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BPM, LA VITTORIA DEI NO

di Redazione

ARTICOLI DI STAMPA

 

BPM: FABI, VITTORIA DEI NO SU DELEGHE NON È VOTO CONTRO BANKITALIA

(ADNKRONOS 25-GIU-11, 18:09)

Milano, 25 giu. – (Adnkronos) – «Questo voto non rappresenta una chiusura verso la Banca d’Italia e in particolare verso la dottoressa Anna Maria Tarantola, per la quale l’intera organizzazione nutre la massima stima e il massimo rispetto». Lo afferma il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, commentando la vittoria dei ‘nò all’assemblea odierna dei soci del Gruppo Banca Popolare di Milano. Per Sileoni «va rispettata e compresa la decisione dei lavoratori e soci» del gruppo contraria «all’aumento delle deleghe da 3 a 5 durante l’Assemblea di oggi a Milano: rispettata perchè rappresenta la volontà dei lavoratori di non snaturare l’attuale governance della banca, compresa perchè i lavoratori hanno capito che dietro alcune critiche di questi ultimi anni contro il modello di gestione c’è la volontà da parte di importanti investitori di appropriarsi di un rilevante istituto bancario ben radicato sul territorio soprattutto nel Nord Italia». «La nostra organizzazione – ricorda -ormai da tempo si è dotata all’interno del Gruppo Banca Popolare di Milano di un codice etico che sarà scrupolosamente attuato attraverso anche la supervisione della Segreteria nazionale». «Per il prossimo futuro – conclude – è fondamentale, come ricordato oggi nel suo intervento dal presidente dell’associazione Amici della Bpm, Alessandro Dall’Asta, che la banca valuti con attenzione ogni prossima opportunità sia per difendere l’attuale e unico modello di governance, sia per rendere lo stesso istituto più competitivo e più moderno a vantaggio dei risparmiatori, della clientela e degli stessi lavoratori». (Sec/Ct/Adnkronos) 25-GIU-11 18:09

 

BPM: SILEONI (FABI), VOTO ASSEMBLEA NON E’ CONTRO BANKITALIA

(ANSA 25-GIU-11 18:09)

(ANSA) – MILANO, 25 GIU – Il voto dell’assemblea della Banca Popolare di Milano contro l’innalzamento delle deleghe “non rappresenta una chiusura verso la Banca d’Italia e in particolare verso la dottoressa Anna Maria Tarantola, per la quale l’intera organizzazione nutre la massima stima e il massimo rispetto”. E’ quanto ha dichiarato in una nota il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni. “Per il prossimo futuro – prosegue Sileoni – è fondamentale, come ricordato oggi nel suo intervento durante l’assemblea dal presidente dell’associazione Amici della Bpm, Alessandro Dall’Asta, che la banca valuti con attenzione ogni prossima opportunità sia per difendere l’attuale e unico modello di governance, sia per rendere lo stesso istituto di credito milanese più competitivo e più moderno a vantaggio dei risparmiatori, della clientela e degli stessi lavoratori”. Secondo Sileoni, “va rispettata e compresa la decisione dei lavoratori e soci del Gruppo Banca Popolare di Milano che hanno deciso di votare ‘no’ all’aumento delle deleghe da 3 a 5 durante l’Assemblea di oggi a Milano: rispettata perché rappresenta la volontà dei lavoratori di non snaturare l’attuale governante della banca, compresa perché i lavoratori hanno capito che dietro alcune critiche di questi ultimi anni contro il modello di gestione c’é la volontà da parte di importanti investitori di appropriarsi di un rilevante istituto bancario ben radicato sul territorio soprattutto nel Nord Italia”. “La nostra organizzazione – conclude la nota – ormai da tempo, si è dotata all’interno del Gruppo Banca Popolare di Milano di un codice etico che sarà scrupolosamente attuato attraverso anche la supervisione della Segreteria nazionale”.(ANSA).

