri 16mila lavoratori in uscita -3– – …

15:20 (Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) – Roma, 09 ago – Infine, la Fabi ricapitola la situazione occupazionale dei gruppi bancari nazionali. La Popolare di Vicenza “dal 2013 al 2016 ha visto uscire volontariamente 102 lavoratori e 62 per pensionamento. L’ultimo piano industriale presentato, quello relativo al 2015/20, prevede ulteriori 605 esuberi e i lavoratori potenzialmente prepensionabili sono 575”. Il Gruppo Cariparma “prevede 300 uscite al 2019”. Carige che ha varato tre piani industriali in 10 anni, individua (piano industriale 2019-2020) “351 eccedenze”. Quanto a Mps “le prossime uscite, come da piano industriale 2013-17, sono 2.516 da realizzarsi entro il 2017 attraverso il Fondo di solidarieta’. In 10 anni il Gruppo e’ passato attraverso quattro piani industriali”. La Fabi ricorda poi che Unicredit nel “piano industriale 2015-18 ha individuato ulteriori 6.135 eccedenze di personale e i lavoratori potenzialmente prepensionabili sono 2.100. I piani industriali negli ultimi 10 anni sono stati cinque”. Invece, per Intesa Sanpaolo, “le prossime uscite, come da piano industriale 2014/20, ammontano a 1.018 unita’ e i lavoratori potenzialmente prepensionabili sono 332”.

CORRIERE.IT 09/08/2016

Banche: Fabi, entro il 2020 altri 16mila lavoratori in uscita -4- – …

15:24 (Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) – Roma, 09 ago – La rassegna dell’emergenza occupazionale degli istituti prosegue con il Gruppo Bper, il cui piano industriale 2015-17 “prevede ulteriori 585 esuberi, di cui 316 potenzialmente gestibili attraverso il Fondo di Solidarieta’”. Per Bnl “le prossime uscite previste dal piano industriale 2014-16 ammontano a 527 e i lavoratori potenzialmente prepensionabili attraverso il fondo esuberi sono 160. Negli ultimi 10 anni il gruppo ha presentato sei piani industriali”. Banco Popolare “prevede ulteriori 400 esuberi” al 2017, “con 324 lavoratori potenzialmente prepensionabili. Negli ultimi 10 anni il Gruppo e’ passato attraverso cinque piani industriali”. Per Bpm “il piano industriale d’integrazione col Banco Popolare individua ulteriori 605 esuberi e i lavoratori prepensionabili sono 585”. Ubi “nel periodo 2017/20 prevede ulteriori 2.750 uscite”. La nuova Banca Marche “ha un bacino di 210 lavoratori prepensionabili a 5 anni e di 320 a 7 anni”. Banca Etruria “ha deliberato al 2018 ulteriori 163 uscite”.

CORRIERE.IT 09/08/2016

Banche: Fabi, entro il 2020 altri 16mila lavoratori in uscita -2- – …

15:07 ‘A pagare la crisi i lavoratori, ridurre stipendi alti’ (Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) – Roma, 09 ago – In sintesi, e’ la denuncia del sindacato, “a pagare la crisi del settore bancario sono i lavoratori”. Quanto agli organici delle banche italiane, indica la Fabi, “ad oggi risultano composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi”. Il sindacato sottolinea anche che “in 10 anni nei 14 principali gruppi bancari italiani i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i 5 maggiori gruppi creditizi: Intesa, UniCredit, Mps, Banco Popolare e Ubi. Inoltre, “negli ultimi 7 anni i modelli distributivi sono stati modificati una media di una volta ogni due anni, quindi tre volte in 6 anni, creando disorientamento nella clientela e nei lavoratori bancari, facendo perdere il contatto col territorio. Quando il governatore Visco – rimarca Sileoni – parla di riduzione dei costi noi abbiamo solo uno strumento, il Fondo di Solidarieta’, per evitare i licenziamenti, licenziamenti che contrasteremo ferocemente. Partendo dal presupposto che attraverso i prepensionamenti volontari sono usciti in 10 anni circa 60mila lavoratori, allungando da 5 a 7 anni la permanenza dei lavoratori stessi nel Fondo esuberi, noi siamo convinti di risolvere definitivamente il problema delle eccedenze di personale per i prossimi tre anni”. Ancora, “sul fronte della riduzione dei costi desidereremmo interventi piu’ incisivi sia dal Governatore Visco sia dal ministro Padoan rispetto alle consulenze milionarie soprattutto in ambito informatico, alle sponsorizzazioni selvagge e inutili. Desidereremmo piu’ incisivita’ da parte del ministro Padoan e del governatore Visco rispetto alla necessita’ di ridurre gli alti stipendi dei manager, dei consigli d’amministrazione, dei comitati di gestione e di sorveglianza”. (RADIOCOR)

 

CORRIERE.IT 09/08/2016

Banche: Fabi, entro il 2020 altri 16 mila lavoratori in uscita – …

14:56 Dei quali 8.928 potenzialmente prepensionabili (Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) – Roma, 09 ago – ‘In tre anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Di questi 8.928 sono potenzialmente prepensionabili”. Sono i calcoli effettuati dalla Fabi, sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari e illustrati in una nota dal segretario generale Lando Maria Sileoni. “Dal 2009 al 2016 – sottolinea Sileoni – sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle cinque maggiori banche italiane recentemente sottoposte agli Stress test dell’Eba – Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi – dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali’. com-fil (RADIOCOR) 09-08-16 14:56:23 (0329) 5 #|#http://www.corriere.it/notizie-ultima-ora/Economia/Banche-Fabi-entro-2020-altri-mila-lavoratori-uscita/09-08-2016/1-A_030629929.shtml

 

 

ECONOMIA.ILMESSAGGERO.IT 09/08/2016

La crisi bancaria la pagano i lavoratori: 16 mila esuberi previsti entro il 2020 – …

(Teleborsa) – Sono oltre 16 mila i bancari destinati a lasciare il posto di lavoro entro il 2020. La stima è stata formulata dal sindacato dei bancari FABI, dopo le parole pronunciate ieri dal Ministro Padoan. La previsione è stata formulata tenendo conto degli ultimi piani industriali pubblicati dai maggiori Istituti. Secondo il presidente del sindacato, Lando Maria Sileoni, negli ultimi tre anni sono stati persi già 12 mila posti e “dal 2009 al 2016 sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle cinque maggiori banche italiane recentemente sottoposte agli stress test dell’EBA – Intesa, Unicredit , Mps, Banco Popolare e Ubi – dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali”. In sostanza, il sindacato denuncia che sono i lavoratori a pagare la crisi del settore bancario ed i piani di austerity che le banche sono state costrette a mettere a punto, a causa delle più rigide regole sul patrimonio. Il rapporto segnala anche che gli organici delle banche italiane sono oggi composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi, e che negli ultimi sei anni il 3,6% dell’attuale popolazione bancaria di 300 mila addetti è rappresentato da 10.800 lavoratori che sono stati esternalizzati e conseguentemente sono usciti dall’organico complessivo dei lavoratori delle banche. Per contro, negli ultimi dieci anni, nei 14 principali gruppi bancari, i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i cinque maggiori gruppi creditizi. Inoltre i modelli distributivi sono cambiati tre volte in sei anni, creando disorientamento nella clientela e nei lavoratori bancari, facendo perdere il contatto col territorio. Ma quali e quante sono le banche coinvolte? Sempre secondo la FABI e tenendo in considerazione i piani delle banche, sono previsti circa 2 mila 500 esuberi in MPS, oltre 6 mila in Unicredit, di cui 2.100 prepensionamenti, circa un migliaio in Intesa Sanpaolo, 585 in Banca Popolare Emilia Romagna, 527 in BNL, un migliaio fra Banco Popolare e BPM, oltre 2 mila 700 in UBI, circa 300 in Cariparma e Carige e un centinaio nella Banca Popolare di Vicenza.

