È, oggi, la Capitale la protagonista del tour congressuale FABI.
Si apre presso il Clarhotel, sulla storica via Aurelia, il XX Congresso Provinciale del SAB di Roma, introdotto dai saluti del Presidente congressuale Angelo Maranesi, che presenta la relazione di Mauro Morelli, Coordinatore del SAB nonché Segretario Nazionale del primo sindacato dei bancari.
Una storia, quella del SAB romano, che inizia nel 1996 e che ha raggiunto, negli anni, numeri altamente competitivi, in una situazione, specie quella recente, difficilissima: il settore ha, infatti, lasciato sul campo circa 60mila bancari, in seguito alle varie ristrutturazioni che si sono susseguite in tutti i grandi gruppi e in tutte le aziende.
Un esempio per tutti è quanto accaduto con la ristrutturazione di Unicredit, che ha rappresentato un’enorme penalizzazione per tutta la provincia, e per la città di Roma in particolare.
“Non esiste più” denuncia Morelli “una sola azienda che abbia una governance sul territorio. E la politica ha totalmente negato il suo sostegno, prendendo le distanze da queste scelte che si sono rivelate scellerate a livello economico”.
La politica non racconta mai le cose come effettivamente stanno: ognuno è pronto a somministrare la propria ricetta economica per uscire dalla crisi, a prescindere da effettive competenze e ruolo. Da ormai 5 anni la crisi morde le nostre imprese, e il settore del credito è quello che, alla fine, paga il conto per tutti.
“Il problema principale sta in un mancato ricambio generazionale del management bancario: a portarci in questa situazione sono stati, infatti, gli stessi management che avevamo nel 1993. Sono passati venti anni ma nulla è cambiato: stesse persone, stesse identiche incapacità sono, da venti anni, al vertice del potere. Certo, sono cambiati qualche ruolo e qualche titolo, ci sono stati dei piccoli spostamenti, ma il risultato, lo sappiamo, non cambia, con il solo spostamento degli addendi” dichiara Morelli.
“Finché non riusciremo a cambiare i management bancari, non riusciremo mai ad andare incontro alle vere necessità delle aziende e, di conseguenza, delle persone”.
E un concetto importante denunciato dal Coordinatore romano: le scelte e l’operatività tutta delle aziende bancarie si basano su un unico pilastro di base, ossia la discrezionalità.
Ecco allora che la discrezionalità delle banche ha portato ad una distorsione totale del salario, a dislivelli esagerati nella distribuzione del reddito: top manager che prendono 40 volte ciò che prende un normale impiegato.
Con un risultato catastrofico: “una minoranza organizzata determina le sorti di una maggioranza disorganizzata che, purtroppo, subisce in silenzio. Stiamo assistendo alla penalizzazione dell’anello più debole della catena del lavoro: i lavoratori stessi” denuncia Morelli.
Con la disdetta del Contratto nazionale siamo arrivati all’epilogo di questa malsana politica.
Oggi, tutti coloro che hanno sparato addosso al vecchio contratto nazionale in scadenza, si sono resi conto che era l’unico contratto nazionale possibile, un contratto figlio dei tempi. Un contratto che, in realtà, non è mai decollato, non avendone avuto il tempo.
Mancanza di regole etiche, di un vero sostegno alle aziende locali, esternalizzazioni selvagge: questi gli argomenti affrontati dal Coordinatore Morelli nel suo intervento.
E un invito alle altre Organizzazioni sindacali: “Dobbiamo trovare insieme quella compattezza necessaria per parlare ai lavoratori. Noi, come FABI, abbiamo sempre parlato con una sola voce: la voce del nostro Segretario Generale, Lando Maria Sileoni. Grazie a Lando, siamo sempre presenti sulla stampa nazionale, abbiamo una forza mediatica completamente al servizio dei lavoratori”.
“Oggi non stiamo combattendo una battaglia. Oggi siamo in guerra piena. Le banche stanno cercando di ridurre i costi andando a colpire esclusivamente i lavoratori. Tagliano sui lavoratori altrimenti dovrebbero andare ad intaccare i loro lauti introiti. E questo non hanno nessuna intenzione di farlo”.
Si passa poi allo specifico del SAB romano, secondo SAB in Italia “grazie al lavoro e al sacrificio di tutti”, come tiene a precisare Morelli.
Un SAB senza correnti e senza distinzioni, un SAB che è e che deve essere di tutti.
“Il SAB non è un dispensatore di risorse: il SAB è consenso, è correttezza e trasparenza tra di noi, è visione politica e gestionale d’insieme. Ed è anche voglia di continuare a crescere come struttura, con le capacità, certo, ma, soprattutto, con la nostra voglia di stare insieme, di costruire insieme”.
