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“PROBLEMA BANCHE SONO SOFFERENZE E CATTIVA GESTIONE” – SILEONI RISPONDE A ROSSI, TUTTA LA STAMPA

di Redazione

Rai TG3, martedì 4 ottobre ore 19.00

“I sindacati rispondono a Bankitalia”

Cittadino di Lodi 05/10/2016

«Inevitabili gli esuberi studiare leggi ad hoc» – …

Nelle banche «occorre accelerare la razionalizzazione delle strutture organizzative centrali e della rete in modo da riassorbire l’eccesso di capacità produttiva che si è determinato in questi lunghi annidi crisi. In non pochi casi saranno inevitabili interventi sul personale: si potranno utilizzare gli ammortizzatori sociali esistenti, ovvero il pensionamento anticipato finanziato dal fondo di solidarietà di settore, per il quale è stata recentemente ampliata la possibilità di utilizzo; ma, se necessario, occorreranno interventi ad hoc». Lo ha detto il direttore generale della Banca d’Italia e presidente dell’Ivass, Salvatore Rossi, intervenendo alla Giornata del credito. «Contrasteremo ogni forma di coercizione e di obbligo su eventuali esuberi del settore», ha replicato a stretto giro di posta Lando Sileoni, Segretario generale della Fabi, il sindacato di maggioranza dei bancari. ***

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Corriere della Sera 05/10/2016

«Banche, misure ad hoc per gli esuberi Le Casse? Ci sarà una soluzione positiva» – Ducci Andrea

ROMA Riduzione di personale e l’individuazione di un diverso modello di attività. A certificare il destino del settore bancario è Salvatore Rossi in occasione della i8 Giornata del Credito. Il direttore generale di Bankitalia e presidente dell’Ivass (l’Authority di Vigilanza sulle Assicurazioni) ricorda i due grandi fattori di cambiamento del contesto in cui operano le banche. Oltre alla riforma delle regole di gioco della finanza», spiega Rossi, a determinare il nuovo scenario è « il formidabile sviluppo della tecnologia». La combinata di questi elementi ha già minato le fondamenta del modello creditizio tradizionale. Non a caso, l’ex capo del servizio studi di Bankitalia ricorre a una metafora sanitaria: «Ci si aspetta che l’industria bancaria italiana faccia esercizio fisico e perda peso al fine di recuperare agilità». La cura suggerita da Rossi transita per «la razionalizzazione delle strutture organizzative centrali e della rete sul territorio, in modo da riassorbire l’eccesso di capacità produttiva. In non pochi casi saranno inevitabili interventi sul personale». Quest’ultimo passaggio è corredato degli strumenti da utilizzare sul fronte delle risorse umane: pensionamenti anticipati finanziati dal fondo di solidarietà del settore e, se necessario, anche misure legislative ad hoc per fare fronte agli esuberi, ricorrendo agli ammortizzatori sociali. Una specifica che innesca la reazione sindacale. La Fabi di Lando Sileoni fissa alcune condizioni. A partire dal secco no a ogni forma di coercizione e di obbligo su eventuali esuberi. Il secondo punto riguarda l’appello al governo affinché intervenga per rafforzare il fondo esuberi dei bancari e, infine, la contrarietà all’introduzione dell’indennità di disoccupazione nel settore. Ma la redditività delle banche non si recupera solo riducendo il personale. Il settore è chiamato a fare i conti anche con il resto dei suoi mali. È necessario «un buon governo societario che, promuova efficaci sistemi di controllo dei rischi, assicurando efficienza nel processo di allocazione del credito», osserva il dg di Palazzo Koch, specificando che «il problema dei problemi delle nostre banche è la bassa redditività. In Italia il problema è acuto e riflette l’elevato livello dei crediti deteriorati». Nell’elenco delle priorità figurano pure la dismissione delle attività non legate al core business, la maggiore redditività ed efficienza tramite investimenti in tecnologia e formazione. Rossi parla di «nuovo modello». Interpellato sulla sorte delle 4 good bank (Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara) il dg di Bankitalia afferma che, anche in caso di fallimento della procedura di vendita, «ci sono ipotesi e strumenti per trovare una soluzione positiva, Quello che è importante, per Rossi, è «la stabilità finanziaria del Paese. Andrea Ducci