EDICOLA24.COM 09/08/2016

Banche, sindacato: “Il conto lo pagano i lavoratori. In tre anni 12mila posti tagliati e entro il 2020 fuori altri 16mila” – …

In tre anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, i gruppi bancari italiani hanno tagliato “11.988 lavoratori“. E “altri 16.109, di cui 8.928 potenzialmente prepensionabili, sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali”. A fare il conto è la Fabi, il sindacato più rappresentativo dei lavoratori bancari. Secondo il segretario generale Lando Maria Sileoni, “dal 2009 al 2016 sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle 5 maggiori banche italiane recentemente sottoposte a Stress test dell’Eba, Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali”. Più in generale, “in 10 anni nei 14 principali gruppi bancari italiani i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i 5 maggiori gruppi creditizi, Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi. E negli ultimi 7 anni i modelli distributivi sono stati modificati una media di una volta ogni due anni, quindi tre volte in 6 anni, creando disorientamento nella clientela e nei lavoratori bancari, facendo perdere il contatto col territorio”. “Ci riferiamo in particolare alla revisione del modello di sportello, alla creazione di mini-agenzie, all’accentramento di servizi dalla filiale alle aree o alla direzione generale, alla realizzazione di filiali capogruppo con conseguente riduzione del numero dei direttori di filiale dei principali gruppi bancari, all’accentramento dell’attività di crediti anomali, alla divisione della clientela in retail, private e corporate, al recupero crediti e trasferimento competenze sull’estero commerciale. Stessa considerazione va fatta per l’autonomia per la concessione di affidamenti e mutui per i direttori di filiali, anche questa rivista un media di una volta ogni tre anni”, continua il sindacalista della Fabi. “Negli ultimi 6 anni il 3,6% dell’attuale popolazione bancaria di 300mila addetti è rappresentato da 10.800 lavoratori che sono stati esternalizzati e conseguentemente sono usciti dall’organico complessivo dei lavoratori delle banche – aggiunge Sileoni -. Considerando la media anagrafica dei lavoratori bancari, ai dipendenti del settore raramente è stata applicata la pensione di vecchiaia, ma in maggioranza quella di anzianità. Quando il governatore Visco parla di riduzione dei costi noi abbiamo solo uno strumento, il Fondo di Solidarietà, per evitare i licenziamenti che contrasteremo ferocemente”.

 

FINANZA.REPUBBLICA.IT 09/08/2016

Banche, a rischio 16mila lavoratori da qui al 2020 – …

Banche, a rischio 16mila lavoratori da qui al 2020 09/08/2016 15.37.46 MILANO – Saranno i lavoratori a pagare la crisi che attraversa il settore bancario, a cominciare dal cambiamento del modello contrattuale, per finire alla modalità con cui si fa banca oggi. Lo denuncia la Fabi, il sindacato dei bancari. “In 3 anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 – spiega il segretario generale Lando Maria Sileoni – in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali, di cui quasi 9.000 potenzialmente prepensionabili. Tra 2009 e il 2016 sono stati tagliati 3.972 sportelli. E nei 5 maggiori istituti, Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali. La Fabi punta il dito sul cambiamento di fare banca oggi. “Ci riferiamo in particolare alla revisione del modello di sportello, alla creazione di mini-agenzie, all’accentramento di servizi dalla filiale alle aree o alla direzione generale, alla realizzazione di filiali capogruppo con conseguente riduzione del numero dei direttori di filiale dei principali gruppi bancari, all’ accentramento dell’attività di crediti anomali, alla divisione della clientela in retail, private e corporate, al recupero crediti e trasferimento competenze sull’estero commerciale. Stessa considerazione va fatta per l’autonomia per la concessione di affidamenti e mutui per i direttori di filiali, anche questa rivista un media di una volta ogni tre anni”, continua il sindacalista della Fabi. “Negli ultimi 6 anni il 3,6% dell’attuale popolazione bancaria di 300mila addetti è rappresentato da 10.800 lavoratori che sono stati esternalizzati e conseguentemente sono usciti dall’organico complessivo dei lavoratori delle banche – continua Sileoni -. Considerando la media anagrafica dei lavoratori bancari, ai dipendenti del settore raramente è stata applicata la pensione di vecchiaia, ma in maggioranza quella di anzianità”. E una risposta la Fabi la dà anche al governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco che ha parlato recentemente di riduzione dei costi del sistema bancario. “Noi abbiamo solo uno strumento – gli fa eco la Fabi – il Fondo di Solidarietà, per evitare i licenziamenti che contrasteremo ferocemente”. Sul fronte della riduzione dei costi, dice ancora Sileoni, “desidereremmo interventi più incisivi sia dal Governatore Visco sia dal Ministro Padoan rispetto alle consulenze milionarie soprattutto in ambito informatico, alle sponsorizzazioni selvagge e inutili come quelle per esempio del raduno delle macchine d’epoca, del finanziamento d’improbabili circoli culturali, del finanziamento di sagre e feste di dubbio valore, di sponsorizzazioni per attività sportive professionistiche che non hanno alcun senso, mentre rappresenta un alto valore sociale sponsorizzare le attività sportive dilettantistiche. I principali gruppi bancari, lodevolmente, finanziano attività di ricerca medica, garantiscono sostegno finanziario alle fondazioni ospedaliere e alle manifestazioni artistiche e culturali. Desidereremmo – continua la Fabi – più incisività da parte del ministro Padoan e del governatore Visco rispetto alla necessità di ridurre gli alti stipendi dei manager, dei consigli d’amministrazione, dei comitati di gestione e di sorveglianza, delle consulenze milionarie, dell’attività del recupero crediti e della cessione dei non performing loans. Attività quest’ultima che crea odiosi interventi sui territori a danno della clientela”. Il 38,5% dei lavoratori bancari, conclude la Fabi, “cambia mansione molto raramente, una volta ogni 6 anni. Questo produce una stagnazione a danno di una maggiore conoscenza professionale di altri servizi. Le nostre proposte di un nuovo modello di banca hub le abbiamo già rese pubbliche: recupero delle attività un tempo svolta dalle banche (come recupero crediti e attività legali), più consulenza in materia fiscale, tecnologica e gestionale, più specializzazione e creazione di nuovi mestieri uscendo così dal tradizionale perimetro del settore bancario e sviluppando le condizioni per mantenere e aumentare livelli occupazionali e ricavi”. “Quanto agli organici delle banche italiane, ad oggi risultano composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi. Questa la composizione anagrafica nel dettaglio al 31 dicembre 2014: lo 0,3% ha meno di 21 anni, lo 0,6%, ha tra i 21 e i 25, il 4,5% tra i 26 e i 30, l’11,2% tra i 31 e i 35, il 13,6% tra i 36 e i 40, il 17,1% tra i 41 e i 45, il 18% tra i 46 e i 50, il 18,4% tra i 51 e i 55, il 13,8% tra i 56 e i 60, il 2,7% tra i 61 e i 65, infine gli over 65 rappresentano lo 0,0%”, afferma ancora Sileoni. In 10 anni nei 14 principali gruppi bancari italiani i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i 5 maggiori gruppi creditizi , Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi.