 

Bpm, i soci dicono no all’aumento delle deleghe

(WWW.LINKIESTA.IT 25 giugno 2011 – 17:30)

Antonio Vanuzzo Alla vecchia Fiera di Milano l’assemblea della Popolare di Milano ha approvato l’aumento da 1,2 miliardi di euro, un ammontare doppio rispetto all’attuale capitalizzazione di Borsa. Non passa, invece, l’incremento delle deleghe di voto da 3 a 5: decisivo il voto dei dipendenti-soci, che non hanno accolto il suggerimento di Via Nazionale. Ma per la Fabi «non è un voto contro Bankitalia». Impatto modesto, significato elevato. La bocciatura assembleare dell’aumento delle deleghe di voto da 3 a 5, da parte dei soci della Bpm, arriva a conclusione di un’assise in cui il fuoco bruciava sotto la cenere, nel susseguirsi degli interventi di soci e volti noti. In conferenza stampa, Ponzellini ha cercato di minimizzare: «Abbiamo avuto l’unanimità per nove decisioni su dieci, l’approvazione del voto a distanza e l’articolo 47 (relativo alla destinazione del 5% dell’utile lordo ai soci) sono già dei cambi di governance, non mi sento sfiduciato dall’assemblea». Il voto sulle deleghe, è il ragionamento del numero uno di Piazza Meda, assumerà importanza «soltanto quando si dovrà decidere la composizione dei nuovi organi sociali». Ovvero, tra un anno. «L’Associazione degli Amici Bpm (che riunisce i dipendenti-soci della banca, ndr) sta dimostrando un accresciuto e importante senso di responsabilità», ha aggiunto Ponzellini, e non ha detto no alla modifica delle deleghe in sé ma «in concomitanza con l’aumento di capitale». Il fronte del no ha vinto con circa 400 voti di scarto sui quali si discuterà a lungo negli equilibri interni alle associazioni sindacali. Tanto più che per essere approvata la proposta di modifica statutaria avrebbe avuto bisogno di un quorum qualificato di due terzi. Gli “Amici della Bpm” guidati dal presidente Alessandro Dall’Asta – che esprimono la maggioranza del cda– sono riusciti a mantenere compatto lo sbarramento nei confronti della richiesta di via Nazionale. A favore dell’incremento erano invece sia gli ex dipendenti (pensionati) sia i soci cosiddetti esterni. Lando Sileoni, segretario generale della Fabi, il sindacato autonomo dei bancari di cui fa parte lo stesso D’Asta, ha tuttavia sottolineato che «questo voto non rappresenta una chiusura verso la Banca d’Italia e in particolare verso la dott.ssa Anna Maria Tarantola, per la quale l’intera organizzazione nutre la massima stima e il massimo rispetto». Sileoni ha però chiesto rispetto e comprensione per «la decisione dei lavoratori e soci del gruppo Banca Popolare di Milano che hanno deciso di votare “no” all’aumento delle deleghe». Rispetto «perché rappresenta la volontà dei lavoratori di non snaturare l’attuale governance della banca» e comprensione «perché i lavoratori hanno capito che dietro alcune critiche di questi ultimi anni contro il modello di gestione c’è la volontà da parte di importanti investitori di appropriarsi di un rilevante istituto bancario ben radicato sul territorio soprattutto nel Nord Italia». Dopo il confronto di giovedì scorso con Anna Maria Tarantola, Ponzellini e Chiesa sono attesi a Roma la prossima settimana («a brevissimo termine, considerando la festa dei santi Pietro e Paolo» ha detto Ponzellini), per ridiscutere con Bankitalia le strategie alla luce della volontà assembleare. In proposito, il direttore generale di Piazza Meda ha spiegato di avere un «rapporto continuo con la vigilanza, continuiamo a fare vedere la nostra roadmap» al regolatore. Nei confronti del quale durante l’assemblea, Ponzellini non ha usato mezzi termini, dichiarando che Via Nazionale «ha continuato la solita tuba, perché di questi tempi (ieri Mario Draghi è stato ufficialmente nominato presidente della Bce, ndr) ci tengono a fare bella figura, della serie insistere insistere insistere». Il banchiere se l’è presa poi, in rapida successione, con la Grecia, che ha sbagliato a fare i conti su deficit e debito, con la Spagna, perché ha investito troppo nel settore immobiliare e con l’Irlanda, che ha esagerato con i derivati. «Il vero problema è capire qual è il limite in cui si riesce ad essere un’azienda capace di performare sul mercato, non è una questione di sostanza del governo di questa banca», ha ribadito “l’amico della Lega” in conferenza stampa.

