Laura Della Pasqua l.dellapasqua@iltempo.it
L’Italia si sta impoverendo ma non si possono mettere le banche sul banco degli imputati. Se non riescono a far fronte alla richiesta di prestiti è perchè sono appesantite dall’eccessivo carico fiscale e hanno margini ridotti al lumicino. Il presidente dell’Abi, l’Associazione delle banche italiane, Antonio Patuelli, coglie l’occasione dell’Assemblea annuale per togliersi qualche sassolino dalle scarpe e per lanciare un appello al governo. Troppo spesso le banche sono indicate come irresponsabili delle difficoltà dell’economia reale. Ma, incalza Patuelli, si tratta di «preconcetti». Le banche non possono più essere considerate «un settore ricco». Lo dimostra la forbice tra raccolta di risparmio e impieghi, che «passata dai 300 punti base di prima della crisi ai circa 170 attuali, il margine più basso di tutta l’operatività commerciale di ogni genere in Italia». Quindi basta con i pregiudizi, le banche «non possono essere confuse con chi ha provocato la crisi», afferma il presidente dell’Abi «meritano rispetto per i grandi passi avanti fatti in questo ventennio, per gli investimenti, per l’innovazione. Esemplare, fra gli altri, il ruolo delle Fondazioni, investitori istituzionali stabili e di lunga prospettiva». Per frenare l’impoverimento del Paese e promuovere la ripresa «occorrono sforzi decisive convergenze nuove rafforzate volontà di correzione delle anomalie italiane». Patuelli lamenta il fatto che il comparto «affronta la crisi senza alcun aiuto di Stato e soltanto con i mezzi propri e dei propri azionisti». E per far fronte alle difficoltà, anche le banche, secondo il numero uno dell’Abi, «necessitano più austerità ed efficienza in tutte le direzioni».
Parole che hanno fatto scattare l’allarme tra le fila della Fabi, il sindacato autonomo dei bancari: «Nella relazione di Patuelli è emerso un unico obiettivo: ridurre i costi a scapito dei lavoratori». Un atteggiamento che per il segretario nazionale Lando Sileoni esemplifica «un repentino e controproducente cambiamento di rotta che apre di conseguenza una nuova fase di contrapposizione» tra le parti. Patuelli ha poi lanciato una richiesta al governo affinchè «si trovino soluzioni tecniche che dispongano l’integrale deducibilità fiscale delle perdite, conseguenti ai nuovi prestiti, nell’anno in cui fossero evidenziate nel bilancio civilistico». Una richiesta che trova risposta nel successivo intervento del ministro dell’Economia. Il tema è «all’attenzione del governo», ha detto Saccomanni, e «si stanno valutando tutte le opzioni idonee per eliminare le penalizzazioni derivanti dalla vigente disciplina con l’ineludibile rispetto dei vincoli di bilancio». Parlando di conti pubblici, per il numero uno dell’A bi bisogna tagliare il debito con le privatizzazioni, «Non bisogna rassegnarsi all’inevitabilità della crescita del debito pubblico: in una fase di bassi tassi occorre invertire la tendenza e iniziare a ridurre il debito pubblico senza patrimoniali o misure da economia di guerra, ma con accurate privatizzazioni delle proprietà mobiliari e immobiliari dello Stato e degli enti locali che troppo spesso sono anche holding societarie e immobiliari». E in tema di conti, sono arrivatele anticipazioni del Bollettino di Bankitalia da parte del governatore, Ignazio Visco: il Pil nel 2013 diminuirà di quasi il 2%, con una ripresa moderata da fine anno e una crescita debole nel 2014, superiore allo 0,5%. Visco ha anche speso una parola sulle banche popolari, auspicando di fatto per le maggiori il passaggio alla forma di spa. Abi: Italia più povera Visco: pil giù del 2% Il presidente Patuelli: le banche meritano più rispetto. Il caro fisco ostacola il credito Ue La Commissione europea ha accolto la proposta che regolamenta il fallimento ordinato. L’onere delle perdite ricadrà sui banchieri Abi Il presidente Patuelli e il governatore di Bankitalia Visco