 

FINANZA-MERCATI.ILSOLE24ORE.COM 09/08/2016

Banche: Fabi, in 3 anni usciti 12mila lavoratori, altri 16mila entro 2020 – …

09/08/2016 14:49 Banche: Fabi, in 3 anni usciti 12mila lavoratori, altri 16mila entro 2020 (Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) – Milano, 09 ago – ‘In tre anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Di questi 8.928 sono potenzialmente prepensionabili”. Lo ha sottolineato il segretario della Fabi, Lando Sileoni, presentando uno studio del sindacato sui 14 maggiori istituti italiani a cui si aggiungono le 4 banche salvate nel Centro Italia (Banca Marche, Etruria, CariFerrara e CariChieti). In sostanza, in poco piu’ di tre anni, ha lasciato il lavoro poco meno del 5% dei bancari e nei prossimi 4 anni tocchera’ a un altro 7% circa. La crisi occupazionale riflette la crisi e il taglio delle filiali.”Dal 2009 al 2016 – prosegue Sileoni – sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle 5 maggiori banche italiane recentemente sottoposte a Stress test dell’Eba, Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali’.

FUTUROMOLISE.NET 09/08/2016

Banche, a rischio 16mila lavoratori da qui al 2020 – …

“In 3 anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Di questi 8.928 sono potenzialmente prepensionabili. Dal 2009 al 2016 sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle 5 maggiori banche italiane recentemente sottoposte a stress test dell’Eba, Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali. Il conto della crisi del settore bancario lo pagano i lavoratori”. Lo dichiara Lando Maria Sileoni, Segretario generale della FABI, il sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari.

ILFATTOQUOTIDIANO.IT 09/08/2016

Banche, sindacato: “Il conto lo pagano i lavoratori. In tre anni 12mila posti tagliati e entro il 2020 fuori altri 16mila” – …

In tre anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, i gruppi bancari italiani hanno tagliato “11.988 lavoratori“. E “altri 16.109, di cui 8.928 potenzialmente prepensionabili, sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali”. A fare il conto è la Fabi, il sindacato più rappresentativo dei lavoratori bancari. Secondo il segretario generale Lando Maria Sileoni, “dal 2009 al 2016 sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle 5 maggiori banche italiane recentemente sottoposte a Stress test dell’Eba, Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali”. Più in generale, “in 10 anni nei 14 principali gruppi bancari italiani i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i 5 maggiori gruppi creditizi, Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi. E negli ultimi 7 anni i modelli distributivi sono stati modificati una media di una volta ogni due anni, quindi tre volte in 6 anni, creando disorientamento nella clientela e nei lavoratori bancari, facendo perdere il contatto col territorio”. “Ci riferiamo in particolare alla revisione del modello di sportello, alla creazione di mini-agenzie, all’accentramento di servizi dalla filiale alle aree o alla direzione generale, alla realizzazione di filiali capogruppo con conseguente riduzione del numero dei direttori di filiale dei principali gruppi bancari, all’accentramento dell’attività di crediti anomali, alla divisione della clientela in retail, private e corporate, al recupero crediti e trasferimento competenze sull’estero commerciale. Stessa considerazione va fatta per l’autonomia per la concessione di affidamenti e mutui per i direttori di filiali, anche questa rivista un media di una volta ogni tre anni”, continua il sindacalista della Fabi. “Negli ultimi 6 anni il 3,6% dell’attuale popolazione bancaria di 300mila addetti è rappresentato da 10.800 lavoratori che sono stati esternalizzati e conseguentemente sono usciti dall’organico complessivo dei lavoratori delle banche – aggiunge Sileoni -. Considerando la media anagrafica dei lavoratori bancari, ai dipendenti del settore raramente è stata applicata la pensione di vecchiaia, ma in maggioranza quella di anzianità. Quando il governatore Visco parla di riduzione dei costi noi abbiamo solo uno strumento, il Fondo di Solidarietà, per evitare i licenziamenti che contrasteremo ferocemente”.

 

ILFOGLIETTONE.IT 09/08/2016

Il bancario tra i più precari, via 12mila lavoratori in 3 anni. In 2020 fuori altri 16mila – …

“In 3 anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Di questi 8.928 sono potenzialmente prepensionabili”. Lo dichiara Lando Maria Sileoni, segretario della Fabi, il sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari. “Dal 2009 al 2016 – aggiunge – sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle 5 maggiori banche italiane recentemente sottoposte a Stress test dell’Eba, Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali”. “Quanto agli organici delle banche italiane, ad oggi risultano composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi (vedi tabella allegata). Questa la composizione anagrafica nel dettaglio al 31 dicembre 2014: lo 0,3% ha meno di 21 anni, lo 0,6%, ha tra i 21 e i 25, il 4,5% tra i 26 e i 30, l’11,2% tra i 31 e i 35, il 13,6% tra i 36 e i 40, il 17,1% tra i 41 e i 45, il 18% tra i 46 e i 50, il 18,4% tra i 51 e i 55, il 13,8% tra i 56 e i 60, il 2,7% tra i 61 e i 65, infine gli over 65 rappresentano lo 0,0%”, afferma ancora Sileoni. In 10 anni nei 14 principali gruppi bancari italiani i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i 5 maggiori gruppi creditizi , Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi.