Via libera, invece, all’aumento di capitale monstre da 1,2 miliardi di euro (l’attuale capitalizzazione della Bpm viaggia attorno a 620 milioni di euro), e alla modifica delle condizioni del “prestito obbligazionario convertendo 2009/2013” di 400 milioni. Il convertendo è stato collocato con una cedola del 6,75%, prevedendo originariamente un concambio a 6 euro per azione. La conversione sarà invece anticipata alla fine del prossimo anno a un prezzo «non inferiore a 2,71 euro». Un livello in ogni caso ben superiore al valore del titolo, che ha chiuso la seduta di ieri a 1,5 euro per azione. «Dietro ogni investimento c’è una persona, un artigiano. Non facciamo giochi telematici», ha rivendicato durante l’assise il presidente di Bpm, ribadendo in conferenza stampa che «quando uno fa un’operazione con Zunino o Zaleski va sui giornali, quando si fa un’operazione con un artigiano non fa notizia. Non si parla mai di santa Maria Goretti, sui giornali si parla di Belen». Eppure Bpm ha fatto affari con il gotha del capitalismo italiano. Tuttavia, l’esposizione nei confronti della galassia Ligresti non crei particolari problemi, dopo l’ingresso di UniCredit nel capitale di Fon-Sai, hanno sottolineato all’unisono i vertici di Bpm.

Sull’aumento di capitale Enzo Chiesa ha annunciato che «ieri, in serata, Mediobanca ha chiuso il consorzio, composto da una decina di banche (tutte internazionali, tra cui il Crédit Mutuel, che detiene il 5% del capitale di Bpm, ndr)». Resta aperta la questione del prezzo, anche se, onde evitare vincoli statutari, è stato eliminato il valore nominale delle azioni. Non è chiaro, per il momento, a quanto ammonterà lo sconto sul Terp, ma è stato assicurato che l’eventuale inoptato sarà suddiviso «pro quota» tra le banche del consorzio. Dovrebbero rimanere una boutade, invece, le dimissioni annunciate a mezzo stampa da Franco De Benedetti, consigliere che nel 2009 è stato eletto nella lista dei soci non dipendenti, qualora non fosse passato l’aumento delle deleghe. Ponzellini ha liquidato la questione con un «speriamo di no» di rito, mentre fonti vicine agli Amici della Bpm non credono nella sua uscita di scena.

Chiariti, infine, alcuni passaggi nella riorganizzazione del gruppo: Chiesa ha posto l’accento sulla «fusione» tra la Casse di risparmio di Alessandria e la Banca di Legnano, mentre sulla Popolare di Mantova si ritengono necessarie ulteriori valutazioni. antonio.vanuzzo@linkiesta.it

 

Bpm/ Fabi: Vittoria dei no sulle deleghe non è contro Bankitalia – “La decisione dei lavoratori va rispettata e compresa”

(da TMNews via VIRGILIO.it/Economia 25 06 2011)

