– di Franco Carlo Papa –
Quali sono gli aspetti più comuni di una crisi aziendale? E come agire per superare gli stessi? Prima di tutto, le banche dovrebbero adottare un atteggiamento differente rispetto a quello tipico del “semplice” finanziatore.
L’imprenditore dal canto suo dovrebbe abbandonare la logica orientata al puro profitto. Questo mutato atteggiamento, a sua volta dovrebbe essere funzionale a un preciso obiettivo, cioè la conservazione dell’azienda, pur sempre un patrimonio della collettività, senza dare priorità, almeno limitatamente al periodo di crisi, agli interessi di parte. E’ necessario avere ben chiaro che il salvataggio non solo viene incontro agli interessi delle parti coinvolte, ma genera un circolo virtuoso che interessa l’intero sistema economico del Paese.
Diretta conseguenza è che le parti coinvolte collaborino tra loro per superare la crisi, per evitare effetti distorsivi e comportamenti puramente opportunistici, cosa già successa in passato. E per collaborazione si intende sia quella tra i vari creditori che tra questi e gli imprenditori. E’ guidati da questo atteggiamento che le parti in causa devono valutare la decisione di affiancare l’impresa, naturalmente in base alla “bontà” del business nel contesto congiunturale e di mercato in cui opera. Le procedure di risoluzione della crisi sono di fatto un meccanismo di selezione delle imprese; pertanto è necessario che la scelta si fondi sulla reale capacità di produrre reddito. In ragione di ciò le richieste ovvero i sacrifici che devono affrontare gli attori del risanamento vanno commisurati alla reale situazione (presente e futura) dell’azienda.
E’ inoltre fondamentale che sia ben chiara la situazione finanziaria ed economica dell’impresa, al fine di accertare la realizzabilità del piano di risanamento e le relative criticità. Naturalmente, tutto questo è inattuabile se non esiste un consenso degli attori, soprattutto sul valore che può essere prodotto dal mantenimento in vita dell’azienda, che poi il limite al di là del quale i creditori (ma anche l’imprenditore) non sono più disposti ad avvalorare il progetto. Ovviamente il consenso non può escludere la variabile tempo. Il piano deve avere una durata accettabile per tutti gli attori coinvolti.
Il caso Xilopan SpA, produttore di pannelli in pioppo per l’arredamento con sede nel pavese, rappresenta un esempio virtuoso di quanto descritto. Istituti finanziari ed imprenditore hanno incentrato la decisione a favore della continuità sulla capacità di sviluppo del core business, tesa al raggiungimento di leadership di nicchia alto di gamma, in coerenza con un contesto di mercato che tende a polarizzarsi intorno a prodotti di “massa” e di “nicchia”.
Il piano è stato definito nell’ottica di sviluppare e commercializzare (soprattutto all’estero) tali prodotti, adottando nel contempo processi di cost saving e dismissioni di attività no-core oggetto di errate diversificazioni (terreni, impianti per pallets, etc..) reperendo in tal modo finanza per lo sviluppo e soddisfacimento dei sacrifici richiesti a creditori (moratoria sul debito) ed imprenditore (finanziamento soci), modulati in ragione della situazione attuale e prospettica. Il tempo per la definizione dell’accordo è stato di circa un anno, mentre l’orizzonte previsto per lo sviluppo commerciale ed il ritorno all’equilibrio economico finanziario è previsto in 5 anni. I risultati raggiunti nel primo anno, dalla società, sono in linea con il Piano, essendo lo stesso costruito sulla base di ragionevoli e condivise ipotesi di capacità di prodotto, mercato e management.