ILSOLE24ORE.COM 09/08/2016

Gli esuberi banca per banca: le stime del sindacato Fabi – …

La Fabi, il principale sindacato bancario italiano, ricapitola la situazione occupazionale dei gruppi bancari nazionali e le prospettive di riduzione del personale già annunciate dai maggiori gruppi italiani. Vediamo la situazione e le prospettive banca per banca. Dal 2013 al 2016 la Banca Popolare di Vicenza ha visto uscire volontariamente 102 lavoratori e 62 per pensionamento. L’ultimo piano industriale presentato, quello relativo al 2015/20, prevede ulteriori 605 esuberi e i lavoratori potenzialmente prepensionabili sono 575. Il Gruppo Cariparma prevede invece 300 uscite entro il 2019. Carige, che ha varato tre piani industriali in 10 anni, individua (piano industriale 2019-2020) «351 eccedenze». Quanto a Mps, il gruppo toscano finito nel mirino delle vendite nelle ultime settimane dopo la bocciatura negli stress test europei, «le prossime uscite, come da piano industriale 2013-17, sono 2.516 da realizzarsi entro il 2017 attraverso il Fondo di solidarietà. In 10 anni il Gruppo è passato attraverso quattro piani industriali». La Fabi ricorda poi che Unicredit nel «piano industriale 2015-18 ha individuato ulteriori 6.135 eccedenze di personale e i lavoratori potenzialmente prepensionabili sono 2.100. I piani industriali negli ultimi 10 anni sono stati cinque». Invece, per Intesa Sanpaolo, «le prossime uscite, come da piano industriale 2014/20, ammontano a 1.018 unità e i lavoratori potenzialmente prepensionabili sono 332».La rassegna dell’emergenza occupazionale degli istituti prosegue con il Gruppo Bper, il cui piano industriale 2015-17 «prevede ulteriori 585 esuberi, di cui 316 potenzialmente gestibili attraverso il Fondo di Solidarietà». Per Bnl «le prossime uscite previste dal piano industriale 2014-16 ammontano a 527 e i lavoratori potenzialmente prepensionabili attraverso il fondo esuberi sono 160. Negli ultimi 10 anni il gruppo ha presentato sei piani industriali». Banco Popolare «prevede ulteriori 400 esuberi» al 2017, «con 324 lavoratori potenzialmente prepensionabili. Negli ultimi 10 anni il Gruppo è passato attraverso cinque piani industriali». Per Bpm «il piano industriale d’integrazione col Banco Popolare individua ulteriori 605 esuberi e i lavoratori prepensionabili sono 585». Ubi «nel periodo 2017/20 prevede ulteriori 2.750 uscite». La nuova Banca Marche «ha un bacino di 210 lavoratori prepensionabili a 5 anni e di 320 a 7 anni». Infine Banca Etruria «ha deliberato al 2018 ulteriori 163 uscite». © Riproduzione riservata

ILSOLE24ORE.COM 09/08/2016

Entro il 2020 altri 16mila lavoratori in uscita dalle banche – …

«In tre anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Di questi 8.928 sono potenzialmente prepensionabili». Sono i calcoli effettuati dalla Fabi, sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari, e illustrati in una nota dal segretario generale Lando Maria Sileoni. «Dal 2009 al 2016 – sottolinea Sileoni – sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle cinque maggiori banche italiane recentemente sottoposte agli Stress test dell’Eba – Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi – dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali». In sintesi, è la denuncia del sindacato, «a pagare la crisi del settore bancario sono i lavoratori». Quanto agli organici delle banche italiane, indica la Fabi, «ad oggi risultano composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi». Il sindacato sottolinea anche che in 10 anni nei 14 principali gruppi bancari italiani i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i 5 maggiori gruppi creditizi: Intesa, UniCredit, Mps, Banco Popolare e Ubi. Inoltre, negli ultimi 7 anni i modelli distributivi sono stati modificati una media di una volta ogni due anni, quindi tre volte in 6 anni, creando disorientamento nella clientela e nei lavoratori bancari, facendo perdere il contatto col territorio. Quando il governatore Visco – rimarca Sileoni – parla di riduzione dei costi noi abbiamo solo uno strumento, il Fondo di Solidarietà, per evitare i licenziamenti, licenziamenti che contrasteremo ferocemente. «Partendo dal presupposto che attraverso i prepensionamenti volontari sono usciti in 10 anni circa 60mila lavoratori, allungando da 5 a 7 anni la permanenza dei lavoratori stessi nel Fondo esuberi, noi siamo convinti di risolvere definitivamente il problema delle eccedenze di personale per i prossimi tre anni». Ancora, «sul fronte della riduzione dei costi desidereremmo interventi più incisivi sia dal Governatore Visco sia dal ministro Padoan rispetto alle consulenze milionarie soprattutto in ambito informatico, alle sponsorizzazioni selvagge e inutili. Desidereremmo più incisività da parte del ministro Padoan e del governatore Visco rispetto alla necessità di ridurre gli alti stipendi dei manager, dei consigli d’amministrazione, dei comitati di gestione e di sorveglianza». (Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) © Riproduzione riservata

 

IT.FINANCE.YAHOO.COM 09/08/2016

Banche, Fabi: altri 16mila lavoratori in esubero entro il 2020 – …

Banche, Fabi: altri 16mila lavoratori in esubero entro il 2020Roma, 9 ago. (askanews) – Sono oltre 16mila i bancari destinati a lasciare il lavoro entro il 2020. Lo sostiene il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, secondo cui “in tre anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti a uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Di questi, 8.928 sono potenzialmente prepensionabili”. Dal 2009 al 2016, spiega il sindacalista, “sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle cinque maggiori banche recentemente sottoposte agli stress test dell’Eba, Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi Banca, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali”. Gli organici delle banche italiane “risultano composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi”. Negli ultimi sei anni “il 3,6% dell’attuale popolazione bancaria di 300mila addetti è rappresentato da 10.800 lavoratori che sono stati esternalizzati e conseguentemente sono usciti dall’organico complessivo dei lavoratori delle banche”. In dieci anni “nei 14 principali gruppi bancari i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i cinque maggiori gruppi creditizi”. Negli ultimi sette anni, in particolare, “i modelli distributivi sono stati modificati una media di una volta ogni due anni, quindi tre volte in sei anni, creando disorientamento nella clientela e nei lavoratori bancari, facendo perdere il contatto col territorio”. “Ci riferiamo in particolare – sottolinea Sileoni – alla revisione del modello di sportello, alla creazione di mini-agenzie, all’accentramento di servizi dalla filiale alle aree o alla direzione generale, alla realizzazione di filiali capogruppo con conseguente riduzione del numero dei direttori di filiale dei principali gruppi bancari, all’accentramento dell’attività di crediti anomali, alla divisione della clientela in retail, private e corporate, al recupero crediti e trasferimento competenze sull’estero commerciale”.

 

IT.REUTERS.COM 09/08/2016

Banche Italia, per sindacati in tre anni usciti 12.000 lavoratori, entro 2020 altri 16.000 – …

MILANO (Reuters) – Negli ultimi tre anni il sistema bancario italiano ha visto l’uscita di circa 12.000 lavoratori, pari a circa il 5% degli addetti e nei prossimi quattro anni un altro 7% è destinato a lasciare il lavoro. E’ quanto rileva il sindacato bancario Fabi in un’analisi sulla situazione occupazionale dei 14 principali gruppi bancari italiani a cui si aggiungono le 4 banche salvate Banca Marche, Etruria, CariFerrara e CariChieti, che rappresentano complessivamente il 92% dell’intero settore. La forte riduzione degli occupati del settore è figlia della crisi e dei nuovi modelli distributivi che ha comportato chiusure di sportelli, esternalizzazioni e continue revisioni di piani industriali. “In tre anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Di questi 8.928 sono potenzialmente prepensionabili”, ha sottolineato in una nota il segretario della Fabi, Lando Sileoni. Relativamente alla rete “dal 2009 al 2016 sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio”, aggiunge. In particolare nei cinque gruppi recentemente sottoposti agli stress test dell’Eba, ovvero, Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali. Il sindacato evidenzia le continue modifiche dei modelli distributivi, in media una volta ogni due anni negli ultimi sette anni “creando disorientamento nella clientela e nei lavoratori bancari, facendo perdere il contatto col territorio”. “In 10 anni nei 14 principali gruppi bancari italiani i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i 5 maggiori gruppi creditizi”, specifica. Sul sito www.reuters.it altre notizie Reuters in italiano.