“Va rispettata e compresa la decisione dei lavoratori e soci del gruppo Banca Popolare di Milano che hanno deciso di votare no all’aumento delle deleghe da 3 a 5 durante l’assemblea a Milano”. Lo riferisce in una nota il segretario generale della Fabi (Federazione autonoma bancari italiani), Lando Maria Sileoni. “Rispettata – spiega in un comunicato – perché rappresenta la volontà dei lavoratori di non snaturare l’attuale governance della banca, compresa perché i lavoratori hanno capito che dietro alcune critiche di questi ultimi anni contro il modello di gestione c’è la volontà da parte di importanti investitori di appropriarsi di un rilevante istituto bancario ben radicato sul territorio soprattutto nel Nord Italia. La nostra organizzazione, ormai da tempo, si è dotata all’interno del gruppo di un codice etico che sarà scrupolosamente attuato attraverso anche la supervisione della segreteria nazionale”. La Fabi aggiunge che “questo voto non rappresenta una chiusura verso la Banca d’Italia. Per il prossimo futuro è fondamentale, come ricordato oggi nel suo intervento durante l’assemblea dal presidente dell’associazione ‘Amici della Bpm’, Alessandro Dall’Asta, che la banca valuti con attenzione ogni prossima opportunità sia per difendere l’attuale e unico modello di governance, sia per rendere lo stesso istituto di credito milanese più competitivo e più moderno a vantaggio dei risparmiatori, della clientela e degli stessi lavoratori”.

 

La Repubblica, 26 giugno 2011

BANCHE  Bpm, no alla riforma chiesta da Draghi – Bocciato l’aumento delle deleghe al voto- La decisione dell’assemblea dei soci. Ponzellini: non mi sento sfiduciato – La Fabi: non è sfida a Bankitalia, ma Debenedetti lascia. Via libera alla ricapitalizzazione

di VITTORIA PULEDDA MILANO – L’assemblea post-ispezione della Banca d’Italia ha approvato il pacchetto di misure chieste da via Nazionale e approvato all’unanimità dal cda, ma ha sonoramente bocciato l’aumento del numero delle deleghe. Gli azionisti della Bpm non hanno battuto ciglio alla richiesta di un aumento di capitale fino a 1,2 miliardi di euro (quasi il doppio della capitalizzazione di Borsa attuale) non hanno protestato per le modifiche allo Statuto sulla distribuzione del 5% di utile lordo ai dipendenti (che d’ora in poi prenderanno solo azioni, vincolate per tre anni, mentre gli amministratori prenderanno per il 2011 un’una tantum di 20 euro), non hanno fatto storie sul cambiamento delle norme del convertendo (che verrà richiamato subito dopo l’aumento, al prezzo di 2,71 euro). Ma sull’aumento del numero delle deleghe per ogni socio, da tre a cinque, hanno fatto muro. La votazione non ha avuto la maggioranza bulgara degli altri punti (contrari e astenuti non hanno mai superato le dita di due mani) però il risultato è stato netto: su 3835 votanti ci sono stati 2093 contrari, 1731 favorevoli e 11 astenuti. Con una votazione palese, per alzata di mano, che forse ha reso più difficile per alcuni contravvenire alle indicazioni categoriche fornite dell’Associazione Amici della Bpm, il parlamentino dei dipendenti-soci che “governa” la Bpm, esprime la lista di maggioranza per il consiglio e di fatto regola la vita della banca. Comunque, un voto netto, che ha reso superfluo il dilemma se richiedere o meno una maggioranza qualificata, di due terzi, per la modifica statutaria (come alla fine aveva comunque deciso Ponzellini). “Non è un voto contro Bankitalia”, ha dichiarato il segretario della Fabi nazionale. Però ci rassomiglia molto, viste le pressanti raccomandazioni della Banca d’Italia proprio sul tasto della governance: “La bocciatura rappresenta un ulteriore prodotto delle difficoltà entro cui si dibatte l’attuale “governance” della banca – si legge in una nota congiunta del vice-presidente della Bpm Mario Artali e del consigliere Carlo dell’Aringa – del resto, che il governo della Bpm vada riformato non è solo l’opinione di Banca d’Italia”. Più secca e lapidaria la reazione di Franco Debenedetti, che aveva annunciato le sue dimissioni dal consiglio in caso di vittoria dei no all’innalzamento delle deleghe: “Certo che mi dimetto: ho sperato per tutta l’assemblea che quella che io ritengo essere la ragionevolezza prevalesse. E’ stato invece molto significativo il contrasto tra le 3.800 mani alzate per approvare l’aumento che vale il doppio della capitalizzazione di Borsa di Bpm, e la compattezza con cui hanno votato per non cambiare nulla nella governance della banca”. Il responso dei soci non ha turbato invece il presidente Massimo Ponzellini: “Non mi sento sfiduciato da questa assemblea”. Poi ha fatto il punto sui rapporti con via Nazionale: “Giovedì scorso siamo andati in Banca d’Italia: hanno continuato la solita “tuba”, in questo periodo ci tengono a far bella figura, ma ci hanno anche incoraggiato, dicendo che abbiamo la rete più bella e invidiabile d’Italia”. Ponzellini ha aggiunto che torneranno a incontrarsi “prestissimo” con i vertici di via Nazionale, ed ha anticipato un rinnovo della governance “entro il 2011”. Inoltre, ha detto, Bpm è solida, penalizzata dalla speculazione e costretta a fare un aumento così corposo perché sui mercati incombe la crisi greca e le altre tensioni internazionali. Il direttore generale Enzo Chiesa ha aggiunto che l’aumento partirà a settembre. Intanto sono arrivate le lettere di adesione al consorzio di garanzia guidato da Mediobanca e cui parteciperanno 10 banche internazionali (oltre ad Akros).