“Il SAB è fatto di persone che parlano chiaro tra di loro, guardandosi in faccia. È la casa di tutti, una casa in cui c’è spazio e posto per tutte le idee, per chi ha voglia e fantasia di collaborare con chi gli sta accanto. Un grande sistema solare che ha, al centro, la Segreteria Nazionale e Lando Maria Sileoni, il nostro Segretario Generale”.
“Una Segreteria Nazionale che rappresenta la squadra di cui sono orgoglioso di far parte”, conclude Morelli.
Arriva poi l’intervento più atteso, quello, appunto, del Segretario Generale Sileoni: un intervento che, come sempre, infiamma e carica di energia la platea.
“La crisi del settore bancario passa per due punti fondamentali: il primo è che le banche non guadagnano più come un tempo; il secondo, che siamo gestiti dalla peggiore classe dirigente degli ultimi 50 anni. Un gruppo dirigente indottrinato secondo un’unica regola: tagliare posti di lavoro e recuperare sulla parte economica che riguarda 300mila bancari” così esordisce Sileoni.
“Noi sappiamo invece che l’unica soluzione possibile per uscire dalla crisi è la costruzione di un nuovo modello di banca. Un nuovo modello di banca che includa anche nuove professionalità, nuovi mestieri.
Proprio così: se questo può aiutarci a ridurre i tagli, siamo aperti alla possibilità di nuovi mestieri. Siamo pronti a metterci intorno a un tavolo e confrontarci con le aziende sulla possibilità di rinnovare, arricchendola, la professione del bancario. Una possibilità, questa, che potrebbe rivelarsi estremamente positiva per il lavoratore stesso, che vedrebbe migliorata la sua formazione e preparazione professionale, rendendo sicuramente più gratificante il proprio lavoro.
Ma per procedere ad ogni – eventuale – cambiamento o innovazione, dobbiamo imporre alle banche un confronto diretto, un confronto che le stesse cercano, però, di respingere con ogni mezzo.
Quello che dobbiamo far capire ai lavoratori è che non ci troviamo di fronte ad un normale rinnovo contrattuale: le banche vogliono azzerare la categoria, eliminando ogni vincolo di sorta.
Se oggi sono costrette, nei piani industriali, a chiamare le Organizzazioni sindacali per confrontarsi su esternalizzazioni o inquadramenti, domani potrebbero, o almeno vorrebbero, non esserlo più.
Il loro obiettivo è proprio questo: mettere fuori gioco il sindacato, tagliando via ogni tutela ai lavoratori.
Vogliono creare le condizioni affinché ogni azienda e ogni gruppo possa farsi le proprie regole, il proprio personale contratto. E noi dobbiamo impedirlo”.
Poi, i dati positivi sullo sciopero dello scorso 31 ottobre.
“Il 31 ottobre sono scesi in campo oltre il 90% dei lavoratori: lo sciopero più riuscito degli ultimi cinquanta anni. Dal 1958 in poi non c’era stato uno sciopero con tale adesione”.
“Se fino a poco tempo fa si confondeva ancora il banchiere con il bancario, noi abbiamo chiarito per sempre questo concetto. Un ottimo lavoro di comunicazione, certo, questo ce lo riconoscono tutti: ma quale comunicazione ci sarebbe senza argomenti concreti da comunicare?”
“Abbiamo scatenato dibattiti a livello nazionale sulle liquidazioni milionarie, sui maxi-bonus ai top manager, sulle consulenze e le sponsorizzazioni, vera causa delle sofferenze bancarie. Pensate, infatti, che almeno il 60% delle sofferenze bancarie sono causate da una cattiva qualità del credito, un credito concesso sempre e soltanto ai soliti noti: siamo stati noi i primi a denunciare questa verità”.
Quelli che vogliono, oggi, rilanciare il settore bancario sono gli stessi che lo hanno, ieri, distrutto.
Ma la FABI è pronta a combattere: “Ci siamo finalmente riappropriati del nostro ruolo politico, il nostro ruolo di guida che, per anni, avevamo lasciato nelle mani delle altre Organizzazioni sindacali.
Abbiamo sempre preso decisioni per la difesa dei nostri iscritti e di tutti i lavoratori bancari. Quando abbiamo deciso di firmare l’ultimo contratto, lo abbiamo fatto perché sapevamo che, in quel momento, era indispensabile avere un contratto, un contratto figlio dei tempi che, un mese dopo, non sarebbe più stato possibile ottenere.
Tra i nostri obiettivi, quello di riconfermare il nostro ammortizzatore sociale, il Fondo esuberi, strumento che ha permesso, negli ultimi 10 anni, il prepensionamento volontario di 48.000 persone: uno strumento indispensabile che ci consente di non mettere le banche nella condizione di licenziare”.
“Riconquistare il nostro Contratto non sarà facile: sarà una partita lunga e difficile, una partita in cui ci giochiamo tutto. Ma è certo che non molleremo”.