 

LAREPUBBLICA.IT 09/08/2016

Banche, in tre anni persi 12mila lavoratori – …

MILANO – Saranno i lavoratori a pagare la crisi che attraversa il settore bancario, a cominciare dal cambiamento del modello contrattuale, per finire alla modalità con cui si fa banca oggi. Lo denuncia la Fabi, il sindacato dei bancari. “In 3 anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 – spiega il segretario generale Lando Maria Sileoni – in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali, di cui quasi 9.000 potenzialmente prepensionabili. Tra 2009 e il 2016 sono stati tagliati 3.972 sportelli. E nei 5 maggiori istituti, Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali. La Fabi punta il dito sul cambiamento di fare banca oggi. “Ci riferiamo in particolare alla revisione del modello di sportello, alla creazione di mini-agenzie, all’accentramento di servizi dalla filiale alle aree o alla direzione generale, alla realizzazione di filiali capogruppo con conseguente riduzione del numero dei direttori di filiale dei principali gruppi bancari, all’ accentramento dell’attività di crediti anomali, alla divisione della clientela in retail, private e corporate, al recupero crediti e trasferimento competenze sull’estero commerciale. Stessa considerazione va fatta per l’autonomia per la concessione di affidamenti e mutui per i direttori di filiali, anche questa rivista un media di una volta ogni tre anni”, continua il sindacalista della Fabi. “Negli ultimi 6 anni il 3,6% dell’attuale popolazione bancaria di 300mila addetti è rappresentato da 10.800 lavoratori che sono stati esternalizzati e conseguentemente sono usciti dall’organico complessivo dei lavoratori delle banche – continua Sileoni -. Considerando la media anagrafica dei lavoratori bancari, ai dipendenti del settore raramente è stata applicata la pensione di vecchiaia, ma in maggioranza quella di anzianità”. E una risposta la Fabi la dà anche al governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco che ha parlato recentemente di riduzione dei costi del sistema bancario. “Noi abbiamo solo uno strumento – gli fa eco la Fabi – il Fondo di Solidarietà, per evitare i licenziamenti che contrasteremo ferocemente”. Sul fronte della riduzione dei costi, dice ancora Sileoni, “desidereremmo interventi più incisivi sia dal Governatore Visco sia dal Ministro Padoan rispetto alle consulenze milionarie soprattutto in ambito informatico, alle sponsorizzazioni selvagge e inutili come quelle per esempio del raduno delle macchine d’epoca, del finanziamento d’improbabili circoli culturali, del finanziamento di sagre e feste di dubbio valore, di sponsorizzazioni per attività sportive professionistiche che non hanno alcun senso, mentre rappresenta un alto valore sociale sponsorizzare le attività sportive dilettantistiche. I principali gruppi bancari, lodevolmente, finanziano attività di ricerca medica, garantiscono sostegno finanziario alle fondazioni ospedaliere e alle manifestazioni artistiche e culturali. Desidereremmo – continua la Fabi – più incisività da parte del ministro Padoan e del governatore Visco rispetto alla necessità di ridurre gli alti stipendi dei manager, dei consigli d’amministrazione, dei comitati di gestione e di sorveglianza, delle consulenze milionarie, dell’attività del recupero crediti e della cessione dei non performing loans. Attività quest’ultima che crea odiosi interventi sui territori a danno della clientela”. Il 38,5% dei lavoratori bancari, conclude la Fabi, “cambia mansione molto raramente, una volta ogni 6 anni. Questo produce una stagnazione a danno di una maggiore conoscenza professionale di altri servizi. Le nostre proposte di un nuovo modello di banca hub le abbiamo già rese pubbliche: recupero delle attività un tempo svolta dalle banche (come recupero crediti e attività legali), più consulenza in materia fiscale, tecnologica e gestionale, più specializzazione e creazione di nuovi mestieri uscendo così dal tradizionale perimetro del settore bancario e sviluppando le condizioni per mantenere e aumentare livelli occupazionali e ricavi”. “Quanto agli organici delle banche italiane, ad oggi risultano composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi. Questa la composizione anagrafica nel dettaglio al 31 dicembre 2014: lo 0,3% ha meno di 21 anni, lo 0,6%, ha tra i 21 e i 25, il 4,5% tra i 26 e i 30, l’11,2% tra i 31 e i 35, il 13,6% tra i 36 e i 40, il 17,1% tra i 41 e i 45, il 18% tra i 46 e i 50, il 18,4% tra i 51 e i 55, il 13,8% tra i 56 e i 60, il 2,7% tra i 61 e i 65, infine gli over 65 rappresentano lo 0,0%”, afferma ancora Sileoni. In 10 anni nei 14 principali gruppi bancari italiani i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i 5 maggiori gruppi creditizi , Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi.

 

LEGGO.IT 09/08/2016

Crisi, nuova scure sui bancari: “Entro il 2020 fuori oltre 16mila dipendenti” – …

ROMA – Si abbatte sulle banche la scure dei tagli. Ad affermarlo, il segretario generale della Fabi (Federazione Autonoma Bancari Italiani) Maria Sileoni.   “In 3 anni – spiega – dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali, di cui quasi 9.000 potenzialmente prepensionabili”.   Sileoni sottolinea come, tra 2009 e il 2016, siano stati tagliati 3.972 sportelli. Nei 5 maggiori istituti Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali. “Dal 2009 al 2016 – sottolinea Sileoni – sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle cinque maggiori banche italiane recentemente sottoposte agli Stress test dell’Eba – Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi – dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filialì”.? © RIPRODUZIONE RISERVATA

 

LETTERA43.IT 09/08/2016

Bancari, Fabi: «Entro il 2020 altri 16 mila esuberi» – …

(© Ansa) Nei cinque maggiori istituti di credito (Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi) dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali. Il grande esodo dei bancari continua. Il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, ha fatto il punto sulle uscite negli ultimi tre anni. Dal 2013 al 31 marzo 2016, 11.988 lavoratori hanno lasciato il lavoro in base agli accordi sindacali. E «altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020». Tra il 2009 e il 2016, ha spiegato Sileoni, sono stati tagliati 3.972 sportelli e nei cinque maggiori istituti di credito italiani (Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi), dal 2009 al 2015 sono state «chiuse o cedute 4.439 filiali». © RIPRODUZIONE RISERVATA

 

MEDIASET.IT 09/08/2016

Banche, Fabi: entro il 2020 altri 16mila lavoratori a casa – …

Oltre 16mila lavoratori sono pronti a uscire dalle banche entro il 2020 “in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali”, 9mila dei quali “potenzialmente prepensionabili”. A fare la previsione è il segretario della Fabi (Federazione autonoma bancari italiani) Lando Maria Sileoni, sottolineando che, tra il 2009 e il 2016, sono stati tagliati 3.972 sportelli. Dal 2013 al 2016, aggiunge, dal mondo del credito sono usciti 11.988 lavoratori.