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Eco di Bergamo 05/10/2016

Esuberi, Bankitalia batte cassa: «Serve legge ad hoc» – D’Ortenzio Andrea

ROMA ANDREA D’ORTENZIO Mancano dai 100 ai 200 milioni di euro di risorse al Fondo esuberi del settore bancario per agevolare le uscite chieste da governo e Banca d’Italia, e sempre più impellenti a causa della rivoluzione tecnologica che sta investendo il settore. Ancora una volta il direttore generale di Via Nazionale, Salvatore Rossi, senza entrare nelle cifre, ha parlato di «inevitabili interventi sul personale» e di possibili «interventi ad hoc», anche legislativi. Ma quella somma il Fondo, oramai «spremuto» dalle uscite passate e quelle in corso, pari a ventimila lavoratori, non l’ha, spiegano diverse fonti, e dovrebbe poter essere reperita con un intervento del governo ancora però tutto da definire. Non è chiaro se questa possa essere una misura fiscale o di altro tipo, magari sotto altri capitoli e quindi non direttamente sul lato esuberi Un possibile contributo alla solidarietà difensiva come sarebbe stato avanzato da alcuni nell’esecutivo sarebbe giudicato dal comparto insufficiente. La strada infatti non è facile. Sia perché dare risorse alle banche è sempre un argomento spinoso in termini politici ed elettorali, vista la crisi e la bassa reputazione che continua a colpire il settore del credito, sia perché i margini del bilancio pubblico sono comunque stretti. Difficile anche che possa essere utilizzata l’indennità di disoccupazione (Naspi), attivabile solo con la dichiarazione di uno stato di crisi «Il giorno stesso – spiega un banchiere in maniera riservata – ci sarebbe una fuga agli sportelli e un colpo tremendo alla fiducia. Questo è un cambiamento epocale di un settore come lo hanno vissuto negli scorsi anni la manifattura, la chimica o la telefonia e dove lo Stato ha avuto un ruolo accollandosi anche i costi. Ci rendiamo conto che il bilancio pubblico ora non lo permette, ma una qualche soluzione deve essere trovata assieme». Le banche peraltro sottolineano come siano anni che il contributo del comparto alla Naspi (200 milioni annui) vada a beneficio di altri settori e dovrebbe poter essere invece utilizzato per le stesse. Un’ipotesi che però ha lasciato freddo il governo (che dovrebbe cercare risorse alternative) e anche i sindacati confederali. I sindacati quindi chiedono che il governo rafforzi e consolidi il Fondo esuberi. Se Lando Sileoni (Fabi) chiede un «intervento legislativo del governo» in tal senso, Megale (Fisac) chiede l’utilizzo di «risorse pubbliche», mentre Masi (Uilca) propone una sorta di «patrimoniale» (pari al 20%) sui maxi stipendi dei manager. Il cambiamento è comunque ineludibile. Come ha sottolineato il direttore generale Rossi, le banche «devono recuperare agilità e perdere peso». Anche perché «fare banca oggi significa soddisfare la domanda dei clienti ovunque si trovino (nelle loro abitazioni, in treno, al bar, per strada), ovvero nei loro personal computer, nei loro tablet, nei loro telefoni». Una rivoluzione che presto arriverà anche ai prestiti. Non solo portali che mettono a confronto le offerte: si arriverà a «informatizzare interamente l’erogazione di un prestito, almeno se standardizzato». ***