 

IL GIORNALE, 26 giugno 2011

Bpm boccia il diktat di Bankitalia. Via al «piano B»

di Massimo Restelli – I dipendenti-soci della Banca Popolare di Milano respingono il diktat di Bankitalia sulla riforma della governance. In poco più di sette ore l’assemblea ha digerito l’aumento di capitale da 1,2 miliardi e la modifica del prestito convertendo, ma ha bocciato la richiesta di innalzare da 3 a 5 le deleghe di voto: l’esito, accolto tra gli applausi, ha visto solo 1.731 voti a favore contro 2.093 «no» su un totale di 3.835 azionisti, deleghe comprese (11 gli astenuti). Sebbene il gruppo abbia in sostanza gettato le basi per risolvere tutti i rilievi patrimoniali emersi, resta lo schiaffo sulla governance a Bankitalia e al cda, che si è visto respingere parte del pacchetto che aveva, pur obtorto collo, licenziato all’unanimità. In Piazza Meda le macchine diplomatiche sono tuttavia già al lavoro per individuare un «Piano b», finalizzato a diluire lo scontro sulle deleghe in un più ampio ragionamento sulla vita della cooperativa e sugli equilibri di vertice. Il presidente Massimo Ponzellini ha comunque rimarcato di non sentirsi sfiduciato dall’assemblea, aggiungendo che «semplicemente» la pancia dell’istituto «ha ritenuto non fosse il momento idoneo per intervenire sulle deleghe (già elevate da 1 a 3 in aprile ndr)». Il riferimento è al presidente dell’Associazione degli Amici, Alessandro Dall’Asta, che ieri ha motivato l’opposizione dei dipendenti-soci con il timore che in Bpm prevalgano «gruppi organizzati che privilegiano il capitale rispetto alla persona», aggiunendo però che il dissenso all’aumento delle deleghe «non è un no di chiusura». In pratica ci sono margini per una mediazione, tanto che Ponzellini ha confermato l’obiettivo di rinnovare la governance «entro l’anno», in tempo per la scadenza del cda fissata in primavera e si è augurato rientrino le dimissioni dal cda minacciate da Franco Debenedetti, che non pare però per nulla intenzionato a ripensarci. A questo punto si attende la reazione della Vigilanza che con ogni probabilità tornerà ad alzare la voce per rimarcare l’input sulla governance disatteso ieri. La verifica con Via Nazionale è prevista «a brevissimo, entro una settimana ci vediamo», ha detto Ponzellini aggiungendo: «Nessuno sa che cosa accadrà». «Non mi aspetto niente di particolare – ha minimizzato il direttore generale Enzo Chiesa – con la Vigilanza abbiamo ormai un rapporto continuo, di mese in mese facciamo vedere loro la nostra road map. Torneremo a discutere con loro dell’esito dell’assemblea». Ponzellini e Chiesa hanno comunque gettato le basi patrimoniali per il rilancio della banca, di cui l’aumento da 1,2 miliardi è uno strumento. Completata anche la casella del consorzio di garanzia, con l’adesione di una decina di istituti esteri che si divideranno l’eventuale inoptato così da frammentarlo ed evitare concentrazioni di capitale potenzialmente rischiose per la sopravvivenza delle cooperativa: nella squadra guidata da Mediobanca figurerebbero Rbs, Hsbc e Bnp Paribas, oltre agli alleati del Crédit Mutuel e ad Akros (la merchant bank di casa). A combattere perché Bpm accettasse tutte le richieste della Vigilanza erano stati invece il fronte dei pensionati e il leader dei soci non dipendenti, Piero Lonardi: «Stiamo servendo al mercato la banca a prezzi di liquidazione. L’unica risposta è la modifica della governance, riportando l’azienda al centro della cooperativa». Di parere opposto il segretario generale della Fabi, Lando Sileoni, che ha invitato a rispettare la volontà dei soci rimarcando che il verdetto dell’assise «non è un attacco a Bankitalia». L’unico a rompere il fronte sindacale era stato invece il leader della Fisac-Cgil, Agostino Megale, invitando pubblicamente ad accettare le indicazioni della Vigilanza, ma stando ai numeri non ha avuto grande seguito tra i suoi attivisti milanesi.