 

MILANOFINANZA.IT 09/08/2016

 

Banche, nel 2020 fuori altri 16 mila lavoratori – …

In 3 anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti a uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali degli ultimi piani industriali. Di questi 8.928 sono potenzialmente prepensionabili. È quanto ha reso noto Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari. “Dal 2009 al 2016”, ha specificato Sileoni, “sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle cinque maggiori banche italiane recentemente sottoposte a stress test dell’Eba, Intesa Sanpaolo , Unicredit , Mps , Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali”, ha aggiunto. “Quanto agli organici delle banche italiane”, ha continuato, “a oggi risultano composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi”, ha commentato il sindacalista secondo cui in 10 anni nei 14 principali gruppi bancari italiani i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte. Inoltre negli ultimi 7 anni i modelli distributivi sono stati modificati una media di una volta ogni due anni, creando disorientamento nella clientela e nei lavoratori bancari. “Ci riferiamo”, hanno messo in luce dalla Fabi, “alla revisione del modello di sportello, alla creazione di mini-agenzie, all’accentramento di servizi dalla filiale alle aree o alla realizzazione di filiali capogruppo con conseguente riduzione del numero dei direttori di filiale dei principali gruppi bancari”. Stessa considerazione va fatta per l’autonomia per la concessione di affidamenti e mutui per i direttori di filiali, anche questa rivista un media di una volta ogni tre anni. Non solo. Negli ultimi 6 anni il 3,6% dell’attuale popolazione bancaria di 300 mila addetti è rappresentato da 10.800 lavoratori che sono stati esternalizzati e conseguentemente sono usciti dall’organico complessivo dei lavoratori delle banche. “Considerando la media anagrafica dei lavoratori bancari”, ha indicato ancora Sileoni, “ai dipendenti del settore raramente è stata applicata la pensione di vecchiaia, ma in maggioranza quella di anzianità. Quando il governatore Visco parla di riduzione dei costi noi abbiamo solo uno strumento, il Fondo di solidarietà, per evitare i licenziamenti. Partendo dal presupposto che attraverso i prepensionamenti volontari sono usciti in 10 anni circa 60mila lavoratori, allungando da 5 a 7 anni la permanenza dei lavoratori stessi nel Fondo esuberi, noi siamo convinti di risolvere definitivamente il problema delle eccedenze di personale per i prossimi tre anni”. La condicio sine qua non è rappresentata da due obiettivi. Il primo: le banche finanziano la Naspi per tutte le categorie di lavoratori, pagando a fondo perduto circa 200 milioni di euro l’anno allo Stato. Se per tre anni le banche potessero utilizzare questi soldi per finanziare i due anni in più di durata (da 5 a 7 anni) del Fondo esuberi il problema sarebbe risolto. La seconda condizione è la seguente: tutti i prepensionamenti dovranno rimanere su base volontaria. Questo dimostra che “mantenendo la volontarietà, la quasi totalità dei lavoratori ha aderito con soddisfazione ai prepensionamenti”. Quanto alla riduzione dei costi, ha proseguito Sileoni, “desidereremmo interventi più incisivi sia dal governatore Visco sia dal ministro Padoan rispetto alle consulenze milionarie soprattutto in ambito informatico, alle sponsorizzazioni selvagge e inutili come quelle per esempio del raduno delle macchine d’epoca, del finanziamento d’improbabili circoli culturali, del finanziamento di sagre e feste di dubbio valore, di sponsorizzazioni per attività sportive professionistiche che non hanno alcun senso, mentre rappresenta un alto valore sociale sponsorizzare le attività sportive dilettantistiche”. I principali gruppi bancari finanziano attività di ricerca medica, garantiscono sostegno finanziario alle fondazioni ospedaliere e alle manifestazioni artistiche e culturali. “Desidereremmo più incisività da parte del ministro Padoan e del governatore Visco rispetto alla necessità di ridurre gli alti stipendi dei manager, dei consigli d’amministrazione, dei comitati di gestione e di sorveglianza, delle consulenze milionarie, dell’attività del recupero crediti e della cessione dei non performing loan”, ha incalzato il segretario generale della Fabi. Attività, quest’ultima, che crea odiosi interventi sui territori a danno della clientela. Il 38,5% dei lavoratori bancari, ha concluso la Fabi, “cambia mansione molto raramente, una volta ogni 6 anni. Questo produce una stagnazione a danno di una maggiore conoscenza professionale di altri servizi. Le nostre proposte di un nuovo modello di banca hub le abbiamo già rese pubbliche: recupero delle attività un tempo svolta dalle banche, come recupero crediti e attività legali, più consulenza in materia fiscale, tecnologica e gestionale, più specializzazione e creazione di nuovi mestieri uscendo così dal tradizionale perimetro del settore bancario e sviluppando le condizioni per mantenere e aumentare livelli occupazionali e ricavi”.

 

MILANOFINANZA.IT 09/08/2016

 

Banche: Fabi, 16.109 lavoratori pronti a uscire entro 2020 – …

ROMA (MF-DJ)–“In 3 anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Di questi 8.928 sono potenzialmente prepensionabili”. Lo ha detto Lando Maria Sileoni, Segretario generale della Fabi, il sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari, spiegando che “dal 2009 al 2016 sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle 5 maggiori banche italiane recentemente sottoposte a Stress test dell’Eba, Intesa , Unicredit , Mps , Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali”. “Quanto agli organici delle banche italiane, ad oggi risultano composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi (vedi tabella allegata). In 10 anni nei 14 principali gruppi bancari italiani i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i 5 maggiori gruppi creditizi , Intesa , Unicredit , Mps , Banco Popolare e Ubi”, ha proseguito. “Negli ultimi 7 anni i modelli distributivi sono stati modificati una media di una volta ogni due anni, quindi tre volte in 6 anni, creando disorientamento nella clientela e nei lavoratori bancari, facendo perdere il contatto col territorio. Ci riferiamo in particolare alla revisione del modello di sportello, alla creazione di mini-agenzie, all’accentramento di servizi dalla filiale alle aree o alla direzione generale, alla realizzazione di filiali capogruppo con conseguente riduzione del numero dei direttori di filiale dei principali gruppi bancari, all’accentramento dell’attivita’ di crediti anomali, alla divisione della clientela in retail, private e corporate, al recupero crediti e trasferimento competenze sull’estero commerciale. Stessa considerazione va fatta per l’autonomia per la concessione di affidamenti e mutui per i direttori di filiali, anche questa rivista un media di una volta ogni tre anni”, ha osservato. “Negli ultimi 6 anni il 3,6% dell’attuale popolazione bancaria di 300.000 addetti e’ rappresentato da 10.800 lavoratori che sono stati esternalizzati e conseguentemente sono usciti dall’organico complessivo dei lavoratori delle banche. Considerando la media anagrafica dei lavoratori bancari, ai dipendenti del settore raramente e’ stata applicata la pensione di vecchiaia, ma in maggioranza quella di anzianita’”. “Partendo dal presupposto che attraverso i prepensionamenti volontari sono usciti in 10 anni circa 60.000 lavoratori, allungando da 5 a 7 anni la permanenza dei lavoratori stessi nel Fondo esuberi, noi siamo convinti di risolvere definitivamente il problema delle eccedenze di personale per i prossimi 3 anni. La condicio sine qua non e’ rappresentata da 2 obiettivi. Il 1* e’ che le banche finanziano la Naspi per tutte le categorie di lavoratori, pagando a fondo perduto circa 200 milioni di euro l’anno allo Stato. Se per tre anni le banche potessero utilizzare questi soldi per finanziare i due anni in piu’ di durata (da 5 a 7 anni) del Fondo esuberi, allungamento dello scivolo gia’ deciso a maggio per decreto dal Governo, il problema sarebbe risolto”. La seconda condizione e’ che “tutti i prepensionamenti dovranno rimanere su base volontaria, come fino a oggi fatto, con l’adesione del 95% dei lavoratori interessati”. Inoltre, ha dichiarato Sileoni a nome della Fabi “desidereremmo piu’ incisivita’ da parte del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e del governatore di Bankitalia, Ignazio Visco rispetto alla necessita’ di ridurre gli alti stipendi dei manager, dei Cda, dei comitati di gestione e di sorveglianza, delle consulenze milionarie, dell’attivita’ del recupero crediti e della cessione dei non performing loans. Attivita’ quest’ultima che crea odiosi interventi sui territori a danno della clientela”, ha concluso. (fine) MF-DJ NEWS