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Italia Oggi 05/10/2016

Cura dimagrante nelle banche – Berbenni Giacomo

DI GIACOMO BERBENNI Le banche italiane devono «fare esercizio fisico e perdere peso al fine di recuperare agilità»: l’esortazione è arrivata dal direttore generale della Banca d’Italia, Salvatore Rossi, secondo il quale «il problema dei problemi delle nostre banche è la bassa redditività». Un nodo che, ha avvertito durante il suo intervento a Roma alla Giornata del credito, «in non pochi casi renderà inevitabili interventi sul personale». Per la loro gestione «si potranno utilizzare gli ammortizzatori sociali esistenti, ovvero il pensionamento anticipato finanziato dal fondo di solidarietà di settore, per il quale è stata recentemente ampliata la possibilità di utilizzo. Ma, se necessario, occorreranno interventi ad hoc». Alle parole di Rossi hanno replicato i sindacati del credito, che hanno annunciato la totale opposizione a una nuova stagione di esuberi. «Contrasteremo ogni forma di coercizione e di obbligo su eventuali esuberi del settore», ha detto Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi. «Tre i nostri punti cardinali: volontarietà dei prepensionamenti, una banca moderna al servizio dei territori e una decurtazione di almeno il 30% degli alti stipendi dei manager». Il problema della redditività, ha proseguito Rossi, è condiviso dalle banche italiane con gran parte degli intermediari europei. E questo per una serie di fattori: le deboli prospettive di crescita economica, l’incremento della concorrenza, l’eccezionale, seppur temporanea discesa dei tassi d’interesse. Tuttavia, ha avvertito Rossi, in Italia «il problema è particolarmente acuto e riflette anche l’elevato livello dei crediti deteriorati, lascito della lunga e profonda fase recessiva. Sebbene il deterioramento della qualità dei prestiti abbia mostrato recentemente un rallentamento e siano state avviate prime operazioni di cessione delle sofferenze, lo smaltimento dello stock di crediti deteriorati richiederà inevitabilmente tempo. Occorre accelerare la razionalizzazione delle strutture organizzative centrali e della rete delle dipendenze sul territorio, in modo da riassorbire l’eccesso di capacità produttiva che si è determinato in questi lunghi anni di crisi». Certamente, ha aggiunto Rossi, «non bisogna generalizzare, non tutte le banche devono porre in essere tutte le misure o adottarle tutte insieme. La cura va tarata in base alla situazione». Comunque, «per le banche che la crisi ha reso molto deboli, lo spettro di azione dovrà essere ampio e incisivo: è una prescrizione valida per tutta Europa, ma in particolare lo è per l’Italia». Il processo potrà essere favorito dalle aggregazioni fra istituti, «soprattutto fra banche di media dimensione, dove le possibilità di sfruttare sinergie di costo e diversificare le fonti di ricavo appaiono più elevate». Rossi si è quindi soffermato sul tema caldo delle quattro good bank. La Commissione Ue ha ribadito di aver trovato «buone ragioni» che giustificano il rinvio della scadenza di fine settembre per la cessione. Quest’ultima, ha ammesso il numero due di via Nazionale, «è una partita complessa, ma ci sono ipotesi e strumenti per trovare una soluzione positiva, diversi dalla liquidazione, in una situazione di mercato molto più difficile rispetto a qualche mese fa». Riproduzione riservata ***

