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LA FABI RISPONDE A VISCO E PATUELLI – Milano Finanza intervista il Segretario Generale Sileoni.

di Redazione

– da Mf-Milano Finanza, venerdì 12 luglio 2013 –

Intervista a Sileoni (FABI) L’appello del governatore era rivolto solo a BPM

Così Visco demonizza le popolari.

La Vigilanza riconosca il ruolo di chi in passato si è contrapposto agli Amici della Bipiemme. No alla richiesta di nuovi sacrifici per i bancari. Sì alla deducibilità immediata delle perdite

– di Luca Gualtieri –

 

Nel rinnovato appello del governatore di Bankitalia Ignazio Visco al mondo delle popolari, molti hanno letto un appello indirizzato alla Banca Popolare di Milano.

Il rischio però è che si faccia di tutta l’erba un fascio e che l’intero sistema venga penalizzato per le anomalie di un singolo caso. È questa la convinzione di Lando Sileoni, segretario generale della Fabi.

DOMANDA. Visco sostiene che la presenza di dipendenti o ex dipendenti nel capitale delle popolari sia pericolosa perché rischia di influenzare la gestione. Condivide?

RISPOSTA. No, per due ragioni. In primo luogo la tesi di Visco riguarda solo la Banca Popolare di Milano e non tutto il sistema. Secondariamente si vuole dare strumentalmente a quell’esperienza un significato politico e ideologico.

D. Anche nel caso Bpm si rischia insomma di fare di tutta l’erba un fascio?

R. Vorrei ricordare che, nell’assemblea del 2011, Fabi e Fiba-Cisl cercarono di bloccare l’interferenza degli Amici della Bipiemme nella gestione della banca. Prima di allora la stessa Banca d’Italia aveva ventilato più volte interventi risolutivi arrivati, in parte, solo a giochi fatti. Il fattore tempo e la tempestività degli interventi sono sempre determinanti e l’indecisione e il temporeggiamento lasciano sempre inalterate le situazioni. Questo in Banca d’Italia lo sanno bene.

D. Insomma, non condivide l’invito generalizzato a trasformarsi in spa?

R. Credo che la questione decisiva riguardi la qualità del rapporto tra azionisti e management e che la base societaria ampia delle popolari, il radicamento territoriale e il voto capitario favoriscano questa qualità più della forma giuridica della spa. Il management delle popolari, poi, che sa di essere giudicato ogni tre anni, è stimolato a operare con trasparenza e lungimiranza politica. La trasformazione delle popolari in spa renderebbe poi queste banche più appetibili alla speculazione, rendendole vulnerabili all’assalto dei capitali stranieri.

D. Come le è sembrata l’assemblea annuale dell’Abi?

R. Inadeguata rispetto alla gravità del momento che vive sia il settore bancario. Il caso Mps poi è passato sotto silenzio, come si volesse rimuovere quanto successo.

D. Come giustifica un giudizio così severo?

R. Sono state volutamente dimenticate le cause della crisi: derivati non regolamentati, il sistema bancario ombra, gli intermediari speculativi non regolati, gli hedge fund, le banche di investimento e i fondi di private equity. Inoltre non è stata fatta alcuna autocritica sugli alti stipendi dei manager, sulle consulenze milionarie incrociate, sulle sponsorizzazioni buttate al vento. Senza una nuova regolazione europea e internazionale non ne usciremo.

D. Patuelli e Visco invocano una riduzione temporanea dei costi del personale in rapporto ai ricavi delle banche. Lei cosa risponde?

R. In pratica Patuelli e Visco stanno dicendo che i bancari dovrebbero saltare un rinnovo del contratto nazionale e che gli stipendi dovrebbero essere bloccati fino al 2017. La nostra risposta è chiara: ci opporremo con tutti gli strumenti a nostra disposizione. Non vogliamo, inoltre, che sia messa una pietra tombale su un patto sociale che ha consentito di governare il settore bancario, garantendo risultati economici e reddituali alle banche e tutele di reddito e di diritti ai lavoratori. La categoria non lo merita e lo dimostrerà sul campo.

D. Condivide almeno qualche argomento con l’Abi?

R. Sì, siamo pronti a chiedere al governo, insieme alle banche, la piena e immediata deducibilità fiscale delle perdite sui crediti, una fiscalità di vantaggio sul margine di interesse, l’innalzamento a 50 mila euro del reddito annuo per fruire della cedolare secca del 10% sul salario aziendale di secondo livello e il finanziamento della solidarietà difensiva. (riproduzione riservata)

 

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