NEWSITALIANE.IT 09/08/2016

CRISI, NUOVA SCURE SUI BANCARI: “ENTRO IL 2020 FUORI OLTRE 16MILA DIPENDENTI” – …

ROMA – Si abbatte sulle banche la scure dei tagli. Ad affermarlo, il segretario generale della Fabi (Federazione Autonoma Bancari Italiani) Maria Sileoni. “In 3 anni – spiega – dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali, di cui quasi 9.000 potenzialmente prepensionabili”. Sileoni sottolinea come, tra 2009 e il 2016, siano stati tagliati 3.972 sportelli. Nei 5 maggiori istituti Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali. “Dal 2009 al 2016 – sottolinea Sileoni – sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle cinque maggiori banche italiane recentemente sottoposte agli Stress test dell’Eba – Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi – dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filialì”.

NOTIZIE.TISCALI.IT 09/08/2016

Banche, Fabi: altri 16mila lavoratori in esubero entro il 2020 – …

Roma, 9 ago. (askanews) – Sono oltre 16mila i bancari destinati a lasciare il lavoro entro il 2020. Lo sostiene il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, secondo cui “in tre anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti a uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Di questi, 8.928 sono potenzialmente prepensionabili”. Dal 2009 al 2016, spiega il sindacalista, “sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle cinque maggiori banche recentemente sottoposte agli stress test dell’Eba, Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi Banca, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali”.Gli organici delle banche italiane “risultano composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi”. Negli ultimi sei anni “il 3,6% dell’attuale popolazione bancaria di 300mila addetti è rappresentato da 10.800 lavoratori che sono stati esternalizzati e conseguentemente sono usciti dall’organico complessivo dei lavoratori delle banche”. In dieci anni “nei 14 principali gruppi bancari i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i cinque maggiori gruppi creditizi”. Negli ultimi sette anni, in particolare, “i modelli distributivi sono stati modificati una media di una volta ogni due anni, quindi tre volte in sei anni, creando disorientamento nella clientela e nei lavoratori bancari, facendo perdere il contatto col territorio. Ci riferiamo in particolare – sottolinea Sileoni – alla revisione del modello di sportello, alla creazione di mini-agenzie, all’accentramento di servizi dalla filiale alle aree o alla direzione generale, alla realizzazione di filiali capogruppo con conseguente riduzione del numero dei direttori di filiale dei principali gruppi bancari, all’accentramento dell’attività di crediti anomali, alla divisione della clientela in retail, private e corporate, al recupero crediti e trasferimento competenze sull’estero commerciale”.

NOTIZIE.TISCALI.IT 09/08/2016

Banche: entro 2020 16000 lavoratori fuori – …

(ANSA) – ROMA, 9 AGO – “In 3 anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali, di cui quasi 9.000 potenzialmente prepensionabili. A fare i conti è la Fabi con il segretario generale Lando Maria Sileoni che sottolinea come, tra 2009 e il 2016, siano stati tagliati 3.972 sportelli. Nei 5 maggiori istituti Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali”. Fabi propone che le banche possano usare per tre anni i 200 milioni all’anno della Naspi per finanziare i due anni in più di durata (da 5 a 7 anni) del Fondo esuberi e, sul fronte delle riduzione dei costi chiede una riduzione delle consulenze milionarie, una maggiore selezione delle sponsorizzazioni la riduzione degli stipendi dei manager, dei cda, dei comitati di gestione e di sorveglianza, dell’attività del recupero crediti e della cessione degli npl.

QUIFINANZA.IT 09/08/2016

La crisi bancaria la pagano i lavoratori: 16 mila esuberi previsti entro il 2020 – …

09/08/2016 – (Teleborsa) – Sono oltre 16 mila i bancari destinati a lasciare il posto di lavoro entro il 2020. La stima è stata formulata dal sindacato dei bancari FABI, dopo le parole pronunciate ieri dal Ministro Padoan. La previsione è stata formulata tenendo conto degli ultimi piani industriali pubblicati dai maggiori Istituti. Secondo il presidente del sindacato, Lando Maria Sileoni, negli ultimi tre anni sono stati persi già 12 mila posti e “dal 2009 al 2016 sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle cinque maggiori banche italiane recentemente sottoposte agli stress test dell’EBA – Intesa, Unicredit , Mps, Banco Popolare e Ubi – dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali”. In sostanza, il sindacato denuncia che sono i lavoratori a pagare la crisi del settore bancario ed i piani di austerity che le banche sono state costrette a mettere a punto, a causa delle più rigide regole sul patrimonio. Il rapporto segnala anche che gli organici delle banche italiane sono oggi composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi, e che negli ultimi sei anni il 3,6% dell’attuale popolazione bancaria di 300 mila addetti è rappresentato da 10.800 lavoratori che sono stati esternalizzati e conseguentemente sono usciti dall’organico complessivo dei lavoratori delle banche. Per contro, negli ultimi dieci anni, nei 14 principali gruppi bancari, i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i cinque maggiori gruppi creditizi. Inoltre i modelli distributivi sono cambiati tre volte in sei anni, creando disorientamento nella clientela e nei lavoratori bancari, facendo perdere il contatto col territorio. Ma quali e quante sono le banche coinvolte? Sempre secondo la FABI e tenendo in considerazione i piani delle banche, sono previsti circa 2 mila 500 esuberi in MPS, oltre 6 mila in Unicredit, di cui 2.100 prepensionamenti, circa un migliaio in Intesa Sanpaolo, 585 in Banca Popolare Emilia Romagna, 527 in BNL, un migliaio fra Banco Popolare e BPM, oltre 2 mila 700 in UBI, circa 300 in Cariparma e Carige e un centinaio nella Banca Popolare di Vicenza.