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La Verità 05/10/2016

Cura dimagrante: taglio dei costi e di 50.000 dipendenti – Baldini Gianluca

di GIANLUCA BALDINI • Parlando ieri alla giornata del credito organizzata dall’Associazione nazionale per lo studio dei problemi del credito, il direttore generale della Banca d’Italia Salvatore Rossi ha fatto sapere di ritenere possibili «interventi ad hoc, anche di natura legislativa», per agevolare gli esuberi del settore bancario. Rossi ha spiegato che per le banche «in non pochi casi saranno inevitabili interventi sul personale», utilizzando «il pensionamento anticipato finanziato dal fondo di solidarietà del settore per il quale è stata ampliato l’utilizzo». Detto in parole povere, il direttore generale della Banca d’Italia sta cercando con ogni mezzo di limitare i danni generati dal bubbone della crisi occupazionale del settore bancario. E lo sta facendo cercando di rendere il meno doloroso possibile il licenziamento (in alcuni casi il prepensionamento) di decine di migliaia di bancari. «Bisogna recuperare agilità, fare esercizio fisico e perdere peso per affrontare le nuove sfide, sia a livello normativo che tecnologico», ha detto Rossi esortando il sistema bancario a cambiare. «Ma non bisogna generalizzare», ha aggiunto. «Non tutte le banche devono ricorrere alle stesse misure o adottarle tutte insieme». Per questo, spiega, «la cura va tarata in base alla situazione». Fatto sta che entro il 2020, secondo i dati del maggior sindacato della categoria, la Fabi (federazione autonoma dei bancari italiani), il settore lascerà a casa 28.097 persone (dal 2013 al 31 marzo 2016, dai gruppi bancari italiani sono usciti 11.988 lavoratori e altri 16.109 sono pronti ad uscire entro il 2020) più altre 2224mila che potrebbero essere messe alla porta rifinanziando il fondo esuberi, l’ammortizzatore sociale di cui dispone la categoria dal 2000. Non pochi, se si pensa che attualmente il comparto dà da mangiare in Italia a 299mi1a persone. Ma se da un lato è vero che non tutte le banche dovranno essere obbligate a tagli radicali, dall’altro è vero che questo è un problema che interessa soprattutto i grandi istituti con centinaia di filiali (30.064 il totale degli sportelli italiani al 31 marzo 2016) che ogni giorno sono sempre più vuote. Dando uno sguardo ai bilanci delle maggiori banche italiane, alla voce «commissione nette» tutte riportano il segno meno, sintomo che le operazioni di sportello (e non solo) sono ogni giorno che passa un ricordo del passato, spesso perché nella maggior parte dei casi le stesse operazioni svolte in rete non prevedono alcun costo. Tra i risultati del primo semestre 2015 e quelli del 2016 alla voce «commissioni nette», Intesa Sanpaolo ha perso 192 milioni di euro. La stessa sorte è toccata a UniCredit (133 milioni), Monte dei Paschi di ‘Siena (13,6), Banca Popolare di Milano (3,419), Banco Popolare (131,8), Banca Mediolanum (74,92) e Ubi (1,62). Ma di fronte a queste perdite e alla necessità di tagli imponenti c’è chi punta il dito. «Sull’argomento pensionamenti richiamato dal direttore generale di Bankitalia Rossi», spiega Lando Sileoni della Fabi, «è necessario chiarire definitivamente che da almeno dieci anni ai lavoratori bancari viene imposto il pensionamento di anzianità e non di vecchiaia. Infatti nei principali 14 gruppi bancari italiani sono poche centinaia i lavoratori in servizio che hanno maturato il diritto minimo alla pensione; mentre nei piccoli e medi istituti di credito italiani, i lavoratori con le stesse caratteristiche sono meno di 3mila». Ad ogni modo gli esuberi previsti sino al 2020 saranno molti. Dando uno sguardo ai dati Fabi c’è da mettersi le mani nei capelli. La Popolare di Vicenza entro il 2020 manderà a casa 1.623 persone, Cariparma 885, Carige 1.178, Mps 2.516, Veneto Banca 180, UniCredit 8.885 e Intesa Sanpaolo 1.018. Solo per citarne alcuni. Ma il problema non è solo quello di tagliare il personale. Le banche devono cambiare modello di business, passare in tutto e per tutto a un modello digitale e tagliare i costi. «Desidereremmo più incisività da parte del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e del governatore di Bankitalia Ignazio Visco rispetto alla necessità di ridurre gli alti stipendi dei manager, dei consigli d’amministrazione, dei comitati di gestione e di sorveglianza, delle consulenze milionarie, dell’attività del recupero crediti e della cessione dei non performing loans», conclude Sileoni. Solo in questo modo il settore potrà avere una speranza. ***

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MF-Milano Finanza 05/10/2016

Bankitalia-sindacati, scontro sugli esuberi – Banche, sugli esuberi si scalda il clima sindacale – Satta Antonio

DI ANTONIO SATTA Il primo segnale preoccupante per i sindacati dei bancari era arrivato lo scorso 31 maggio, quando il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nel discorso più importante dell’anno, quello delle Considerazioni finali, aveva invitato le banche a cercare più efficienza e redditività intervenendo sui costi fissi, inclusi quelli del personale, agendo quindi pure su qualità e quantità degli organici. Discorso precisato ieri in una occasione altrettanto formale dal direttore generale della stessa Banca d’Italia, Salvatore Rossi, che intervenendo nella 18a Giornata del Credito ha rincarato la dose, ricordando agli istituti che «occorre accelerare la razionalizzazione delle strutture organizzative centrali e della rete in modo da riassorbire l’eccesso di capacità produttiva che si è determinato in questi lunghi anni di crisi. In non pochi casi saranno inevitabili interventi sul personale: si potranno utilizzare gli ammortizzatori sociali esistenti, ovvero il pensionamento anticipato finanziato dal fondo di solidarietà di settore, per il quale è stata recentemente ampliata la possibilità di utilizzo; ma, se necessario, occorreranno interventi ad hoc». E proprio questi interventi ad hoc sono quelli che preoccupano maggiormente i sindacati, che sentono aria di prepensionamenti obbligatori e anche di ricorso ad ammortizzatori sociali diversi da quelli del settore, con cui sono stati accompagnati alla pensione migliaia di bancari, su base volontaria e in maniera sempre condivisa con le organizzazioni sindacali. «Contrasteremo ogni forma di coercizione e di obbligo su eventuali esuberi del settore», è stata la risposta immediata del segretario generale della Fabi, Lando Maria Siléoni, che ha ribadito i tre capisaldi per i sindacati: «volontarietà dei prepensionamenti, una banca moderna al servizio dei territori e una decurtazione di almeno il 30% degli alti stipendi dei manager». Sileoni ha ricordato anche che con il fondo esuberi, ammortizzatore sociale di categoria «interamente finanziato da banche e lavoratori, sono stati prepensionati negli ultimi 10 anni óltre 40 mila dipendenti e altri 20 mila ne usciranno entro il 2020», Mentre totale è la contrarietà «all’introduzione della Naspi (indennità di disoccupazione) nel comparto, che prevedrebbe la dichiarazione da parte delle banche di uno stato di crisi generalizzato». Sulla stessa linea gli altri leader sindacali, il segretario generale della Uilca, Massimo Masi, ha aggiunto che «gli eventuali esuberi dovranno essere gestiti in forma esclusivamente volontaria, attraverso il nostro fondo di solidarietà, come da nostra proposta. Ci saremmo inoltre aspettati, da Bankitalia, una forte presa di posizione contro quel management che ha portato le banche in questa situazione precaria». Per il segretario generale della Fisac-Cgil, Agostino Megale, «serve una banca al servizio del Paese e chiunque parli di licenziamenti o di uscite coercitive del personale dal nostro settore troverà la nostra contrarietà, la nostra opposizione, la mobilitazione di tutto il sindacato». (riproduzione riservata) ***