 

IL SOLE 24 ORE, 26 giugno 2011

Bpm boccia l’aumento delle deleghe – Ponzellini: «Non mi sento sfiduciato» – Bankitalia valuterà la governance complessiva

Le onde di mani alzate a ripetizione, prima a favore e poi contro, hanno lasciato tutti nell’incertezza, chiarita solo dal calcolo elettronico dei voti: 1.731 sì contro 2.093 no (54,5%) e 11 astenuti. L’assemblea della BancaPopolare di Milano ha votato così contro l’aumento delle deleghe da tre a cinque, proposto dal consiglio di amministrazione su indicazioni di Banca d’Italia. Dei nove punti all’ordine del giorno, quello delle deleghe non era il più vitale per l’istituto, ma certo quello che ha rubato la scena per lo scontro interno fra soci dipendenti e soci non dipendenti. I primi, guidati dall’Associazione Amici della Bpm, hanno avuto la meglio, ma poco dopo l’esito del voto i sindacati si affrettavano già ad assicurare che non si è trattato di un no detto a Banca d’Italia. Da via Nazionale, peraltro, non si attende nessuna reazione, considerato che non è tradizione dell’Organo di Vigilanza rispondere punto su punto agli esiti delle proprie osservazioni. Certo il tema sarà affrontato nel prossimo appuntamento con i vertici della Bpm, che si potrebbe tenere già prossima settimana dopo la pausa per i patroni di Roma San Pietro e Paolo il 29 giugno. A suo tempo, comunque, sarà certamente valutato il complesso delle azioni che saranno messe in atto dai vertici dell’istituto per dare attuazione a quel cambiamento di governance richiesto da Banca d’Italia. E proprio su questo si sono impegnati il presidente di Bpm, Massimo Ponzellini («non mi sento sfiduciato da questo voto»), e il direttore generale, Enzo Chiesa, con via Nazionale e a questo lavoreranno nei prossimi mesi seguendo un’agenda messa a punto in intesa con l’Authority. «L’aumento delle deleghe era solo un passaggio di quelli richiesti da Banca d’Italia nell’ambito della revisione della governance» ha dichiarato Ponzellini, aggiungendo: «l’Associazione Amici della Bpm ha sempre detto che non è contraria di principio all’aumento delle deleghe, è contraria in questo momento in concomitanza con l’aumento di capitale. Riteneva questo passaggio troppo accelerato. Porteremo avanti il discorso di riforma della governance e verrà riesaminato anche il problema delle deleghe e dei meccanismi di voto in futuro». Il «cantiere governance» per Bpm, quindi, è in pieno fermento e potrebbe raggiungere l’obiettivo entro fine anno.

