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ABI: NO AL RECUPERO DEL CAROVITA (da Plus24 – Il Sole 24 Ore, sabato 30 aprile 2011 – di Nicola Borzi)

di Redazione

Il documento riservato dell’Esecutivo sul rinnovo del contratto.

«Niente aumenti automatici e Ipca». Ma le banche sanno che la loro proposta è isolata.

 

«Non vi è spazio – tenuto conto della situazione del settore – per aumenti salariali garantiti e automatici legati all’inflazione prevista; ciò in quanto possono aversi maggiori salari nella misura in cui si aumentino produttività e ricavi». Sono le conclusioni del Comitato esecutivo Abi del 20 aprile sul rinnovo del contratto degli oltre 300mila bancari. «Plus24» è in possesso della bozza di delibera che conferma la chiusura apparentemente netta e senza appello dell’Associazione bancaria alle richieste dei sindacati. Posizione ribadita da Camillo Venesio, che guida il Comitato ristretto piccole banche, partecipa alle riunioni del Comitato di presidenza e fa parte dell’Esecutivo Abi. L’amministratore delegato e direttore generale della Banca del Piemonte di Casale Monferrato ribadisce che «sul rinnovo del contratto in Abi c’è una granitica unanimità. Ma non mi faccia dire altro: abbiamo deciso che sul contratto parla solo Francesco Micheli».

 

Micheli, a capo del Comitato affari sindacali e del lavoro (Casl) Abi, è stato categorico sin dal 29 marzo. Alla tavola rotonda “Emergenza contratto” organizzata dalla Fabi, riguardo alla richiesta di un aumento medio a regime di 205 euro, la guida del Casl aveva detto chiaro e tondo che «la richiesta dei sindacati di un aumento contrattuale per il prossimo triennio è impensabile e improponibile, in quanto non è correlata al momento storico di crisi che il sistema sta vivendo». Ad ascoltarlo, oltre al “padrone di casa” Lando Sileoni (tra lui e Micheli scattò un “vivace confronto” – eufemismo –), c’erano i segretari di tutte le sigle del “primo tavolo”: Giuseppe Gallo (Fiba/Cisl), Agostino Megale (Fisac/Cgil), Massimo Masi (Uilca), Marco Boltri (Dircredito), Pietro Pisani (Sinfub) e Fabio Verelli (Ugl Credito).

 

Una posizione monolitica? In apparenza. Ma lo stesso documento dell’Abi, dopo aver ricordato il rifiuto unanime dei sindacati alla definizione di un “accordo sulle regole” preliminare alla discussione sul rinnovo contrattuale richiesto dalle banche, riferisce che «in coerenza con le decisioni assunte dal Casl, l’Abi ha evidenziato alle organizzazioni sindacali di non condividere tale impostazione e che, stante l’impossibilità di procedere ai rinnovi dei Ccnl in assenza di regole, non resterebbe che continuare a far riferimento a quanto previsto dal Protocollo 23 luglio 1993 sugli assetti contrattuali, più volte richiamato nel Ccnl 8 dicembre 2007». Poi l’affondo: «L’applicazione delle “vecchie” regole del 1993 potrebbe anzitutto consentire, nella determinazione degli incrementi economici, di continuare a utilizzare “l’inflazione programmata” (comunque indicata dal Governo nei Dpef) in luogo dell’Ipca: ciò comporterebbe il riconoscimento di incrementi economici inferiori rispetto a quanto deriverebbe dall’applicazione dell’accordo 2009. Per il triennio 2011/13 ciò si tradurrebbe, allo stato, in un incremento del 4,5% invece del 5,5 per cento».

 

Va ricordato che i sindacati chiedono un aumento medio di 204 euro e 78 centesimi mensili lordi, pari al 7,29% nel triennio 2011-13. Ovvero l’Ipca atteso, più il recupero dell’1,6% di inflazione del triennio 2008-10 non pagata dal contratto firmato l’8 dicembre 2007 e scaduto a fine 2010. A ciò, per l’Abi, «va aggiunto un ulteriore incremento medio dell’1% da realizzare attraverso una revisione della scala parametrale: nel complesso, l’incremento medio si attesta intorno ai 245 euro mensili».

 

Ma poche righe più in là c’è un passaggio rivelatore: lo stesso Esecutivo Abi chiarisce quanto sia arduo sostenere una posizione che non riconoscerebbe ai lavoratori nemmeno il recupero del carovita (l’Istat a marzo ha confermato l’inflazione al 2,5% annuo, ben più alta dell’1,5% medio programmato). Eccolo: «Va comunque considerato che i Ccnl degli altri settori stipulati dal 2009 a oggi hanno fatto sostanziale riferimento all’indice Ipca, per cui la posizione Abi risulta isolata nel panorama delle relazioni industriali. Nella riunione della delegazione per le trattative del 23 marzo 2011 a Firenze si è confermata l’attualità dell’impostazione ivi formulata». Insomma, le banche prima affermano di non aver alcuna intenzione di prendere in considerazione le richieste sindacali, poi si scoprono isolate su questo fronte. Come dimostra anche la tabella a fianco, allegata al documento dell’Associazione bancaria.

 

Il documento si conclude con la bozza di delibera dell’Esecutivo che, per quanto riguarda il rinnovo contrattuale, prende atto «della criticità dello scenario prospettato dal quale deriva la necessità di un recupero di produttività ed efficienza che va perseguito anche attraverso il rinnovo del Ccnl; dell’inopportunità di procedere ai rinnovi dei Ccnl in assenza di regole. In tale ambito ribadisce che, vista l’insistenza del sindacato nel non voler definire tali regole in attuazione dell’Accordo Quadro 22 gennaio 2009, non resta che continuare a far riferimento, a ogni conseguente effetto, a quanto previsto dal Protocollo 23 luglio 1993 sugli assetti contrattuali, più volte richiamato nel Ccnl 8 dicembre 2007; che le riflessioni sulle linee per il rinnovo contrattuale devono avere l’obiettivo di individuare gli strumenti più utili a contenere il costo del lavoro e introdurre nuove flessibilità gestionali, compatibili con il quadro macro economico di riferimento».

 

Una chiusura totale, seguita dalla disdetta del Fondo di solidarietà da parte dell’Abi. A cui i sindacati hanno risposto unanimi fermando dal 28 aprile la contrattazione a qualsiasi livello, di gruppo o aziendale. À la guerre comme à la guerre.

 

Nicola Borzi (Plus24, Il Sole 24 Ore, sabato 30 aprile 2011)

nicola.borzi@ilsole24ore.com

 

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