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Provincia Como 05/10/2016

Esuberi, Bankitalia batte cassa «Serve legge ad hoc» – D’Ortenzio Andrea

ANDREA D’ORTENZIO Mancano dai 100 ai 200 milioni di euro di risorse al Fondo esuberi del settore bancario per agevolare le uscite chieste da governo e Banca d’Italia, e sempre più impellenti a causa della rivoluzione tecnologica che sta investendo il settore. Ancora una volta il direttore generale di Via Nazionale, Salvatore Rossi, senza entrare nelle cifre, ha parlato di «inevitabili interventi sul personale» e di possibili «interventi ad hoc», anche legislativi. Ma quella somma il Fondo, oramai «spremuto» dalle uscite passate e quelle in corso, pari a ventimila lavoratori, non l’ha, spiegano diverse fonti, e dovrebbe poter essere reperita con un intervento del governo ancora però tutto da definire. Non è chiaro se questa possa essere una misura fiscale o di altro tipo, magari sotto altri capitoli e quindi non direttamente sul lato esuberi. Un possibile contributo alla solidarietà difensiva come sarebbe stato avanzato da alcuni nell’esecutivo sarebbe giudicato dal comparto insufficiente. La strada infatti non è facile. Sia perché dare risorse alle banche è sempre un argomento spinoso in termini politici ed elettorali, vista la crisi e la bassa reputazione che continua a colpire il settore del credito, sia perché i margini del bilancio pubblico sono comunque stretti. Difficile anche che possa essere utilizzata l’indennità di disoccupazione (Naspi), attivabile solo con la dichiarazione di uno stato di crisi «Il giorno stesso – spiega un banchiere in maniera riservata – ci sarebbe una fuga agli sportelli e un colpo tremendo alla fiducia. Questo è un cambiamento epocale di un settore come lo hanno vissuto negli scorsi anni la manifattura, la chimica o la telefonia e dove lo Stato ha avuto un ruolo accollandosi anche i costi. Ci rendiamo conto che il bilancio pubblico ora non lo permette, ma una qualche soluzione deve essere trovata assieme». Le banche peraltro sottolineano come siano anni che il contributo del comparto alla Naspi (200 milioni annui) vada a beneficio di altri settori e dovrebbe poter essere invece utilizzato per le stesse. Un’ipotesi che però ha lasciato freddo il governo (che dovrebbe cercare risorse alternative) e anche i sindacati confederali. I sindacati quindi chiedono che il governo rafforzi e consolidi il Fondo esuberi. Se Lando Sileoni (Fabi) chiede un «intervento legislativo del governo» in tal senso, Megale (Fisac) chiede l’utilizzo di «risorse pubbliche», mentre Masi (Uilca) propone una sorta di «patrimoniale» (pari al 20%) sui maxi stipendi dei manager. Il cambiamento è comunque ineludibile. Come ha sottolineato il direttore generale Rossi, le banche «devono recuperare agilità e perdere peso». Anche perché «fare banca oggi significa soddisfare la domanda dei clienti ovunque si trovino (nelle loro abitazioni, in treno, al bar, per strada), ovvero nei loro personal computer, nei loro tablet, nei loro telefoni». Una rivoluzione che presto arriverà anche ai prestiti. Non solo portali che mettono a confronto le offerte: si arriverà a «informatizzare interamente l’erogazione di un prestito, almeno se standardizzato». ***