Un cambiamento, quello del numero di deleghe, solo rimandato più in là di qualche mese, a quanto pare. E forse allora, in un altro contesto, anche i sindacati dimostreranno una diversa apertura. «Voglio ricordare che questo voto non rappresenta una chiusura verso la Banca d’Italia» ha commentato Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, aggiungendo: «per il prossimo futuro è fondamentale che la banca valuti con attenzione ogni prossima opportunità sia per difendere l’attuale e unico modello di governance, sia per rendere lo stesso istituto di credito milanese più competitivo e più moderno a vantaggio dei risparmiatori, della clientela e degli stessi lavoratori». E d’altra parte, ieri poco dopo l’assemblea, due consiglieri espressione degli Amici della Bpm, il vicepresidente Mario Artali e Carlo Dell’Aringa, hanno tracciato la linea che seguiranno nell’interpretare il proprio ruolo in seno al cda: «la difesa e lo sviluppo del modello cooperativo, con un ruolo attivo dei dipendenti, non contrasta né con la chiara definizione di regole e di limiti, né con il riconoscimento del necessario ruolo di istituzioni e di singoli che assicurino alle banche popolari i capitali necessari per giocare un ruolo di rilievo nel fronteggiare le permanenti difficoltà della nostra economia». Proprio per questo i due consiglieri ritengono che «un’adeguata presenza negli organi della banca di rappresentanti degli investitori istituzionali sarebbe estremamente utile, non solo per accompagnare, in modo coerente ed efficace, l’impegnativo aumento di capitale che Bpm si appresta a varare, ma soprattutto per dare un contributo importante a quella riforma del governo della banca che le stesse associazioni, e soprattutto quella dei soci dipendenti, devono perseguire».

Ma se la scena è stata rubata dalle deleghe, in realtà la delibera che farà davvero la differenza per la Bpm nel prossimo futuro è quella relativa all’aumento di capitale fino a 1,2 miliardi di euro che dovrebbe partire il prossimo settembre e per cui Mediobanca ieri in serata è riuscita a chiudere il consorzio di garanzia. «Ieri sera sono arrivate le ultime lettere, il consorzio di garanzia è stato finalizzato con una decina banche estere che si divideranno la garanzia con Mediobanca e il Credit Mutuel. In caso di inoptato, le azioni verranno divise pro quota in base alla garanzia prestata» ha dichiarato Enzo Chiesa, direttore generale di Bpm, aggiungendo che «è ora prematuro affrontare il tema del prezzo e dello sconto. Ci porremo il problema a settembre», citando poi come riferimenti gli sconti sul terp degli ultimi aumenti di capitale del settore bancario che sono stati tra il 22 e il 24 per cento.

All’ordine del giorno dell’assemblea c’erano anche le modifiche del regolamento del prestito obbligazionario convertendo Bpm 2009/2013 – 6,75%, che avrà un peso per coloro che hanno sottoscritto il bond e potranno convertirlo alla metà del prezzo inizialmente fissato a 6 euro. Tema approvato all’unanimità, come gli altri, in attesa che si arrivasse all’unico punto che è riuscito a motivare oltre 2mila dipendenti Bpm a dedicare un sabato di fine giugno alla loro banca. Forse alla fine l’aumento delle deleghe passerà comunque, ma certo è servito a richiamare all’unità i dipendenti, tra i quali i “dissidenti” sarebbero stati solo poco più di un centinaio.

 

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