 

TELEBORSA.IT 09/08/2016

La crisi bancaria la pagano i lavoratori: 16 mila esuberi previsti entro il 2020 – …

(Teleborsa) – Sono oltre 16 mila i bancari destinati a lasciare il posto di lavoro entro il 2020. La stima è stata formulata dal sindacato dei bancari FABI, dopo le parole pronunciate ieri dal Ministro Padoan. La previsione è stata formulata tenendo conto degli ultimi piani industriali pubblicati dai maggiori Istituti. Secondo il presidente del sindacato, Lando Maria Sileoni, negli ultimi tre anni sono stati persi già 12 mila posti e “dal 2009 al 2016 sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle cinque maggiori banche italiane recentemente sottoposte agli stress test dell’EBA – Intesa, Unicredit , Mps, Banco Popolare e Ubi – dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali”. In sostanza, il sindacato denuncia che sono i lavoratori a pagare la crisi del settore bancario ed i piani di austerity che le banche sono state costrette a mettere a punto, a causa delle più rigide regole sul patrimonio. Il rapporto segnala anche che gli organici delle banche italiane sono oggi composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi, e che negli ultimi sei anni il 3,6% dell’attuale popolazione bancaria di 300 mila addetti è rappresentato da 10.800 lavoratori che sono stati esternalizzati e conseguentemente sono usciti dall’organico complessivo dei lavoratori delle banche. Per contro, negli ultimi dieci anni, nei 14 principali gruppi bancari, i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i cinque maggiori gruppi creditizi. Inoltre i modelli distributivi sono cambiati tre volte in sei anni, creando disorientamento nella clientela e nei lavoratori bancari, facendo perdere il contatto col territorio. Ma quali e quante sono le banche coinvolte? Sempre secondo la FABI e tenendo in considerazione i piani delle banche, sono previsti circa 2 mila 500 esuberi in MPS, oltre 6 mila in Unicredit, di cui 2.100 prepensionamenti, circa un migliaio in Intesa Sanpaolo, 585 in Banca Popolare Emilia Romagna, 527 in BNL, un migliaio fra Banco Popolare e BPM, oltre 2 mila 700 in UBI, circa 300 in Cariparma e Carige e un centinaio nella Banca Popolare di Vicenza.

Alto Adige

Banche, allarme della Fabi «Fuori 16mila lavoratori» II sindacato: i dipendenti sono pronti ad uscire entro il 2020 dai gruppi italiani. Tagliati sul territorio quasi quattromila sportelli, restano solo dirigenti e quadri

ROMA «In 3 anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Di questi 8.928 sono potenzialmente prepensionabili». Lo dice Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari. «Dal 2009 al 2016 – aggiunge – sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle 5 maggiori banche italiane recentemente sottoposte a stress test dell’Eba, Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali». «Quanto agli organici delle banche italiane, ad oggi risultano composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi». In dieci anni nei 14 principali gruppi bancari italiani i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i 5 maggiori gruppi creditizi , Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi. «Negli ultimi 7 anni – spiega la Fabi – i modelli distributivi sono stati modificati una media di una volta ogni due anni, quindi tre volte in 6 anni, creando disorientamento nella clientela e nei lavoratori bancari, facendo perdere il contatto col territorio. Ci riferiamo in particolare alla revisione del modello di sportello, alla creazione di mini-agenzie, all’accentramento di servizi dalla filiale alle aree o alla direzione generale, alla realizzazione di filiali capogruppo con conseguente riduzione del numero dei direttori di filiale dei principali gruppi bancari, all’accentramento dell’attività di crediti anomali, alla divisione della clientela in retail, private e corporate, al recupero crediti e trasferimento competenze sull’estero commerciale. Stessa considerazione va fatta per l’autonomia per la concessione di affidamenti e mutui per i direttori di filiali, anche questa rivista un media di una volta ogni tre anni». Negli ultimi 6 anni il 3,6% dell’attuale popolazione bancaria di 300mila addetti è rappresentato da 10.800 lavoratori che sono stati esternalizzati e conseguentemente sono usciti dall’organico complessivo dei lavoratori delle banche. «Considerando la media anagrafica dei lavoratori bancari, – dice ancora Sileoni – ai dipendenti del settore raramente è stata applicata la pensione di vecchiaia, ma in maggioranza quella di anzianità. Partendo dal presupposto che attraverso i prepensionamenti volontari sono usciti in 10 anni circa 60mila lavoratori, allungando da 5 a 7 anni la permanenza dei lavoratori stessi nel Fondo esuberi, noi siamo convinti di risolvere definitivamente il problema delle eccedenze di personale per i prossimi tre anni».

Trentino

Banche, allarme della Fabi «Fuori 16mila lavoratori» II sindacato: i dipendenti sono pronti ad uscire entro il 2020 dai gruppi italiani. Tagliati sul territorio quasi quattromila sportelli, restano solo dirigenti e quadri

ROMA «In 3 anni, dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020 in base agli accordi sindacali sugli ultimi piani industriali. Di questi 8.928 sono potenzialmente prepensionabili». Lo dice Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato di maggioranza dei lavoratori bancari. «Dal 2009 al 2016 – aggiunge – sono stati tagliati sul territorio 3.972 sportelli, di cui 1.697 nell’ultimo triennio. In particolare nelle 5 maggiori banche italiane recentemente sottoposte a stress test dell’Eba, Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi, dal 2009 al 2015 sono state chiuse o cedute 4.439 filiali». «Quanto agli organici delle banche italiane, ad oggi risultano composti prevalentemente da lavoratori tra i 46 e i 55 anni, in maggioranza dirigenti e quadri direttivi». In dieci anni nei 14 principali gruppi bancari italiani i piani industriali sono cambiati o sono stati aggiornati in media 3,5 volte, media che sale a 4 se si considerano i 5 maggiori gruppi creditizi , Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi. «Negli ultimi 7 anni – spiega la Fabi – i modelli distributivi sono stati modificati una media di una volta ogni due anni, quindi tre volte in 6 anni, creando disorientamento nella clientela e nei lavoratori bancari, facendo perdere il contatto col territorio. Ci riferiamo in particolare alla revisione del modello di sportello, alla creazione di mini-agenzie, all’accentramento di servizi dalla filiale alle aree o alla direzione generale, alla rea-lizza7ione di filiali capogruppo con conseguente riduzione del numero dei direttori di filiale dei principali gruppi bancari, all’accentramento dell’attività di crediti anomali, alla divisione della clientela in retail, private e corporate, al recupero crediti e trasferimento competenze sull’estero commerciale. Stessa considerazione va fatta per l’autonomia per la concessione di affidamenti e mutui per i direttori di filiali, anche questa rivista un media di una volta ogni tre anni». Negli ultimi 6 anni il 3,6% dell’attuale popolazione bancaria di 300mila addetti è rappresentato da 10.800 lavoratori che sono stati esternalizzati e conseguentemente sono usciti dall’organico complessivo dei lavoratori delle banche. «Considerando la media anagrafica dei lavoratori bancari, – dice ancora Sileoni – ai dipendenti del settore raramente è stata applicata la pensione di vecchiaia, ma in maggioranza quella di anzianità. Partendo dal presupposto che attraverso i prepensionamenti volontari sono usciti in 10 anni circa 60mila lavoratori, allungando da 5 a 7 anni la permanenza dei lavoratori stessi nel Fondo esuberi, noi siamo convinti di risolvere definitivamente il problema delle eccedenze di personale per i prossimi tre anni». 16mila lavoratori delle banche sono In uscita, secondo stime della Fabi ***

 

 

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