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Sole 24 Ore 05/10/2016

Bankitalia: una legge per gli esuberi nelle banche – Esuberi, Bankitalia favorevole a «misure ad hoc» – Colombo Davide

di Davide Colombo ROMA — «Fare esercizio fisico e perdere peso al fine di recuperare agilità». Ecco come dovrebbe reagire l’industria bancaria ai grandi cambiamenti imposti dalla crisi finanziaria globale e che passano per il nuovo quadro regolatorio sovranazionale e il formidabile sviluppo delle tecnologie informatiche. E questo l’appello lanciato ieri dal direttore generale della Banca d’Italia, Salvatore Rossi, nel suo intervento alla 18esima Giornata del credito che si è svolta a Roma II problema dei problemi delle nostre banche-ha affermato Rossi-è la bassa produttività. Un problema particolarmente acuto in Italia e riflette anche nell’elevato livello dei crediti deteriorati il cui smaltimento «richiederà inevitabilmente tempo». Per questo occorre accelerare con la razionalizzazione delle sedi centrali e della reti territoriali per «riassorbire l’eccesso di capacità produttiva che si è determinato in questi lunghi anni di crisi». In non pochi casi saranno inevitabili anche interventi sul personale. E a questo proposito Rossi ha indicato la via da percorrere: «Si potranno utilizzare gli ammortizzatori sociali esistenti – ha spiegato – ovvero il pensionamento anticipato finanziato dal fondo di solidarietà di settore, per il quale è stata recentemente ampliata la possibilità di utilizzo. Ma, se necessario, occorreranno interventi ad hoc». Un altro aiuto al recupero di redditività arriverebbe poi dalle aggregazioni, «da facilitare soprattutto fra banche di media dimensione dove le possibilità di sfruttare sinergie di costo e diversificare le fonti di ricavo appaiono più elevate». Alle parole di Rossi ha risposto il sindacato di maggioranza dei bancari, la Fabi, che ha insistito sulla necessità di puntare, per la gestione degli esuberi, sulla «volontarietà dei prepensionamenti, una banca moderna al servizio dei territori e una decurtazione di almeno il 30% degli alti stipendi dei manager». Fabi, per bocca del segretario generale, Lando Maria Sileoni, ha inoltre respinto l’ipotesi di un utilizzo della Naspi (indennità di disoccupazione) chiedendo invece un rafforzamento del fondo esuberi, l’ammortizzatore sociale di categoria interamente finanziato da banche e lavoratori anche attraverso un intervento legislativo del Governo. All’evento romano, sul fronte delle imprese è intervenuto Matteo Zanetti, il coordinatore del gruppo tecnico Credito e Finanza di Confindustria, che ha invece sottolineato gli aspetti critici del finanziamento alle aziende. «E essenziale – ha affermato tra l’altro – ritrovare la strada della crescita, ma le imprese non possono crescere se non sono finanziate. L’andamento del credito è ancora molto debole, per sostenerlo e valorizzarlo è necessario, tra le altre misure, scongiurare il rischio che la stretta regolatoria sia accentuata, evitando in particolare i rischi connessi all’introduzione della cosiddetta Basilea 4 e di un rating ai titoli di stato nei bilanci delle banche. Sarà poi necessario confermare lo Sme Supporting Factor». Secondo Zanetti si dovrà poi «rifinanziare e rafforzare il fondo di garanzia per le Pmi, valorizzare l’uso delle variabili qualitative nei sistemi di rating delle banche – su questo stiamo già lavorando con l’Abi e gli istituti di credito – e assicurare che il patto marciano produca effetti tangibili a vantaggio delle aziende». E serve infine sviluppare i canali di credito non bancario: «Bisogna catalizzare la crescita delle imprese, che devono aumentare l’apporto di capitale proprio, accedere al capitale di rischio e a strumenti di debito alternativi al credito bancario, offrire buona governance e informazione trasparente al mercato». Al margine degli interventi ufficiali, Salvatore Rossi ha infine risposto alle domande dei giornalisti sulla vicenda delle quattro banche in risoluzione. Senza commentare direttamente le trattative in corso per l’acquisto delle “good bank”, Rossi ha affermato che «ci sono ipotesi e strumenti per trovare una soluzione positiva a questi problemi ed evitare la liquidazione». Rossi ha quindi ricordato che i supervisori – Bce e Banca d’Italia – sono preoccupati «che gli eventuali acquirenti compianol’operazione corretta per la loro solidità. C’è Bruxelles preoccupata che non ci siano aiuti di Stato, poi c’è impegnato il Governo italiano e ci siamo noi, preoccupati della stabilità finanziaria del Paese e che non siano ventilate ipotesi di contagio finanziario». E una trattativa complessa-ha aggiunto Rossi – ricordando che la Banca d’Italia «è la proprietaria delle quattro banche ponte e che Andrea Nicastro, presidente delle quattro banche, conduce le trattative». RIPRODUZIONE RISERVATA ***

