di Fausta Chiesa
Era atteso per martedì scorso, ma il mancato arrivo di Gaetano Caputi, scelto da Giuseppe Vegas come primo segretario generale della Consob, aveva fatto sperare i sindacati in una piccola vittoria. Invece Caputi è arrivato e la delibera del suo insediamento è stata firmata senza che i rappresentanti dei lavoratori ne fossero informati secondo la regolare tempistica: lo strappo è sempre più forte. Le tre sigle battagliere, Falbi, Uil e Cgil stanno valutando le iniziative e intanto prendono atto di un’altra delibera adottata senza il rispetto delle norme, fatto che costituirà oggetto di una valutazione complessiva. La vicenda, è certo, non finirà qui. E se si surriscaldano le relazioni sindacali in Consob, in Abi la situazione è a dir poco scottante. Due giorni fa, Francesco Micheli (responsabile delle relazioni sindacali dell’associazione guidata da Giuseppe Mussari) ha comunicato ai sindacati la disdetta dell’accordo del 2001 in base al quale l’accesso al fondo esuberi (in pratica i pre-pensionamenti) avveniva su base volontaria. La disdetta, operativa dal prossimo primo luglio, significa anche che le banche non daranno più incentivi per gli esodi anticipati. I sindacati, che proprio il giorno dell’annuncio erano riuniti per siglare la piattaforma per il rinnovo del contratto nazionale (che prevede, tra l’altro, richieste di aumento economico di 205 euro per la figura media di quarto livello), hanno preso la decisione come una dichiarazione di guerra. Alla quale Dircredito, Fabi, Fiba, Fisac, Sinfub, Ugl e Uilca non si sottrarranno. E il primo campo di battaglia sarà IntesaSanpaolo, che proprio lunedì prossimo, 11 aprile, presenterà ai rappresentanti sindacali il piano industriale. Con i tempi della procedura, Ca’ de Sass sarà il primo gruppo a poter beneficiare dell’annullamento dell’accordo e a poter procedere con esuberi obbligatori. «La legge – spiega Lando Sileoni, Segretario generale della Fabi – prevede che gli esuberi obbligatori possano essere dichiarati in tre casi: quando le banche non riescono a produrre un utile di esercizio, quando dichiarano attraverso i piani industriali una riorganizzazione importante o una ristrutturazione. Le banche, per pre-pensionare, dovranno farlo per forza all’interno dei piani industriali. E lì daremo battaglia». I sindacati potrebbero non andare alle trattative e la banca si assumerebbe le conseguenze di tagli (Intesa ha intenzione di chiudere 500 sportelli, ndr) considerati dai lavoratori come veri e propri licenziamenti, con tutte le cause legali del caso. I sindacati sperano che le grandi banche facciano pressione sull’Abi per ritornare a un clima più disteso e riportare le relazioni sindacali nell’ambito del reciproco rispetto, altrimenti sposteranno lo scontro all’interno dei singoli istituti. «In Abi – spiega Sileoni- sta prevalendo la componente rappresentata dalle piccole e medie banche, che ha imposto e ottenuto una decisione che peserà immediatamente nelle relazioni sindacali dei gruppi bancari, che potranno essere irrigidite o addirittura interrotte». E dopo Banca Intesa, il prossimo all’appuntamento con i sindacati per la presentazione del piano industriale è, il 13 maggio, il gruppo Ubi.
(Finanza&Mercati, sabato 9 aprile 2011 – di Fausta Chiesa)