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Sole 24 Ore 05/10/2016

In dieci anni uscite «volontarie» per 40mila grazie al Fondo solidarietà – Casadei Cristina

Cristina Casadei – Volontarietà. Basta una parola per raccontare le ristrutturazioni del settore bancario degli ultimi anni. Se consideriamo l’ultimo decennio parliamo di oltre 40mila lavoratori che sono usciti dalle banche, a cui dobbiamo aggiungeme altri 20mila entro il 2020. Non uno di questi che sia uscito in maniera obbligatoria Se parliamo del futuro ogni stima sarebbe spannometrica e avventata, soprattutto perché non siamo a conoscenza dei piani dettagliati di molti istituti che li dovranno presentare nei prossimi mesi. Certamente, come ha spiegato ieri il direttore generale della Banca d’Italia Salvatore Rossi, sono inevitabili gli interventi sul personale. Di questo sono tutti consapevoli, anche i sindacati che in questi anni si sono ritrovati a gestire molte migliaia di uscite. Sempre attraverso il Fondo di solidarietà di settore, uno strumento unico, finanziato da banche e lavoratori, che viene utilizzato per gestire le ristrutturazioni attraverso prepensionamenti volontari. Uno strumento di cui Abi e i sindacati rivendicano il valore, così come i costi altissimi. Recentemente la durata della permanenza sul fondo di solidarietà per chi va in prepensionamento è stata allungata da 5 a 7 anni, come previsto dal decreto banche emanato dal Governo a fine aprile di quest’anno. Solo che il Fondo di solidarietà è uno strumento costosissimo per le banche e non sono state stanziate risorse per coprire l’allungamento. Certo è che il fondo, diventato operativo nel 2000, ha fatto sì che in questi anni le banche fossero totalmente autonome nella gestione delle ristrutturazioni-per la parte riguardante le risorse umane – e non pesassero sui conti pubblici. Come ha ricordato poco tempo fa il presidente del Casl di Abi, Eliano Omar Lodesani, «le banche, in modo proattivo, insieme ai sindacati hanno gestito diversi “momend difficili” anche per il nostro paese, cercando di contenere l’impatto sociale nel rispetto delle persone e delle loro famiglie. A mio avviso, indicando una strada percorribile anche da altri». Adesso, in un momento in cui a poco a poco sta risalendo la tensione e si riaffaccia il tema delle ristrutturazioni, «è giunto il momento di rifondare un Patto per il Paese, che inizi dalle persone per il benessere di tutti», osserva Lodesani. L’Abi a questo proposito si è detta pronta a sedersi immediatamente con il Governo e i sindacati per fondare un nuovo patto sodale. Non è un tema facile, per l’intreccio di molte particolarità. la prima è che nel settore del credito, per esempio, non si è mai fatto ricorso alla cassa integrazione. E a nominarla le numerose sigle sindacali si mettono subito sulle barricate perché il patto su cui è stata fondata la pace sociale nel credito è l’assenza di forme di coercizione e di obbligo su eventuali esuberi «Tre i nostri punti cardinali: volontarietà dei prepensionamenti, una banca moderna al servizio dei territori e una decurtazione di almeno il 30% degli alti stipendi dei manager , dice il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni. Sulla stessa lunghezza d’onda Agostino Megale, segretario generale della Fisac Cgil• «Chiunque parli di licenziamenti o di uscite coercitive del personale dal nostro settore troverà la nostra contrarietà, la nostra opposizione, la mobilitazione di tutto il sindacato»; e Massimo Masi, segretario generale della Uilca «Gli eventuali esuberi dovranno essere gestiti in forma esclusivamente volontaria, attraverso il nostro Fondo di solidarietà, come da nostra proposta». Tragli strumenti ad hoc quindi, ameno di non voler innescare forti tensioni – va ricordato che i bancari sono una delle categorie più sindacalizzate – non potranno esservi gli ammortizzatori usati per altri settori e tantomeno la Naspi che i sindacati non vogliono sentir nominare perché significherebbe stati di crisi. Quando si parla di Naspi, però, le banche ricordano di aver versato per l’indennità di disoccupazione circa 10 miliardi. Chiedono di poterle utilizzare, in modo solidaristico, ovvero senza licenziamenti. E qui però i sindacati confederali non sposano la linea. L’uscita di un comparto dalla contribuzione agli ammortizzatori sociali generali aprirebbe all’uscita anche di altri settori e si rischierebbe di rompere i legami di solidarietà col resto del mondo. Se però le banche chiedono di usare la Naspi perché si trovano a fronteggiare una fase di ristrutturazione e i sindacati considerano la Naspi e la cassa integrazione due tabù, allora nel patto a tre con Governo, Abi e sindacati, la risposta che ci si aspetta dal Governo è evidentemente lo stanziamento di risorse pubbliche in legge di Bilancio per gli ammortizzatori sociali. Ad hoc per il settore bancario. ***

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Tempo 05/10/2016

Rossi alle banche: tagli al personale I sindacati: «Solo uscite volontarie» – Fil.Cal

La ricetta di Palazzo Koch per aumentare la redditività del settore: “Le banche sono «sedentarie» e hanno il fiato corto. Occorre che facciano esercizio fisico e perdano peso per recuperare agilità”. È la cura indicata dal direttore generale di Banca d’Italia, Salvatore Rossi. Ovvero, servono anche tagli al personale. Una tesi che trova, immediata, la reazione dei sindacati: nessun esubero che non sia volontario, o sarà scontro. L’analisi di Rossi comporta una serie di conseguenze. «Tradotta in linguaggio bancario – spiega Rossi – questa reazione si articola in diverse azioni. Accrescere, innanzitutto, la capacità di resistere a shock esterni, a turbolenze sui mercati finanziari, in modo da continuare a sostenere l’economia anche in fasi avverse». A tal fine il processo aggregativo è da facilitare, «soprattutto fra banche di media dimensione dove le possibilità di sfruttare sinergie di costo e diversificare le fonti di ricavo appaiono più elevate» rileva Rossi. Intervendo alla XVIII giornata del credito, il governatore ha evidenziato come il problema principale delle nostre banche sia la bassa redditività; per migliorare la quale gli istituti di credito devono concentrarsi sul loro core business dismettendo le attività non strettamente funzionali, accelerando sia sulla razionalizzazione delle strutture organizzative centrali sia sulla rete esistente sul territorio, con conseguenti «inevitabili interventi sul personale». «Si potranno utilizzare -continua Rossi- gli ammortizzatori sociali esistenti ovvero il pensionamento anticipato finanziato dal fondo di solidarietà di settore, per il quale è stata recentemente ampliata la possibilità di utilizzo; ma se necessario occorreranno interventi ad hoc». La cura, prosegue il direttore generale, non riguarda tutte le banche ma va tarata in base alla situazione specifica. Certo è che per gli istituti più deboli «lo spettro di azione dovrà però essere ampio e incisivo. È una prescrizione valida per tutta Europa, ma in particolare lo è per l’Italia». Non sono tardati i commenti delle organizzazioni sindacali. Con la dura la posizione di Fabi, nelle parole del segretario generale Lando Maria Sileoni: «Contrasteremo ogni forma di coercizione e di obbligo su eventuali esuberi del settore. Siamo fermamente contrari all’introduzione della Naspi (indennità di disoccupazione, ndr) nel comparto, che prevedrebbe la dichiarazione da parte delle banche di uno stato di crisi generalizzato» sottolinea Sileoni, aggiungendo inoltre che «è impensabile chiedere sacrifici ai lavoratori, anche di solidarietà difensiva con riduzione di orario di lavoro e di stipendio, quando chi ha provocato i dissesti finanziari di importanti istituti di credito continua a vivere in condizioni economiche e sociali privilegi ate». Fil.Cal.

 

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